porto
La casa delle navi
Il porto è un’insenatura naturale o una costruzione dell’uomo, la cui funzione è quella di proteggere imbarcazioni di varia grandezza dalle correnti e dalle onde e di permettere un sicuro ancoraggio per lo sbarco di uomini e di mezzi. Nell’antichità furono costruiti porti artificiali assai rilevanti; dall’età greca fino al Cinquecento si ebbe una grande fioritura di porti sul Mediterraneo, mentre dopo la scoperta dell’America diventarono sempre più importanti quelli sull’Oceano Atlantico. Oggi i porti rimangono risorse economiche fondamentali per tutti i paesi che si affacciano sul mare
I primi porti usati dall’uomo furono quelli naturali, formati da insenature al riparo dai venti e dalle maree, con fondali relativamente bassi, così da poter avvicinare il più possibile le imbarcazioni a riva. Problema non difficile, perché le prime imbarcazioni erano piuttosto leggere e avevano poco pescaggio, ossia immergevano la chiglia poco sotto il livello dell’acqua. La necessità di trovare porti riparati crebbe nelle prime civiltà, quando queste iniziarono la navigazione dei mari, soprattutto per lo scambio di merci a grandi distanza.
I primi navigatori del Mediterraneo furono i Fenici e i Greci. Già intorno all’8° secolo a.C. le loro navi percorrevano ampie distanze per commerci e per rifornimento delle colonie che via via nascevano lungo le rotte. L’incremento degli spostamenti via mare e via fiume fece crescere la necessità di approdi sicuri. Quando gli spostamenti si moltiplicarono, i popoli navigatori ebbero bisogno di approdi organizzati: da questa necessità nacque dunque il porto artificiale.
Grazie alla continua evoluzione delle tecniche costruttive, tutti i popoli marinari e mercantili impararono a costruire porti molto grandi, riparati da dighe foranee (cioè esterne), fatte di macigni o da barriere frangiflutti. Dalle dighe si staccavano i moli, lungo i quali potevano accostarsi le imbarcazioni per scaricare uomini, animali e merci senza troppa fatica. In caso contrario, le navi gettavano l’ancora nella rada – lo spazio di mare delimitato dalle dighe foranee – e da lì trasportavano, su imbarcazioni più piccole, il loro carico a terra.
Nel corso dei secoli, Greci, Fenici, Egizi e poi Romani costruirono, lungo le coste del Mediterraneo e lungo le foci dei fiumi più grandi, porti che raggiunsero una grande importanza. Nell’antichità erano celeberrimi i porti greci di Atene, di Delo e di Rodi, il porto di Tiro in Libano, quello di Alessandria in Egitto.
L’avvento dell’Impero Romano incrementò la costruzione o il potenziamento dei porti marittimi e fluviali. Tra i primi, il porto di Ostia sorse quando quello fluviale di Roma, lungo il Tevere, si dimostrò troppo piccolo per contenere le decine di navi di ogni dimensione che scendevano e risalivano il fiume. Scali commerciali sorsero a distanze spesso regolari, tanto da permettere alle navi di farvi sosta alla fine di una giornata di navigazione. In Italia, già in età imperiale assunsero importanza anche i porti di Cuma, di Genova, di Ancona, di Ravenna; in Francia, quello di Marsiglia fu lo scalo principale dei traffici mercantili da e per le Gallie.
La caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C. portò una generale contrazione dell’economia e dei traffici mercantili. Di conseguenza, anche l’utilizzo dei porti si ridusse in modo drastico. Gli stessi scali, non più curati, andarono incontro a un progressivo insabbiamento, soprattutto quelli posti alla foce dei fiumi. Gran parte dei porti del Mediterraneo occidentale fu fortemente ridimensionata a causa della crisi dei commerci. Solo gli scali del Mediterraneo orientale, che rientravano sotto il controllo dell’Impero bizantino, continuarono a mantenere una solida efficienza.
La ripresa dei traffici marittimi si ebbe soltanto con l’avvento dei primi regni saraceni, a partire dall’8° secolo d.C.: dall’Egitto e dalle coste mediorientali le navi mercantili e da guerra si spinsero sempre più a ovest e incrementarono, di pari passo, l’utilizzo di vecchi e nuovi porti costruiti lungo le coste.
Solamente intorno al 10° secolo le flotte occidentali iniziarono lentamente la propria ripresa: essa fu dovuta sia al risveglio dell’economia e quindi dei traffici marittimi, sia alla difesa delle coste contro le incursioni saracene. L’uso dei porti, o quantomeno di scali sufficientemente protetti, iniziò a diffondersi anche nell’Europa settentrionale. Già dal 9° secolo sono testimoniati scambi commerciali e soprattutto incursioni da parte di Vichinghi lungo le coste del Belgio, della Francia, dell’Inghilterra, dell’Irlanda e della Russia. Le navi vichinghe, tuttavia, per la loro chiglia poco profonda non avevano bisogno di veri e propri porti, come le navi più pesanti che solcavano il Mediterraneo. Si spiegano così le fulminee incursioni vichinghe all’interno dei territori, raggiunti grazie alla veloce risalita di fiumi come la Senna, il Tamigi, il Reno.
La vera ripresa delle attività portuali nel Mediterraneo si ebbe nell’11° secolo. Il generale riavvio dell’economia permise ad alcuni centri marittimi di sviluppare flotte mercantili che potevano spingersi sia nel Mediterraneo occidentale sia in quello orientale. Queste flotte avevano bisogno di porti ben organizzati per accogliere un numero sempre maggiore di navi, oltre che per depositare le merci nei magazzini e per costruire e riparare i navigli. Tali esigenze, fra le altre, portarono a una nuova concezione del porto, che da semplice attracco per le navi divenne il centro di una rete sempre più fitta di commerci e centro propulsore di sviluppo economico per le aree limitrofe.
A tale evoluzione si deve la nascita, a partire dall’11° secolo, delle repubbliche marinare: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Da centri commerciali esse si mutarono rapidamente in centri politici, dove affari e potere si incontravano e si sostenevano a vicenda. Le crociate, poi, furono un ulteriore motivo di sviluppo dei traffici marittimi e dei porti, punto di partenza per i convogli commerciali con il Medio Oriente, così come per le navi che trasportavano gli eserciti verso la Terrasanta. In questo periodo si sviluppano in Italia i porti pugliesi, vero capolinea per chi andava o tornava dalle regioni cristiane d’Oriente e da Costantinopoli.
Gli scali marittimi mediterranei ebbero un continuo sviluppo fino alla metà del 16° secolo, con il consolidarsi di vere e proprie potenze marinare come Genova e soprattutto Venezia.
Bastarono però solamente pochi decenni dopo la scoperta dell’America a mutare le rotte navali.
Il nuovo baricentro marittimo si spostò infatti sulle coste atlantiche, più vicine a quelle del Nuovo Continente. Tra 16° e 17° secolo i porti dell’Europa settentrionale ebbero un enorme sviluppo, dalla Spagna alla Francia, all’Inghilterra, all’Olanda, i cui porti si svilupparono a cavallo tra 13° e 16° secolo. I porti mediterranei persero a poco a poco la loro importanza, perché i traffici internazionali passavano più a nord e con essi si sviluppavano nuovi scali al di là dell’Atlantico: in Brasile e nei Caraibi, prima, nell’America Settentrionale, in Africa e in Asia poi.
Il successo di questi scali durò fino alla seconda metà del 19° secolo, quando fu aperto alla navigazione (1863) il Canale di Suez. Il Mediterraneo, per quattro secoli ridotto a un mare chiuso, si aprì ai traffici internazionali diretti verso l’Estremo Oriente grazie al fatto che le navi, attraversando il canale e poi il Mar Rosso, dimezzavano il tempo necessario per raggiungere i porti dell’India, della Malacca e della Cina, evitando la circumnavigazione dell’Africa.
Oggi che i traffici e i trasporti sono globali, i porti si sono specializzati nel carico-scarico di prodotti petroliferi, di prodotti agro-alimentari, nel supporto a flotte militari, nello scalo di grandi navi da crociera o, più modestamente, nell’ancoraggio di migliaia di imbarcazioni da diporto (porti turistici), sia lungo i fiumi sia lungo le coste marine.
Oggi la leadership mondiale degli scali commerciali è detenuta dall’Estremo Oriente (Yokohama in Giappone, Hongkong in Cina); in Europa predominano quelli di Amburgo, Rotterdam e, più distaccati, quelli di Genova, Venezia, Gioia Tauro, Marsiglia; negli Stati Uniti in vetta agli scali commerciali spiccano New York e San Francisco. Tra i porti crocieristici, cioè dedicati al turismo, il più importante in Europa è quello di Barcellona, seguito da quelli di Civitavecchia, Savona e Venezia; negli Stati Uniti grande rilevanza hanno quelli di Miami e di San Francisco.
Resta intatto il forte sviluppo economico che una città ricava dall’esistenza di un porto di grandi o medie dimensioni. Attorno alle attività portuali ruota infatti una complessa economia costituita dal lavoro degli addetti alle banchine, dall’uso dei rimessaggi e dei cantieri navali, dalle attività commerciali, dagli stessi trasporti via terra, che portano le merci dalle navi alle mete di destinazione.