Portogallo
Stato dell’Europa meridionale.
Fino all’11° sec. la storia delle popolazioni dell’odierno P. si confonde con quella generale della Penisola Iberica. Nell’11° sec. la riconquista cristiana avvenne a opera dei re di León, Ferdinando il Grande e Alfonso VI, che costituirono la contea di P., affidandone il governo a Enrico di Borgogna, genero di Alfonso VI di León, del quale aveva sposato la figlia Teresa. Enrico avrebbe dovuto rimanere in sottordine a Raimondo di Borgogna, marito di Urraca, erede al trono di León. Ma, morto Alfonso VI e scoppiata la guerra civile nel regno di León, consolidò la propria indipendenza; alla sua morte (1114), la moglie Teresa assunse il potere ribellandosi alla sovranità leonese. La lotta tuttavia continuò ancora a lungo, anche per le ostilità sorte tra Teresa e il figlio Alfonso Henriques. In seguito, entrambi dovettero prestare omaggio ad Alfonso VII di Castiglia e di León, che aveva invaso la Galizia; finché nel 1143, dopo nuove ostilità, Alfonso VII si piegò a riconoscere ad Alfonso Henriques (che si dichiarò vassallo della Santa Sede e promise il pagamento di un censo annuo al papa) il titolo di re di Portogallo. Nel lungo regno di Alfonso Henriques (Alfonso I), fu portata avanti con successo la lotta contro i musulmani; alla morte di Alfonso I (1185), i confini del regno (il titolo di re era stato riconosciuto da papa Alessandro III solo nel 1179) si erano estesi sino a Beja, comprendendo più di tre quarti del territorio attuale. La conquista proseguì sotto i regni di Sancio I (1185-1211), Alfonso II (1211-23), Sancio II (1223-45) e Alfonso III (1248-79); l’Algarve fu presa nel 1249 e fu assicurata definitivamente al P., dopo lunghi contrasti con la Castiglia che avanzava pretese su di essa, con il Trattato di Alcañiz (1297), che fissò i confini territoriali quali sono ancor oggi. Papa Innocenzo IV depose (1245) Sancio II e lo sostituì con il fratello Alfonso. Seguirono i regni di Dionigi (1279-1325), Alfonso IV (1325-57), Pietro I (1357-67), Ferdinando I (1367-83); morto quest’ultimo, ultimo monarca della casa di Borgogna, senza eredi maschi, il re di Castiglia, sposo della sua unica figlia, si preparava a occupare il Paese; ma i borghesi di Lisbona insorsero con alcuni nobili e acclamarono difensore del regno Giovanni, gran maestro dell’ordine militare di Aviz e bastardo del re Pietro I. Acclamato re dalle Cortes (1385), Giovanni diede inizio alla casa di Aviz, sotto il cui regno, che durò fino al 1585, fiorì il periodo più glorioso della storia portoghese. Respinti i tentativi castigliani di impadronirsi del regno, assicurata l’indipendenza del P. con la pace del 1411 e concluso un trattato di amicizia e pace perpetua con l’Inghilterra (Giovanni stesso sposò una principessa inglese, Filippa, figlia del duca di Lancaster), Giovanni I (1385-1433) e i suoi successori Edoardo (1433-38), Alfonso V (1438-81), Giovanni II (1481-95), Emanuele I (1495-1521), Giovanni III (1521-57) poterono creare l’impero coloniale portoghese. Conquistata Ceuta nel 1415, i portoghesi si impadronirono dell’isola di Madeira (1418-20), delle Azzorre (1431 o 1432), delle Isole del Capo Verde (1433), giungendo sino alla Sierra Leone (1460) e al Congo (1484): nel 1487 doppiarono il Capo delle Tempeste (poi Capo di Buona Speranza), entrando nell’Oceano Indiano. Il Trattato di Tordesillas (1494), stipulato fra Giovanni II e i Re Cattolici, fissava la ripartizione fra spagnoli e portoghesi delle terre scoperte e da scoprirsi, stabilendo come linea di divisione il meridiano a 370 leghe a ovest delle isole del Capo Verde e lasciando ai portoghesi le terre poste a oriente di esso. Nel 1498 Vasco da Gama giungeva sulla costa del Malabar, in India; nel 1500 P.A. Cabral scopriva il Brasile; nel 1505 partiva per l’India il primo viceré, F. de Almeida, il cui successore, A. de Albuquerque, organizzava l’impero portoghese nelle Indie, stabilendo un triangolo strategico da Hormuz (1507) a Goa (1510) e Malacca (1511). Nel 1515 fu raggiunto il Giappone; tra il 1521 e il 1522 furono visitate le Molucche, quindi le isole della Sonda; nel 1526 fu compiuto uno sbarco nella Nuova Guinea. Nel 1520, intanto, i primi ambasciatori portoghesi erano giunti a Pechino. Sotto Giovanni III Lisbona divenne uno dei massimi empori del commercio internazionale, soppiantando Venezia e Genova. La monarchia portoghese era ormai così forte da poter tentare di unire alla propria anche la Corona di Castiglia (matrimonio di Alfonso V con Giovanna la Beltraneja nel 1475, invasione della Castiglia, lotta contro i re cattolici, con esito negativo). Giovanni III instaurò l’assolutismo regio ma, sotto il regno di Sebastiano (1557-78), la potenza portoghese subì il primo grave colpo: il tentativo del re di conquistare il Marocco venne frustrato nella disfatta di Alcázarquivir, dove egli morì (1578) e, non avendo eredi diretti, il trono toccò al prozio, l’ormai vecchio cardinale Enrico, la cui morte (1580) aprì il problema della successione. Tra i molti candidati prevalse il re di Spagna Filippo II, figlio di Elisabetta di P., acclamato re dalle Cortes di Tomar (1581). L’unione di tutti i regni iberici era divenuta un fatto compiuto, ma con la sottomissione del P. alla Spagna. Iniziò quindi un periodo di decadenza per il P.: la lotta fra Spagna, da una parte, e Inghilterra e Olanda, dall’altra, chiuse anche il P. al commercio con queste due nazioni, rovinando economicamente Lisbona, e indusse gli olandesi ad attaccare il dominio coloniale portoghese, impadronendosi delle Molucche, di Malacca, dell’Angola, di San Jorge da Mina nel Golfo di Guinea, e finalmente invadendo il Brasile. Nel 1640, approfittando della ribellione della Catalogna, nobiltà e borghesia si sollevarono, acclamando re il duca di Braganza che prese il nome di Giovanni IV. Per 24 anni durò la guerra d’Indipendenza, in cui il P. ebbe alleati la Francia e l’Inghilterra: finalmente nel 1688, con il Trattato di Lisbona, la Spagna riconobbe l’indipendenza portoghese. Anche nelle colonie si poté condurre con successo la lotta contro gli olandesi, che furono costretti ad abbandonare l’Angola e il Brasile. Giovanni IV (1640-56) e Alfonso VI (1656-67) portarono vittoriosamente a conclusione la lotta per l’indipendenza; ma sotto i loro successori Pietro II (1683-1706), Giovanni V (1706-50) e Giuseppe I (1750-77) la vita del P. fu quella di un piccolo Stato. Con il Trattato di Methuen (1703) il P. entrò nell’orbita inglese. Le riforme del marchese di Pombal, di netto stampo illuministico, diedero per un momento nuova fama al P. e alla sua dinastia. Sotto Maria I (1777-1816), inferma di mente, il P. subì una nuova invasione da parte della Spagna (1801) e della Francia (1807). La regina, con il principe reggente Giovanni, si rifugiò in Brasile; ma quasi subito sbarcò nel P. settentrionale l’esercito inglese ed ebbe inizio la guerra di liberazione, vinta dagli inglesi. La dinastia, impersonata da Giovanni VI (1816-26), continuò tuttavia a risiedere in Brasile. Scoppiata nel 1820 a Porto una rivoluzione liberale, il re fu costretto a tornare in P. e a giurare la Costituzione (1822); in questo stesso tempo il Brasile si dichiarò impero indipendente sotto il primogenito di Giovanni VI, il principe Pietro. Alla Costituzione del 1822 seguì una reazione assolutista che portò Giovanni VI ad abolire la Costituzione (1823). L’usurpatore che gli successe, Michele, accentuò ancora la reazione; ma gli emigrati liberali, raccolti intorno a Pietro, che aveva lasciato il Brasile abdicando (1831), sbarcati in P. costrinsero l’usurpatore ad abbandonare il potere. La vita politica sotto gli ultimi re della casa di Braganza, Maria II (1833-53), Pietro V (1853-61), Luigi I (1861-89), Carlo I (1889-1908), fu caratterizzata in un primo tempo (con Maria) da sommosse; successivamente (con Pietro e Luigi) dalla pacificazione del Paese e dalla ripresa dell’espansione oltremare, con la colonizzazione dei possedimenti africani (Angola e Mozambico); in ultimo (sotto il regno di Carlo) dal rapido propagarsi delle idee repubblicane.
Lo stesso Carlo I fu assassinato e il successore, Emanuele II, nel 1910 fu deposto da una rivoluzione che proclamò la Repubblica. Un governo provvisorio, guidato da J.F.T. Braga, varò una serie di provvedimenti anticlericali e preparò l’elezione di un’Assemblea costituente; quest’ultima diede al P. una nuova Carta fondamentale ed elesse alla presidenza della Repubblica M. de Arriaga (1911). Il massiccio ricorso da parte dei sindacati all’arma dello sciopero, due falliti tentativi di restaurazione monarchica (1911 e 1912) e le divisioni nate all’interno del Partito repubblicano contribuirono ad accentuare il clima di instabilità. Nel 1915 il generale Pimenta de Castro instaurò un effimero regime militare, presto rovesciato da una rivoluzione democratica. Dopo le dimissioni di Arriaga, sostituito alla presidenza da B.L. Machado, il P. entrò in guerra contro gli imperi centrali (1916), aggravando ulteriormente le sue condizioni economiche. Dopo il colpo di Stato del generale Sidónio Pais (1917-18), il ritorno al regime parlamentare non fu accompagnato dal miglioramento della situazione interna e sempre più frequenti si fecero i tentativi insurrezionali da parte delle forze armate. Nel maggio 1926 il generale M. de Oliveira Gomes da Costa depose Machado (rieletto nel 1925) e costituì una giunta militare, al vertice della quale fu ben presto sostituito dal generale A.Ó. de Fragoso Carmona, dal 1928 al 1951 presidente della Repubblica. Carmona chiamò al ministero delle Finanze A. de Oliveira Salazar, che in pochi anni risanò la situazione finanziaria. Il prestigio così guadagnato gli consentì di assumere nel 1932 la presidenza del Consiglio e di dare inizio a una dittatura di fatto. Sul piano della politica internazionale, il regime salazarista sostenne gli insorti di F. Franco nella guerra civile spagnola, quindi proclamò la neutralità del P. allo scoppio della Seconda guerra mondiale. Entrato a far parte della NATO nel 1949, il P. fu ammesso all’ONU solo nel 1955. Sul piano interno, nell’immediato dopoguerra il regime consentì la ricostituzione dei partiti politici; tuttavia, grazie alla censura sulla stampa e all’azione repressiva della polizia politica, l’União nacional, prima partito unico, vinse tutte le consultazioni legislative e fece eleggere alla presidenza della Repubblica F. Craveiro Lopes (1951) e A. Tomás (1958). Gli sforzi per superare l’arretratezza economica furono vanificati dal progressivo aumento delle spese militari per mantenere l’impero coloniale: persi nel 1961 i possedimenti indiani di Goa, Diu e Damão, poco dopo il governo dovette fronteggiare i movimenti di liberazione nazionale in Angola, Guinea portoghese e Mozambico. Colpito da emorragia cerebrale nel 1968, Salazar fu sostituito da M. Caetano, che ne proseguì la politica, pur avviando una parziale liberalizzazione del regime, mentre il perdurare della guerriglia nelle colonie africane impediva lo sviluppo economico del Paese. Il 25 apr. 1974 alcuni ufficiali progressisti, riuniti nel Movimento das forças armadas (MFA), deposero Caetano e il presidente Tomás («rivoluzione dei garofani»). A maggio, l’ex capo di stato maggiore A.R. de Spínola assunse la carica di presidente della Repubblica e a luglio fu costituito un governo di unità nazionale, guidato dal colonnello V. Gonçalves; Spínola fu costretto a dimettersi nel sett. 1974, sostituito dal generale F. da Costa Gomes. Mentre crescevano le divisioni tra le diverse componenti della stessa sinistra, il governo Gonçalves varò una serie di provvedimenti radicali (avvio della riforma agraria, nazionalizzazione di banche, assicurazioni, industrie petrolifere e metallurgiche), estese il suffragio a diciottenni e analfabeti e concluse le trattative con i movimenti di liberazione delle colonie africane, giunte all’indipendenza entro il 1975. Le elezioni per la costituente (1975) videro l’affermazione del Partido socialista português (PSP) e la guida dell’esecutivo passò all’ammiraglio J. Pinheiro de Azevedo. Le elezioni del 1976 diedero la maggioranza al PSP di M. Soares, che andò al governo. Negli anni successivi i socialisti continuarono a giocare un ruolo decisivo negli equilibri politici del P., in alternanza o in coalizione con forze moderate e centriste, anch’esse più volte alla guida dell’esecutivo. Nonostante le difficoltà e la persistente presenza di vaste aree di arretratezza, il P. fu ammesso nella CEE (1986), ratificò il Trattato di Maastricht (1992) e nel 1999 entrò a far parte dell’Unione monetaria europea. Parallela alla scelta europeista fu la progressiva revisione, nel corso degli anni Ottanta e Novanta, dei principi socialisti che avevano ispirato la «rivoluzione dei garofani». In politica economica si procedette, infatti, in quei due decenni, alla riprivatizzazione delle industrie di base nazionalizzate, al drastico ridimensionamento della spesa pubblica e delle politiche di welfare, risolvendo in senso moderato i contrasti apertisi su questi temi anche all’interno delle stesse forze di sinistra. Un analogo processo di revisione investì la sfera istituzionale: l’abolizione del Consiglio della rivoluzione, la riduzione dei poteri del presidente e infine, nel 1988, l’eliminazione dalla Costituzione di ogni riferimento al socialismo rappresentarono le tappe principali di un ridimensionamento del potere di controllo dei militari, che erano stati gli artefici della rivoluzione. Dopo la vittoria dei socialdemocratici nelle elezioni del 2002, i socialisti sono tornati al potere in seguito al successo riportato nelle consultazioni anticipate del 2005 e hanno formato un governo presieduto da J. Sócrates. Nel 2006 i socialdemocratici hanno tuttavia imposto il loro candidato alla presidenza della Repubblica, A. Cavaco Silva, ex capo del governo. La leadership socialista si è confermata nelle elezioni del 2009, ma con una maggioranza più ridotta.