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Il Portogallo è un paese posto ai confini occidentali del continente europeo, che si affaccia sull’Oceano Atlantico. Grazie alla sua posizione, nel 15° e 16° secolo divenne una grande potenza coloniale con possedimenti in America Latina, Africa e Asia. Dal 19° secolo, con il conseguimento dell’indipendenza del Brasile (1822), la proiezione extra-europea del Portogallo cominciò tuttavia a ridimensionarsi, pur mantenendosi fino agli anni Settanta del Novecento. Solo in questo periodo, infatti, conseguirono l’indipendenza le ultime colonie portoghesi – Angola, Mozambico e Timor Est – attraverso un percorso di decolonizzazione meno pacifico di quello registratosi in altri paesi soggetti alle potenze europee. Unica eccezione è stata rappresentata da Macao, che ha raggiunto l’indipendenza solo nel 1999.
Dagli anni Settanta in poi il paese ha accelerato il proprio percorso verso l’integrazione europea, fino all’ingresso nella Comunità Economica Europea nel 1986 insieme alla Spagna. Attualmente le due direttrici principali della sua politica estera sono proprio l’integrazione europea e i rapporti con le ex colonie d’oltreoceano. In ambito europeo, la Spagna rappresenta il maggiore mercato d’esportazione e il maggiore investitore nel paese; d’altro canto, però, il paese mantiene buone relazioni con la Francia, anche al fine di controbilanciare la supremazia spagnola nell’area del Mediterraneo occidentale. Lisbona ha firmato gli accordi di Schengen nel 1991, è nella zona euro, partecipa attivamente alla politica estera dell’Unione Europea (Eu), appoggia l’allargamento alla Turchia e, durante la propria presidenza al Consiglio dell’Eu nel 2007, è stata sede della firma del trattato di riforma dell’Unione, noto appunto come Trattato di Lisbona. Nello stesso anno, il Portogallo ha ospitato il summit annuale Unione Europea-Africa.
La piena attenzione verso l’area Eu non sacrifica però le relazioni con i paesi d’oltreoceano. Il Portogallo mantiene infatti legami con il Brasile, ha partecipato alla missione di peacekeeping in Angola negli anni Novanta e continua a cooperare con l’ex colonia. Ha inoltre promosso il percorso di indipendenza di Timor Est dall’Indonesia e ha partecipato alla missione Eu in Guinea Bissau. Il paese è infine uno dei membri fondatori della Comunità dei paesi lusofoni, creata nel 1996 con le ex colonie al fine di promuovere la lingua e la cultura portoghesi e approfondire la cooperazione politica, economica e sociale.
Di notevole importanza per il Portogallo sono anche i rapporti transatlantici. Le relazioni con gli Stati Uniti sono tradizionalmente buone e l’arcipelago delle Azzorre ospita una base militare statunitense. Proprio su invito statunitense, inoltre, il Portogallo è stato uno dei membri fondatori della Nato nel 1949.
Dagli anni Novanta il Portogallo ha avviato anche una maggiore cooperazione, soprattutto politica, con il Maghreb ed è promotore dell’integrazione tra le due sponde del Mediterraneo tramite l’Unione per il Mediterraneo (Ufm). La vicinanza dell’arcipelago delle Azzorre e dell’arcipelago di Madeira, appartenenti al Portogallo, fa sì che lo stato abbia anche grande interesse alla tutela della zona economica esclusiva vicino alla costa atlantica e alla protezione dell’ambiente marino. Inoltre, grazie alla sua posizione e ai legami con Brasile e Angola, il Portogallo esercita la sua influenza anche nell’Atlantico meridionale, una zona attraversata da importanti rotte marittime e ricca di risorse strategiche – come il petrolio dei paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea.
La Repubblica portoghese venne istituita nel 1910, a seguito dell’assassinio del re Carlos I. Con la rivolta militare del 1926 ebbe tuttavia inizio la dittatura di António de Oliveira Salazar, divenuto primo ministro nel 1932 e rimasto al potere fino al 1968. Dopo il governo di Marcelo Caetano, nel 1974 un golpe forte del sostegno popolare – la cosiddetta ‘Rivoluzione dei garofani’ – portò alla fine della dittatura e a un breve governo del Partido comunista português (Pcp), durante il quale molti settori dell’economia furono nazionalizzati e il processo di decolonizzazione accelerò. Nel 1975 venne instaurato un governo moderato formato dal Partido socialista (Ps) e dal Partido popular democrático (Ppd, ora Psd) e, nel 1976, venne adottata la nuova Costituzione. Le ultime elezioni si sono tenute il 5 giugno del 2011, a seguito delle dimissioni del governo di minoranza guidato dal socialista José Sócrates. Quest’ultimo ha lasciato la guida dell’esecutivo a seguito del voto di sfiducia parlamentare sul suo piano di austerità, proposto per far fronte alla crisi economica che ha colpito il Portogallo. Il paese soffre infatti di una crisi di bilancio e di un debito che ha indotto Lisbona a chiedere l’aiuto di Banca centrale europea (Bce), Fondo monetario internazionale (Imf) e Commissione europea. La crisi economica si è tramutata in crisi politica e, a seguito delle elezioni anticipate del 2011, il potere è passato al Partito socialdemocratico, conservatore e guidato da Pedro Passos Coelho, che ha ottenuto il 13% dei voti in più rispetto alle elezioni del 2009, mentre i socialisti sono scesi di dieci punti percentuali.
Fino a pochi anni or sono, il Portogallo era considerato un paese di emigrazione, soprattutto verso le ex colonie come il Brasile. Negli ultimi anni, soprattutto dopo l’ingresso nella Comunità Economica Europea, questo fenomeno si è invertito e oggi è considerato un paese di immigrazione. Proprio l’alto tasso di immigrazione contribuisce, d’altra parte, a mantenere stabile la popolazione che va progressivamente invecchiando: il 18,2% è sopra i 65 anni, mentre circa il 15% è sotto i 14 anni di età. Alla luce di questi dati il Portogallo dovrà quindi affrontare una serie di sfide nel campo del sistema assistenziale e pensionistico. La densità della popolazione non è distribuita equamente su tutto il territorio, e circa un terzo degli abitanti si concentra nelle zone costiere urbane della capitale e di Porto.
La popolazione portoghese è omogenea e non vi sono rilevanti minoranze etniche o linguistiche. Al contrario, la cultura e la lingua portoghese sono ancora oggi molto diffuse nel mondo, come retaggio dell’epoca coloniale, e la lingua è parlata in paesi come Brasile, Angola, Mozambico, Capo Verde e Timor Est, che costituiscono la cosiddetta ‘lusosfera’.
Il sistema educativo portoghese presenta alcuni deficit strutturali rispetto ai paesi europei occidentali, nonostante la spesa per l’istruzione sia più alta della media europea. L’istruzione privata costituisce un settore molto importante, dal momento che quasi il 20% degli iscritti alla scuola secondaria e il 40% degli universitari frequentano istituti privati. Il ritardo degli standard educativi rispetto al resto dell’Eu è evidenziato dalla circostanza che solo il 15% della popolazione ha un diploma di scuola secondaria, e quasi un giovane su tre abbandona gli studi dopo i 14 anni.
La libertà di stampa e le libertà politiche e civili sono rispettate, anche se soltanto il 20% dei lavoratori è iscritto a un sindacato. La grande maggioranza dei portoghesi (circa l’85%) è cristiano-cattolica e le libertà religiose sono garantite: secondo la legge sulla libertà religiosa, ogni comunità religiosa che sia in territorio nazionale da almeno 30 anni o, in alternativa, sia riconosciuta a livello internazionale da 60 anni, ha diritto ad alcuni benefici che prima erano concessi solo alla Chiesa cattolica. Tra questi vi è l’esenzione da alcune imposte e il riconoscimento legale del matrimonio celebrato secondo i propri riti. La libertà su internet non è ostacolata dalle istituzioni, ma l’accesso alla rete rimane ancora relativamente basso, così come la diffusione del computer – posseduto solamente da 15 persone su cento.
A partire dall’ingresso nelle organizzazioni comunitarie europee, l’economia portoghese è stata testimone di una crescita e di un rilevante cambiamento strutturale. Dalla seconda metà degli anni Ottanta il settore dell’industria ha perso notevolmente di peso a favore di quello dei servizi, che oggi conta per quasi tre quarti del totale del pil. Nonostante tale crescita, attualmente il Portogallo rimane un paese relativamente poco sviluppato rispetto al resto dell’Europa occidentale e risulta ancora deficitario per alcuni aspetti del proprio sistema economico. L’economia soffre infatti di un inadeguato settore industriale che ha risentito dell’ingresso dei paesi est-europei nell’Eu, perdendo la competitività che aveva potuto vantare fino ad ora sul fronte del mercato del lavoro rispetto al resto dell’Europa occidentale. A tutt’oggi, il Portogallo non attrae un grande flusso di investimenti e, rispetto agli attori europei occidentali, soffre di un sistema infrastrutturale e dei trasporti inadeguato. Obiettivo strategico del paese è dunque la pianificazione degli investimenti finalizzati a migliorare il sistema ferroviario, in modo tale da porlo in collegamento con la vicina Spagna e il resto d’Europa.
L’agricoltura pesa sul pil per meno del 3% ed è ampiamente sussidiata dall’Unione Europea. Essa risulta poco produttiva, se si considera che il settore impiega circa l’11% di tutta la forza lavoro portoghese. Il Portogallo possiede alcune risorse naturali rilevanti, come il rame, di cui è uno dei primi produttori in Europa, e il sughero, di cui detiene quasi la metà delle risorse mondiali ed è il primo produttore al mondo. Strategica per l’economia del paese è la costa, soprattutto per la pesca e per il settore terziario: è qui infatti che si concentra il turismo estero, di grande importanza per il sistema portoghese.
Il Portogallo resta uno dei paesi più poveri dell’area euro, con un pil pro capite più basso della media europea e un livello di disoccupazione che si attesta intorno al 12,7%. Per via delle sue precarie situazioni economiche, il paese si sta sottoponendo a severi aggiustamenti strutturali che rientrano in un programma di salvataggio disposto dalla triade Eu, Imf e Bce e che scongiurerebbero il rischio di un’uscita dall’area euro. Le misure intraprese dal primo ministro Pedro Passos Coelho in questa direzione passano per la privatizzazione del settore energetico, dei trasporti e delle comunicazioni, tagli all’istruzione e alla sanità, e dalla promozione di una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro. Un risultato positivo ottenuto dal governo è dato dalla riduzione del deficit di bilancio – dal 10% del pil nel 2009 al 4% nel 2011. Il Portogallo ha un grande disavanzo energetico e importa il 75% dell’energia consumata, cifra che corrisponde al 15% delle importazioni totali del paese. Principali partner energetici per il petrolio e il gas sono i paesi africani, come Algeria, Nigeria e Libia. Il paese ha tuttavia attuato un ambizioso programma di investimenti nel settore delle energie rinnovabili – soprattutto nell’idroelettrico, nell’eolico e nello sfruttamento delle onde marine – divenendo uno degli attori europei più all’avanguardia in questo settore. Nel mix energetico, le rinnovabili sono dunque la seconda fonte primaria di energia, dopo il petrolio e il gas.
Il Portogallo non è oggetto di particolari minacce alla sicurezza nazionale, né del terrorismo internazionale, ma è impegnato nella risoluzione di crisi internazionali, specialmente nelle ex colonie.
Il paese partecipa attivamente alla Nato e alle missioni internazionali e promuove in particolare i propri interessi nel Mediterraneo e nell’Atlantico meridionale. Lisbona ha ospitato il summit della Nato del novembre 2010, durante il quale i membri hanno adottato il nuovo ‘Concetto strategico’. Inoltre, dal 1995 è in vigore un accordo di cooperazione e difesa con gli Stati Uniti, presenti dalla Seconda guerra mondiale nella base militare di Lajes, nelle Azzorre. Allo stesso tempo, il Portogallo è tra i promotori dello sviluppo della Politica di sicurezza e difesa comune Eu e contribuisce attivamente alle sue missioni. Inoltre, Lisbona ha avviato alcune forme di cooperazione intra-europea: insieme a Spagna, Francia e Italia, il Portogallo ha creato nel 1995 la forza marittima europea (Euromarfor), impiegata per le crisi umanitarie e missioni di peacekeeping in modo autonomo o sotto l’egida dell’Eu, della Nato, dell’Osce. Ha contribuito inoltre alla creazione della Forza di reazione rapida europea (Eurofor) ed è parte della Forza di gendarmeria europea.
Il paese ha partecipato alla Prima guerra del Golfo nel 1991, alle missioni in Kosovo nel 1999, in Afghanistan nel 2001, in Iraq con la Nato Training Mission nel 2004, in Darfur nel 2005 e alle operazioni antipirateria al largo della Somalia dal 2009. In ambito Eu, inoltre, ha partecipato a numerose missioni, tra le quali l’operazione antipirateria in Somalia (la missione Atalanta dell’Eu Navfor) dal 2008, la missione Althea dell’Eufor in Bosnia-Erzegovina dal 2004 e, tra il 2008 e il 2010, la missione di supporto per la riforma del settore della sicurezza in Guinea Bissau. Attualmente, il paese ha anche un contingente di circa 150 soldati sotto l’egida delle Nazioni Unite nella missione Unifil in Libano. Sul piano della sicurezza interna, si teme che le severe riforme di politica economica in atto possano costituire una preoccupante minaccia alla coesione sociale e provocare di conseguenza disordini nel paese.
La Comunità dei paesi lusofoni (Cplp) è stata fondata nel 1996 da Angola, Brasile, Capo Verde, Guinea Bissau, Mozambico, Portogallo, São Tomé e Príncipe. A seguito dell’indipendenza, anche Timor Est è entrato a farne parte nel 2002. Sono membri osservatori associati le Isole Maurizio, Senegal e Guinea Equatoriale, mentre Marocco, Swaziland e Ucraina hanno richiesto lo status di osservatore, a testimonianza dell’interesse crescente verso questa organizzazione.
La Comunità, con sede a Lisbona, mira a promuovere la lingua portoghese (parlata da circa 230 milioni di persone nel mondo) e a favorire la cooperazione politico-diplomatica tra i membri al fine di rafforzare la presenza internazionale e la cooperazione in numerosi settori, dall’economia all’istruzione e alla difesa. In particolare, i membri collaborano nell’ambito di operazioni antiterrorismo e di difesa, e stanno discutendo l’ipotesi di costituire forze di peacekeeping. Ultimamente, in seguito al recente colpo di stato in Guinea Bissau, la Cplp sta concentrando gli sforzi al fine di redimere la crisi nel paese e ripristinare la situazione preesistente al golpe. Inoltre, i membri appoggiano la candidatura del Brasile come membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e hanno favorito l’elezione del Portogallo come membro non permanente nel biennio 2011-12. I legami economico-commerciali tra i membri della Comunità rimangono però deboli e le maggiori economie, Portogallo e Brasile, continuano a prediligere le rispettive zone di integrazione regionale (Unione Europea e Mercosur).
Negli ultimi anni Lisbona è risultata una delle città più lungimiranti in Europa per ciò che concerne lo sviluppo delle energie rinnovabili. Tale programma si sviluppa attraverso vari livelli. Il governo ha anzitutto adattato e migliorato le reti di trasmissione dell’energia elettrica, in modo tale da renderle funzionali alla trasmissione di energia da fonti rinnovabili. Il Portogallo ha inoltre sviluppato un sistema di incentivi fiscali che rende vantaggioso adottare impianti di energia rinnovabile. Per effetto di tali politiche, nei cinque anni tra il 2005 e il 2010 la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è cresciuta dal 17% al 45% del totale. In particolare, il Portogallo ha sviluppato l’energia idroelettrica (che contribuisce alla generazione di elettricità per circa il 25% del totale), l’eolica, cresciuta di sette volte nei cinque anni considerati, e la tecnologia fotovoltaica. Lisbona punta a produrre, entro il 2020, il 60% di tutta l’elettricità a partire da fonti rinnovabili. Oltre a perseguire importanti obiettivi ambientali, tale politica giova anche alla bilancia dei pagamenti.
La strategia energetica portoghese risulta all’avanguardia in Europa, se si pensa che il Regno Unito, a fronte di un aumento della bolletta elettrica del 14% negli ultimi cinque anni, ha avuto una crescita del 3% della produzione di elettricità da fonti rinnovabili, mentre il Portogallo ha avuto un aumento della bolletta del 16%, ma con uno sviluppo delle rinnovabili del 28%.