posta elettronica, lingua della
Gli scambi dialogici scritti mediante più computer collegati in rete (posta elettronica e chat) rientrano nel sistema dei nuovi media (➔ Internet, lingua di). Alcune caratteristiche della posta elettronica (detta comunemente anche email, nome maschile o femminile, scritto anche e-mail), dunque, sono in comune con gli altri mezzi di comunicazione digitali e telematici: fra queste caratteristiche si possono citare, per es., la rinnovata fortuna della scrittura, seppure secondo modalità peculiari (interattività) che mostrano l’interferenza tra scritto e parlato, e l’estrema manipolabilità del testo digitato.
Non ha quindi più molto senso la tradizionale distinzione tra comunicazione mediata dal computer (CMC, computer mediated communication) di tipo sincrono (chat) o asincrono (e-mail; Baracco 2002), poiché «si può usare l’e-mail in modo sincrono, fornendo subito la risposta a un messaggio e contando sulla sua immediata ricezione [...]. La dimensione temporale dello scambio è una scelta dell’utente, non una caratteristica intrinseca del mezzo» (Pistolesi 2004: 17). È quindi opportuno estendere il discorso anche a tipi di comunicazione diversi dalla posta elettronica, sottolineando analogie e differenze.
Riprova del fatto che i messaggi di posta elettronica siano ormai sempre più spesso concepiti per lo scambio quasi simultaneo (a metà strada tra una lettera e una telefonata), anche quando sono composti off line, sono l’elevata tolleranza dell’errore (che nelle chat, ma non nell’e-mail, può esser dovuto alla fretta della composizione on line dettata dall’esigenza di non perdere il turno), non soltanto di battitura, e la prevalenza dello stile informale e scarsamente progettato, che sembrano assimilare tali testi alla messaggistica istantanea, quando non al parlato-parlato, ben più che alla corrispondenza cartacea tradizionale, con la parziale eccezione delle e-mail di lavoro. Queste ultime sono spesso contigue alle lettere classiche e condividono con il modello scritto la densità lessicale e la coesione sintattica (➔ lettere e epistolografia; ► stile epistolare). L’esempio delle e-mail di lavoro o comunque ufficiali induce peraltro a evitare generalizzazioni: nell’analisi dei messaggi va sempre tenuto conto del rapporto intercorrente tra gli interlocutori, del loro livello culturale e del grado di familiarità col mezzo, della frequenza dei loro scambi epistolari, della natura pubblica o privata del messaggio, ecc.
Le caratteristiche tecniche del canale di comunicazione e le convenzioni che rapidamente hanno cominciato a regolarlo spiegano molti fenomeni linguistici propri della corrispondenza via Internet. A cominciare dalla tendenza ad annullare le differenze sociali: in rete ci si dà quasi sempre tutti del tu e si tende all’omissione dei titoli allocutivi (Gentile professor ...; ➔ allocutivi, pronomi; ➔ appellativi), passando spesso direttamente al nocciolo della questione. Dato che il nome del mittente e del destinatario, come la data e l’ora di invio, compaiono automaticamente nei programmi di posta elettronica, tali elementi vengono di norma omessi, almeno nelle e-mail di carattere non troppo formale. Per lo stesso motivo, talora la firma manca (anche se non sistematicamente, come accade invece nei messaggini al cellulare) o viene ridotta alla sola iniziale del nome. I saluti finali (➔ saluto, formule di), se presenti, si riducono sempre più a un semplice ciao (ma anche un abbraccio, baci e sim.), mentre quelli iniziali (più rari) a un generico salve, spesso usato quando non ci si vuole sbilanciare tra un tono troppo formale e uno troppo informale:
(1) Salve, le inviamo una bozza della storia che avremmo pensato per spiegare i concetti del cap. 9. Ci faccia sapere se può andare bene. Arrivederci (da Schwarze 2008: 108)
La presenza dei saluti iniziali (soprattutto nei casi di scarsa confidenza tra gli interlocutori), tra l’altro, contribuisce a distaccare i messaggi di posta elettronica dalle lettere tradizionali e ad avvicinarli alle conversazioni faccia a faccia.
Particolarmente significativa, perché indicativa della natura ibrida del mezzo e soprattutto del modo in cui gli utenti lo percepiscono, è la corrispondenza telematica tra studenti e docenti universitari, nella quale i primi oscillano tra due estremi: dall’abuso di formule di cortesia all’eccessivo avvicinamento a toni privati e familiari. Talora le due componenti cozzano nel medesimo messaggio, come in (2), dove la maiuscola reverenziale e i tradizionali La ringrazio in anticipo e cordiali saluti convivono con elementi propri del dialogo parlato, come buongiorno e Lo faccio stasera!, e toni di ‘vicinanza’ inappropriati al contesto (Prof. T., Mi faccia sapere, I voti li comunica lei, buon lavoro):
(2) Prof. T. buongiorno, Le invio la mia relazione sulla mia parte per il progetto XYZ ... Mi faccia sapere se c’è qualcosa che non va. Mi hanno detto che non è necessario venire al 5 (mentre ovviamente è necessario iscriversi all’esame ... Lo faccio stasera!). I voti li comunica lei o dobbiamo andare su COL3? La ringrazio in anticipo. Cordiali saluti e buon lavoro, M.F. (da Schwarze 2008: 108-109)
Il nome del mittente è spesso (sempre nelle chat, ma sovente anche nella posta elettronica) sostituito da un soprannome (detto all’ingl. nickname o nick). Tale pratica incoraggia, nelle chat, il «fenomeno dell’assunzione di un’identità fittizia in rete, in particolare il far finta di appartenere a un altro genere sessuale», mediante l’esasperazione di tutti gli stereotipi anche linguistici legati a tale variabile (Orletti 2007: 29).
Se lo scambio è frequente, il messaggio, spesso brevissimo, è composto come riprendendo il filo di una conversazione rimasta in sospeso. Inoltre, data la presenza del campo ‘oggetto’, talora il topic del discorso non è reso esplicito nel corpo del messaggio:
(3) Subject: Lou Reed. [Testo] avete comprato i biglietti? Ciao ciao (da Pistolesi 2004: 171)
Addirittura si può inviare anche un messaggio vuoto, contenente soltanto il campo ‘oggetto’ o un documento allegato. Ad accentuare la struttura dialogica della posta elettronica è la pratica del quoting, ovvero della citazione del testo del messaggio ricevuto, contrassegnato dalla parentesi uncinata (›) o da una linea verticale nera, riportato automaticamente all’inizio del messaggio di risposta. Tale funzione consente di interpolare risposte o osservazioni puntuali a singole porzioni del testo originario, che viene pertanto frammentato (mediante i necessari a capo) e che può essere ricopiato, spostato e anche modificato.
Al di là della questione se la posta elettronica e le chat assomiglino di più a un testo scritto o a uno parlato, quel che è evidente è che gli interlocutori si immaginano l’un l’altro quasi come compresenti (in uno spazio virtuale che mima di norma quello reale) e dunque come se prendessero parte a una conversazione orale. Lo si evince non tanto da espressioni cristallizzate quali ci sentiamo, ci vediamo o ci incontriamo (in luogo di ci scriviamo; Mela 2004: 256; Antonelli 2007: 158), quanto dalla presupposizione che il destinatario sia sempre raggiungibile e disponibile. Da qui la nota insofferenza, da parte di chi scrive abitualmente e-mail, nei confronti di un mancato feedback, ovvero di una risposta ritardata:
i nuovi media dispongono a un dialogo costante, continuamente attivo nella mente degli attori, che può trascendere il divario temporale, essere cioè indipendente dalla sua reale consistenza. Anche se lo scambio è differito, ciò che conta è la disposizione degli scriventi, il modo in cui simbolizzano la distanza (Pistolesi 2004: 18-19)
La massiccia presenza di ➔ segnali discorsivi, di ➔ deittici e di interiezioni (➔ interiezione) e ➔ intercalari (be’, boh, bon, comunque, dai, ecco, ascolta, guarda, uffa, ecc.) conferma la percezione dell’e-mail, da parte degli utenti, come dialogo. Analogamente vale per l’alto grado di implicitezza e di ancoraggio al contesto extralinguistico caratteristico dei messaggi scambiati di frequente tra interlocutori con elevata condivisione di interessi:
(4) Scusa Gianni del ritardo, comunque volevo sapere se Hai inviato I tuoi dati ... tu sai dove (da Fiorentino 2007: 184).
La funzione fàtica prende talora il sopravvento, più ancora che in certi dialoghi faccia a faccia, e da introduttiva della conversazione diventa essa stessa quasi unica protagonista di un atto comunicativo, per es. in chat, dove talora il vero scopo è segnalare di esserci e di scrivere in quel momento tutti insieme, senza necessità di comunicare altro:
(5) ciao ;-) / ciao ... scusa, rispondevo a un messaggio / ciao ;-) nn ti scusare / grazie, dimmi / niente ... vagavo su Icq in cerca di compagnia ... che stai facendo? / vagavo in internet alla ricerca di svago contro caldo [...] / ci sei ancora? / si ti ho risposto ... non è arrivato? [...] / mi sa che non mi ricevi (Mela 2004: 302; è stato espunto il nome degli interlocutori e sono state inserite barre di segnalazione del cambio di turno)
Un’altra funzione assai frequente in testi di posta elettronica, nelle chat e nei messaggini al cellulare è quella metalinguistica (e anche metacomunicativa, dato il costante riferimento ai meccanismi stessi della comunicazione mediata dal mezzo), come emerge anche in (5). L’instaurarsi della socialità in rete, del resto, tipico dei testi interattivi, prevarica talora sull’esigenza di forme di socialità non virtuale, come dimostra il grande successo del fenomeno Facebook.
Lo stile informale e perlopiù frammentario di taluni messaggi di posta elettronica (tra interlocutori legati da un rapporto di confidenza e di scambio epistolare frequente), fatto di periodi brevi e monoproposizionali, spesso costituito da testi brevissimi (come un turno conversazionale), è una logica conseguenza di quanto appena detto. Nonostante questo, la sintassi della posta elettronica sembra mediamente assai più vicina al modello coeso e strutturato dello scritto (➔ lingua scritta) che non alla frammentarietà del parlato (➔ lingua parlata). Ben diverso è il caso dei turni di chat, spesso davvero assimilabili a un botta e risposta orale. Dal punto di vista dell’organizzazione dell’informazione, i manuali di scrittura per la rete consigliano la ripartizione del testo in blocchi secondo il criterio un blocco = un tema.
Questo tipo di scrittura, funzionale alla lettura su video, può mascherare o addirittura generare dei problemi di coerenza, in quanto incoraggia un’organizzazione parcellizzata del messaggio. L’informazione risulta spesso distribuita secondo un ordine temporale che riflette una progettazione progressiva e locale della composizione, senza un ordine logico e gerarchico dei temi. Da qui il sacrificio delle formule di transizione e dei connettivi (Pistolesi 2004: 184)
Talora si delega a un lungo post scriptum quanto (dichiarazioni attenuanti e sim.) in una lettera tradizionale sarebbe stato integrato, in un’elaborazione più raffinata, nel corpo del messaggio.
Va inoltre ricordato che l’impressione di frammentarietà dei messaggi in questione è accentuata dal fatto che di solito vengono analizzati come singoli testi autonomi, mentre la loro natura intrinsecamente dialogica richiederebbe la visione globale della sessione conversazionale, con tutti i turni che la compongono, tipico esempio di «testualità allargata» e di scrittura cooperativa in rete (Fiorentino 2007: 188-190). Non vanno infine dimenticate le componenti della desacralizzazione e della smaterializzazione della scrittura, tipiche della testualità del computer e a maggior ragione di Internet, rese ancor più evidenti nei testi dialogici: «il computer produce una doppia smaterializzazione, del prodotto, del testo e della sua unitarietà, ma anche del processo attraverso cui il testo viene realizzato» (ibid.: 178). Se a questo si aggiungono l’abitudine a non rileggere quanto si è scritto per e-mail (oltreché ovviamente nelle chat), la tendenza a non stampare né conservare a lungo i messaggi spediti e ricevuti e il processo di scomposizione e ricomposizione del testo subito dal messaggio nelle sue transizioni dal mittente al destinatario, attraverso i vari ‘nodi’ intermedi, si comprende come tale smaterializzazione aumenti nel dialogo scritto in rete.
Nelle e-mail, e ancor più nelle chat, si ricorre spesso a elementi propri di altri codici, e in particolare di quello grafico. Le cosiddette faccine, o emoticons, sono simboli grafici (lineette, punti, parentesi, ecc., disposti in modo tale da rappresentare molto schematicamente un volto, atteggiato in diversi modi; ➔ paragrafematici, segni) utilizzati per esprimere lo stato d’animo dello scrivente (Mela 2004: 274-277), superando così la relativa rigidità della lingua scritta. Le attuali applicazioni di messaggistica istantanea forniscono ormai una vasta gamma di emoticons preconfezionate, talora anche in movimento e con effetti acustici. Esse hanno soprattutto la funzione di sostituire l’intonazione, certe interiezioni o i segnali mimico-gestuali propri delle conversazioni orali faccia a faccia, oppure possono sostituire delle espressioni idiomatiche o descrivere lo stato fisico di una persona. Sono comuni anche alcuni espedienti di simulazione della voce, come gli allungamenti espressivi di suoni, le ripetizioni (ooooooohhhhh!!!!, ehehehehe!), l’alta frequenza di onomatopee e ideofoni, il maiuscolo per simulare la voce urlata, le parole evidenziate con gli asterischi. Tutti questi elementi hanno una funzione scherzosa e sottolineano, quasi come un ➔ gergo, l’appartenenza a un gruppo (Canobbio 2005).
Difficilmente gli usi più comuni dei messaggi di posta elettronica e di chat possono travalicare i confini propri del mezzo ed entrare nella lingua scritta e parlata d’uso comune, se non in modo riflesso, quando non ironico (come accade ormai in molta narrativa). L’adozione delle faccine, dei numeri al posto delle lettere dell’alfabeto, della x al posto di per, del k al posto della c per rappresentare l’occlusiva velare, di vari altri espedienti tachigrafici quali tvb «ti voglio bene», se pure presenti (oltreché d’origine ben più antica dei nuovi media) in alcune forme di scrittura giovanile non telematica, rappresentano pur sempre delle eccezioni (Antonelli 2009; ➔ giovanile, linguaggio), perlopiù in appunti o minute di compiti scolastici scritti a mano. Per tutti gli altri fenomeni solitamente rimproverati alla neo-epistolografia (naturalmente non solo italiana), dall’abuso dell’inglese all’abbondanza di errori ortografici (di battitura o d’ignoranza), dalla sintassi spezzata al lessico non puntuale, dallo stile trascurato alla punteggiatura anticonvenzionale, dal mancato rispetto della distinzione tra caratteri maiuscoli e minuscoli all’uso erroneo di accenti e apostrofi, la posta elettronica e le chat (oltreché gli sms) non fanno che condividere tali tratti con l’italiano colloquiale, ben più rappresentato e irradiato da mezzi come la stampa (che abbonda di forme come qual’è, un pò, un’amico, un osservazione, si in luogo di sì, tanto vituperate negli scritti giovanili), il cinema e la televisione.
Benché esistano ormai da più di trent’anni, sui nuovi mezzi pesa evidentemente ancora l’ingresso tardivo (non prima degli anni Novanta del secolo scorso) nelle abitudini del grande pubblico italiano e la difficoltà – molto più sentita nello scritto che nel parlato, ancorché entrambi trasmessi – d’accettare uno stile «non proposizionale» (Simone 2000: 128-135; ➔ televisione e lingua).
Con ciò non si intende ignorare l’elevato grado di infrazioni al sistema ortografico tradizionale presente, per es., nei numerosissimi blog (da weblog «libro di bordo in rete», costituito da un insieme di testi, detti post «affiggi», e di messaggi telematici di commento a questi ultimi, spediti da vari utenti alla medesima pagina web) che popolano oggi la rete. Si osserva soltanto che tali usi si sposano raramente con uno stile inconsapevole (l’assiduità col mezzo è di solito direttamente proporzionale con le infrazioni grammaticali: sono i principianti, dunque, i più rispettosi delle norme). Si tratta bensì di compartecipare alle regole di un gioco, le cui coordinate possono spaziare dalla frivolezza:
(6) Ciaooo...... questi giorni stanno iniziando d nuovo i compiti in claxe e le interrogazioni O_O’’’’ Nn ce la faccio +.....sn esausta -__-’’’ X l’esattezza mancano 101 giorni alla fine della scuola............giuro ke qnd quel giorno arriverà cm minimo lancerò 1 bomba ^.^, (da Canobbio 2005: 310)
alla citazione dotta:
(7) tu credi che lo iodio ti abbia fortificato l’essere: mentre in realta’ sei come Gustav von Aschenbach e ti stai lentamente avviando alla defunzione. ed il tuo tadzio non ha nulla di bosie douglas ma ha un possente e potente nome lucano. amaro, appunto. ti senti bellina, con quelle lentiggini a cappottarsi su giu’ per il tuo naso. e non sai che quelle efelidi si trasformeranno immantinentemente in vitiligine non appena saranno a contatto con i gas tossici emessi dal corpo di It; (ivi, p. 314)
Colpiscono non tanto lo stile (che non disdegna la combinazione espressionistica di alto e basso, tradizione e innovazione) e i contenuti, estremamente vari, quanto semmai la nuova ondata di grafomania più o meno esibizionistica incoraggiata dai nuovi mezzi (parallela all’iperparlato televisivo, a partire dagli anni Ottanta del XX secolo, e ormai esasperato da talk show e reality show), o, con le parole precoci, ormai ventennali, di Pier Vittorio Tondelli, la volontà di «spedire messaggi, inviare consigli assolutamente non richiesti, mandare lettere a sconosciuti, gettandovi ogni sorta di frustrazione personale», così da «perpetua[re] l’immagine di un popolo di gente comune che nella grafomania sembra trovare lo sfogo naturale alle intensità intime, alla voglia di comunicare, all’espansione della propria libido repressa» (Canobbio 2005: 317).
Anche la rinnovata vitalità, presso le giovani generazioni, dell’uso riflesso dei dialetti (➔ italianizzazione dei dialetti), spesso con tinte neogergali, trova nell’e-mail e più ancora nelle chat un terreno fertile. Neppure questo fenomeno va visto in isolamento, bensì correlato con quanto si verifica nella società e nelle sue rappresentazioni (cinema e altri media).
Molti termini tecnici specifici della posta elettronica e delle chat sono ormai entrati nell’uso comune, da allegato a attach-ment, a forward, a chattare. Altri, soprattutto quelli legati al mondo delle chat, rimangono ancora nell’ambito settoriale, anche in accezione metaforica: bannare «bandire, allontanare»; nick «soprannome (usato nella comunicazione in rete)»; oppare «rendere qualcuno operatore di una chat». La presenza, ormai, di numerosi termini italiani in sostituzione (o in alternativa) degli originari anglicismi (oggetto e non più subject, inoltrare e non più solo forward o forwardare, invia e non più send, ecc.) conferma l’abitudine degli italiani alla posta elettronica più che alle chat (con un tasso superiore di anglicismi). Il maggior uso della posta elettronica è dovuto probabilmente, oltreché all’ampio spettro funzionale (dai forum di discussione alle lettere di lavoro) e al precoce debutto in Italia, alla maggior contiguità del mezzo con le forme epistolari tradizionali. Ne è una prova la preferenza delle ultime generazioni per altri mezzi di comunicazione (chat, messaggistica istantanea telefonica o telematica), ritenuti più immediati e anticonvenzionali.
Antonelli, Giuseppe (2007), L’italiano nella società della comunicazione, Bologna, il Mulino.
Antonelli, Giuseppe (2009), Scrivere e digitare, in XXI Secolo. Comunicare e rappresentare, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, pp. 243-252.
Baracco, Alberto (2002), La comunicazione mediata dal computer, in Sul dialogo. Contesti e forme di interazione verbale, a cura di C. Bazzanella, Milano, Guerini, pp. 253-267.
Canobbio, Andrea T. (2005), Blog: la lingua che uccide, «Lingua italiana d’oggi» 2, pp. 307-318.
Fiorentino, Giuliana (2007), Nuova scrittura e media: le metamorfosi della scrittura, in Ead. (a cura di), Scrittura e società. Storia, cultura, professioni, Roma, Aracne, pp. 175-207.
Mela, Mattia (2004), C6? I seek you. Comunicare in chat, «Lingua italiana d’oggi» 1, pp. 251-317.
Orletti, Franca (2007), Identità di genere e comunicazione mediata dal computer, «Lingua italiana d’oggi» 4, pp. 29-42.
Pistolesi, Elena (2004), Il parlar spedito. L’italiano di chat, e-mail e sms, Padova, Esedra.
Schwarze, Sabine (2008), Dall’epistola all’e-pistola. La scrittura epistolare in movimento, in Ead. (a cura di), La lingua del sì e le sue figlie, Passau, K. Stutz, pp. 91-119.
Simone, Raffaele (2000), La terza fase. Forme di sapere che stiamo perdendo, Roma - Bari, Laterza.