Abstract
Vengono esaminati i prodotti finanziari misti, definiti dall’art. 1 lett w-bis t.u.f. come: le polizze e le operazioni di cui ai rami vita III (le cd. polizze linked ) e V (i contratti di capitalizzazione), di cui all’art. 2, co. 1, del d.lgs. 7.9.2005, n. 209. Le polizze cd. linked sono contratti di assicurazione sulla vita nei quali la prestazione dell’assicuratore dipende da un parametro di riferimento che può variare nel corso della durata del contratto. Le tipologie di linked life policies più diffuse nel mercato italiano sono le unit linked e le index linked.
Le polizze linked sono emerse nel mercato assicurativo a partire dal momento in cui i fenomeni inflattivi, che hanno caratterizzato gli negli anni settanta del novecento, hanno condotto gli operatori ad elaborare modelli economici, e conseguentemente contrattuali, differenti da quelli tradizionali, per meglio rispondere alle esigenze di una clientela che era divenuta, data la crescita economica degli anni sessanta, sempre più variegata ed esigente.
Il dibattito sulla qualificazione giuridica delle assicurazioni unit e index linked era sorto già prima che il legislatore italiano con il d.lgs. n. 17.3.1995, n. 174, che attuava la dir. 92/96/CEE in materia di assicurazione diretta sulla vita, conferisse dignità normativa a tali operazioni assicurative. Detto dibattito è proseguito sino ad oggi senza che la loro espressa annessione, ex art. 2 c. assicurazioni, ai prodotti che le imprese assicurative possono emettere, l’applicazione (seppur parziale) della disciplina del settore finanziario – segnatamente all’art. 25 bis t.u.f. - e i ripetuti interventi del legislatore, abbiano composto il “conflitto”.
Occorre, altresì, menzionare la l. n. 28.12.2005, n. 262, che ha modificato il t.u.f., estendendo l’applicazione ai prodotti vita di ramo III e V segmenti rilevanti della disciplina sull'intermediazione finanziaria e, successivamente, il d.lgs. 28.12.2006, n. 303 ha modificato l'art. 1 t.u.f., introducendo la lett. w-bis, includendo così i «prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione» (Bugiolacchi, L., I prodotti «finanziari assicurativi»: considerazioni in tema di qualificazione giuridica e disciplina applicabile, Resp. Civ. e Prev., 2011, 876 ss; Irrera, M., L'assicurazione. L'impresa e il contratto, in Tratt. dir. comm. Cottino, Padova, 2001; Gambino, A., Linee di frontiera tra operazioni di assicurazione e bancarie e nuove forme tecniche dell'assicurazione sulla vita a premio unico, in Ass., 1993, 1).
Il contratto di assicurazione è definito dall’art. 1882 c.c. come: «il contratto con il quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana». La disposizione individua le tre caratteristiche principali del contratto di assicurazione: il premio, il sinistro o l’evento e l’obbligazione di pagamento in capo all’assicuratore. L’articolo in questione è di per sé inidoneo a definire, unitariamente, la disciplina del contratto di assicurazione; nella citata disposizione è però possibile riconoscere i tratti distintivi dei due principali contratti assicurativi: l’assicurazione contro i danni (artt. 1904 ss. c.c.) e l’assicurazione sulla vita (artt. 1919 ss. c.c.). Nell’assicurazione contro i danni, il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennità è rappresentato da un danno che si verifica a causa di un rischio, derivante da un’attività lecita, contemplato dal contratto. Il danno deve configurarsi entro i limiti territoriali e temporali dedotti nella polizza. Nell’assicurazione sulla vita, l’assicuratore è obbligato a pagare al beneficiario un capitale o a corrispondergli una rendita a seguito della morte dell’assicurato oppure, qualora l’assicurato stesso sopravviva, decorso un certo termine. Stando a quanto rilevato sin ad ora, è ragionevole affermare che, se l’assicurazione contro i danni svolge una funzione indennitaria a tutela del patrimonio, quella sulla vita risponde ad una esigenza di tipo, essenzialmente, previdenziale (ex multis, Donati, A. - Volpe Putzolu, G., Manuale di diritto delle assicurazioni, Giuffrè, 2014, 105 s.; Farenga, L., Manuale di diritto delle assicurazioni private, Torino, 2015, 151 ss.; Pecennini, F., Assicurazione, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 2011, 2 s.; Scalfi, G., I contratti di assicurazione. L’assicurazione danni, Torino, 1991, 18 s.).
In termini più generali, rifacendosi all’insieme delle disposizioni codicistiche, è possibile analizzare le caratteristiche del contratto di assicurazione. Secondo la dottrina maggioritaria l’oggetto del sinallagma contrattuale è il rischio, ciò poiché l’assicurato trasferisce sulla compagnia il rischio di sopportare le conseguenze economiche derivanti dal verificarsi di un evento futuro e incerto. Il contratto di assicurazione è altresì qualificabile come un negozio a titolo oneroso, a prestazioni corrispettive, aleatorio e ad esecuzione continuata (per una disamina più ampia relativa alle caratteristiche principali del contratto di assicurazione si veda ex multis: Gambino, A., L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Milano, 1964, 9 ss.; Scalfi, G., voce Assicurazione (contratto di), in Dig. civ., 1987, 338 ss.; Id, Gli articoli 1460 e 1461 del codice civile ed il contratto di assicurazione, in Foro it., 1968, 551). L’art. 1888 c.c. prevede per il contratto di assicurazione la forma scritta ad probationem: l’accordo orale è valido, ma in giudizio non si potrà ricorrere alle presunzioni o alla prova testimoniale. La prova del vincolo obbligatorio potrà, pertanto, avvenire unicamente attraverso la produzione del documento all’interno del quale è racchiuso l’accordo, oppure tramite confessione o giuramento decisorio (Volpe Putzolu, G., Le assicurazioni. Produzione e distribuzione. Problemi giuridici, Bologna, 1992, 99). Occorre altresì sottolineare che il co. 2 dell’art. 1888 c.c. dispone che l’assicuratore consegni alla controparte la polizza o un altro documento da lui sottoscritto. Di poi, il co. 3 prevede che l’assicuratore rilasci, dietro richiesta e a spese del contraente, duplicati o copie di polizze.
L’art. 1919 c.c. dispone che: «L’assicurazione può essere stipulata sulla vita propria o su quella di un terzo. L’assicurazione contratta per il caso di morte di un terzo non è valida se questi o il suo legale rappresentante non dà il consenso alla conclusione del contratto. Il consenso deve essere provato per iscritto». L’assicurazione sulla vita è quel contratto con il quale l'assicuratore si obbliga, in corrispettivo di un premio unico o periodico, a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento connesso alla (durata della) vita umana ovvero entro il termine fissato, a meno che non vi sia premorienza. (Donati, A., Trattato del diritto delle assicurazioni private, III, Milano, 1956, 569; Fanelli, G., Assicurazioni sulla vita, in Nss. D.I., I, 2, Torino, 1968, 1382). Autorevole dottrina precisa che, in quest’ultimo caso, l’alea dipenderebbe dal fatto che il sopraggiungimento della morte entro il termine dedotto dal contratto è da considerarsi come un evento incertus an et quando (Donati, A., Trattato del diritto delle assicurazioni private, cit., 573).
Di poi, l’evento assicurato può attenere alla durata della vita dello stipulante o a quella di un terzo. L’articolo in questione, come si può facilmente evincere, subordina l’ammissibilità dell’assicurazione stipulata sulla vita di un terzo – limitatamente al caso di morte – al consenso del terzo o del suo legale rappresentate. L’accordo in questione ricorre nel caso in cui il decesso o la sopravvivenza del terzo è assunto quale «evento determinatore della sorte economica e giuridica del contratto».
L’assicurazione sulla vita è un contratto consensuale, sinallagmatico, di durata, in quanto l'obbligo dell'assicuratore, avente ad oggetto l'assunzione di un'alea relativa alla durata della vitaumana, si protrae durante tutto il tempo in cui il contratto svolge i propri effetti – ed aleatorio (Fanelli, G., Assicurazioni sulla vita, cit., 1382).
Parti del contratto sono, da un lato, l’assicuratore e, dall’altro, il contraente, l’assicurato e il beneficiario. La qualifica di assicuratore può essere rivestita da un ente pubblico o da una società professionalmente qualificata oltre che abilitata all’esercizio dell’attività assicurativa. Il contraente è il soggetto che stipula il contratto su cui gravano le obbligazioni che ne discendono. L’assicurato è il soggetto dalla cui morte o dalla cui sopravvivenza discende l'obbligo dell'assicuratore di corrispondere l'indennità. Il beneficiario è il soggetto che percepirà l’indennità assicurativa.
Storicamente, chi decideva di sottoscrivere un contratto di assicurazione sulla vita era mosso dal fine di accantonare, periodicamente, una somma di denaro, per poi goderne alla scadenza del termine o al ricorrere di un determinato evento. Le assicurazioni rispondevano a questa esigenza mettendo a disposizione della clientela prodotti assicurativi cui veniva applicato un tasso di interesse predeterminato. Tuttavia, il contratto così congeniato subiva gli effetti dell’inflazione. A partire dagli anni ottanta le compagnie hanno cominciato a confezionare prodotti assicurativi maggiormente appetibili e più in linea con le esigenze della clientela. Nacquero così le polizze indicizzate che, nei lustri successivi, dovettero cedere il passo a quelle “rivalutabili” e poi a quelle “variabili”, meglio note come: index linked e unit linked (Mazzuoccolo, L., Dal contratto di assicurazione ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni, in Zitiello, L., a cura di, I prodotti finanziari assicurativi. Un’analisi ragionata della giurisprudenza, Milano, 2014, 87 s.).
Ad avviare il processo che ha portato agli attuali assetti disciplinari in materia di prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione è stata la l. n. 262/2005 sulla tutela del risparmio – segnatamente il suo art. 11, co. 3 – cui si deve l’introduzione nel t.u.f. dell’art. 25 bis. Il legislatore ha preferito modificare il t.u.f., ma questa scelta normativa ha creato qualche problema di coordinamento con le disposizioni contenute nel Codice delle Assicurazioni private (sul rapporto tra codice delle assicurazioni e legge sulla tutela del risparmio, ma anche per una esaustiva ricostruzione dell’evoluzione normativa, si vedano, Alpa, G., I prodotti assicurativi finanziari, in Amorosino, S. – Desiderio, L., Il nuovo codice delle assicurazioni, Milano, 2006, 77 s., e Candian, A. D., Il nuovo codice delle assicurazioni e la disciplina civilistica del contratto di assicurazione: tendenze e «resistenze”, in Contratto impresa, 2005, 209 s.).
È necessario segnalare il d.lgs. n. 303/2006, che è intervenuto correggendo la citata legge sul risparmio, disponendo l’estensione, al settore bancario e assicurativo, di una parte della disciplina applicabile alla prestazione di servizi di investimento. Analogamente, la medesima novella è intervenuta – segnatamente all’art. 30, co. 9 - estendendo la disciplina dell’offerta fuori sede ai prodotti finanziari emessi da banche e imprese assicuratrici. Secondo autorevole dottrina: «la funzione di entrambe le previsioni è di attrarre i predetti prodotti nell’àmbito di operatività della disciplina dei servizi di investimento e dell’offerta fuori sede, giudicate più “tutelanti” per l’investitore delle rispettive discipline di settore» (Annunziata, F., La disciplina del mercato mobiliare, VII ed., Torino, 2014, 194 s). Nel citato articolo 25 bis è previsto che gli artt. 21 e 23 t.u.f. dedicati, rispettivamente, ai criteri generali di comportamento e di svolgimento dei servizi e delle attività finanziarie, e ai contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento, si applichino alla sottoscrizione ed al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e imprese di assicurazione. Ne discende che la Consob e la Banca d’Italia estendono i loro poteri di vigilanza alle attività contemplate dal primo comma della disposizione. Di poi, ai co. 3-4 si prevede l’applicazione degli obblighi di comunicazione del collegio sindacale, degli organi di controllo e dei revisori; il sesto comma disciplina alcuni aspetti della collaborazione tra la Consob e l’Ivass. L’art. 25 bis estende. come già detto, la disciplina finanziaria alla sottoscrizione e al collocamento, ne rimane esclusa l’emissione del prodotto e le caratteriste endemiche dello stesso, regolati dalle discipline (originarie) di settore. Sotto il profilo soggettivo occorre precisare che dal secondo comma dell’art. 23 si evince che la disciplina può applicarsi alle attività poste da in essere dai soggetti abilitati e dalle imprese assicurative, mentre sono esclusi gli intermediari assicurativi.
Sulla base di quanto sin qui detto, non può trarre in inganno la locuzione utilizzata per designare detti prodotti: nonostante siano emessi da imprese di assicurazione non seguono, esclusivamente, le regole dettate dalla disciplina assicurativa bensì quelle – analoghe nella forma – dettate per lo svolgimento dei servizi di investimento, che hanno ad oggetto gli strumenti finanziari, species all’interno del più ampio genus dei prodotti finanziari, definiti nel testo unico della finanza come forme di investimento di natura finanziaria.
Questa affermazione vale, senza dubbio, almeno per le polizze c.d. pure che, come si vedrà di seguito, sono considerate contratti di natura finanziaria, sostanzialmente privi di funzione previdenziale, poiché: «… l’attribuzione della natura finanziaria è connessa alla circostanza che il rischio dell’investimento ricada integralmente sul sottoscrittore, nel senso che quest’ultimo possa ricevere un importo o minore rispetto ai capitali conferiti, dal momento che la misura del rimborso dipende esclusivamente dall’andamento dei corsi dei valori ai quali il prodotto è agganciato» (Alpa, G., I prodotti assicurativi finanziari, cit, 88 s.; sul punto anche Capriglione, F., Le polizze «unit linked»: prodotti assicurativi con finalità di investimento, in Nuova Giur. Civ., 2014, passim).
Nella prassi è sorto qualche problema, data la difficoltà di coordinare le disposizioni del Regolamento Intermediari tenendo conto della disciplina contemplata nel T.u.F e nel Codice delle Assicurazioni (Gambino, A, La responsabilità e le azioni privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice assicurativa e bancaria, in Ass., 2007, 195 s.; Sciarrone Alibrandi, A., Prodotti “misti” e norme a tutela del cliente, in Società, banche e crisi d'impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, Torino, 2014, 2429; Annunziata, F., La disciplina del mercato mobiliare, cit., 195 s.).
La “creazione” del genere dei prodotti finanziari è stata determinata dalla necessità di oggettivare la fattispecie della sollecitazione all’investimento e delle offerte pubbliche di acquisto e di scambio. Come si è già avuto modo di dire, gli strumenti finanziari rappresentano una “sotto-categoria”, un “gruppo chiuso” all’interno del citato genere. Ciò che caratterizza il prodotto finanziario è l’investimento e la natura finanziaria; non occorre che la natura finanziaria sia prevalente, è sufficiente che l’investimento abbia natura “anche” finanziaria” (Costi, R. - Enriques, L., Il mercato mobiliare, in Tratt. dir. comm. Cottino, 2004, 44 ss.).
La definizione dei prodotti finanziari assicurativi è stata inserita nel t.u.f. solo nel 2006, con il già citato d. lgs. n. 303/2006, cd. “correttivo”, che ha inserito nell’art. 1 t.u.f. la lett. w-bis. In realtà, la menzionata lettera altro non fa che riprodurre – anche se con ricadute sul piano sostanziale – le fattispecie che nell’art. 178 c. assicurazioni rilevano in termini meramente processuali.
Si intendono infatti per prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione le polizze e le operazioni di cui ai rami vita III e V. Vengono così inclusi tutti i contratti di capitalizzazione (ramo V) e tutti i contratti di assicurazione dove il rischio dell’investimento è a carico dell’assicurato siano essi unit linked oppure index linked (ramo III) (Gambino, A., La responsabilità e le azioni privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice assicurativa e bancaria, cit., 191).
La definizione di prodotto finanziario emesso dalle imprese di assicurazione non si esaurisce nel riferimento ai contratti e alle operazioni dei rami vita III e V: la lett. w-bis prosegue escludendo dalla definizione le forme pensionistiche individuali di cui all’art. 13, co. 1, lett. b), d. lgs. n. 252/2005. La ragione di detta esclusione, secondo autorevole dottrina, è da rinvenire nella causa del contratto: se i contratti e le operazioni dei rami vita III e V divenissero strumenti di attuazione di una forma pensionistica complementare, non sarebbe più possibile individuare quella forma di investimento di natura finanziaria che sta invece alla base della scelta del legislatore di includere i rami stessi nella definizione di prodotti finanziari (Corrias, P., Previdenza, risparmio ed investimento nei contratti di assicurazione sulla vita, in Riv. dir. civ., 2009, 90 s.).
L’art. 179 c. assicurazioni, definisce il contratto di capitalizzazione come il contratto mediante il quale l’impresa di assicurazione si impegna a pagare, in assenza di una convenzione relativa alla durata della vita umana ed al decorso di un termine prestabilito (non inferiore ai cinque anni), una somma di danaro quale corrispettivo del versamento di premi unici o periodici. Differentemente da quanto accade con riguardo ai contratti afferenti al ramo III, nella capitalizzazione il rischio di investimento è totalmente a carico dell’impresa di assicurazione, che è obbligata ad adempiere indipendentemente dal risultato della gestione delle risorse in cui ha investito i premi versati dall’assicurato. La capitalizzazione si caratterizza per essere un’operazione essenzialmente finanziaria, priva di alcun collegamento con la verificazione di eventi della vita umana. L’assicurazione in questione non assume un rischio demografico ma un rischio di investimento delle somme pagate a titolo di premio, questa è la differenza tra il contratto di capitalizzazione e l’assicurazione sulla vita così come definito nel codice civile. Più precisamente, alla scadenza l’assicuratore verserà un capitale costituito dalle somme versate da contraente cui addiziona il tasso garantito o i rendimenti che derivano da una gestione separata di strumenti finanziari che vengono, a loro volta, reinvestiti (capitalizzati) e sono produttivi di altri rendimenti o interessi (Corrias, P., Contratto di capitalizzazione e attività assicurativa, Milano, 2011, 123 s.; Costi, R., I prodotti finanziari emessi dalle banche e dalle imprese di assicurazione, in I prodotti finanziari bancari ed assicurativi - in ricordo di Gaetano Castellano, Milano, 2008, 11 s.; Donati, A. - Volpe Putzolu, G., Manuale di diritto delle assicurazioni, cit., 2014, 197).
Nelle polizze "unit linked " il premio versato dall’assicurato viene investito per acquisire quote di fondi comuni di investimento mobiliari. Le prestazioni delle parti sono, dunque, collegate all’andamento di fondi esterni, ossia a Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR), o a fondi interni costituiti dalla compagnia stessa. Più nello specifico, nelle polizze unit le prestazioni sono collegate a fondi (comuni, di norma) di investimento gestiti dagli intermediari finanziari quali, ad esempio, le Società per la Gestione del Risparmio (per una completa disamina del tema della gestione collettiva del risparmio si veda, Annunziata, F., La disciplina del mercato mobiliare, cit., 197 s.). La compagnia acquista le quote di detto fondo divenendone titolare. Occorre precisare che il contraente non diviene titolare delle quote neanche nel caso in cui il fondo sia interno.
Nelle polizze "index linked" la prestazione dell’assicuratore dipende dall’andamento degli indici di borsa o da altri valori di riferimento.
Le prestazioni assicurate con le polizze linked variano al variare del valore delle quote e dell’indice a meno che la polizzanon preveda la garanzia di un capitale minimo. Nella citata circolare n. 32 del 2009, l’Isvap è intervenuta al fine di definire (rectius limitare) l’indicizzazione delle index per tutelare il contraente.
Le varianti rispetto ai temi originali sono, di norma, rappresentate dalla misura del rischio sopportato dal contraente oltre che dalla natura e dalla misura delle prestazioni per la quale si obbliga l’impresa assicuratrice. Nelle polizze cd. pure, la compagnia deve corrispondere una rendita o un capitale che sia pari al valore delle quote del fondo cui è connessa la polizza – se unit linked – o all’indice o al valore di riferimento cui è legata la polizza – se index linked. Nelle polizze cd. parzialmente garantite la compagnia si impegna a restituire una parte del capitale versato, ciò indipendentemente dall’andamento del fondo o dal parametro dell’indice o del valore di riferimento. Nelle polizze garantite la compagnia, al verificarsi dell’evento dedotto nella polizza o decorso il termine, corrisponde, indipendentemente dall’andamento del fondo o dell’indice o del valore di riferimento, il capitale versato ed il rendimento, seppur minimo. A tal proposito, occorre sottolineare che l’Isvap, con il Regolamento n. 32 del 2009, ha disposto che le polizze index debbano caratterizzarsi per l’impegno, concretamente assunto da parte della compagnia, di liquidare prestazioni il cui valore comporti l’assunzione di rischio demografico, con particolare riguardo per le prestazioni in caso di morte. (Guadagno S., La natura delle polizze unit linked e la disciplina applicabile, in Nuova Giur. Civ., 2011, 2015; Mazzuoccolo, L., Dal contratto di assicurazione ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni, cit., 122; Donati, A. - Volpe Putzolu, G., Manuale di diritto delle assicurazioni, cit., 195; Corrias, P., Previdenza, risparmio ed investimento nei contratti di assicurazione sulla vita, in Riv. dir. civ., 2009, 90; Alpa, G., I prodotti assicurativi finanziari, cit., 88 s.).
Nel paragrafo precedente sono state analizzate le diverse “declinazioni” pratiche delle polizze linked. Sulla base di quella tripartizione è agevole riscontrare che esclusivamente le polizze pure e quelle parzialmente garantite “impongano” al contraente di sopportare, totalmente o parzialmente, il rischio che la prestazione cui è tenuta la compagnia sia inferiore all’ammontare dei premi corrisposti. Tenuto conto di tale prassi, la dottrina si è a lungo interrogata sulla natura di tali polizze. La “tradizione” ha sempre attribuito al contratto di assicurazione una funzione previdenziale. Difatti, secondo autorevole dottrina: «nella assicurazione privata la previdenza si realizza […] mediante lo strumento caratteristico del contratto e costituisce una delle più alte manifestazioni della libertà contrattuale, nella quale si incontrano lo spirito di risparmio e lo spirito di previdenza e i singoli provvedono alla soddisfazione dei loro bisogni futuri ed eventuali con il sacrificio certo di un bene attuale» (Santoro Passarelli, F., Funzione delle assicurazioni private e delle assicurazioni sociali, in Ass., 1962, 45 s.).
Nelle polizze linked. prevale la componente finanziaria o quella assicurativo/previdenziale? Questa è stata la domanda che ha alimentato il dibattito dottrinale.
Autorevole dottrina ha ritenuto che data l’elasticità della disciplina codicistica – segnatamente dell’art. 1882 c.c. – si possa parlare di vera e propria “neutralità” della stessa, posto che la condizione relativa alla durata della vita, «assume... un significato diverso a seconda della natura degli eventi assicurati (mortalità, longevità), a seconda che la prestazione dell’assicurazione sia certa nell’an o soltanto nel quando, ma anche in considerazione della natura della componente finanziaria dell’operazione» (Volpe Putzolu, G., Le polizze unit linked ed index linked, in Ass, 2000, 240). Da ciò si è dedotta la natura assicurativa delle polizze index e unit linked, pur mancando in esse l’assunzione da parte dell’assicuratore sia del “rischio demografico” che del “rischio finanziario”.
In senso contrario si è, però, mossa la dottrina prevalente affermando la natura squisitamente finanziaria dei contratti in questione. Si è sottolineato che le polizze del ramo III hanno perso qualsiasi connotazione assicurativa e devono essere considerate contratti atipici di investimento prive dell’assunzione, in capo alla compagnia, de rischio demografico (Gambino, A., La responsabilità e le azioni privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice assicurativa e bancaria, cit., 197). Altra dottrina ha altresì affermato l’assenza di una qualificazione assicurativa aggiungendo che queste operazioni finanziarie realizzano un collegamento negoziale. (Galgano, F., Il prodotto «misto» assicurativo finanziario, in Banca, borsa tit. cred., 1988, 91; Bin, M., Il «prodotto misto» assicurativo;finaziario, in Ass., 1988, 351 s.). Un'altra parte della dottrina, con una visione mediana rispetto alle due che sono state citate, ha sostenuto che, affinché una polizza linked possa assumere un (seppur parziale) carattere assicurativo, l'assicuratore dovrebbe offrire una garanzia di prestazione (Sabatelli, E., I prodotti misti assicurativi e finanziari, in Banche ed assicurazioni fra cooperazione e concorrenza, in Patroni Griffi. A., - Ricolfi, M., a cura di, Milano, 1997, 111 s.; Alpa, G., I prodotti assicurativi finanziari, cit, 88 s.; Capriglione, F., Le polizze «unit linked»: prodotti assicurativi con finalità di investimento, in Nuova Giur. Civ., 2014,).
Fonti normative
Artt. 1, 25 bis t.u.f.; artt. 2, 178 c. assicurazioni; artt. 1904, 1919 c.c.
Bibliografia essenziale
Alpa, G., I prodotti assicurativi finanziari, in Amorosino, S. – Desiderio, L., Il nuovo codice delle assicurazioni, Milano, 2006; Annunziata, F., La disciplina del mercato mobiliare, VII ed., Torino, 194 s.; Bin, M., Il «prodotto misto» assicurativo; finaziario, in Ass., 1988, 135; Bugiolacchi, L., I prodotti «finanziari assicurativi»: considerazioni in tema di qualificazione giuridica e disciplina applicabile, Resp. Civ. e Prev., 2011, 876; Candian, A.D., Il nuovo codice delle assicurazioni e la disciplina civilistica del contratto di assicurazioni: tendenze e «resistenze”, in Contratto Impresa, 2005, 209 s.; Capriglione, F., Le polizze «unit linked»: prodotti assicurativi con finalità di investimento, in Nuova Giur. Civ., 2014, 426 ss.; Corrias, P., Previdenza, risparmio ed investimento nei contratti di assicurazione sulla vita, in Riv. dir. civ., 2009, 90 s.; Id, Contratto di capitalizzazione e attività assicurativa, Milano, 2011, 123; Costi, R., I prodotti finanziari emessi dalle banche e dalle imprese di assicurazione, in I prodotti finanziari bancari ed assicurativi, in ricordo di Gaetano Castellano, Milano, 2008; Costi, R. - Enriques, L., Il mercato mobiliare, in Tratt. dir. comm. Cottino, 2004; Donati, A., Trattato del diritto delle assicurazioni private, III, Milano, 1956; Donati, A. - Volpe Putzolu, G., Manuale di diritto delle assicurazioni, Giuffrè, 2014; Fanelli, G., Assicurazioni sulla vita, in Nss. D.I., I, 2, Torino, 1968; Farenga, L., Manuale di diritto delle assicurazioni private, Torino, 2015, 151 ss.; Galgano, F., Il prodotto «misto» assicurativo finanziario, in Banca, borsa tit. cred., 1988, 91; Gambino, A., L’assicurazione nella teoria dei contratti aleatori, Milano, 1964; Id, Linee di frontiera tra operazioni di assicurazione e bancarie e nuove forme tecniche dell'assicurazione sulla vita a premio unico, in Ass., 1993, 1; Id, La responsabilità e le azioni privatistiche nella distribuzione dei prodotti finanziari di matrice assicurativa e bancaria, in Ass., 2007, 195; Guadagno S., La natura delle polizze unit linked e la disciplina applicabile, in Nuova Giur. Civ., 2011, 2015; Irrera, M., L'assicurazione. L'impresa e il contratto, in Tratt. dir. civ. comm. Cottino, Padova, 2001; Pecennini, F., Assicurazione, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, Bologna- Roma, 2011, 2; Sabatelli, E., I prodotti misti assicurativi e finanziari, in Patroni Griffi, A. – Ricolfi, M., Banche ed assicurazioni fra cooperazione e concorrenza, Milano, 1997, 111; Santoro-Passarelli, F., Funzione delle assicurazioni private e delle assicurazioni sociali, in Ass., 1962; Scalfi, G., I contratti di assicurazione. L’assicurazione danni, Torino, 1991; Id, Assicurazione (contratto di), in Dig. civ., 1987, 338 ss.; Id., Gli articoli 1460 e 1461 del codice civile ed il contratto di assicurazione, in Foro it., 1968; Sciarrone Alibrandi, A., Prodotti “misti” e norme a tutela del cliente, in Società, banche e crisi d'impresa. Liber amicorum Pietro Abbadessa, Torino, 2014; Volpe Putzolu, G., Le assicurazioni. Produzione e distribuzione. Problemi giuridici, Bologna, 1992.
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