SELLA, Quintino (Angelo Bernardo). – Nacque alla Sella di Mosso (oggi in provincia di Biella)
il 7 luglio 1827, da Bartolomeo Maurizio e da Rosa Sella, tra loro cugini.
La famiglia Sella, da tempo già divisa in più rami, era composta di mercanti-imprenditori ormai da sette generazioni impegnati nella filatura della lana e nella fabbricazione del panno. Esponenti di primo piano del notabilato locale, a metà Settecento erano censiti tra le famiglie più ricche dello Stato sabaudo, pure come cospicui proprietari terrieri, e annoveravano altresì preti, avvocati, medici, naturalisti e geologi, filantropi e amministratori delle comunità. Il padre di Quintino, Maurizio, spostò nel 1835 l’attività dalla Sella di Mosso a Biella, dando vita a un lanificio destinato a diventare il più importante del principale distretto tessile del Regno. La provenienza dalla borghesia imprenditoriale, il suo essere ‘uomo industriale’ come amava dire, sarebbe stata la prima delle molteplici specificità di Quintino Sella nel panorama politico dell’Italia unita.
I genitori ebbero venti figli, di cui solo dieci sopravvissuti: quattro maschi, di cui Quintino era il più giovane, e sei femmine. Tutti ricevettero in famiglia un’educazione severissima ai valori del dovere, dell’austerità di vita, del risparmio e del sacrificio personale. Quintino fu avviato agli studi classici, prima alla Sella di Mosso nella scuola pubblica fondata da un prozio, poi nel Civico collegio di S. Francesco a Biella, ove si appassionò al latino. Ne uscì a sedici anni nel 1843, diplomato in filosofia e arti liberali, con una buona formazione umanistica.
Il padre scelse per lui gli studi in ingegneria idraulica all’Università di Torino, per farne il futuro responsabile della forza motrice e del settore meccanico dell’azienda. Il figlio continuò a coltivare la cultura umanistica, ma si dedicò con molto impegno alla nuova passione per la matematica e agli studi scientifici, collocati all’intersezione fra le discipline matematiche e le scienze e tecniche proprie dell’ingegneria, che privilegiavano però l’impostazione teorica rispetto agli aspetti applicativi, che invece approfondì nei successivi cinque anni all’estero. Si laureò il 3 agosto 1847 in ingegneria idraulica, a vent’anni. Ma non assecondò le aspettative del padre, perché uno dei suoi professori e protettori, Carlo Ignazio Giulio, propose al governo sardo di inviarlo a spese dello Stato a Parigi, per frequentare un corso triennale di specializzazione all’École des mines, premessa necessaria per poter entrare poi in patria nel corpo reale degli ingegneri minerari. Quando il 1° novembre 1847 Sella giunse nella capitale francese, si lasciava alle spalle anche il primo incontro con la politica, come tanti altri coetanei, nella Torino del 1846-48, ricco di entusiasmo per la questione nazionale italiana e per la prospettiva giobertiana, di aspettative di riforme e di guerra all’Austria.
A Parigi fu osservatore diretto della rivoluzione del febbraio del 1848, da cui trasse alcune fondamentali valutazioni politiche: solo la monarchia garantiva gli equilibri di potere fra le classi sociali; il juste milieu del liberalismo moderato era l’unica strada possibile; il pericolo maggiore che allora si affacciava per la proprietà e per le società industriali era il comunismo.
Respinta dal governo sardo la richiesta di arruolarsi per combattere contro l’Austria nella campagna del 1848, la partecipazione politica entrò per lui in un cono d’ombra, da cui uscì solo intorno al 1860. In quel frangente, si dedicò esclusivamente alla scuola e ai laboratori parigini e ai contatti, poi messi a profitto, con i docenti, quasi tutti scienziati di altissimo livello. Quell’esperienza fu fondamentale per entrare in una élite scientifica e tecnocratica europea, così come lo furono – conclusi gli studi parigini nel maggio del 1851 – i due anni successivi di apprendistato come tecnico di miniera nella regione dello Harz nell’Hannover e poi nelle miniere del Galles e della Cornovaglia. Al ritorno in patria nel settembre del 1852, Sella portava con sé un bagaglio di conoscenze teoriche e pratiche e la padronanza di un metodo scientifico che lo predisponevano a divenire in fretta uno scienziato di fama e che dotavano altresì il futuro politico di un’altra peculiarità tutt’altro che frequente nel panorama italiano: la formazione scientifica internazionale e la conoscenza di varie lingue straniere (tedesco, inglese, francese e, in parte, lo spagnolo).
Sella avvertiva il bisogno di coltivare la forte vocazione di studioso e di formarsi una famiglia propria, con un lavoro sicuro e le relative entrate. Aveva ormai la certezza che non si sarebbe occupato direttamente dell’azienda di famiglia, la cui proprietà rimaneva divisa in parti uguali con gli altri tre fratelli, che la gestivano con i relativi profitti, e per la quale conservò un interesse costante.
Si aprì così la stagione più intensa, tra il 1852 e il 1861, di Sella scienziato cristallografo e mineralogista, ingegnere, docente, inventore, inframmezzata dal matrimonio nel 1853 con la cugina Clotilde Rey.
Nei decenni successivi, fu consegnato all’immaginario collettivo da centinaia di caricature contro la sua politica fiscale, che lo rappresentarono con la folta barba nera e sempre gli scarponi da montanaro ai piedi, mentre fu nella realtà uno scienziato e uno statista di levatura europea. I due aspetti, per quanto sviluppati prevalentemente in stagioni consecutive della vita, non furono mai disgiunti nell’operato, per la profonda convinzione di Sella dell’unità del sapere tra le due culture scientifica e umanistica, in nome del comune metodo delle scienze positive sperimentali, applicato pure al governo dell’economia, alla politica fiscale, a quella di bilancio e all’analisi della società. Fu questa la terza, importante peculiarità di Sella entro la classe dirigente liberale.
La prima delle molteplici attività svolte tra il 1852 e il 1861 fu quella di professore di geometria applicata alle arti, grazie all’appoggio ancora una volta di Giulio e di Angelo Sismonda, nel nuovo Istituto tecnico appena fondato a Torino. La sua carriera fu rapida fino al 1861, quando, trasformato dalla legge Casati l’Istituto tecnico in Scuola di applicazione degli ingegneri, chiese di essere collocato in aspettativa senza stipendio per incompatibilità con la condizione di deputato. Dal 1853 fu pure ordinatore della collezione mineralogica dell’Istituto e, dal 1856, direttore di tale museo. Nel 1853, conservando l’incarico nell’Istituto tecnico, ebbe la nomina a professore sostituto di matematica nell’università, lasciando però la prospettiva accademica già nel 1855.
Intanto, mentre faceva il professore, entrò nel giugno del 1853, grazie alla protezione del politico e apprezzato geologo Giacinto Provana di Collegno, nel Corpo reale delle miniere, anche in questo ambito con una rapida carriera fino all’aspettativa nel 1861 per l’elezione a deputato. A tale attività affiancò quella di inventore di vari strumenti brevettati per il trattamento dei minerali, di consulente di privati e di istituzioni, di membro della Camera di agricoltura e commercio di Torino. Ma soprattutto sviluppò gli studi di cristallografia mineralogica, con basi di fisica e di chimica, che gli valsero in pochissimo tempo fama e relazioni internazionali e l’elezione, nel 1856, a socio dell’Accademia delle scienze di Torino.
Il governo cominciava a ricorrere con sempre più frequenza alle sue competenze con incarichi importanti: per l’Esposizione universale di Parigi nel 1855 e per quella di Torino nel 1858; per la commissione incaricata, nel 1857, di valutare l’idoneità dei compressori idropneumatici per il traforo della galleria del Fréjus; per il Consiglio superiore della pubblica istruzione nel 1859; per varie commissioni tra il 1859 e il 1860 sull’ordinamento degli studi tecnici inferiori e superiori.
Il prestigio e l’autorevolezza avevano ormai portato Sella alle soglie di una nuova fase nella propria vita: l’ingresso in politica, che avvenne su sollecitazione di Camillo Benso di Cavour il 14 aprile 1860, per il collegio di Cossato, resosi vacante, e con l’appoggio del governo. Poiché l’invito proveniva dal conte, accettò, ma senza troppa convinzione. Fu eletto per la VII legislatura nella Camera subalpina, dove già sedeva lo zio Gregorio, mentre dal 1853 il prozio Giovanni Battista era stato nominato senatore. Dall’VIII legislatura, prima del Regno d’Italia, fu sempre riconfermato fino alla morte.
Egli portò nell’assemblea elettiva quelle peculiarità già ricordate che ne facevano un caso quasi unico nella Camera del nuovo Regno, in cui dei 443 deputati il 35% era di avvocati, il 18% di professori umanisti, di magistrati, di pubblici funzionari, il 15% di agrari per lo più nobili, quasi il 10% di alti militari, mentre gli industriali erano in tutto 5 e gli ingegneri 22. Ma nello stesso tempo Sella fu tra le figure più significative della Destra storica e pure dei limiti dell’egemonia dei moderati, insieme alle enormi difficoltà affrontate per l’impianto e il consenso al nuovo Stato.
L’ingresso in politica si accompagnò all’impegno nelle amministrazioni locali: dal 1862 nel Consiglio provinciale di Novara, dal 1861 nel Consiglio comunale di Torino, dal 1876 a Biella, a Roma tra il 1874 e il 1879. Inoltre, al di fuori dei tre mandati ministeriali, continuò da deputato a svolgere incarichi governativi. Fu segretario generale del ministero della Pubblica Istruzione tra il marzo e il giugno del 1861, con il ministro Francesco De Sanctis nell’ultimo governo Cavour. Fu commissario straordinario per la provincia di Udine appena annessa dopo il ritiro degli austriaci dal Friuli, tra l’agosto e il dicembre del 1866, e in quattro mesi intervenne nell’istruzione, nel mutuo soccorso, nelle infrastrutture e nella raccolta del risparmio.
Da politico, per dare forza e solidità al presente e strumenti conoscitivi per migliorarlo, si impegnò nella ricerca storica e nella pubblicazione di antichi documenti, il cui esempio più noto fu l’edizione del Codex Astensis. Dall’interesse dello scienziato per il territorio derivò il sostegno all’iniziativa della carta geologica d’Italia e la realizzazione di quella del circondario di Biella. Come fautore di sodalizi aggregativi ed educativi delle élites della nuova Italia e alpinista provetto, il 23 ottobre 1863 diede vita, dopo la celebre scalata al Monviso in agosto, al Club alpino italiano. L’‘uomo industriale’, sempre attento ai nessi tra la piccola e grande patria e alla necessità di reperire capitali per l’industria, fondò nel 1869 la Banca biellese, cui seguirono frequenti sollecitazioni per banche mutue locali e casse di risparmio postali, al fine di raccogliere anche il piccolo risparmio popolare.
Accanto a tale poliedricità di impegni, in aggiunta all’enorme fatica di ministro delle Finanze, e mentre la politica riduceva ma non annullava l’impegno diretto dello scienziato, dagli anni Sessanta in poi Sella e la moglie vissero silenziosamente nel dolore e nell’apprensione per la morte e la salute dei figli. Ebbero otto figli, sei maschi e due femmine. Due morirono all’età di sei anni, uno fu sempre ritardato nello sviluppo fisico e morì a ventiquattro anni, altri tre morirono tra i trenta e i quarant’anni. Due soli ebbero una vita normale: Corradino, l’erede del prestigio familiare, e l’ultima nata Sita.
Realista, intransigente nelle convinzioni, duro, lucido e sempre preparato nel confronto, garbato nell’eloquio, Sella fu tre volte ministro delle Finanze: nel 1862 per nove mesi nel governo di Urbano Rattazzi; nel 1864-65 per quindici mesi nel ministero presieduto da Alfonso La Marmora; nel 1869-73 per tre anni e mezzo nel governo Lanza-Sella. L’obiettivo fu sempre il risanamento del bilancio dello Stato unitario che, fin dalla nascita, aveva accumulato indebitamento, sia per il riconoscimento dei debiti degli Stati preunitari sia per la crescita rapidissima della spesa pubblica, per le forze armate e il loro potenziamento, per gli interessi sul debito pubblico, per i costi rilevanti dell’unificazione amministrativa, monetaria, doganale, tributaria, scolastica e infrastrutturale. All’ampiezza delle uscite corrispondevano entrate fiscali largamente inferiori, a causa della scelta politica di mostrare un volto non esoso del nuovo Regno. Perciò l’emissione di titoli del debito italiano sui mercati finanziari internazionali fu massiccia, al prezzo di crescenti rendimenti, quando già tra il 1861 e il 1863 il differenziale di rendimento (oggi lo spread) della rendita italiana con i titoli più solidi e richiesti, quelli inglesi, era prossimo ai 550 punti. Il primo obiettivo di Sella, appena insediato, fu quello di far prendere coscienza al Parlamento dell’urgenza di arrestare il circolo vizioso deficit-debito-spesa per interessi-ulteriore deficit, con aumento delle entrate e tagli alle spese.
L’operato del più noto ministro delle Finanze postunitario è stato spesso appiattito su quello dell’intera classe dirigente, trascurandone l’originalità dei principi e degli obiettivi che lo guidarono. Incurante dell’impopolarità, il piano di Sella per incrementare le entrate prevedeva che vi contribuissero tutte le classi sociali: i ceti popolari con le tasse sui consumi, soprattutto il macinato; la proprietà terriera e immobiliare con l’imposta fondiaria e sui fabbricati; la ricchezza individuale con l’imposta sulla ricchezza mobile nelle modalità da lui ideate e rimasta perno dell’ordinamento tributario italiano fino al 1973; i redditi da interessi con la ritenuta sui titoli di Stato. Erano però tutte imposte senza elementi sostanziali di progressività e che comportavano una pressione tributaria pesantissima. Ebbe contrarie maggioranza e opposizione, unite in un’ottica di rientro invece graduale e dalla fallace convinzione che la naturale ricchezza dell’Italia sarebbe stata fatta emergere dalle libere istituzioni. Sella però non si faceva illusioni sullo sviluppo spontaneo della ricchezza e neppure condivideva la visione dell’Italia naturalmente destinata a essere un’economia agricola. Era anzi convinto che fosse compito dello Stato, attraverso la leva della politica fiscale, realizzare le infrastrutture civili indispensabili alla crescita economica, con particolare attenzione al volano degli investimenti produttivi nei lavori pubblici e nell’istruzione e della circolazione di capitali per finanziare le imprese industriali. Anche queste furono altre sue specificità tra i liberali moderati della Destra storica, insieme al pragmatismo esente da ogni dottrinarismo. Così come lo furono la sua ammirazione per l’organizzazione statale tedesca, la convinzione che in politica estera e sulla questione romana occorresse affrancarsi dalla tutela francese, l’apprezzamento per il modello amministrativo inglese, più efficiente di quello francese a cui si era ispirata l’organizzazione burocratica dello Stato italiano.
Nei primi due mandati ministeriali, Sella non riuscì a superare l’opposizione parlamentare e a realizzare l’introduzione delle nuove tasse proposte, a cui invece furono costretti tardivamente i suoi successori, di fronte all’ulteriore peggioramento della situazione finanziaria e alla caduta di fiducia nella solvibilità dell’Italia. Completò tuttavia l’unificazione degli uffici finanziari, riorganizzò la contabilità dello Stato, tracciò le linee dell’ordinamento tributario, introdusse nel 1865 la nuova imposta sui fabbricati e fu costretto, per mitigare l’ulteriore indebitamento, a ricorrere a provvedimenti straordinari come l’alienazione dei beni demaniali ed ecclesiastici e la cessione ai privati della costruzione e gestione di ferrovie, strade, canali e porti.
Furono la crisi finanziaria internazionale del 1866, il crollo della rendita italiana, il rischio di collasso degli istituti creditizi, in concomitanza con le ulteriori spese per la guerra all’Austria, a imporre il problema del deficit come snodo cruciale della politica italiana, con Sella non più ministro e con lo spread con i titoli inglesi giunto a sfiorare i 900 punti base. L’introduzione del corso forzoso evitò il fallimento dello Stato, alimentò la spirale svalutazione-inflazione e consentì di stampare carta moneta senza ricorrere ai mercati. Tornato Sella alle Finanze nel dicembre del 1869 per il terzo, decisivo mandato, il risanamento finanziario doveva passare non più attraverso nuove tasse insostenibili e altre emissioni di rendita impraticabili. Era per lui venuto il tempo della riduzione draconiana della spesa pubblica improduttiva, a cominciare da quella militare, ormai cessata la minaccia austriaca, alienandosi così le già deboli simpatie della corona e dei vertici militari, che nel giugno del 1873 riuscirono a ottenere le dimissioni sue e dell’intero governo. E proseguendo con ulteriori economie in tutti i rami dell’amministrazione civile, oltre all’intensificazione della lotta all’evasione soprattutto tra i benestanti, la quale minò ulteriormente la popolarità tra i ceti borghesi e in Parlamento di un ministro consapevole di essere mal tollerato dalla sua stessa maggioranza. Tuttavia l’aumento delle entrate tributarie e il taglio della spesa furono i fattori del raggiungimento del pareggio tra entrate e uscite ordinarie nel bilancio 1876, presentato dall’ultimo governo della Destra storica presieduto da Marco Minghetti. Il pareggio certificò l’avvenuto salvataggio dal dissesto e la premessa per il futuro sviluppo del Paese. Un ruolo decisivo, anche nel forzare la mano al re riluttante e all’esecutivo, Sella l’aveva svolto pure nel settembre del 1870 per la presa di Roma, subito dopo il crollo del Secondo Impero e la proclamazione della Repubblica in Francia.
A quel punto, la sua azione politica proseguì per Roma capitale, nell’ultimo decennio di vita. Aveva l’obiettivo di dare alla città, finalmente italiana, una nuova missione universale quale capitale delle scienze della natura e dell’uomo, all’altezza della grandezza antica e contrappeso del giovane Regno alla presenza millenaria della Chiesa. Fu uno dei pochi politici a porsi il problema dello sviluppo urbano della città e del rapporto finanziario tra lo Stato e la capitale. Ma soprattutto operò per affiancare al mito antichissimo nel mondo occidentale, di Roma capitale politica e religiosa, una nuova funzione di centro irradiatore della scienza e baluardo dello Stato laico. Favorì il rinnovamento didattico e scientifico della facoltà di scienze; sostenne la creazione di una biblioteca nazionale centrale; si impegnò per la creazione di un archivio centrale del Regno, per gli scavi archeologici, i musei e le esposizioni. Soprattutto rinnovò e presiedette l’Accademia dei Lincei quale punto di riferimento per gli scambi di conoscenze con la comunità scientifica mondiale.
Intanto non trascurava la piccola patria. Nel 1877-78, durante i grandi scioperi dei tessitori biellesi, il suo intervento diretto fu decisivo nell’eliminare quanto rimaneva in fabbrica dell’antica tessitura a mano maschile, sostituita con i telai meccanici azionati da donne pagate meno. L’innovazione tecnologica fu importante, ma anche stroncò lo sciopero e aprì un trentennio di emigrazione di lavoratori disoccupati. Peraltro per Sella i rimedi alla questione sociale restavano quelli del paternalismo tradizionale: istruzione, risparmio, mutuo soccorso, diretti dai padroni.
Dall’estate del 1882 la salute di Sella cominciò a declinare. Già non era mai stata eccellente e si era fatta più precaria con il progredire degli anni e per l’enorme mole di lavoro, sostenuta grazie a una volontà ferrea e a un grande spirito di sacrificio.
Morì a Biella il 14 marzo 1884, a cinquantasette anni non ancora compiuti.
Opere. La vasta produzione di Quintino Sella è ora in gran parte accessibile, con il completamento dell’Epistolario, 1842-1884, a cura di G. Quazza - M. Quazza, I-IX, Roma 1980-2011. Fondamentali sono pure i Discorsi parlamentari di Quintino Sella raccolti e pubblicati per deliberazione della Camera dei Deputati, I-V, Roma 1887-1890, che comprendono pure le relazioni al Parlamento e nelle commissioni e gran parte dei discorsi extraparlamentari pronunciati in molte occasioni politiche e culturali. Gli scritti cristallografici, mineralogici, geologici, applicativi e didattici sono ora raccolti negli Scritti di scienza. L’armonia del sapere e del fare, a cura di N. Sella di Monteluce, Mosso 2012. Si ricordano qui a parte: Pandetta delle gabelle e dei diritti della Curia di Messina, in Miscellanea di storia italiana, 1870, vol. 10, pp. 5-186; Codex astensis qui de Malabayla communiter noncupatur, in Del codice d’Asti detto de Malabayla. Memoria storica, in Atti della R. Accademia dei Lincei, Memorie della classe di scienze morali, storiche e filologiche, s. 2, 1880-1887, voll. 4, 5, 6, 7. Singoli scritti furono ristampati in varie occasioni e così pure alcune antologie, a cominciare dai Pensieri di Quintino Sella tratti dai suoi discorsi e dalle sue lettere, a cura di E. Sella, Torino 1894, e da Le più belle pagine di Quintino Sella scelte da Luigi Luzzatti, Milano 1927.
Fonti e Bibl.: Documentazione relativa a Sella è presente in molti archivi pubblici e privati. Le principali raccolte sono: Biella, Fondazione Sella, Fondo Quintino Sella; Mosso, Archivio Sella di Monteluce; Roma, Accademia nazionale dei Lincei, Archivio storico; Archivio di Stato di Torino, Archivi di famiglie e di persone, Carte Quintino Sella; Biella, Biblioteca civica, Miscellanea Quintino Sella. All’attività di Sella fanno ampio riferimento le storie generali e di settore del periodo. Manca tuttora una biografia completa, ma gli studi parziali sono numerosissimi. Se ne indicano solo i più significativi. In tale produzione sono individuabili quattro fasi cronologiche. La prima fase fu quella delle commemorazioni e delle prime biografie dopo la morte, tra cui rimane ancora utile quella di A. Guiccioli, Q. S., I-II, Rovigo 1887-1888. Moltissime commemorazioni furono scientifiche e politiche, anche importanti. Per motivi di spazio si menzionano solo: Commemorazione funebre del deputato Sella, in Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, Legislatura XV, 1ª sessione, tornata 15 marzo 1884, pp. 7017-7033; A.W. von Hofmann, Zur Erinnerung an Q. S., Berlin 1886 (trad. it. L. Gabba, In memoria di Q. S. Lettura del dr. A.W. Hofmann alla Società chimica tedesca in Berlino, Torino 1887). La seconda fase delle pubblicazioni su Sella iniziò nel 1927, in occasione delle celebrazioni per il centenario della nascita. Il Comitato biellese per il primo centenario di Quintino Sella promosse una prima parziale pubblicazione dell’Epistolario (Torino 1927) e una raccolta di studi, Q. S., Biella-Torino 1928. Si aggiunsero altre commemorazioni e testimonianze (G. Faldella, Sette lettere intorno a Q. S., Milano 1928; la ristampa di E. Marchese, Q. S. in Sardegna. Ricordi, Milano 1927) e le indagini su alcuni aspetti della sua attività di ministro, scienziato, storico e industriale. La terza fase conobbe un ritorno di interesse tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo: R. Michieli, Q. S., Brescia 1954; A. Berselli, Le trattative per una combinazione ministeriale fra Marco Minghetti e Q. S. (1874-1875), in Rivista storica italiana, LXVIII (1956), 3, pp. 390-424; Id., Accordi e disaccordi fra Q. S. e Marco Minghetti sui mezzi per il raggiungimento del pareggio (1861-1876), in Rassegna storica del Risorgimento, XLIV (1957), 2-3, pp. 299-311; G. Are, Il problema dello sviluppo economico dell’Italia nel pensiero e nell’opera di Q. S., in Annali dell’Istituto Giangiacomo Feltrinelli, V (1962), pp. 486-540; D. Novacco, 1862: il Sella alle Finanze, in 1862. La prima crisi dello Stato unitario, a cura di G. Di Stefano, Trapani 1963. Ma soprattutto la terza fase coincise con una forte ripresa in occasione del centenario della morte nel 1984: Q. S., Atti dei Convegni Lincei, 1984, vol. 64; Amministrazione provinciale di Vercelli, Assessorato alla Cultura, Q. S. 1884-1984, Vercelli 1985; Museo nazionale del Risorgimento italiano - Regione Piemonte Assessorato alla cultura, Q. S. tra politica e cultura 1827-1884, Torino 1986; Q. S. e la provincia di Novara 1862-1884, a cura di L. Bulferetti - M. Crenna, Novara 1986; C. Dionisotti, Ricordo di Q. S., in Id., Appunti sui moderni. Foscolo, Leopardi, Manzoni e altri, Bologna 1988, pp. 351-391; oltre ad alcuni studi di ambito locale in Rivista storica biellese e in Bollettino storico per la provincia di Novara. La quarta fase degli studi fu quella delle prime sintesi biografiche. Iniziò negli anni Novanta del XX secolo con la fondamentale biografia intellettuale, familiare, di organizzatore di cultura di Sella, non del ministro, di G. Quazza, L’utopia di Q. S. La politica della scienza, Torino 1992. Proseguì, accanto a studi di ambito locale e settoriale pubblicati su riviste, con M. Scalfati, L’etica del buongoverno in Q. S., Napoli 2002; Q. S. regio commissario straordinario in Friuli 1866, a cura di E. Folisi et al., Udine 2002; P.L. Bassignana, Q. S. Tecnico, politico, sportivo, Torino 2006; F. Salsano, Q. S. ministro delle Finanze. Le politiche per lo sviluppo e i costi dell’Unità d’Italia, Bologna 2013, che è lo studio più completo e aggiornato sull’opera del ministro; Q. S. scienziato e statista per l’Unità d’Italia, Atti dei Convegni Lincei, 2013, vol. 269; Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/deputato/quintino-sella-18270707#nav.