RAVENNA
(XXVIII, p. 868; App. I, p. 961). -Dall'aprile al novembre 1944, 166 incursioni aeree alleate vi hanno prodotto notevoli distruzioni, sia a case di abitazione, sia ad edifici artistici. Perdita grave fu quella della chiesa romanica di S. Maria in Porto Fuori (4 km. a sud-est della città), contenente affreschi di alcune scuole romagnole del 1300, totalmente devastata col suo campanile nel novembre 1944. In città era in buona parte in rovina, dopo le incursioni dell'agosto e del settembre 1944, la basilica di San Giovanni Evangelista fatta edificare da Galla Placidia. È stata colpita anche la chiesa di San Francesco, ove la tomba di Luffo Numai, di Tommaso Fiamberti (1509), è in parte devastata; sono inoltre scomparsi gli affreschi di scuola giottesca che esistevano nell'arco della cappella polentana.
Tuttavia, a parte S. Vittore e S. Maria in Porto Fuori, tutti gli altri monumenti ravennati colpiti dalla guerra apparvero subito passibili di restauro. Tali restauri, anche per S. Giovanni Evangelista, hanno avuto prevalentemente il carattere di ricomposizione con gli stessi elementi delle parti abbattute raccolti sul terreno. Nella maggior parte dei casi s'è trattato di eseguire opere di consolidamento. Così sono state restaurate le strutture di S. Apollinare in Classe e di S. Apollinare Nuovo, s'è ricomposto il tratto abbattuto del chiostro di S. Vitale, si sono riparate le volte e consolidate le strutture della loggetta lombardesca; lavori analoghi sono stati fatti nella chiesa e nel chiostro di S. Francesco, nel duomo e in S. Maria in Porto (in città). Quasi miracolosamente non hanno subìto danni diretti i mosaici ravennati. Tuttavia si sta procedendo ad una loro generale revisione poiché è apparso che le malte sulle quali sono composti, a causa degli scuotimenti determinati dagli scoppî delle bombe, hanno in qualche caso perduto la loro coesione originaria.
I quartieri più provati sono quelli ferroviario (tra via Alberoni, corso Garibaldi e la Rocca di Brancaleone) e quello industriale e portuale, tra la stazione ferroviaria, la tomba di Teodorico e l'ippodromo, ove stabilimenti, magazzini, dogane e scali lamentano le maggiori distruzioni. Tra i quartieri di abitazione, la zona più colpita è quella tra il corso Garibaldi e S. Vitale (via Pietro Alighieri, via G. Rossi, via Salara e via Calcinelli); discretamente anche il Borgo Adriano (S. Biagio). Quando il 5 dicembre 1944 gli Alleati giunsero a Ravenna, erano in rovina 3000 vani e 1625 colpiti in modo grave.
La ricostruzione si svolge con un ritmo abbastanza spedito, in special modo nella zona industriale. Nei quartieri di abitazione, le distruzioni hanno in certo modo agevolato le sistemazioni postulate dal piano regolatore. Quest'ultimo prevede il risanamento dei vecchi quartieri tra il corso Garibaldi, la basilica di S. Vitale, e la zona dantesca, e un ordinamento più moderno del quartiere ferroviario.
La popolazione del comune, al 1° gennaio 1948, era di 86.400 ab. Il porto ha ripreso a funzionare regolarmente, dopo la sistemazione degli scali, verso la metà del 1947.
Nella zona delle pinete sono stati devastati tra il 1943 e il 1945, ad opera degli eserciti occupanti e dell'amministrazione comunale, 380 ha. di foresta (in gran parte nella pineta di Classe); dal 1946 al 1948 l'amministrazione comunale ne ha rimboschito 100 ha. I gravi danni prodotti dai Tedeschi alle attrezzature dei comprensorî di bonifica (con il conseguente allagamento di 15 mila ettari di terreno) sono attualmente (marzo 1949) in via di completa riparazione.
Bibl.: per le pinete, P. Zangheri, Flora e vegetazione delle pinete ravennati, Forlì 1936; per le bonifiche, L. Perdisa, Le larghe del ravennate e la loro trasformazione fondiaria, Faenza 1941.