Uomo politico turco (n. İstanbul 1954). Di formazione tradizionalista, militò in gioventù nei partiti islamici e fu sindaco di İstanbul (1994-97): amministratore efficiente e popolare, suscitò tuttavia l'ostilità delle gerarchie militari e fu processato e imprigionato per incitamento all'odio religioso (1998-99). Fondatore dello AKP (Partito della giustizia e dello sviluppo), con cui vinse le elezioni del 2002, divenne primo ministro nel 2003. Durante il suo mandato, E. perseguì l'obiettivo dell'integrazione della Turchia nell'UE (per la quale nell'ott. 2005 iniziarono i negoziati) e, tra l'altro, fu il primo premier turco a far visita alla Grecia (maggio 2004) con l'intento di migliorare i rapporti tra i due stati; in politica interna, estese i diritti delle minoranze e la libertà di espressione, soprattutto in campo religioso. Alle amministrative del marzo 2009 il Partito della giustizia e dello sviluppo ha ottenuto il 39,1% delle preferenze, confermandosi primo partito del paese nonostante un consistente ridimensionamento rispetto alle precedenti consultazioni; una netta inversione di tendenza si è registrata alle consultazioni del giugno 2011, in cui E. è stato riconfermato per la terza volta consecutiva alla guida del paese con oltre il 50% dei voti, ottenendo però un numero minore di seggi (325 rispetto ai 341 delle precedenti elezioni), insufficiente a permettergli di indire l'annunciato referendum per la riforma della Costituzione. Nel maggio 2013 il crescente scontento generato dal processo di trasformazione avviato da E., che ha imposto il primato del potere civile su quello militare ma ha infranto le norme dell’antico ordine laico ed esasperato la polarizzazione tra cultura rurale e cultura urbana, ha dato vita a manifestazioni di denuncia contro la deriva islamista e autoritaria avviata dal premier, di cui sono state chieste le dimissioni. Nonostante il vasto movimento di protesta si sia andato rafforzando nei mesi successivi a seguito di forti limitazioni della libertà di espressione imposte da E. e del suo coinvolgimento in una serie di scandali, alle consultazioni amministrative tenutesi nel marzo 2014, il Partito della giustizia e dello sviluppo del premier si è confermato primo ottenendo il 45,6% dei consensi, con un calo di soli tre punti rispetto al risultato delle politiche del 2011. Eletto presidente con il 53% delle preferenze al primo turno delle consultazioni tenutesi nell'agosto 2014, le prime a suffragio universale diretto nella storia del Paese, nello stesso mese E. ha nominato il ministro degli Esteri A. Davutoğlu suo successore alla guida del governo e dello AKP. La progressiva erosione di consensi prodotta dalla deriva autoritaria e islamista del governo di E. ha comunque prodotto vistosi risultati alle elezioni parlamentari tenutesi nel giugno 2015, dove il Partito della giustizia e dello sviluppo, pur confermandosi prima formazione politica del Paese, ha perso dopo tredici anni la maggioranza assoluta, ottenendo poco più del 40% dei voti e 258 seggi, mentre il Partito popolare repubblicano all'opposizione si è aggiudicato circa il 25% dei suffragi (131 rappresentanti) e il partito di sinistra filocurdo dell'HDP ha registrato il 13% circa dei consensi, garantendosi l'accesso in Parlamento. Fallite le trattative per la formazione di una coalizione di governo, nel novembre 2015 si sono tenute nuove elezioni, alle quali il partito del presidente ha nuovamente conquistato la maggioranza assoluta ricevendo il 49,4% dei voti, ciò che gli ha consentito la formazione di un governo monocolore con 316 seggi in Parlamento su 550. Nel maggio 2016, dopo le dimissioni del premier Davutoğlu, che aveva assunto una linea moderata e guadagnato crescente autonomia nelle relazioni con l'Unione aprendo un profondo contrasto con il presidente, E. ha conferito l'incarico di formare un nuovo governo all'ex ministro dei Trasporti B. Yildirim, suo uomo fidato. Nel luglio successivo è stato sventato un colpo di stato organizzato dai militari, nei cui scontri hanno perso la vita centinaia di civili; pochi giorni dopo e con l'approvazione del Parlamento, l'uomo politico ha dichiarato lo stato di emergenza per tre mesi, decidendo inoltre di non applicare in via temporanea la Convenzione Europea per i diritti umani. Nel gennaio 2017 il Parlamento turco ha inoltre approvato gli emendamenti alla Costituzione contenuti in un pacchetto di 18 articoli, che accentrano i poteri governativi nelle mani del presidente, abolendo la carica di premier; sottoposte a referendum popolare nel mese di aprile, le modifiche costituzionali - che di fatto trasformano il Paese in una repubblica presidenziale - sono state approvate con il 51,4% dei pareri favorevoli. Conseguenza immediata dell'esito referendario è stata la restituzione all'uomo politico della leadership dello AKP, dalla quale si era dimesso nel 2014 per assumere la presidenza della Repubblica. Nell'aprile 2018 E. ha deciso di anticipare al giugno successivo le elezioni presidenziali e legislative previste per il novembre 2019, con le quali è stato sancito il passaggio al sistema presidenziale approvato dal referendum: prevedibilmente, l'uomo politico è stato riconfermato a larga maggioranza nella carica al primo turno, ottenendo il 52,5% dei consensi, mentre nelle elezioni amministrative tenutesi nel marzo 2019 la coalizione Alleanza popolare comprendente l'AKP e il Partito del movimento nazionalista (MHP, Milliyetçi Hareket Partisi), pur avendo ottenuto la maggioranza su base nazionale (51,7%) superando nettamente la coalizione di opposizione Alleanza nazionale (37,6%) e riscuotendo consensi soprattutto nelle aree rurali, ha perso il controllo nelle grandi aree metropolitane quali Istanbul, Ankara, Smirne e Antalya. Alle presidenziali tenutesi nel maggio 2023 l'uomo politico ha ottenuto il 49,3% dei consensi nel confronto con il candidato dell'opposizione K. Kılıçdaroğlu, che ha sconfitto al ballottaggio con il 52% dei suffragi, ottenendo un nuovo mandato.