romano-barbarici, regni
L’incontro tra due diverse civiltà da cui nacque l’Europa
Il Medioevo – e dunque anche l’Europa, che nel Medioevo è nata – è frutto di un incontro, di una fusione: l’incontro fra Romani e barbari, oppure, per usare altri termini con lo stesso significato, fra Latini e Germani. Questo incontro è avvenuto soprattutto quando, fra il 5° e l’8° secolo d.C., molte delle province che costituivano la parte occidentale dell’Impero Romano furono conquistate da popolazioni barbariche, che vi crearono dei regni. In questi regni, barbari e Romani si integrarono fra loro, talvolta con pieno successo, in altri casi solo parzialmente. La riuscita dell’integrazione dipese da molti elementi, come la religione dei conquistatori, la loro conoscenza della civiltà romana, la capacità di stabilire rapporti pacifici
Barbaro è una parola che i Greci antichi utilizzano per indicare chi non parla greco ed emette quindi suoni aspri e incomprensibili – qualcosa come «bar-bar-bar». Presso i Romani, il termine passa a indicare chi non parla greco o latino. Vi erano dunque tanti tipi di barbari.
Per i Romani, tuttavia, i barbari più numerosi erano quelli che vivevano nei territori europei situati oltre i confini dell’Impero: popoli guerrieri, primitivi, in continuo movimento attraverso le foreste dell’Europa centrale e settentrionale, diversi gli uni dagli altri ma accomunati da alcune somiglianze nelle lingue. Per distinguere questi barbari da tutti gli altri, i Romani inventarono un termine destinato a una grande fortuna: Germani (germaniche, popolazioni).
I primi regni barbarici all’interno dei territori occidentali dell’Impero Romano nascono all’inizio del 5° secolo. La data simbolo è il 31 dicembre dell’anno 406, quando grandi masse di popolazioni barbariche, dopo avere vinto la resistenza dei soldati romani che custodiscono i confini dell’Impero lungo il fiume Reno, si riversano in Gallia – l’attuale Francia – e in Iberia – oggi Spagna e Portogallo (barbariche, invasioni).
Vandali e Svevi si installano in Spagna; Franchi, Burgundi e Visigoti in Francia. Nei decenni successivi, l’arrivo di nuove popolazioni modifica e complica la situazione, sostituendo un popolo all’altro e creando nuovi regni. I Visigoti, per esempio, si trasferiscono in Spagna, mentre i Vandali vanno a occupare l’Africa settentrionale – in particolare l’attuale Tunisia –, allora una provincia molto ricca; la Britannia (l’attuale Inghilterra) è occupata dagli Angli e dai Sassoni; in Italia giungono nel 489 gli Ostrogoti e nel 568, dopo che questi ultimi sono stati cacciati dal grande imperatore bizantino Giustiniano, arrivano i Longobardi.
In tutti questi regni una piccola minoranza di conquistatori barbari, la quale parlava una delle tante lingue germaniche, impose la propria autorità sulla maggioranza della popolazione, che parlava latino e che nei secoli precedenti era stata a fondo romanizzata. Fra conquistati e conquistatori le differenze erano immense.
I Romani erano abituati a vivere sotto il governo di istituzioni complesse, con un’amministrazione articolata e fondata sulla riscossione di forti tasse; apprezzavano la cultura letteraria e avevano elaborato conoscenze amministrative; organizzavano commerci e, soprattutto, sapevano gestire grandi fattorie (latifondi); le città, ricche di grandi edifici pubblici come le terme e i teatri, erano la residenza preferita dei Romani più ricchi e intraprendenti.
I conquistatori barbari, invece, venivano da un mondo dove l’agricoltura era praticata in modo molto semplice, e dove i commerci erano scarsi; migravano spesso e non avevano dunque città; erano del tutto privi di preparazione culturale e molto spesso ignoravano completamente la scrittura; apprezzavano invece le abilità guerriere e la capacità di comandare; la loro società era organizzata non dallo Stato e dalle sue leggi, ma sulla base delle tribù e delle famiglie; ignoravano, si può dire, cosa fosse un vero e proprio Stato dotato di leggi, uffici e di un territorio ben definito da amministrare.
Ad aumentare le differenze interveniva anche la religione. Tranne i Franchi, ancora pagani, al momento del loro arrivo in Occidente i popoli germanici erano già convertiti al cristianesimo, ma seguivano la dottrina ariana (eresie), cioè un tipo di cristianesimo diverso da quello cattolico praticato dalla popolazione romana.
Era naturale che ci volesse molto tempo per superare queste differenze, e che non sempre si riuscisse a farlo. Un elemento che giocava a favore dell’integrazione erano i rapporti che, già prima dell’invasione, i barbari avevano intrattenuto con il mondo romano. A volte questi rapporti erano stati intensi, per esempio perché molti guerrieri germanici avevano servito nell’esercito romano in qualità di mercenari, oppure perché a interi popoli barbari era stato concesso di accamparsi, in qualità di alleati, nelle province di confine dell’Impero.
In questi casi, le leggi, le istituzioni e la cultura dei Romani erano note ai Germani, e già avevano iniziato a modificarne le tradizioni: realizzare l’incontro fra romanità e barbarie era allora più facile. Lo stesso Teodorico, il re degli Ostrogoti, era stato educato presso la corte imperiale, dove si trovava da ragazzo in qualità di ostaggio. Di conseguenza, dopo la conquista dell’Italia nel 489, il re si sforzò di mantenere in vita le istituzioni e le leggi di Roma e di ottenere la collaborazione dei nobili romani. Agli Ostrogoti era riservata la partecipazione all’esercito, mentre ai Romani spettavano gli uffici e la burocrazia.
Altri popoli, viceversa, non ebbero questo rispetto della tradizione romana. I Vandali, per esempio, spossessarono tutti i grandi proprietari romani, uccidendone molti, e cercarono di imporre a tutta la popolazione la conversione all’arianesimo. Le violenze e le proteste che si accompagnarono a questa politica indebolirono il regno e ne fecero il bersaglio della propaganda cattolica. Fu così che l’imperatore Giustiniano decise di attaccare il regno dei Vandali, sconfiggendolo con facilità. E ancora oggi il nome di questo popolo è usato per indicare chi devasta e distrugge senza scopo.
Del tutto opposto è il caso dei Franchi. Fra tutti i popoli germanici, i Franchi furono quello che meglio riuscì a realizzare la fusione con la popolazione conquistata. Il merito, in parte, va attribuito al fatto che al momento dell’invasione i Franchi erano ancora pagani politeisti: così, quando nel 496 si convertirono al cristianesimo, abbracciarono direttamente la dottrina cattolica (e non l’arianesimo, come gli altri popoli germanici). Franchi e Romani iniziarono allora a frequentare le stesse chiese e ad avere gli stessi sacerdoti e vescovi.
Un altro elemento che in Gallia, la regione conquistata dai Franchi, rese più facile la fusione con i Romani fu la sopravvivenza di molte famiglie di grandi proprietari romani. Costoro dovettero cedere parte delle loro terre ai conquistatori e pagare tributi e imposte su quelle che rimanevano loro, ma le grandi fattorie dell’età romana sopravvissero, e con esse anche molte conoscenze tecniche e di produzione.
Piano piano, così, Franchi e Romani andarono assimilandosi. I guerrieri franchi appresero dai nobili romani tecniche di gestione delle terre, valori culturali e anche nozioni più precise di ciò che vuol dire Stato, potere e legge; i nobili romani, da parte loro, iniziarono a seguire carriere militari e fecero propri valori apprezzati dalla cultura germanica, come la capacità di comandare e l’abilità nel combattimento.
Non è un caso che, fra tutti i regni romano-barbarici, proprio quello dei Franchi fosse destinato al futuro migliore. La potenza di questo regno, dove la fusione fra Romani e Germani aveva avuto il maggiore successo, crebbe con il tempo, sostenuta dai valori guerrieri dei Germani e dalle capacità di governo ereditate dal mondo romano. Al culmine di questa espansione, con l’incoronazione a imperatore di Carlomagno nell’800, i Franchi ripresero dal mondo romano addirittura l’idea stessa di impero. Ma rispetto all’impero antico, la loro era una realtà del tutto nuova.