barbariche, invasioni
La fine del mondo antico
Alla fine del 4° secolo d.C. l'Occidente era povero, in piena decadenza; l'Oriente invece era ricco, con grandi e belle città. Di fronte alle popolazioni che premevano ai confini, l'Impero d'Oriente anziché combattere i possibili invasori li dirottò verso occidente: all'inizio del 5° secolo, perciò, la prima ondata di invasioni barbariche, per opera degli Unni e dei Vandali, dilagò solo in Occidente, sommergendolo. Ma più che di un'invasione si trattò di una vera e propria migrazione di intere popolazioni, che stanziatesi in Occidente contribuirono alla sua trasformazione
A mettersi in moto per primi furono gli Unni, che provenivano dall'Estremo Oriente e che per l'aspetto fisico e per la lingua erano simili ai Mongoli. Vivevano nelle steppe, zone deserte e fredde con poca erba, erano guerrieri e cacciatori nomadi e si spostavano sempre a cavallo. L'avanzata degli Unni costrinse tutti quei popoli che erano stanziati verso occidente ad avanzare a loro volta. Per esempio i Visigoti passarono il Danubio e si fermarono dapprima nell'odierna Bulgaria, ma poiché non era facile sistemare un intero popolo si rimisero in marcia e lentamente arrivarono in Italia, dove furono fermati da Stilicone, un generale romano di origine vandala. Nonostante il suo grande valore, Stilicone fu condannato a morte dalla corte di Bisanzio che continuava a vedere in lui un barbaro e un possibile protettore di altre popolazioni barbariche.
Morto Stilicone, nessuno fu più in grado di fermare i Visigoti che, guidati dal re Alarico, invasero e saccheggiarono Roma nel 410. L'orrore e la commozione dei contemporanei furono enormi: Roma, la città che aveva conquistato il mondo intero, era a sua volta conquistata! I Visigoti però, dopo molte razzie in varie parti d'Italia, finirono per stanziarsi nella Gallia meridionale, da dove un loro nucleo si spinse nella vicina Spagna.
Molto più a nord, nell'inverno del 406, il Reno gelato e divenuto un ponte di ghiaccio fu oltrepassato da una delle maggiori migrazioni di popoli che si fosse mai vista fino ad allora. In tutto l'Occidente dilagarono i Vandali, i Suebi (Svevi), i Burgundi, gli Alemanni e infine gli Alani, (che nel 5° secolo si fusero con i Vandali) che si erano mossi dalle lontane steppe fra il Mar Caspio e il Mar Nero. Svevi, Vandali e Burgundi raggiunsero la Gallia (la Borgogna conserva ancora nel nome il ricordo della dominazione dei Burgundi). Fra questi, i Vandali si spinsero successivamente in Spagna settentrionale, in cui si erano stanziati i Visigoti, dai quali vennero scacciati e spinti più a sud, nella Spagna meridionale, dove si fermarono. Qui un'altra regione ricorda la loro lunga sosta: è l'Andalusia (Vandalusia), la terra dei Vandali. Da qui, dopo un po' di tempo passarono sulla costa africana, che conquistarono rapidamente fino a Cartagine.
Rispetto agli altri popoli, i Vandali furono gli unici capaci di mettere insieme una flotta e di trasformarsi in abili marinai e temibili pirati: i loro attacchi nel Mar Tirreno interruppero spesso l'arrivo di rifornimenti alimentari a Roma, che fu da loro di nuovo saccheggiata nel 455. In seguito a questi avvenimenti, i Vandali ancora oggi sono sinonimo di distruzione. Intorno alla metà del 5° secolo, come se non bastasse, si abbatté sull'Italia e sulla Gallia un'ondata di Unni guidati da Attila, chiamato dai Romani "flagello di Dio". Morto questi nel 453, la potenza unna decadde però rapidamente.
Come mai, anche se le battaglie in campo aperto furono poche, le vittorie ebbero conseguenze tanto devastanti? I 'barbari' avanzavano, infatti, irresistibili, con le loro file di carri carichi di masserizie, di donne, di bambini e di vecchi. La ragione fu che in Occidente nessuno era in grado di opporsi e di combattere: né l'esercito, disorganizzato e senza un capo di valore, né le città, ormai in decadenza. I Vandali erano una popolazione di circa 80.000 persone, ma i guerrieri erano appena 30.000. Se si fossero seduti dentro il Colosseo avrebbero lasciato molte gradinate vuote, eppure riuscirono a imporre il loro dominio su tutta l'Africa romana!
Più che di invasioni si trattò di migrazioni di interi popoli, venuti a occupare un mondo in disfacimento, del quale accelerarono la trasformazione. La fine dell'Impero Romano d'Occidente coincise infatti con il nascere dei regni romano-barbarici: così li hanno definiti gli storici, anche se il termine barbarico non è corretto perché porta con sé un significato genericamente negativo.
I vincitori provenivano da società guerriere ed erano abituati a lottare e a considerare giusto che i vincitori si impadronissero di quello che il nemico possedeva. I legami fondamentali erano legami di sangue. I sistemi di giustizia erano semplici, basati sulla faida, la vendetta privata. La faida poteva colpire indifferentemente qualsiasi membro della famiglia dell'offensore, anche un innocente, se aveva la sfortuna di far parte di quella famiglia.
Oltre a essere guerrieri e cacciatori, i 'barbari' erano pastori e allevatori di cavalli, pecore, mucche e maiali. In generale l'occupazione del paese vinto procedeva in questo modo: quando un capo si insediava con il suo popolo su un territorio dell'Impero, toglieva un terzo delle terre ai proprietari e lo ridistribuiva fra i suoi, secondo il regime dell'hospitalitas: una "ospitalità", certo, forzata. Ma dopo avere vinto bisognava governare e questo era un compito difficile: i nuovi popoli scoprirono che l'organizzazione statale romana era molto più raffinata e complicata della loro. I vincitori erano quasi tutti analfabeti, mentre molti vinti sapevano leggere e scrivere, avevano leggi scritte, conoscevano tante cose. I vincitori si riservarono allora il diritto di portare, essi soli, le armi, ma ai posti chiave dell'amministrazione e della burocrazia lasciarono gli sconfitti.
Tra il 5° e il 6° secolo l'Italia fu invasa da due popoli molto diversi tra loro: gli Ostrogoti prima e i Longobardi poi. Gli Ostrogoti giunsero alla fine del 5° secolo, guidati da Teodorico, che da giovane era stato in ostaggio a Costantinopoli per una decina d'anni, educato e istruito a corte. Egli comprendeva bene la superiorità della civiltà romana e cercò di risuscitare l'antico splendore del passato. Fece rifiorire l'agricoltura, bonificando molti terreni paludosi, rimise in funzione gli antichi acquedotti, dotò molte città di mura per renderle più sicure. Restaurò edifici e monumenti dell'antichità a Roma e a Ravenna, e ne costruì di nuovi a Pavia, a Verona e soprattutto a Ravenna, dove risiedeva.
Catastrofico per l'Italia fu invece l'arrivo, nel 568, dei Longobardi ("dalle lunghe barbe"); furono dominatori spietati, che uccisero moltissimi proprietari terrieri, si impadronirono di quasi tutte le terre e portarono ovunque devastazioni e distruzioni. Con la conquista longobarda l'Italia perse la sua unità politica: i Longobardi, i Bizantini e poi il pontefice divennero i suoi padroni. L'unità della storia politica italiana sarebbe stata poi riconquistata solo dopo tredici secoli, alla fine del Risorgimento.
I barbari ci hanno lasciato molti segni della loro civiltà. Fecero conoscere in Occidente la staffa, che permise di andare a cavallo in modo nuovo, dominando l'animale. L'uso della staffa cambiò il modo di fare la guerra e fece diventare importantissimi i cavalieri, i guerrieri che combattevano a cavallo muniti di corazza. Poiché i barbari passavano molto tempo a cavallo, proteggevano le gambe con brache e per muoversi in libertà portavano tuniche corte, strette da una cintura: brache e camiciotti sono diventati i nostri pantaloni e camicie (la toga dei Romani era elegante, ma scomodissima).
Anche molte parole del nostro lessico sono di origine germanica: per esempio anca, guancia, stinco, schiena (tutte parti del corpo) sono state introdotte durante la dominazione longobarda. In Italia, nel Centro e nel Sud, dove le popolazioni germaniche non penetrarono o dove comunque non rimasero a lungo, è sopravvissuta la cucina mediterranea degli antichi Romani a base di cereali, olio e legumi, mentre al Nord si cucina con il burro e si mangia molto salame, prosciutto e carne, in ricordo della dieta carnivora dei barbari, allevatori di mucche e di maiali.
Nell'antichità i Greci e i Romani chiamavano barbaro chiunque fosse straniero e non appartenesse alla loro cultura. Per i greci bàrbaros indicava in origine coloro che parlavano un linguaggio astruso e incomprensibile.
Un po' alla volta il termine ha acquistato un significato dispregiativo, fino a diventare quasi un sinonimo di incivile. Tutti i popoli estranei alla cultura classica, romana e greca, erano dunque barbari.