Ideale, vagheggiato in tutto il Medioevo, di restaurazione dell’antica potenza imperiale romana, elevata dalla missione ancor più universalistica del cristianesimo, che in Roma aveva il suo centro. Sostenuto già da Carlomagno, il concetto trovò poi una sua formulazione esplicita alla fine del 10° sec. con Ottone III.
La renovatio Imperii Romanorum, soprattutto dopo l’ascesa al soglio pontificio di Gerberto di Aurillac (Silvestro II) e l’insediarsi della corte di Ottone III sull’Aventino, assunse l’aspetto di volontà restauratrice di un ordine universale in cui papa e imperatore collaborassero su di un piano di parità. L’Impero romano si doveva rinnovare in un Sacro Impero in cui la preminenza e la forza imperiale dovevano garantire «libertà e sicurezza della Chiesa di Dio». Il risorgere delle lotte interne a Roma, il riaprirsi di vecchi motivi polemici tra Impero e Papato, la prematura fine di Ottone III (1002), fecero naufragare l’ideale del giovane imperatore. La r. rimase nelle aspirazioni delle coscienze medievali un ideale vivo, ma da realizzarsi ormai, soprattutto dopo il dramma della lotta delle investiture e dopo le affermazioni di supremazia dello spirituale sul temporale fatte da Gregorio VII, a opera di uno solo degli elementi che sino ad allora, sia pure in rapporto di forze non sempre stabili e uguali, avevano operato insieme congiunti. Così Enrico IV, Federico I, Enrico VII e Ludovico il Bavaro tentarono di realizzare la renovatio di un Impero che non dovesse riconoscere altra autorità se non quella di Dio e fosse quindi svincolato da ogni rapporto di sudditanza dal papato. Quest’ultimo, a sua volta, insistendo sulla supremazia dello spirituale sul temporale e sulla soggezione dell’Impero cristiano al potere della Chiesa di Roma (Innocenzo III, Bonifacio VIII), affrettò la vanificazione dell’idea di renovatio, sostituita dall’idea di un trasferimento di autorità che Dio aveva fatto unicamente al papa, il quale solo poteva disporne cedendola, per le cose temporali, all’imperatore.