Resistenza
Lotta di liberazione nazionale
La Resistenza fu, durante la Seconda guerra mondiale, l’insieme delle attività di quei movimenti che, nelle zone occupate dagli eserciti tedesco, italiano e giapponese, si opposero agli invasori esterni e ai loro alleati interni andando incontro alle più dure e feroci repressioni. Essa ebbe caratteristiche, finalità e intensità diverse a seconda dei paesi
La Resistenza ebbe numerosi precedenti nella storia. Per limitarci a pochi esempi significativi, si possono ricordare nell’età antica i gruppi di combattenti ebrei che in Palestina si opposero ai Romani; nelle età moderna e contemporanea coloro che nei Paesi Bassi combatterono gli Spagnoli tra il 16° e il 17° secolo, gli Irlandesi in lotta per secoli contro gli Inglesi, i ribelli che in Spagna agli inizi del 19° secolo misero in atto una resistenza su vasta scala nei riguardi dei Francesi, in Sudafrica i Boeri in lotta con gli Inglesi tra il 19° e il 20° secolo.
A differenza, però, di questi movimenti che ebbero una dimensione locale, i movimenti di resistenza durante la Seconda guerra mondiale, pur con il loro radicamento nazionale, ebbero una dimensione senza precedenti e costituirono un fronte comune – seppure segnato non di rado da rivalità e contrasti politici e sociali spesso assai acuti – diretto contro il nazifascismo e l’imperialismo nipponico.
I movimenti di resistenza ebbero come scopo comune di liberare i propri paesi invasi. Al tempo stesso, però, intesero colpire le forze che all’interno di essi collaboravano con gli eserciti occupanti, sicché la Resistenza, nei paesi dove più consistente era il collaborazionismo, assunse anche la natura di guerra civile. I movimenti nazionali erano poi divisi al loro interno dalle divergenti finalità politiche e sociali: le correnti conservatrici o moderate miravano a ricostituire l’ordine politico e sociale precedente, mentre le sinistre di vario orientamento tendevano a rifondare le basi dello Stato, arrivando – nel caso dei comunisti e dei socialisti di sinistra – a concepire la Resistenza come lotta di classe e premessa della rivoluzione socialista.
Per combattere gli occupanti i resistenti misero in atto azioni di sabotaggio, attentati, operazioni di guerriglia – che in Russia, Iugoslavia e Cina assunsero grandi dimensioni – reti di spionaggio, diffusione di stampa clandestina, scioperi.
I movimenti di resistenza, sorti nel 1940 in Danimarca, Paesi Bassi, Belgio e Norvegia, assunsero una maggior consistenza dapprima in Francia a partire dal 1941 – a opera dei seguaci del generale Charles de Gaulle e dei comunisti – e poi, dopo l’armistizio del settembre 1943, nell’Italia centrosettentrionale – occupata dai Tedeschi sostenuti dai fascisti della Repubblica di Salò – sotto la direzione del CLN (Comitato di liberazione nazionale), che riuniva i risorti partiti antifascisti e le correnti monarchiche.
Il maggior contributo alla Resistenza italiana, che ebbe la sua conclusione nell’aprile 1945, venne dato dalle Brigate Garibaldi comuniste e da quelle di Giustizia e Libertà legate al Partito d’azione. Non mancarono anche in Germania piccoli gruppi eroici che lottarono contro il nazismo e che furono tutti stroncati.
Ma la Resistenza ebbe il massimo sviluppo nell’Unione Sovietica invasa dai Tedeschi – dove i partigiani operarono in stretto contatto con l’esercito regolare dell’Armata Rossa – e nella Penisola Balcanica. In Iugoslavia i comunisti formarono un vero e proprio esercito sotto la guida di Tito. Anche in Polonia e in Grecia la Resistenza assunse proporzioni notevoli. In Polonia, Iugoslavia e Grecia si giunse ad aspri conflitti anche armati tra comunisti e anticomunisti.
Nell’Asia occupata dai Giapponesi il movimento di resistenza più importante fu quello cinese, guidato dal nazionalista filo-occidentale Chiang Kai-shek e dal comunista Mao Zedong, i cui contrasti sfociarono in aperta guerra civile.