responsabilità
Rispondere delle proprie azioni
Per responsabilità si intende la capacità di rispondere dei propri comportamenti, accettandone le conseguenze. Entrato nell’uso politico e giuridico sul finire del 18° secolo, il concetto di responsabilità fu usato dai filosofi soprattutto nelle dispute intorno al problema della libertà. Nel 20° secolo il sociologo Max Weber operò un’importante distinzione tra etica delle intenzioni ed etica della responsabilità
Uno dei primi testi in cui compare il termine responsabilità fu, nel 1788, Il federalista, l’opera in cui Alexander Hamilton, John Jay e James Madison raccolsero gli articoli scritti in difesa della Costituzione americana, elaborata nel 1787 dalla Convenzione di Filadelfia. Gli autori di Il federalista parlavano di responsabilità del governo e di governo responsabile per indicare il fatto che il governo americano doveva rispondere del proprio operato al popolo, dal quale derivavano i suoi poteri.
Nello stesso periodo, il termine cominciò a essere usato anche in ambito giuridico: la responsabilità, in questo caso, indicava la situazione per cui un soggetto è chiamato a rispondere della violazione di una determinata norma. L’uso giuridico del termine si diffuse rapidamente e, a seconda del tipo di norma violata, si andarono definendo, col tempo, i concetti di responsabilità civile (che implica il risarcimento del danno), responsabilità penale (che determina l’applicazione di una pena) e responsabilità amministrativa (che riguarda le lesioni di diritti soggettivi provocate dalla pubblica amministrazione o dai suoi dipendenti).
Dal punto di vista filosofico, la nozione di responsabilità è strettamente connessa a quella di libertà. Un uomo può, infatti, rispondere delle sue azioni soltanto se queste sono il frutto di una libera scelta e non sono determinate da leggi necessarie (siano esse fisiche, psichiche o socioeconomiche). Tutte le teorie ispirate al determinismo finiscono inevitabilmente per negare la responsabilità dell’uomo o per depotenziarla (spostandola, per esempio, dal singolo individuo alla società nel suo complesso).
Riflettendo sui rapporti tra etica e politica Max Weber distinse due tipi di etica: l’etica delle intenzioni o dei principi e l’etica della responsabilità o delle conseguenze.
La prima è caratterizzata dal riferimento a un principio ideale, che costituisce l’unico criterio per distinguere il giusto dall’ingiusto. Per intraprendere o giudicare un’azione dobbiamo tenere conto soltanto dell’intenzione che la muove. Se l’intenzione è ‘buona’ – cioè se è ispirata a un principio giusto – l’azione sarà buona: quanto alle sue conseguenze, non dobbiamo preoccuparcene.
Secondo l’etica della responsabilità, invece, per intraprendere o giudicare un’azione dobbiamo tenere conto delle sue possibili conseguenze. Chi opera in questo modo tiene conto dei difetti presenti nella media degli uomini e delle circostanze nelle quali bisogna agire: egli si sente responsabile delle conseguenze dei suoi atti.
L’etica delle intenzioni è tipicamente religiosa e ha trovato la sua formulazione filosofica più rigorosa in Kant. Ma essa caratterizza anche i movimenti rivoluzionari, che ispirano la loro azione a ideali assoluti, senza tenere conto delle conseguenze. Questo atteggiamento, nella politica, è non solo pericoloso – perché conduce al fanatismo (ogni mezzo diviene infatti lecito, per affermare i propri ideali) – ma spesso anche controproducente: per esempio, il comportamento violento della sinistra rivoluzionaria del primo Novecento finiva per rafforzare, secondo Weber, i partiti di estrema destra.
Decisamente più consona alla vita politica è quindi l’etica della responsabilità, che richiede di soppesare con attenzione le conseguenze delle proprie azioni, in un mondo che nonè intrinsecamente giusto (cioè dove dal bene non sempre deriva il bene).
Facciamo un esempio: le leggi sui ‘pentiti’ – cioè su quei criminali che accettano di collaborare con la giustizia – fanno sì che uomini responsabili di molti delitti scontino pochi anni di pena e questo, dal punto di vista dei principi, è sicuramente ingiusto. Ma l’esperienza insegna che questo tipo di leggi è il mezzo più efficace per sgominare intere organizzazioni criminali e quindi evitare molti delitti futuri. Cosa deve fare il legislatore? Attenersi all’etica dei principi o praticare l’etica della responsabilità?