Uomo politico italiano (Firenze 1809 - Brolio 1880). La sua azione politica negli anni del 1859-61 lo pone tra gli artefici dell'unità nazionale. Esponente del cattolicesimo liberale, cercò di indurre il granduca di Toscana, Leopoldo II, a concedere le riforme. Dopo l'Armistizio di Villafranca (1859) assunse il potere e realizzò l'annessione della regione al Piemonte. Presidente del Consiglio del nuovo regno d'Italia (1861-62; 1866-67), affrontò il brigantaggio e la questione romana, sostenendo la pacificazione con il papato.
Membro dell'Accademia dei georgofili (1834), nutrì fin da giovane interessi scientifici e dal 1838 si dedicò al miglioramento delle tecniche agricole nei suoi possedimenti di Brolio. Legato agli ambienti del liberalismo moderato toscano, nel febbr. 1846 fu tra i firmatari di un memoriale indirizzato al granduca Leopoldo II per esortarlo alle riforme; l'anno successivo fondò a Firenze, insieme a V. Salvagnoli e R. Lambruschini, il giornale La Patria. Avversario di F. D. Guerrazzi, dopo i moti del 1848-49 fu favorevole al ritorno del granduca ma, deluso dal ricorso di quest'ultimo all'esercito austriaco, si ritirò dalla vita politica, dedicandosi all'amministrazione delle sue terre. Nel 1859, dopo la fuga del granduca, R. accettò la carica di ministro dell'Interno nel governo creato dal commissario straordinario C. Boncompagni e fondò il quotidiano La Nazione. Dopo l'armistizio di Villafranca e il ritiro di Boncompagni, assunse il potere e portò a compimento l'annessione della Toscana al regno di Vittorio Emanuele II. Capo della maggioranza parlamentare del nuovo regno d'Italia, alla morte di Cavour divenne presidente del Consiglio (1861), ricoprendo anche la carica di ministro degli Esteri e, dopo le dimissioni di Minghetti, quella di ministro degli Interni. Alla guida del governo R. si impegnò a combattere il brigantaggio e cercò di risolvere pacificamente la questione romana, a suo giudizio strettamente legata a un rinnovamento spirituale della Chiesa. A questo scopo riprese le trattative con la Francia, proponendo al governo di Parigi di farsi mediatore di una conciliazione tra l'Italia e il papato. Inviso al re, favorevole ad affrontare prima la questione del Veneto, e attaccato dai conservatori più estremi per la sua tolleranza verso le associazioni democratiche, nel marzo 1862 R. si dimise. Ritornato al potere nel giugno 1866, a guerra già dichiarata all'Austria, lottò senza successo per avere il Trentino e per eliminare l'umiliante clausola della cessione del Veneto all'Italia tramite la Francia. Nel 1867 riprese la sua politica di pacificazione con il papato e promosse un progetto di legge sulla libertà della Chiesa e la liquidazione dell'asse ecclesiastico, basato sul principio della separazione tra Chiesa e Stato. Criticato sia dai laici sia dai clericali, si dimise nell'aprile del 1867. Rimasto fedele al suo programma, nel 1871 appoggiò in parlamento l'approvazione della legge delle guarentigie.