I peggiorativi sono un tipo di alterati (➔ alterazione) ottenuti per ➔ derivazione, il cui significato implica una valutazione negativa da parte del parlante, che in questo modo prende le distanze rispetto a ciò di cui parla (➔ modalità): si veda libraccio rispetto a libro, avvocaticchio rispetto ad avvocato, ragazzaccio rispetto a ragazzo o poetastro rispetto a poeta.
La valutazione negativa ha effetti ...
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Il digramma (dal gr. di «doppio» + grámma «lettera») è una combinazione di due grafemi che serve a rappresentare, in determinati contesti, un unico suono della lingua. L’italiano ha i seguenti digrammi: ch (che riproduce l’occlusiva velare sorda); gh (che riproduce l’occlusiva velare sonora); gn (per la palatale nasale) + a, e, i, o, u; ci (per l’affricata palatale sorda) + a, o, u; gi (per l’affricata ...
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I tempi semplici sono forme della ➔ coniugazione verbale in cui la morfologia grammaticale viene suffissata (➔ flessione) alla base lessicale del verbo (➔ tempi composti).
Questa struttura morfologica che sintetizza in una stessa forma verbale informazioni grammaticali e lessicali differenzia i tempi semplici dai tempi composti, in cui invece la flessione verbale di tempo, ➔ aspetto, modo (➔ modi del ...
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Il termine orientalismi include classi molto ampie di ➔ prestiti assunti dall’italiano in varie epoche. A differenza di altre denominazioni che fanno riferimento a realtà etnogeografiche ed etnolinguistiche più o meno circoscritte (quali, ad es., ➔ arabismi o ➔ russismi), quella degli orientalismi si potrebbe definire una categoria ideologica prima ancora che linguistica in senso stretto: «“orientale” ...
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L’espressione italiano popolare, attestata già nell’Ottocento (si trova, per es., negli Opuscoli sulla lingua italiana di Giovanni Romani, Milano, Silvestri, 1827, p. 407), deve il suo successo negli studi linguistici italiani a Tullio De Mauro, il quale definì l’italiano popolare come il «modo di esprimersi di un incolto che, sotto la spinta di comunicare e senza addestramento, maneggia quella che ...
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La capacità di esprimere la temporalità costituisce uno dei tratti principali della comunicazione umana. Tutte le lingue di cui siamo a conoscenza possiedono mezzi lessicali e/o grammaticali per collocare un evento nel tempo, indicarne la durata, ecc. Si tratta di categorie grammaticali come il tempo e l’➔aspetto, di caratteristiche lessicali del verbo (➔ verbi), di avverbi temporali (➔ temporali, ...
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Per monolinguismo si intende l’uso di un solo codice o varietà linguistica, e più specificamente nell’uso letterario di un unico registro stilistico o modulo espressivo omogeneo e selezionato da parte di un autore.
Va ascritta a un capitale saggio di Contini (1955) la definizione di due linee che attraversano l’intera tradizione letteraria italiana: il monolinguismo, che si individua nella poesia di ...
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Con genere e lingua ci si riferisce all’ampia problematica di studi, tipicamente interdisciplinari (in ingl. gender studies), sui risvolti sociali e culturali delle differenze sessuali e biologiche che si riflettono in determinati usi della lingua. In questa accezione, invece di genere si trova spesso il termine inglese gender. In opposizione al termine sesso, che focalizza il dato biologico, genere ...
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L’estensione dell’area dialettale comunemente definita lombarda si sovrappone solo parzialmente a quella dell’odierna Lombardia amministrativa. Ciò è certamente in relazione con la storia del territorio, caratterizzato fin dall’epoca preromana dal fatto di essere attraversato da importanti confini politici. Se infatti già prima della latinizzazione l’Adda aveva rappresentato il confine fra le tribù ...
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Il discorso indiretto è una delle forme tradizionalmente riconosciute del ➔ discorso riportato, cioè uno dei modi che offre la lingua per riprodurre enunciati appartenenti a un atto di enunciazione diverso da quello che dà luogo alla riproduzione. Così, a una produzione come quella in (1) corrispondono le tre riproduzioni in discorso indiretto evidenziate in (2) (Mortara Garavelli 20012: 429):
(1) ...
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eco-centrale
s. f. Centrale per la produzione di energia le cui emissioni risultano poco inquinanti per l’ambiente. ◆ Secondo gli 007 dell’ambiente, la eco-centrale creava «un alto tasso di inquinamento prodotto dall’emissione di ceneri, polveri...
megawatt
‹-vàt› s. m. [comp. di mega- e watt]. – Unità di misura della potenza, pari a 106 watt, usata soprattutto per misurare la potenza prodotta, su grande scala, utilizzando le diverse fonti di energia; simbolo: MW.