Sardegna
Un’isola dal cuore prezioso e sconosciuto
La Sardegna è un’isola che per secoli ha voltato le spalle al mare per occuparsi del suo interno; lo sviluppo moderno, con l’industria e il turismo, l’ha costretta a guardare di nuovo verso la costa, a cercare sulle sue splendide rive la chiave dello sviluppo. E la Sardegna vera, quella dell’interno, è rimasta isola più di prima, ha continuato a spopolarsi, a fare i conti con un ambiente magnifico ma avaro di risorse. Però ha conservato un patrimonio culturale prezioso, fondato su tradizioni originali e su una lingua – stretta parente dell’italiano – straordinariamente ricca e interessante: in attesa di un tipo diverso di turismo, che sappia apprezzare il suo ambiente e le sue tradizioni
Quasi al centro del Mediterraneo occidentale, tra il Mar di Sardegna e il Mar Tirreno, l’isola di Sardegna è la terza regione italiana per estensione. Dopo la Sicilia e prima della vicina Corsica, è anche la seconda isola del Mediterraneo e una delle più estese d’Europa.
La situazione di isolamento della Sardegna è particolarmente sensibile (data la distanza dalla terraferma) e di certo contribuisce a spiegare le particolarità del suo più antico popolamento, l’autonomia linguistica, buona parte delle vicende storiche e anche certi fenomeni contemporanei, come la pesante emigrazione e, in apparente contraddizione, la forte attrazione turistica. Queste considerazioni sono alla base dello statuto di autonomia regionale di cui l’isola gode dal 1948.
La Sardegna ha molte particolarità che ne fanno una regione chiaramente distinta dalle altre regioni mediterranee (eccetto la Corsica, con cui ha una certa somiglianza) e italiane: la formazione geologica, per esempio, o la lingua e le tradizioni popolari. Nell’insieme, si è tentati di dire che è una terra più antica (anche sul versante geologico) o, piuttosto, che la sua antichità è più evidente che in altre regioni.
Dal punto di vista geologico la Sardegna ha una storia più lunga del resto d’Italia, testimoniata da rocce antiche affioranti in varie parti della regione, dai graniti della Gallura a nord – che formano paesaggi d’erosione straordinariamente suggestivi sia lungo la costa, fino all’arcipelago della Maddalena, sia sui rilievi (Monte Limbara) – ai calcari dell’Iglesiente e del Sulcis a sud, ricchi di metalli e carbone (una delle poche aree minerarie italiane). Altre formazioni granitiche danno luogo all’imponente massiccio del Gennargentu (massima elevazione della Sardegna: 1.834 m), che occupa l’area centro-orientale dell’isola – tra Barbagia, Mandrolisai e Ogliastra, terre di pascoli e greggi – e che è stato proclamato parco nazionale.
Un allineamento di catene montuose (Monti Ferru, del Gocèano, di Alà) taglia in diagonale l’isola, dal Golfo di Olbia alla Penisola del Sinis, lasciando a nord l’Anglona, il Logudoro e la Nurra – che si prolunga nell’isola dell’Asinara: qui, tra Porto Torres e Alghero, si apre una delle poche piane sarde. A sud-est, tra il Gocèano e il Golfo di Orosei, il Nuorese collinare e le Baronie costiere; a sud, ai piedi del Gennargentu, i colli di Arborea e Sarcidano, Marmilla e Trexenta si abbassano verso la grande pianura dell’isola: il Campidano.
Questo è il cuore agricolo della Sardegna, coltivato intensamente; percorso dai fiumi Tirso e Mannu, ricco di stagni malgrado le bonifiche, il Campidano a sua volta taglia in diagonale l’isola dal Golfo di Oristano al Golfo di Cagliari: a ovest, Iglesiente e Sulcis, con le isole di San Pietro e Sant’Antioco dal popolamento ligure; a est, Gerrei e Sàrrabus, colline incise dal sistema idrico del Flumendosa; sul litorale tirrenico, il Salto di Quirra, vasta area spopolata e usata come poligono militare. Una disposizione articolata e complessa, in cui sistemi di colline (quasi il 70% della superficie sarda) e valli fluviali hanno consentito la formazione di piccole regioni distinte per storia e organizzazione.
La varietà di ambienti e di forme è toccata da un clima omogeneo, salvo le differenze dovute all’altitudine: clima mediterraneo ovunque, con la tipica vegetazione a macchia presso le coste, a boschi di querce (tra cui le sughere) nell’interno, fino ai castagneti delle montagne più umide. Ma i veri boschi, che fino all’Ottocento coprivano tutta l’isola (come ancora oggi coprono la Corsica), sono quasi una rarità, dato che vennero tagliati d’un colpo quando furono privatizzati – prima erano proprietà comuni delle collettività locali. Il taglio dei boschi diede un breve impulso all’economia, poi lasciò spazio solo alla pastorizia.
La popolazione sarda non è mai stata molto numerosa, e quando ha preso ad aumentare grazie ai progressi sanitari è dovuta emigrare. Le coste e le pianure erano un tempo paludose e malsane; l’agricoltura di collina non era tanto produttiva, e così la pastorizia; le risorse del mare, stranamente, non sono state mai molto sfruttate. Le bonifiche del Novecento resero abitabili le pianure e vincolarono all’agricoltura – e all’estrazione di minerali – la crescita della Sardegna. L’industrializzazione è stata tardiva e scarsa (metallurgia, chimica, tessile) e prevalentemente lungo le coste, privilegiando due poli urbani: Cagliari e Sassari-Porto Torres.
Anche le attività commerciali e i servizi tendono a concentrarsi a Cagliari e a Sassari, antichi punti di riferimento, rispettivamente, del Sud e del Nord dell’isola, sia per le attività economiche sia per quelle culturali (università), mentre pochi degli altri centri superano i 30.000 abitanti. Anche per promuovere un migliore bilanciamento del sistema urbano alcuni decenni fa furono istituite le province di Nuoro e Oristano e nel 2004 le nuove province di Olbia-Tempio Pausania, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias. Malgrado il grande sviluppo economico – ma quasi solo stagionale – delle coste grazie al turismo, la Sardegna continua a essere una regione da cui si emigra.
Le coste e il mare della Sardegna sono certo splendidi e giustamente celebrati e ricercati. La crescente richiesta dei turisti, del resto, ha portato comunque a migliorare i collegamenti navali e aerei con il continente, con vantaggio anche per la popolazione dell’isola. Ma la Sardegna non è solo mare – anzi, l’essenza della Sardegna è piuttosto nell’interno.
Le coste attirarono soprattutto i conquistatori: dai Fenici ai Greci, dagli Etruschi ai Romani, dagli Arabi ai Pisani, dai Genovesi agli Aragonesi, dagli Spagnoli ai Piemontesi. Ma non sono tanto sul mare le testimonianze più caratteristiche dell’antica civiltà isolana, come i famosi monumenti preistorici detti nuraghi, e le manifestazioni della tradizione culturale sarda: l’uso della lingua, le celebrazioni di certe feste, la musica.
Se i luoghi ricercati dai turisti per l’armonia degli ambienti – come Alghero, Bosa, Castelsardo, Sant’Antioco e altri – si trovano tutti sul mare, è forse solo perché l’interno è stato quasi ignorato: i turisti si fermano sulla costa, spesso neppure sospettano i paesaggi fatati del Limbara e la severa imponenza delle groppe del Gennargentu, la curiosa disposizione della Giara di Gésturi e la ricchezza di scorci dell’Ogliastra, la varietà di paesaggi e di abitati delle Barbagie, lo spettacolo sconcertante della Valle dei Nuraghi nel Meilogu. È il rischio dello sviluppo troppo basato sul turismo, che spesso dipende dal caso, dalla moda, da una buona pubblicità: e quello in Sardegna cominciò proprio con la promozione pubblicitaria delle splendide coste della Gallura, negli anni Sessanta del 20° secolo. L’isola ha, invece, ben altri patrimoni e altre bellezze – forse meno appariscenti dei grandi monumenti –, a cominciare da un ambiente ‘naturale’ che aspetta di essere valorizzato e da una cultura tradizionale che non deve essere dispersa.