Serbia e Montenegro
Al centro della Penisola Balcanica
Serbia e Montenegro sono gli Stati della Penisola Balcanica che per quasi tutto il Novecento hanno costituito il cuore di un’importante formazione politica scomparsa, la Iugoslavia. Come in tutta la regione, anche qui la varietà di componenti etnico-linguistiche è molto forte e forti sono le tensioni. Messi in ginocchio dall’intervento militare occidentale, i due paesi hanno stentato a ritrovare equilibrio politico e solidità economica
Costituiti in federazione nel 2003 e poi pervenuti alla separazione nel 2006, Serbia e Montenegro occupano un territorio prevalentemente pianeggiante a nord e montuoso e collinare a sud e sud-ovest. È opportuno considerare separatamente le tre regioni politiche che lo compongono: Serbia, Kosovo e Montenegro.
La Serbia comprende, nella metà settentrionale, un’ampia parte della Pianura Ungherese o Pannonia: qui sono la Voivodina, provincia autonoma con una forte minoranza ungherese (capoluogo Novi Sad, 191.400 abitanti), percorsa dal Danubio e dal Tibisco; il Banato, a cavallo del confine con la Romania; e la capitale Belgrado, bagnata dalla Sava e dal Danubio. A sud di Belgrado si estende una regione collinare e montuosa, attraversata dai due rami della Morava.
Una parte di questi rilievi, a sud-ovest, tra le Alpi Albanesi e i Monti Balcani, costituisce il territorio della provincia autonoma del Kosovo (Kosovo i Metohija: capoluogo è Priština, con 166.000 abitanti), che fa parte della Serbia ma è sotto amministrazione delle Nazioni Unite, dato che una parte dei suoi abitanti – in prevalenza di lingua albanese – richiede l’indipendenza dalla Serbia.
Il Montenegro è la regione che si affaccia sul Mare Adriatico, ma è quasi tutta montuosa (fin oltre i 2.500 m), salvo l’area intorno alla capitale Podgorica (139.000 abitanti) e al Lago di Scutari.
Con l’eccezione del litorale montenegrino, il clima del paese è continentale e le aree di alta collina e di montagna sono coperte da boschi.
Una serie di sconvolgimenti politici e militari ha avuto come risultato di scacciare dalle loro case e dai villaggi moltissimi abitanti, specie quelli appartenenti alle minoranze, spingendoli verso le regioni abitate da gente della stessa lingua o religione. Ancora oggi, tuttavia, la popolazione del paese è ricca di componenti etniche diverse: poco meno di due terzi degli abitanti sono di cultura serba (cristiani ortodossi), moltissimi sono gli albanesi e i bosniaci (soprattutto musulmani), numerosi i montenegrini, ma anche gli ungheresi (cattolici), i romeni e molti altri gruppi.
Come dimostrano le richieste di secessione del Kosovo e del Montenegro, la convivenza di questi gruppi è piuttosto difficile, tanto più che il paese si è terribilmente impoverito.
Semidistrutta dai bombardamenti della NATO nel 1999, l’economia serbo-montenegrina si basava su materie prime come il carbone e la bauxite, e su industrie metallurgiche, meccaniche e tessili; l’agricoltura era molto sviluppata nella parte settentrionale (colture industriali, frutta) e le foreste davano buone produzioni. Il livello di vita è sceso terribilmente in conseguenza della guerra e dell’arrivo di un milione di profughi serbi dalla Bosnia e dal Kosovo: il reddito medio è ancora inferiore a quello di prima della guerra.
Il commercio internazionale per anni si è quasi arrestato e solo da poco si sta riprendendo; di fatto Serbia e Montenegro sopravvivono grazie al sostegno internazionale, necessario anche per la ricostruzione materiale delle città, delle infrastrutture e degli impianti produttivi.