signoria
La città medievale nelle mani di un solo uomo
Tra l’inizio del 13° secolo e i primi decenni del 14° in alcune città italiane il modo di governare cambiò. Sino a quel momento il potere di prendere le decisioni più importanti (contro chi fare guerra, a chi fare pagare le tasse) era stato affidato a magistrati eletti che rimanevano in carica per un periodo determinato. Da allora in poi in modi diversi questo potere passò ad alcuni personaggi che, con il titolo di signore, rimasero in carica per tutta la vita e in alcuni casi riuscirono addirittura a trasmettere lo stesso titolo e i poteri connessi ai loro discendenti
La trasformazione politica avvenuta nelle città italiane tra la fine del 13° secolo e l’inizio del 14° comportò che cittadini che in precedenza eleggevano i propri capi preferirono affidarsi a un signore, che però non potevano più controllare e sostituire nel caso in cui non prendesse le giuste decisioni. Questo cambiamento fu profondo e venne giudicato all’epoca in maniere diverse. Dante, nella Divina Commedia, si riferì spesso all’Italia come a una terra piena di tiranni e diede della signoria un giudizio negativo, collegando tale istituzione alle passioni peggiori degli uomini, prima di tutte la superbia, che spingeva alcuni a volersi elevare sui loro cittadini. Altri sostennero che i cittadini avevano affidato le loro sorti a un signore per non dover più vivere in città dilaniate dalle lotte interne: solo un signore forte, secondo loro, avrebbe saputo riportare la pace. Gli storici di oggi pensano che nella maggior parte dei casi il passaggio alla signoria sia stato un processo lento e complesso. Inoltre è stato notato che neppure nel sistema comunale precedente (comunale, civiltà) tutti i cittadini partecipavano al potere: esistevano infatti famiglie più ricche e potenti e i loro membri assumevano più spesso incarichi pubblici. D’altra parte, spesso il signore non esercitava un controllo totale: per decidere sulle questioni più importanti doveva ottenere l’approvazione dei consigli della città che raccoglievano molti cittadini e che continuarono a esistere anche dopo il cambiamento di regime.
Questo non significa che la svolta sia stata solo apparente: come abbiamo visto, gli stessi contemporanei la percepirono in maniera forte. Secondo alcuni storici, già nel Comune senza signori esistevano figure di capi che accentravano in sé il potere. Dall’inizio del Duecento nella maggior parte delle città esisteva il podestà, che guidava l’esercito, presiedeva i consigli cittadini e controllava la riscossione delle tasse e l’amministrazione della giustizia. Dal podestà al signore, si è pensato, il passo è stato breve. In realtà, obiettano altri storici, le due figure erano profondamente diverse: il podestà proveniva da altre città affinché non avesse interessi personali, mentre di solito il signore era della città stessa che governava. Inoltre il podestà rimaneva in carica sei mesi, il signore a vita.
Altri storici hanno pensato che il motivo fondamentale dell’avvento della signoria sia stata la nomina da parte dell’imperatore di propri rappresentanti in città (detti vicari): visto che l’imperatore era un’autorità superiore, chi aveva ottenuto questa nomina poteva esercitare un potere superiore a quello del Comune. Non sempre però i signori erano vicari dell’imperatore. Spesso lo diventarono dopo aver acquisito il potere in città.
Anche se queste spiegazioni non sono più accettate dalla maggior parte degli studiosi, esse contengono alcuni elementi utili per la comprensione dei fatti: è vero che in alcuni casi il signore, prima di diventare tale, aveva ricoperto cariche importanti (come quella di podestà) o aveva avuto un ruolo importante nella politica estera (che talvolta gli aveva fatto ottenere il titolo di vicario imperiale). Spesso la carriera del signore era iniziata in questo modo, soprattutto nel corso dei conflitti tra diverse fazioni, che si svolgevano all’interno di una città o tra città diverse. In questa situazione di conflittualità era stato più facile che i poteri di comando fossero concessi a un uomo solo.
Sin dall’inizio del Duecento, infatti, si erano andate formando all’interno di ogni città due fazioni principali, che raccoglievano due gruppi di nobili, in lotta tra di loro. Così era avvenuto per esempio a Ferrara, dove i nobili erano raccolti intorno alle due famiglie più potenti: gli Este e i Torelli. Con il trascorrere del tempo le fazioni di ogni città si erano collegate con quelle delle altre città, prendendo parte alle piccole e grandi guerre che coinvolgevano i Comuni italiani. Così per esempio già nel 1207 il Marchese d’Este si era alleato con il conte di San Bonifacio di Verona, e il suo avversario Salinguerra Torelli con i Monticoli, nemici veronesi dei San Bonifacio. Qualche decennio più tardi, in occasione dello scontro che oppose Federico II al papato, le alleanze si estesero. Quella che comprendeva Este e San Bonifacio, per esempio, si schierò con il papa e si trovò così unita alle fazioni di altre città più lontane, mentre sul fronte opposto si collocavano i rispettivi nemici.
I legami tra le fazioni delle diverse città si fecero sempre più stretti, perché quando una fazione cittadina vinceva un conflitto interno l’altra fuggiva dalla città e si rifugiava nei Comuni dove dominavano i suoi alleati. L’estendersi di queste alleanze tra le fazioni delle varie città portò, nei momenti di guerra più accesa, a conferire poteri speciali ad alcuni condottieri che in alcune città e in alcune zone guidavano l’alleanza. Quando i condottieri battevano i loro avversari riuscivano a ottenere poteri speciali (in alcuni casi poi rinnovati) dagli abitanti del Comune (o dei vari Comuni che aderivano all’alleanza), preoccupati di trovarsi nuovamente in guerra o di essere sconfitti dagli avversari pronti a vendicarsi. Furono questi poteri speciali a portare verso la signoria.
Questo stretto legame tra guerre, fazioni e signorie appare chiaramente se si osserva come si diffusero questi nuovi regimi. Fino alla metà del Duecento, infatti, le signorie si affermarono solo nei Comuni veneti e romagnoli (Azzo d’Este a Ferrara, Paolo Traversari a Ravenna, Ezzelino da Romano a Verona, Vicenza e Padova), gli unici in cui esistevano fazioni vere e proprie. Con le guerre legate a Federico II la signoria si diffuse anche in Lombardia, dove diventarono signori alcuni personaggi che avevano capeggiato l’alleanza contro l’imperatore, come Uberto Pallavicino (che in alcuni momenti arrivò a dominare su 11 città, tra cui Milano e Cremona). Un nuovo fiorire di signorie, dopo il 1265, fu dovuto alle guerre combattute da Carlo d’Angiò per conquistare il regno di Sicilia, e in seguito alle spedizioni in Italia degli imperatori tedeschi, Enrico VII nel 1310 e Ludovico il Bavaro nel 1327.
Nei primi tempi poteva capitare che la pace seguita al conflitto portasse i cittadini ad abolire la signoria stessa. Ma quando un signore riusciva a resistere da una guerra all’altra le sue possibilità di rimanere al potere aumentavano. Trasmettendo la sua carica al figlio, come fece Azzo d’Este con il nipote Obizzo nel 1264, un signore poneva le basi perché i cittadini cominciassero a considerare il regime di un uomo solo una cosa normale e perché altri personaggi, in altre città, provassero a fare come lui.
Prima che la signoria si affermasse in città, era stata per molto tempo uno dei sistemi con cui si governavano le campagne. Da sempre i nobili che possedevano molte terre pretendevano dai contadini (servi della gleba) che lavoravano i loro campi pagamenti in denaro, in prodotti della terra (una parte del raccolto, qualche animale allevato) e in prestazioni di lavoro (per esempio la costruzione delle mura del loro castello).
Quando nei secoli centrali del Medioevo, attorno all’anno Mille, i re e i loro ufficiali cominciarono a riscuotere sempre più raramente le tasse e a venire sempre meno ad amministrare la giustizia nei territori del regno, i grandi proprietari di terre ne approfittarono e cominciarono a esercitare in prima persona queste funzioni. Gli storici dicono che si passò dalla signoria fondiaria, in cui si era signori di un fondo, cioè del terreno che si possedeva, alla signoria territoriale, in cui si esercitava il potere su tutto il territorio che si riusciva a piegare al proprio volere. Molti tra i primi signori delle città erano già signori di un territorio in campagna.