Singapore
La capitale del capitale
Singapore è una città-Stato, come le antiche città greche. È uno dei più piccoli e più ricchi Stati del mondo, e prospera grazie al commercio in transito nel suo porto: un porto dalla posizione straordinaria, diventato tra i più importanti. Poi la città ha attirato industrie, banche, multinazionali, finanziarie, sviluppando un’enorme ricchezza, anche se a costo di un rigido controllo sociale
Il territorio della Repubblica di Singapore è un’isola di nemmeno 700 km2 – meno di metà del Comune di Roma –, in parte artificiale, per un terzo edificata, con intorno una cinquantina di isolotti. Lo Stretto di Malacca, in cui l’isola si trova, ne ha centinaia di altre simili. L’Isola di Singapore, molto vicina alla costa della Penisola di Malacca, è facilmente accessibile da terra, ha fondali profondi fin sotto costa e baie ben riparate: è un ottimo approdo.
Dopo avere ospitato un’antica città abbastanza importante ma distrutta da una guerra alla fine del 14° secolo, fino al 1819 l’isola era rimasta quasi deserta. La Compagnia britannica delle Indie Orientali la prese in affitto, poi la cedette al governo coloniale dell’India. L’isola fu ripopolata soprattutto con Cinesi – di qui la forte prevalenza (più di tre quarti) di questi ultimi su una popolazione multietnica – e venne dotata di buone attrezzature portuali.
La sua posizione era diventata nell’Ottocento molto importante: era sulla rotta più breve e più sicura, quasi obbligata, tra Oceano Indiano e Oceano Pacifico. Questo percorso era vitale per i commerci di mezzo mondo ed è tuttora una delle rotte più trafficate. Lungo i percorsi molto frequentati, ancora oggi (ma ancora di più in passato) occorrono dei porti, sia per fare rifornimenti sia per scambiare merci con le regioni dell’entroterra. In uno stretto pieno di isole, un porto ha anche la funzione di controllo e di base d’appoggio per l’attraversamento dello stretto: per esempio fornisce piloti pratici dei fondali, in modo che le navi non corrano il rischio di urtare scogli e bassifondi. Singapore accrebbe, così, la propria importanza di scalo tecnico e di porto commerciale – per esempio, per imbarcare lo stagno e la gomma della vicina Penisola di Malacca.
Durante la Seconda guerra mondiale i Giapponesi la occuparono per controllare lo stretto e impedire il commercio delle colonie inglesi. La città fu bombardata più volte, ma il porto veniva tenuto in efficienza.
Dopo la guerra Singapore aderì alla federazione della Malaysia, poi se ne staccò diventando indipendente (1965). Il suo commercio fu accresciuto dal porto franco (non si pagano tasse per usare il porto, continuamente ammodernato); le industrie legate al porto – fonderie di stagno, cantieri, raffinerie – furono potenziate e altre nuove – tessili, elettronica – si aggiunsero a esse. Oggi Singapore si alterna con Rotterdam al primo posto mondiale per traffico portuale. Anche l’aeroporto è tra i primi al mondo.
La città ha circa 4.500.000 abitanti, con una densità elevatissima. L’aspetto è modernissimo, con molti grattacieli. Le condizioni di vita sono elevate, il reddito per persona poco meno di quello giapponese, ma con forti differenze sociali e un alto costo della vita.
Continuare a far crescere il porto e le fabbriche – e gli abitanti – non era possibile per mancanza di spazio. Allora Singapore ha proposto a banche, assicurazioni, società finanziarie e multinazionali – specie giapponesi e cinesi – imposte molto basse a patto che la sede della loro azienda fosse Singapore: nella città non sono arrivati più operai, ma tecnici, quadri e dirigenti, dagli stipendi più alti; è aumentato il turismo d’affari diretto in città, oltre a quello abituale; l’economia si è spostata dalla produzione industriale alla finanza; la borsa di Singapore è oggi una delle piazze principali dell’Asia.
La città è ordinatissima e linda, non ci sono scioperi, poca criminalità, poco inquinamento, niente corruzione, nessuna tensione etnica, tutto funziona a dovere, Internet è più diffusa che in Europa, musei, centri d’arte, teatri, tutte le comodità e tutti i beni sono disponibili – ovviamente, per chi se li può permettere –, e c’è anche un bellissimo orto botanico. In compenso, il governo viene considerato autoritario: c’è poca libertà di stampa, forte controllo della popolazione, limitazioni alle libertà individuali, diritti sindacali ridotti, pena di morte largamente applicata.