Sirene
Il fascino ingannevole del canto fatato
Affascinanti esseri dal corpo di uccello o di pesce e dal volto bellissimo di donna, le Sirene rappresentano i pericoli derivanti dalla bellezza ingannatrice e dall’abbandono del proprio autocontrollo. Divinità probabilmente di antichissima origine orientale, nel mito greco entrano a far parte di quel numero di creature fantastiche che simboleggiano i pericoli del mare
Da Acheloo – divinità fluviale, figlio di Oceano, capace di trasformarsi in esseri fantastici e terribili – e da una delle nove Muse, Melpomene – da cui hanno ereditato la capacità di intonare canti melodiosi e ammaliatori –, nascono le Sirene: Pisinoe («colei che persuade la mente»), Aglaope («dalla voce splendente»), Telsiepia («dalle parole ammaliatrici»). Nei vasi greci antichi sono raffigurate con il corpo di uccello e un bellissimo volto umano.
A chi è rivolto il canto delle Sirene? Quando il mare è calmo e invita al riposo, soprattutto nelle calde ore pomeridiane, il marinaio si distende e a volte si distrae: è allora che si odono le Sirene, il cui canto incanta i marinai e li induce a dimenticare i propri compiti, a lasciare il timone e i remi, fino a naufragare. Il loro volto seducente e le loro parole affascinanti sono in realtà un pericoloso inganno, che può portare alla morte.
Nel grande repertorio dei Greci il mito più famoso che vede protagoniste le Sirene è quello del loro incontro con Ulisse, narrato da Omero nell’Odissea.
Nel 12° libro del poema Ulisse riceve dalla maga Circe la profezia sui suoi futuri incontri nei viaggi in mare che deve ancora compiere. Il primo ostacolo saranno appunto le Sirene, «che gli uomini stregano tutti, chi le avvicina». Circe suggerisce a Ulisse il modo di evitarle: turare le orecchie dei rematori con la cera affinché non vengano stregati dal canto prodigioso. Partiti da Circe, Ulisse e i suoi compagni si mettono in mare. Ma improvvisamente scende la bonaccia e il mare diviene calmissimo: Ulisse, prima che le Sirene inizino il canto ammaliatore, tura con la cera le orecchie ai compagni e si fa legare mani e piedi all’albero della nave: desideroso di conoscere e di sfidare ancora una volta la sorte, Ulisse vuole udire quel canto stregato. Mentre i compagni remano con grande forza per oltrepassare il pericolo, ecco che le Sirene chiamano Ulisse e lo invitano a rimanere con loro.
È l’eroe stesso a raccontare l’avventura nel palazzo di Alcinoo, che lo ha ospitato dopo un naufragio: «Così cantavano modulando la voce bellissima, e allora il mio cuore voleva sentire, e imponevo ai compagni di sciogliermi, coi sopraccigli accennando; ma essi a corpo perduto remavano. E subito alzandosi Perimede ed Euriloco nuovi nodi legavano e ancora più mi stringevano. Quando alla fine le sorpassammo, e ormai né la voce più delle Sirene udivamo, né il canto, in fretta la cera si tolsero i miei fedeli compagni, e dalle corde mi sciolsero».
Come Scilla e Cariddi, le rupi Simplegadi e i tanti mostri marini che i poeti antichi hanno descritto, esse rappresentano le insidie riservate dal mare. Il ruolo delle Sirene, tuttavia, è diverso: non vogliono terrorizzare il marinaio, ma sedurlo; non lo spingono a scappare, ma lo invitano a seguirle. Il loro, però, è un inganno: ammaliando l’animo del marinaio lo inducono alla disattenzione e quindi alla morte. Come altre figure ‘ibride’ del mito, per esempio la Sfinge, le Sirene mettono quindi l’uomo di fronte a sé stesso e alla propria capacità di autocontrollo. Solo con l’intelligenza, più che con la forza, egli potrà riuscire a superare la prova.
Le Sirene, affascinanti creature, hanno avuto una grande fortuna non soltanto nell’antichità classica: nel Medioevo, quando si cominciò a raffigurarle con la coda di pesce, i cristiani le interpretarono come un simbolo del piacere ingannevole dei beni materiali – così anche Dante nella Divina Commedia – o anche come falsa promessa di pace eterna, contrapposta alla vera pace cristiana; anche nel mondo moderno, in particolare in età romantica, la figura della Sirena ha esercitato il suo fascino sugli scrittori: famosissima è la favola della Sirenetta del danese Hans Christian Andersen.
Ancora oggi, del resto, nel linguaggio quotidiano, è detta sirena una donna incantevole ma pericolosa, e non a caso così è stato chiamato anche l’apparecchio che col suo suono attira l’attenzione.