sottosviluppo
Arretratezza economica e sociale
Il sottosviluppo è una condizione di arretratezza delle strutture economiche e produttive di un paese. Questa arretratezza, dovuta a fattori sia geografici sia politici e culturali, condanna il paese alla povertà. Il sottosviluppo colpisce molti Stati nel continente asiatico e sudamericano; in Africa la quasi totalità dei paesi è sottosviluppata
All’elevato sviluppo economico di alcune aree geografiche del nostro pianeta fanno da contrappeso l’arretratezza e la povertà di molti altri paesi. Il sottosviluppo di queste aree – cioè l’inadeguatezza delle strutture politico-sociali e un’economia generale non vitale, accompagnata da uno scarso livello industriale e da carenze drammatiche nei servizi pubblici di base – è una delle sfide che l’Occidente si sta impegnando a combattere già da decenni e che costituisce il cuore del Millenium project delle Nazioni Unite (ONU). Esso impegna i paesi membri a far progredire la politica mondiale affinché le nazioni più povere raggiungano obiettivi di sviluppo entro il 2015.
Gli studiosi hanno cercato di individuare alcuni parametri che permettono di classificare una nazione come paese meno sviluppato (PMS): il principale indicatore è il livello del reddito medio annuo per abitante (pro capite), che nei paesi poveri è in media di 450 dollari (dati 2003); un altro è la produzione industriale, che nei paesi considerati sottosviluppati non supera il 10% della produzione totale.
Nei paesi con sottosviluppo più accentuato vi è un caratteristico ‘circolo vizioso della povertà’: quanto viene prodotto è subito consumato e non si riesce ad accumulare nulla (in termini economici si direbbe che non si crea il surplus); di conseguenza non ci sono risorse da investire per produrre di più. Inoltre la povertà e la malnutrizione comportano un generalizzato malessere fisico della popolazione che, insieme alla scarsa istruzione, impedisce alle persone di essere attive, creative e intraprendenti. Pensiamo alle difficoltà che si incontrerebbero nel mettere su un’impresa se si fosse costantemente affamati e indeboliti e non si sapesse né leggere né scrivere.
Il grado di sviluppo (o di sottosviluppo) di una società non consiste solo nel reddito o nella consistenza dell’industria; è dato anche dalle buone condizioni di vita della popolazione, dal livello di alfabetizzazione, dalla bassa mortalità infantile: in altre parole da quegli standard che rendono sviluppate le società occidentali. Per questo sono stati recentemente creati quattro nuovi indici: l’HDI (Human development index «indice di sviluppo umano»), che stabilisce una relazione tra longevità, istruzione e reddito pro capite; il DOS (Dashboard of sustainability, letteralmente «plancia della sostenibilità»), un software che assegna un colore ai progressi ambientali, sociali ed economici di ogni paese: si va dal colore rosso in caso di mancato progresso al verde in caso di ottimi progressi); il GPI (Genuine progress indicator «indicatore di vero progresso»), che considera come indicative del vero progresso, oltre alle classiche voci del PIL (prodotto interno lordo), anche voci quale il volontariato o il lavoro domestico; e infine l’ESL (Environmental sustainability index «indice di sostenibilità ambientale»), che misura l’attenzione di un paese verso la sostenibilità ambientale.
In Etiopia, uno dei PMS che vivono una situazione drammatica, la mortalità infantile del 2004 è stata del 112‰ (su mille neonati ben 112 muoiono nei primi anni), per gli adulti la speranza di vita è poco più di 40 anni; il numero degli analfabeti raggiunge il 58% della popolazione. Se si passa al continente asiatico troviamo una situazione media un po’ migliore rispetto a quella dei paesi africani, tuttavia Stati come il Bangla Desh o il Bhutan registrano ancora una mortalità infantile superiore al 60‰ e una speranza di vita di 60 anni; inoltre gli analfabeti sono più della metà della popolazione.
La sfida sanitaria maggiore che questi paesi si trovano ad affrontare è, però, quella dell’AIDS, una delle più temibili epidemie della storia che grava sulle nazioni meno preparate ad affrontarla. Un rapporto dell’ONU dell’estate 2005 sollecita azioni urgenti per combattere la duplice crisi della povertà e dell’aids nei paesi meno sviluppati.
La povertà non è una condanna eterna: paesi come il Messico e gli stati del Sud-Est asiatico sono riusciti a riscattarsi perché negli anni Ottanta e Novanta hanno usato gli investimenti esteri per creare un apparato industriale più moderno, entrando nel novero di paesi in via di sviluppo (PVS). L’uscita dal sottosviluppo è un processo complesso, che vede come protagonisti sia l’ingresso di capitali esteri sia, soprattutto, l’affermarsi di una mentalità favorevole al mercato e di una classe dirigente che favorisca l’intraprendenza e la creazione di infrastrutture fisiche (strade, bonifiche, energia) e giuridiche (giustizia e certezza dei contratti).
La pratica del microcredito ha svolto un ruolo fondamentale in questa fase di investimenti: si tratta di un particolare tipo di prestito senza garanzia, che le banche rivolgono soprattutto alle donne (il vero motore dell’economia dei poveri) che vogliono intraprendere una piccola attività. Il prestito, pur minimo – si tratta in genere di cifre intorno ai 50 dollari – serve a migliorare notevolmente la vita quotidiana di chi organizza una attività in proprio basandosi spesso sulle sue sole capacità. Saper coltivare la terra, allevare animali o semplicemente cucire un vestito diventano le basi concrete di piccole coltivazioni, allevamenti, sartorie, indispensabili per restituire dignità e rispetto sociale a tanti cittadini del Terzo mondo.
Il 2005 è stato dichiarato dall’ONU l’Anno internazionale del microcredito, un modo per sottolineare l’importanza della microfinanza come «parte integrante per alleviare la povertà generando guadagni, creando posti di lavoro, dando ai bambini accesso all’istruzione, permettendo alle famiglie l’ottenimento dell’assistenza sanitaria», come ha affermato Kofi Annan, il segretario generale dell’ONU.
Paese con minor sviluppo (PMS): termine coniato nel 1971 dall’ONU per indicare le nazioni economicamente sottosviluppate.
Paese in via di sviluppo (PVS): coniato nel 1971 dall’ONU, indica le nazioni avviate sulla strada dello sviluppo.
Reddito pro capite: indicatore del grado di benessere economico di un paese, ottenuto dividendo il reddito nazionale per il numero degli abitanti.
Il professor M. Yanus, economista pakistano, inventò nel 1976 una soluzione finanziaria semplice come l’uovo di Colombo: un prestito da parte di istituti bancari a chi non poteva fornire alcuna garanzia, ma possedeva la volontà di migliorare e la forza del sacrificio. Era l’ideale per riuscire a superare la miseria che dilagava nel suo paese. La volontà di uscire da quella miseria e dalla fame costante che accompagnava la vita di milioni di persone è stata la migliore garanzia, oggi come allora, che la banca poteva pretendere. Da quando la Grameen Bank fondata da Yanus cominciò la sua avventura, nessuna banca può vantare una restituzione così totale e puntuale dei prestiti avuti (rientra il 92% del denaro affidato ai clienti).In tal modo la famosa Banca dei Poveri e tutte le altre banche (etiche e non) che hanno avviato questa forma di finanziamento sono diventate un veicolo importante per vincere il sottosviluppo. Le donne che ricevono il prestitosi servono di questo mezzo per affrancarsi dall’usura e per allargare la loro base economica. Nato come strumento di solidarietà, il microcredito si è rivelato un formidabile veicolo di capacità e talenti nascosti, che sarebbero rimasti in ombra per ignoranza e incuria.