Famiglia genovese, una delle quattro maggiori case di Genova. Guido, il primo ad assumere il soprannome di Spinola, fu più volte console del comune (1102-21); dai suoi figli Ansaldo e Oberto discesero più rami, che presto figurano distinti nelle branche principali di Lucoli e di S. Luca. Nell'età di Federico II gli S. furono alla testa del partito ghibellino. Richiamati dopo la morte di Federico, parteciparono alle lotte dei partiti, e Guido fu, con Nicola Doria, capitano del popolo (1265). La diarchia continuò con Oberto, signore di Pormassio, capitano con l'omonimo Doria, con Corrado (1269-99), figlio di Oberto e ammiraglio del re di Sicilia e del re di Castiglia, poi con Opicino (v.). Con la rivoluzione (1339) contro i capitani Raffaele Doria e Galeotto S., finì il periodo nel quale gli S. avevano fatto, con i Doria, del governo cittadino quasi un possesso familiare, pur non senza gravi contrasti reciproci. Più volte espulsi e poi richiamati, gli S. fecero (1378) convenzione con la repubblica, aiutandola contro i Visconti in cambio di perpetua franchigia. Da allora gli S. emersero in ambascerie e in comandi militari. Nei secc. 14º-16º si distinsero l'ammiraglio Gaspare, del ramo di Lucoli, ambasciatore presso il re di Ungheria e capitano generale nella guerra di Chioggia; Francesco di Ottobono (m. 1442), difensore di Gaeta contro gli Aragonesi (1435), che fu tra i capi della rivolta contro Filippo Maria Visconti; Zaccaria, signore di Casteggio Boiro, che fu podestà di Pera (1423), combatté contro Vincentello d'Istria, ribelle corso, catturandolo (1434), e andò ambasciatore a Tunisi (1444); Agostino, che prese parte alla repressione dei Fieschi, designato da Carlo V a capitano generale. Istituito con la riforma doriana il dogato biennale, Battista (v.), del ramo di S. Luca, fu il secondo doge (1531). Il ramo di S. Luca ebbe altri quattro dogi, quello di Lucoli ne ebbe cinque. Tra gli ambasciatori si ricordano Giovanni Andrea, che a Madrid partecipò ai negoziati durante le contese di Genova con Luigi XIV; Lazzaro, che fu inviato (1654) in Francia a cercare appoggio contro la Spagna; Cristoforo Vincenzo, che fu a Parigi (1773-92) e poi a Londra (1792-97) a difendere la neutralità genovese; Vincenzo, inviato nell'ultimo periodo della repubblica aristocratica a trattare un accordo con la Francia. Si distinsero nelle armi Alessandro, che si segnalò nella presa della Goletta durante la spedizione di Carlo V a Tunisi; Federico, duca di Santa Severina, condottiero e corsaro in Fiandra, che morì sulla sua nave capitana combattendo per la Spagna contro gli Olandesi (1603), e soprattutto Ambrogio (v.) e Giambattista (v.). Nell'età della repubblica democratica e del dominio francese, fu avversario del movimento rivoluzionario Francesco Maria, inquisitore di stato; favorevoli alle nuove idee Niccolò Domenico (1749-1799) e Giuseppe Tommaso, scrittore di cose militari. Di rilievo nell'età napoleonica il marchese Vincenzo, ministro a Parigi e poi sindaco di Genova (1812). Nel campo della cultura meritano d'essere ricordati Giambattista (sec. 16º), autore di Commentari delle cose accadute ai Genovesi dal 1572 al 1576; Fabio Ambrogio, gesuita (1593-1671), che scrisse opere ascetiche; l'entomologo Massimiliano (v.) e il figlio Massimiliano (1812-1879), storico, che si segnalò per importanti studî, specialmente sugli ultimi anni della Repubblica ligure. Tra gli ecclesiastici Ingone, arcivescovo di Genova (1299-1321), il beato Carlo (v.), Pietro, francescano, vescovo di Ajaccio dal 1698; e, dei tredici cardinali: Agostino (m. 1639), arcivescovo di Siviglia; Niccolò (m. 1735), nunzio in Polonia; Giorgio (v.); Ugo (v.).