Satta Flores, Stefano
Attore cinematografico, teatrale e televisivo, nato a Napoli il 14 gennaio 1937 e morto a Roma il 22 ottobre 1985. Contraddistinto da una forte presenza scenica, coadiuvata da un eloquio a tratti prorompente, S. F. seppe miscelare abilmente rigore drammatico, comicità e autoironia, alternando la sua attività fra teatro d'impegno e cinema, coerentemente con un disegno culturale e politico che conferì spessore e dimensione critica al suo ruolo di attore.
Dopo aver intrapreso gli studi giuridici a Napoli, abbandonò l'università per iscriversi al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove si diplomò nel 1962, comparendo in Ginepro fatto uomo, film di diploma di Marco Bellocchio, suo compagno di corso. L'anno successivo interpretò I basilischi, opera prima di Lina Wertmüller, in cui è un tipico giovane meridionale: una tipologia di personaggio che, accompagnata da un'espressiva cadenza campana, avrebbe riproposto spesso, sia pure con sfumature diverse. Negli anni Sessanta lavorò per lo più per la televisione e il teatro, ottenendo un contratto con il Piccolo di Milano e contribuendo a fondare, in pieno clima 'sessantottino', la Compagnia degli associati, una cooperativa che accoglieva proposte nuove e allestiva spettacoli in spazi diversi da quelli tradizionali. Sul grande schermo, dopo aver preso parte, tra gli altri film, alla commedia Teresa la ladra (1973) diretta da Carlo di Palma, al fianco di Monica Vitti, si ripropose in un importante ruolo da protagonista in C'eravamo tanto amati (1974) di Ettore Scola, al fianco di Nino Manfredi, Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli, ritagliando, con un tratto caricaturale indelebile e una soffusa amarezza, il personaggio di Nicola Palumbo, il donchisciottesco professore di Nocera Inferiore, critico cinematografico neorealista. Negli anni succesivi partecipò per lo più a film di carattere storico-politico e a parabole amare sulla società italiana: nel 1976 fu Carlo Pisacane in Quant'è bello lu morire acciso di Ennio Lorenzini, un comandante partigiano in L'Agnese va a morire di Giuliano Montaldo, un emigrato che ritorna al paese d'origine in Perdutamente tuo… mi firmo Macaluso Carmelo fu Giuseppe di Vittorio Sindoni; nel 1977 interpretò il maggiore Spano in Il prefetto di ferro, e l'anno successivo un borghese frustrato in L'arma, e un politico al servizio della mafia in Corleone, tutti diretti da Pasquale Squitieri, mentre nel 1980 interpretò ancora un critico cinematografico, ma questa volta privo di ogni benevolenza, in La terrazza di Ettore Scola. Anche in televisione lavorò con regolarità ricoprendo ruoli importanti in sceneggiati di successo come Quaranta giorni di libertà (1974) di Leandro Castellani. Negli ultimi anni tornò al teatro per cui scrisse, interpretò e poi diresse anche una serie di commedie a sfondo autobiografico riguardanti il bilancio esistenziale di una generazione. Con l'opera teatrale Dai, proviamo (1980), per la regia di Ugo Gregoretti, vinse nel 1981 il premio Flaiano come miglior autore. Nel 1984 apparve per l'ultima volta sul grande schermo in Cento giorni a Palermo di Giuseppe Ferrara.