Stelle: vita e morte
Uno sguardo fugace al cielo è sufficiente a mostrare come le stelle non appaiano tutte ugualmente luminose. Questa loro caratteristica, che era già nota agli antichi Greci, i quali definivano le più luminose stelle visibili di prima magnitudine e le più deboli di magnitudine sei, è in parte dovuta al fatto che, rispetto alla Terra, esse si trovano a distanze molto diverse, che vanno dai pochi anni luce di α Centauri e Sirio, alle centinaia di anni luce di Rigel e Deneb, agli oltre 100.000 anni luce delle stelle ai confini della Via Lattea. Misurare tali distanze è essenziale per progredire nella conoscenza delle stelle. Il metodo fondamentale è quello della cosiddetta parallasse, ossia il piccolo spostamento angolare della posizione apparente delle stelle dovuto al moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole; a tale spostamento, inversamente proporzionale alla distanza, è legata una delle unità di misura utilizzata dagli astronomi, il parsec (pc), definita come la distanza d di una stella che presenta una parallasse annua di un secondo d'arco. Si ha così d(pc)=1/parallasse (in secondi d'arco). Tutte le parallassi sono in realtà minori di un secondo d'arco; le più piccole che siamo in grado di misurare sono di circa 0,001″. Molti altri metodi per la determinazione della distanza delle stelle sono calibrati utilizzando proprio la misura delle parallassi. La distanza di un astro, unitamente alla sua luminosità apparente, permette di risalire all'effettiva quantità di energia che esso emette.
Un'altra caratteristica delle stelle che subito si presenta all'osservazione è che esse non appaiono tutte dello stesso colore: Betelgeuse, per esempio, è nettamente rossastra, mentre Rigel è di color bluastro. Misure quantitative di queste caratteristiche cromatiche e del grado di ionizzazione e di eccitazione degli atomi nelle atmosfere stellari rivelano la temperatura superficiale delle stelle. Per ciò che riguarda i dettagli delle proprietà di assorbimento di radiazione da parte delle singole stelle, essi dipendono anche dal periodo di rotazione e dalla presenza di un campo magnetico negli strati delle atmosfere stellari. La massa è comunque il fattore più importante, che determina le caratteristiche di una stella: la luminosità, la dimensione, la temperatura, la durata della sua vita, le reazioni che avvengono nel suo nucleo e la possibilità che essa muoia come una nana bianca, una stella di neutroni oppure un buco nero. Tra le altre proprietà osservabili delle stelle vanno ricordati: (a) i movimenti, sia lungo la linea di vista sia nella direzione perpendicolare, dalla cui composizione si possono ricostruire le orbite delle singole stelle, degli ammassi stellari o di intere popolazioni di stelle attraverso il disco o l'alone della Galassia; (b) le variazioni di luminosità, provocate da oscillazioni, regolari o irregolari, delle dimensioni o delle temperature superficiali; (c) i fenomeni analoghi alle macchie, ai brillamenti e alla corona del Sole; (d) l'emissione di radiazione con lunghezza d'onda diversa da quella della luce visibile, in particolare nella regione dell'infrarosso per le nane brune e le stelle fredde, nell'ultravioletto per le stelle calde, sotto forma di raggi X per le stelle dotate di intensa attività superficiale e per le stelle binarie e come onde radio nel caso di stelle con corone o venti stellari di lunga portata e di alcune stelle binarie.
La scoperta che le stelle traggono energia dalle reazioni nucleari, in particolare dalla fusione di idrogeno in elio, fu uno dei maggiori trionfi dell'astronomia del XX secolo. Questa scoperta ha consentito di comprendere quasi completamente la formazione degli elementi della tavola periodica e di consolidare le previsioni sul futuro del Sistema solare. I calcoli che si effettuano per studiare la struttura e l'evoluzione delle stelle hanno inizio dal seguente sistema di equazioni differenziali non lineari:
[2] formula,
dove P e T sono la pressione e la temperatura a distanza radiale r, ϱ la densità in r, M e L la massa e la luminosità all'interno del raggio r, ε il tasso di produzione di energia, K l'opacità (ovverosia la tendenza a opporsi al flusso di radiazione) e γ il rapporto tra i calori specifici del gas; a è una costante. Le quantità dT/dr e dP/dr sono intrinsecamente negative; dM/dr è sempre positiva; dL/dr è normalmente positiva, a meno che gli strati esterni della stella non si stiano espandendo. Tali equazioni descrivono il modo in cui le proprietà interne della stella, come massa, produzione di energia, temperatura e pressione, dipendono dalla miscela di elementi chimici presenti e dalla posizione all'interno della stella stessa, intesa di solito come posizione radiale; i calcoli in due e tre dimensioni stanno acquisendo rilevanza anche per le stelle rotanti e le supernovae.
Nelle equazioni compaiono tre proprietà della materia stellare, riportate in genere in tabelle che sono poi utilizzate nelle procedure di integrazione numerica. Esse sono: il tasso di produzione o di assorbimento di energia dovuto alle reazioni nucleari e all'espansione o alla contrazione degli strati all'interno della stella; il tasso di trasporto di energia verso l'esterno a opera di fenomeni radiativi e convettivi (la conduzione è importante soltanto in stelle molto dense chiamate nane bianche); l'equazione di stato, che lega la pressione alla densità, alla temperatura e alla composizione. La conoscenza di tutti e tre questi elementi, che proviene sia da esperimenti di laboratorio sia da calcoli teorici che si basano sulla meccanica quantistica, risulta di fatto soddisfacente, eccetto qualora si considerino condizioni molto estreme, per esempio reazioni nucleari tra nuclei molto instabili o il trasporto radiativo in gas densi e freddi in presenza di polveri, oppure casi in cui l'equazione di stato descrive materia molto calda e densa. Al fine di risolvere questi calcoli è essenziale conoscere le condizioni al contorno, ossia i valori che, sulla base delle osservazioni o di calcoli precedenti, si assumono validi per la temperatura e la pressione al centro della stella, nonché per la sua dimensione e la sua luminosità in corrispondenza di un determinato valore della massa e una data composizione; è fondamentale avere inoltre a disposizione potenti elaboratori elettronici. Il risultato del calcolo è una serie di tabelle riguardanti le condizioni previste all'interno di ogni stella studiata e la loro dipendenza dal tempo, via via che le reazioni nucleari trasformano idrogeno in elio, elio in carbonio e ossigeno, e così via. Dai valori ottenuti si possono ricavare gli andamenti di alcuni parametri stellari caratteristici: per esempio, i diagrammi colore-luminosità per un intero ammasso di stelle della stessa età e composizione, come le Pleiadi o le Iadi, e attraverso questi i percorsi evolutivi di stelle di diversa massa e composizione; oppure i dettagli previsti per un sistema binario con determinate masse, età, e così via. Tali predizioni risultano generalmente in ottimo accordo con le osservazioni effettuate.
Le incertezze e le discrepanze residue derivano principalmente da alcune delle condizioni estreme cui si è accennato in precedenza e dal fatto che non si ha una comprensione teorica abbastanza buona del trasporto convettivo di energia, come accade del resto per le previsioni meteorologiche e per molte altre discipline. I cammini evolutivi nei diagrammi colore-luminosità forniscono una buona opportunità di confronto tra la teoria e le osservazioni, tranne che per le fasi terminali della vita di stelle di grande massa, per le quali le condizioni che si verificano al centro della stella variano così rapidamente che la superficie stellare non fa in tempo a reagire; in questi casi si possono però effettuare altre comparazioni. Un ulteriore importante confronto è possibile per il Sole, per il quale non si osserva soltanto la luce che proviene dalla superficie, ma anche i neutrini che si originano direttamente dalle reazioni nucleari che avvengono nel centro. Le predizioni sono quantitativamente molto vicine ai dati osservati, ma alcuni dei neutrini cambiano natura prima di raggiungere la Terra, una proprietà fondamentale che è stata riconosciuta soltanto trent'anni dopo le prime misurazioni.
La luminosità di tutte le stelle varia su scale di tempo che vanno dai minuti, o anche meno, fino ad anni e oltre; le variazioni ammontano spesso a meno dell'1%, come nel caso del Sole, ma a volte sono di un fattore dieci o oltre. Alcune stelle hanno una combinazione di temperatura superficiale e pressione tale che l'idrogeno è ionizzato appena sotto lo strato visibile; si rivelano sistematicamente stelle variabili, con periodo di pulsazione, regolare o quasi, la cui durata è correlata con la luminosità e con la massa. La pulsazione delle stelle è utile dal punto di vista astronomico per due motivi: come ulteriore verifica della correttezza dei calcoli della struttura stellare e come indicatore di distanza per galassie lontane, necessario per ricostruire la struttura su larga scala dell'Universo e la sua evoluzione.
Una stella può concludere la propria esistenza in tre modi (tab. 2): come nana bianca (WD, white dwarf), in cui la forza di gravità è bilanciata dalla pressione esercitata dagli elettroni, che si trovano al massimo grado di densità previsto dalla meccanica quantistica; come stella di neutroni (NS, neutron star), nella quale la gravità è bilanciata dalla pressione dei neutroni a densità elevatissima; come buco nero (BH, black hole), nel quale la gravità prevale sulla pressione e la materia collassa all'interno del cosiddetto orizzonte.
Quale di questi esiti alternativi si verifichi dipende in primo luogo dalla massa della stella: il Sole e, in generale, le stelle che all'inizio della loro esistenza hanno masse fino a 8±2 masse solari diventeranno nane bianche, mentre quelle di massa maggiore si trasformeranno in stelle di neutroni o buchi neri. La linea di demarcazione sul valore della massa iniziale è meno netta per le stelle binarie (a causa del trasferimento di massa) e per le stelle alla cui nascita gli elementi pesanti sono meno del 2%, proporzione che caratterizza il Sole e altre stelle relativamente giovani. Le osservazioni indicano che la minima massa iniziale che determina come condizione finale un buco nero è compresa tra 15÷20 masse solari e oltre 50, a seconda delle altre condizioni. A decidere il destino di una stella concorre, probabilmente, anche la sua rotazione, vale a dire il momento della quantità di moto.
Tanto maggiore è la massa di una stella, tanto più spettacolari sono le fasi finali della sua evoluzione. Le stelle piccole come il Sole generano la fusione di idrogeno in elio, poi di elio in carbonio e ossigeno, e terminano la loro esistenza espellendo violentemente gli strati esterni in una nebulosa, illuminata e ionizzata dal nucleo caldo residuo che si spegne in circa 10.000 anni. Queste nebulose sono chiamate planetarie, a causa dell'aspetto che presentano all'osservazione mediante un piccolo telescopio. Nelle stelle di massa più grande, la cui esistenza si protrae soltanto per milioni e non miliardi di anni, ha luogo una varietà maggiore di reazioni nucleari, che portano alla formazione di un nucleo composto di ferro, nichel ed elementi a loro prossimi nella tavola periodica. Quando raggiunge una massa così grande che la pressione degli elettroni non si può più opporre alla gravità, il nucleo collassa e rilascia una grande quantità di energia; ciò avviene qualora il valore della massa della stella superi il cosiddetto limite di Chandrasekhar, che costituisce, d'altro lato, il valore massimo perché si formi una nana bianca. La sorgente fondamentale di energia è la gravitazione, sebbene tale energia non sia emessa come radiazione gravitazionale, ma sotto forma di luce e di altri tipi di radiazione elettromagnetica, di neutrini e di energia cinetica degli strati esterni della stella espulsi. Durante il fenomeno, chiamato supernova, una singola stella accresce la propria luminosità fino a superare quella dell'intera galassia cui appartiene, divenendo così osservabile anche da galassie molto lontane. In una galassia come la Via Lattea questi collassi di nuclei stellari in forma di supernova si verificano poche volte nell'arco di un secolo. Le esplosioni disperdono gli elementi pesanti prodotti dalle stelle durante tutta la loro vita, cedono energia al gas interstellare e possono dar luogo a nubi che, collassando, formano nuove generazioni di stelle.
Una volta espulso, il materiale in espansione rimane ionizzato e rilevabile, nelle bande radio, del visibile o X dello spettro elettromagnetico, anche per più di centomila anni e i nuclei delle stelle di neutroni, se dotati di forte momento magnetico e sottoposti a rapida rotazione, si presentano come pulsar. Il primo esempio chiaro è la Nebulosa del Cancro, residuo di un'esplosione stellare registrata dagli astronomi cinesi nel 1054 d.C.; questa associazione fu fatta da Knut Lundmark e altri tra il 1920 e il 1940 e la pulsar fu scoperta nel 1969.
Le stelle di massa molto grande e in rotazione rapida (forse a causa di compagne molto vicine, anch'esse evolute), che collassano fino a formare buchi neri, possono anche emettere getti collimati di campi magnetici e particelle relativistiche, da cui si generano lampi di raggi gamma che durano da pochi secondi ad alcuni minuti, visibili anche dalle galassie più lontane. Si tratta di eventi rari: in una grande galassia se ne verifica forse uno ogni milione di anni.
Una metà di tutte le stelle, se non oltre, si presenta in coppie legate gravitazionalmente, chiamate stelle doppie o binarie; forse un 10% appartiene a sistemi tripli o di ordine superiore. In alcuni casi le stelle doppie si presentano all'osservazione come una coppia di punti luminosi vicini, in altri una delle due passa davanti all'altra e la oscura, mentre altre volte ancora l'unica indicazione che si tratta di un sistema binario è costituita dalla presenza di due insiemi di righe di assorbimento negli spettri, le cui lunghezze d'onda, a causa dell'effetto Doppler, si spostano avanti e indietro nell'orbitare di una stella intorno all'altra. Il moto orbitale delle due stelle, descrivibile attraverso la gravità newtoniana, permette di risalire alle loro masse a partire da una modifica della terza legge di Kepler per le orbite planetarie:
[3] G(M1+M2)P2 = 4πa3
[4] M1a1 = M2a2
in cui M1 e M2 rappresentano le masse delle due stelle, P il periodo dell'orbita relativa, a1 e a2 i semiassi maggiori delle due orbite ellittiche intorno al centro di massa e a=a1+a2.
Molti fenomeni astronomici, a volte magnifici e spettacolari, accadono soltanto nei sistemi binari, spesso a causa del flusso di materia da una stella all'altra. Calcolare l'evoluzione di un sistema binario richiede di seguire nel tempo le due stelle, la materia che fluisce tra loro e a volte il gas che si allontana definitivamente dal sistema. Si sono effettuati al riguardo molti studi accurati, ma in questo articolo si fornisce piuttosto una trattazione semplificata. Per sistema binario interagente si intende un sistema in cui si ha trasferimento di materia tra le due stelle, almeno in qualche stadio; la stella che ha la massa maggiore alla nascita si chiama primaria e la sua compagna secondaria, indipendentemente dalla loro sorte successiva. La possibilità di interazione tra due stelle dipende dal concetto di superficie equipotenziale, sulla quale si può percorrere una traiettoria senza compiere alcun lavoro. In prima approssimazione la superficie della Terra, una sfera leggermente schiacciata, è equipotenziale. In un sistema binario, in prossimità delle stelle le superfici equipotenziali sono anch'esse sfere leggermente distorte, ma a distanza maggiore ve ne sono che racchiudono entrambe le stelle e ancora oltre che si estendono allo spazio esterno al sistema.
La stella primaria evolve più rapidamente, poiché ha una massa più grande. Quando essa arriva a riempire il proprio lobo di Roche, il gas in prossimità della sua superficie diventa libero di fluire verso l'altra stella. Ciò avviene rapidamente, in circa 107 anni per stelle che ne vivono complessivamente 1010, finché la massa della secondaria non diventa maggiore; a questo punto il trasferimento di massa rallenta e continua a ritmo ridotto per la maggior parte della restante vita delle stelle. In questo lasso di tempo il sistema presenta una condizione paradossale, in cui la stella di massa minore risulta la più evoluta, ma ciò si deve soltanto al fatto che quella stessa stella aveva iniziato la sua vita con la massa maggiore. Le osservazioni mostrano stelle binarie in tutti gli stadi di questo processo di trasferimento di massa. Quelle che si trovano nella condizione paradossale di cui si è detto si chiamano binarie Algol, dal nome di una coppia così brillante che si può osservare con un semplice binocolo e dalla quale si possono scorgere anche le variazioni di luminosità quando una stella eclissa l'altra. La primaria completa la propria evoluzione finendo come una nana bianca, una stella di neutroni o un buco nero e il sistema diventa allora, per un breve periodo, relativamente poco spettacolare. Si possono riconoscere sistemi binari in cui una stella si trova in uno di questi tre possibili stadi finali, in orbita attorno alla stella compagna relativamente poco evoluta. Quando altra materia è riportata sulla primaria, ormai molto compatta, si verificano fenomeni violenti a causa del vento stellare della secondaria o poiché questa espandendosi ha riempito il suo lobo di Roche. In ogni caso si rende disponibile energia, sia di tipo gravitazionale, dovuta al flusso di gas sulla primaria, sia di tipo nucleare, proveniente dalle reazioni che hanno luogo nel gas in accumulazione.
Le coppie interagenti in cui vi siano nane bianche in accrescimento sono chiamate variabili cataclismatiche e si presentano in molti sottotipi, con o senza intensi campi magnetici. Un processo di accrescimento non stazionario può dare luogo a brillamenti che possono durare giorni e che si presentano a intervalli che vanno da pochi mesi ad anni. Quando sulla superficie della nana bianca si è accumulata una certa quantità di idrogeno, questo brucia violentemente, causando l'espulsione di parte del materiale superficiale, dando luogo all'esplosione di una nova. La luminosità del sistema aumenta di un fattore cento e oltre in pochi giorni, e si riduce nuovamente in alcuni mesi, per poi attraversare la stessa sequenza di accrescimento-esplosione-espulsione dopo circa 104÷105 anni. Un piccolo numero di sistemi, chiamati novae ricorrenti, è esploso più volte nei centocinquanta anni trascorsi da quando gli astronomi hanno iniziato a registrare questi fenomeni. In media, nella nostra galassia si hanno circa cinquanta novae all'anno e una visibile a occhio nudo ogni dieci anni.
L'accrescimento di una stella di neutroni o di un buco nero riscalda il gas a tal punto che la maggior parte dell'energia è irraggiata sotto forma di raggi X. Anche in questo caso si hanno molti sottotipi di binarie X. L'analisi effettuata su uno di questi sottotipi fornisce la prova migliore che comuni stelle di grande massa possono formare buchi neri. La prima stella binaria X, Sco X-1, fu scoperta nel 1962. Anche la secondaria conclude la sua esistenza come nana bianca, stella di neutroni o buco nero. A volte tale evento distrugge il sistema binario e le due stelle compatte si allontanano rapidamente l'una dall'altra; altre volte però ciò non accade e si osservano casi di sistemi binari costituiti da due nane bianche, da una coppia nana bianca-stella di neutroni oppure da due stelle di neutroni. Alcune stelle di neutroni, ma non tutte, sono pulsar. Non dovrebbe essere possibile il formarsi di coppie nana bianca-buco nero, mentre potrebbero costituirsi, anche se molto di rado, coppie stella di neutroni-buco nero; probabilmente si dovrebbero poter trovare e analizzare circa cento pulsar binarie, rispetto a una dozzina circa disponibili finora, per avere una buona probabilità di scoprirne una che abbia come compagno un buco nero.
Il destino a lunghissimo termine delle stelle binarie consiste in un movimento a spirale l'una intorno all'altra; alla fine le compagne si fondono, poiché, a causa dei venti stellari o della radiazione gravitazionale, il momento della quantità di moto diminuisce. Il carbonio e l'ossigeno diventano così caldi e densi in due nane bianche che si fondono da produrre ferro in modo esplosivo, dando luogo a una supernova di tipo Ia. Queste supernovae, differenti da quelle che derivano dal collasso del nucleo, sono utili per sondare la struttura dell'Universo su larga scala e la sua evoluzione. Un altro possibile tipo di progenitore di supernovae Ia sono le novae ricorrenti. La fusione di due stelle di neutroni, o di una stella di neutroni e di un buco nero, costituisce un'altra sorgente potenziale di lampi gamma.
Attualmente, all'interno della Via Lattea, le stelle si formano da nubi di gas e polvere di massa relativamente grande, dense e fredde, principalmente nelle braccia a spirale del disco. In altre galassie, e in altri periodi, si sono presentate diverse modalità di formazione delle stelle, ma il materiale grezzo è sempre costituito da gas freddo, perlopiù idrogeno molecolare, e fino all'1% di polveri, formate da composti del carbonio, silicati e ghiacci. William Herschel (1738-1822) e Pierre-Simon de Laplace (1749-1827), prima del XIX sec., ritenevano che le stelle probabilmente si fossero formate da nebulose rotanti; ci fu un periodo, tra il 1930 e il 1950 circa, in cui la maggior parte degli astronomi credeva che tutte le stelle avessero circa la stessa età ‒ due miliardi di anni ‒ e si fossero formate nell'universo primordiale in condizioni molto diverse; una trattazione approfondita della fisica del processo di formazione delle stelle si deve a sviluppi successivi alla seconda guerra mondiale. Dal punto di vista osservativo, si è giunti a una buona conoscenza del processo di formazione delle stelle. Si tratta di una dinamica piuttosto rapida, che dura soltanto lo 0,1% circa del tempo che la stella trascorrerà fondendo idrogeno in elio, e di un processo piuttosto inefficiente, che trasforma in stelle solamente una piccola percentuale del gas disponibile, prima che il resto sia disperso dai venti stellari e dalla radiazione ultravioletta provenienti dalle stelle di grande massa già esistenti. Il processo è tale da favorire fortemente la formazione di stelle piccole rispetto a quelle grandi e la distribuzione delle masse che ne risulta è spesso della forma N(M)∝M−x, in cui x è compreso tra 2,0 e 2,5 in un intervallo di masse compreso tra 100÷120 e circa 0,3 masse solari, con un appiattimento della pendenza o una flessione nell'intervallo di masse delle nane brune.
Questo spettro, chiamato funzione di massa iniziale, varia relativamente poco tra le diverse regioni di formazione di stelle e tra le differenti galassie. Nelle prime fasi del processo, precedentemente all'avvio delle reazioni nucleari, le stelle doppie e triple sono già molto frequenti e costituiscono nella maggior parte dei casi la metà, o anche più, della popolazione protostellare. In questi sistemi binari, i rapporti tra le masse (da 1:1 a 10:1) e le distanze reciproche (si va da stelle che sono quasi a contatto, fino a distanze di migliaia di unità astronomiche) cadono negli stessi intervalli che si osservano nelle popolazioni più evolute. Le regioni tipiche di formazione delle stelle contengono una quantità di gas pari a un numero di masse solari che va dalle centinaia ai milioni, e le loro dimensioni variano da poche unità ad alcune centinaia di parsec. Le stelle, dunque, si formano in ammassi, anche se molti tra questi non rimangono gravitazionalmente legati dopo la dispersione dei gas residui. Tra gli ammassi se ne trovano quindi molti con età compresa tra 106 e 109 anni, ma soltanto pochi di massa molto grande che risalgono a 1010 anni fa; tra questi, per esempio, gli ammassi globulari nell'alone della Via Lattea. L'ammasso nel quale si formò il Sistema solare probabilmente era costituito da poche centinaia di stelle e si è disperso dopo circa 108 anni. I membri di un ammasso stellare si formano in genere tutti allo stesso tempo da una nube di gas di composizione quasi uniforme e sono quindi particolarmente utili per effettuare confronti con i calcoli delle curve di evoluzione stellare e delle isocrone.
Una teoria completa della formazione delle stelle dovrebbe presumibilmente poter prendere le mosse dalle proprietà osservate di una nube molecolare gigante, quali massa, distribuzione di densità e temperatura, composizione, rotazione, intensità e forma del campo magnetico, velocità e direzione dei flussi interni di gas, e predire il numero di stelle che si formeranno, le loro masse, la loro natura binaria o meno e tutte le altre caratteristiche. In questa accezione, non esiste attualmente una teoria della formazione delle stelle. Tutti i processi fisici coinvolti sono più o meno compresi, ma sono talmente numerosi, e si manifestano su scale così diverse (dai milioni di chilometri dei diametri delle stelle ai 1014 km delle dimensioni delle nubi), che non è possibile né per i calcoli analitici né per quelli numerici incorporare in modo appropriato tutti gli elementi. Secondo la visione attuale, la turbolenza è particolarmente importante nel determinare le dimensioni dei nuclei densi, il cui accrescimento dà luogo alla formazione della stella. Si pensa inoltre che i campi magnetici giochino un ruolo fondamentale nell'arrestare il processo. Nella transizione da protostelle a stelle, quando prendono l'avvio le reazioni nucleari, i giovani oggetti stellari sono caratterizzati spesso sia da dischi di accrescimento sia da getti uscenti dai poli; vi sono prove dell'esistenza di brillamenti, di fenomeni analoghi alle macchie solari e di altre manifestazioni che si presentano a livelli di intensità maggiori di quelli tipici delle stelle più vecchie. L'ambiente primordiale sulla Terra e sugli altri pianeti deve aver risentito senza dubbio di un flusso più intenso di radiazione ultravioletta e X e di particelle di alta energia, associato alla maggiore attività del Sole in quell'epoca.
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