Stendhal
Il rosso della libertà e il nero della repressione
Stendhal è stato – insieme a Balzac – il maggior romanziere della Francia del primo Ottocento, ma le sue opere hanno avuto un successo tardivo perché atipiche nel romanticismo francese. L’acuta analisi dell’amore, il culto dell’energia vitale, la capacità di delineare ampi affreschi sociali fanno di Stendhal un narratore molto vicino alla nostra sensibilità contemporanea
Stendhal è lo pseudonimo di Henri Beyle, nato a Grenoble nel 1783. Nel 1800 egli raggiunse l’esercito di Napoleone nell’Italia settentrionale: aveva diciassette anni e rimase folgorato dalla bellezza dei grandi laghi lombardi e dalla vivacità della vita culturale milanese. Dopo la sconfitta di Waterloo (1815) lasciò la vita militare, alternando soggiorni a Milano – da dove fu cacciato dalla polizia austriaca – e a Parigi. Con la rivoluzione del 1830 e l’avvento della monarchia liberale di Luigi Filippo poté accedere alla carriera diplomatica, e fu console francese a Civitavecchia per molti anni. I suoi primi libri passarono quasi inosservati, e scarso fu il successo di un capolavoro come Il rosso e il nero, del 1830. Ma nel 1839 La Certosa di Parma suscitò la recensione entusiasta del più grande romanziere del momento, Honoré de Balzac. Oltre a numerosi altri romanzi (Armance, Lucien Leuwen, Lamiel) e scritti autobiografici (Ricordi d’egotismo, Vita di Henry Brulard), molti dei quali incompiuti o pubblicati postumi, ci ha lasciato i racconti delle Cronache italiane (1837-39), liberi rifacimenti di vere cronache rinascimentali lette in manoscritto nelle biblioteche romane.
Ispirati all’Italia sono anche Roma, Napoli e Firenze, una Storia della pittura in Italia, Passeggiate romane. Stendhal morì a Parigi nel 1842.
Per i contemporanei Henry Beyle fu lo psicologo dell’amore e uno scrittore realista che aveva saputo rispecchiare la società francese ai suoi vari livelli. Così, per esempio, Julien Sorel, il protagonista di Il rosso e il nero, è figlio di un avaro artigiano, e inizia la sua scalata sociale come precettore dei figli del signor de Rênal, un ricco borghese, sindaco di una cittadina di provincia; ma poco a poco nasce un amore tra lui e la signora de Renâl. Julien diventa poi segretario di un aristocratico, il marchese de La Mole, la cui figlia Mathilde si innamora di lui. Quando, dopo varie vicissitudini, i due sono sul punto di sposarsi, tutto precipita a causa dell’arrivo di una lettera che la signora de Rênal ha dovuto scrivere su pressione del confessore: in essa Julien è accusato di arrivismo, ipocrisia e disonestà. In un impeto di folle rivolta e di rancore, il giovane ferisce a morte la prima donna amata, è condannato e ghigliottinato. All’interno del romanticismo francese, che all’inizio era stato monarchico e anti-illuminista, il liberale e anticlericale Stendhal rimase piuttosto isolato. Il «nero» è la Restaurazione, che soffoca i giovani; il «rosso» è la libertà, la vitalità della Rivoluzione francese e dell’epopea napoleonica. Lo stile è asciutto e limpido.
Per i lettori di oggi Stendhal è soprattutto colui che ci ha lasciato la più bella ed esaltante immagine della giovinezza, in particolar modo nella Certosa di Parma, il cui protagonista, Fabrizio del Dongo, è stato definito «il più perfetto eroe di romanzo». Le sue avventure ed esperienze amorose, a volte un po’ inverosimili, mettono in moto profondi e complessi processi simbolici. Fabrizio è il frutto dell’amore tra la marchesa del Dongo e un bell’ufficiale francese, venuto in Italia con Bonaparte. Avendo partecipato come volontario alla battaglia di Waterloo, Fabrizio deve andare in esilio a Parma, dove la marchesa Sanseverina, sua zia, può proteggerlo grazie alla amicizia col primo ministro. Rinchiuso nella Torre Farnese per l’uccisione di un uomo, si innamora di Clelia Conti, la figlia del governatore della prigione, ma la zia, inconsciamente attratta da lui, ostacola questa passione. Fabrizio non ha la forza di ribellarsi, e accetta la carriera ecclesiastica. Allaccia però una relazione con Clelia (che nel frattempo si è sposata), dalla quale nasce Sandrino, ma muore. Scomparsa anche Clelia, Fabrizio si ritira in una certosa e muore.
La Certosa di Parma nasce come «cronaca italiana», ricavata dal manoscritto Origini della grandezza della famiglia Farnese, dove si raccontano gli amori e le sregolatezze del giovane cardinale Alessandro Farnese (il futuro papa Paolo III), il quale, avendo ucciso un uomo in una rissa, era stato imprigionato in Castel Sant’Angelo, ma ne era fuggito legando tra loro alcuni lenzuoli. Innamoratosi del personaggio, Stendhal lo avvicinò ai suoi tempi modellando su di lui Fabrizio del Dongo.