stile nominale
Si intende per stile nominale uno stile (soprattutto nella lingua scritta) in cui la scelta del nome, unita a quella dell’aggettivo e dei verbi in modi non finiti (➔ modi del verbo), prevale sulla scelta del verbo di modo finito, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo, nel senso che il nome assume funzioni normalmente svolte dal verbo (Mortara Garavelli 1971 e 1973; Dardano 19862).
Il prevalere del nome sul verbo dà luogo a una varietà di procedimenti che si manifestano nell’ambito del lessico, della costruzione dei sintagmi, della frase e del periodo, non meno che nella punteggiatura (cfr. § 2).
Per quanto riguarda il lessico, si pensi tipicamente a costrutti nominali quali apportare modifiche, dare avviso che stanno al posto dei verbi semplici modificare e avvisare; riguardo alla sintassi, tra gli innumerevoli fenomeni pertinenti c’è, ad es., la sostituzione di potenziali subordinate con sintagmi preposizionali:
(1) Tale situazione ha comportato e comporta, oltre a un naturale abbassamento della portata di tutte le sorgenti, anche una maggiore richiesta da parte dell’agricoltura, con conseguente ulteriore sfruttamento e correlativo impoverimento delle falde del bacino etneo («La Sicilia» 1 marzo 1969, cit. in Dardano 19862: 305)
o la scelta di enunciati nominali (➔ nominali, enunciati):
(2) 30 marzo [1948]. L’odore della prima pioggia notturna, sotto il cielo chiaro. Stagione aperta, ritorno. Nella vita non c’è ritorno. Bellezza di questo ritmo discorde – sul ritorno periodico delle stagioni il progredire degli anni che colorano in modo sempre diverso un tema eguale – misura e invenzione, costanza e scoperta – l’età è accumulo di cose uguali che si arricchisce e approfondisce sempre più (Cesare Pavese, cit. in Mortara Garavelli 1973: 120)
Quanto alla ➔ punteggiatura, sono pertinenti soprattutto quegli usi in cui il ➔ punto spezza la sintassi isolando segmenti nominali, come illustra parossisticamente il testo seguente:
(3) Li avevamo dati per dispersi. Da parecchio tempo. I giovani. Ci parevano invisibili. Indistinguibili dalle generazioni precedenti. Dai fratelli maggiori. Dai genitori. Analoghi atteggiamenti. E una incontenibile voglia di mascherarsi. Agili, per affrontare la complessità sociale. Incriptati nelle loro cerchie minime. Nei piccoli gruppi di amici. Nascosti in famiglia (Ilvo Diamanti, cit. in Lala 2005: 220)
Tali mezzi (lessicali, sintattici e interpuntivi), profondamente eterogenei, sono segnali di stile nominale quando sono reiterati e concomitanti, con predilezione per l’uno o per l’altro a seconda del tipo di testo (➔ testo, tipi di). Per es., nella prosa lirica lo stile nominale si caratterizza soprattutto per la presenza dell’enunciato nominale in tutte le sue forme (cfr. § 3.5) e del ➔ sintagma nominale in forma assoluta (➔ assolute, strutture), sprovvisto cioè della preposizione che normalmente lo accompagna:
(4) poi arrivammo a Catania, c’era sole nelle strade di pietra nera che passavano, strade e case, pietra nera, a picco sotto il treno (Elio Vittorini, cit. in Mortara Garavelli 1973: 124)
L’enunciato nominale è tipico anche del linguaggio giornalistico (➔ giornali, lingua dei), soprattutto della parte iniziale degli articoli, influenzata dalla natura, molto spesso nominale, dei ➔ titoli:
(5) Quattro arresti fulminei, sorprendenti. Indizi precisi, capi di imputazione pesanti. Ma è solo l’inizio («Il Messaggero» 31 marzo 1971, cit. in Dardano 19862: 313)
Ad esso si aggiunge il concentrarsi di sintagmi preposizionali, spesso molto ampi, in luogo di subordinate (1) o la preferenza data ai nomi d’azione derivati da verbi (➔ azione, nomi di; ➔ deverbali, nomi; ➔ nominalizzazioni): le dichiarazioni del ministro, l’assunzione di responsabilità da parte di ..., ecc. Nel linguaggio burocratico (➔ burocratese; ➔ giuridico-amministrativo, linguaggio) si riscontra la predilezione per le forme non finite del verbo (➔ gerundio e ➔ participio presente, in particolare), con diversi esiti sintattici: si ritiene già inoltrata la domanda, un documento comprovante i diritti, ecc.; o anche la scelta di locuzioni preposizionali con al centro un nome: a causa di invece di per, per il fatto che al posto di perché, in ottemperanza a, ecc.
Dato che, come si è detto, ogni forma ha la sua specialità testuale e la sua specificità interpretativa (cfr. § 4), alcune scelte linguistiche possono essere considerate come più tipiche dello stile nominale (Mortara Garavelli 1971 e 1973; Dardano 19862).
Nell’ambito del lessico emergono soprattutto:
(a) i nomi derivati dai verbi e dagli aggettivi, con un chiaro effetto di astrattezza: l’osservazione (relativa a ...), la preoccupazione (di ... / riguardo a ...), la propensione (a ...), la difficoltà (a ...), la frequenza (di ...), ecc.;
(b) le locuzioni preposizionali e congiuntive che hanno al centro un nome: a causa di, ad opera di, alla luce di, in attesa di, a condizione che, al fine di, ecc.;
(c) i verbi con collocazione nominale (➔ collocazioni) in luogo di verbi semplici: prendere in esame, trarre conclusioni, trovare conferma, avanzare l’ipotesi / la tesi / la preoccupazione, affermare la volontà di, dichiarare la propria disponibilità a, ecc.
La scelta dei nomi deverbali e deaggettivali, e più in generale dei nomi astratti, tipica dello stile nominale, ha effetto sulla struttura interna dei sintagmi, i quali si dilatano in ampie combinazioni di costituenti nominali e preposizionali:
(6) la dichiarazione del ministro relativa alla richiesta del comitato di una revisione del trattamento finanziario dei pensionati
Tale espansione è dovuta al fatto che vengono a concentrarsi contenuti la cui espressione chiede normalmente la misura della frase, e diventa particolarmente marcata quando questi tipi di sintagmi si agganciano l’uno all’altro:
(7) Uno dei punti forti dell’omologazione [fra il lavoro dell’inconscio e quello poetico] risiede senz’altro nella messa in rapporto dei fenomeni di similarità, che nel testo poetico presiedono all’attuazione del paradigma, con le associazioni che sono in atto nel sogno, o, più precisamente, nella seconda fase del processo onirico, la fase della rappresentazione, ossia del sogno vero e proprio (Stefano Agosti, cit. in Ferrari 2002: 187).
Dalla preferenza per i nomi deverbali rispetto ai verbi coniugati discende anche la scarsità di completive esplicite, che lasciano il posto a sintagmi nominali includenti frasi infinitive (➔ infinitive, frasi) o altri sintagmi:
(8) In realtà, già stamattina i capigruppo della maggioranza avevano affermato la comune volontà di arrivare a un’intesa sul tema della proprietà dei suoli («Il Giorno» 19 maggio 1971, cit. in Dardano 19862: 302)
(9) Il Presidente del Consiglio ha confermato la sua convinzione sulla mancanza di alternative politiche alla soluzione della crisi («Il Messaggero», cit. in Dardano 19862: 303)
In questa linea si pone anche la scelta del «participio passato correlato a un oggetto, entrambi retti dal verbo della principale» (Dardano 19862: 303):
(10) Gava ha definito non infondati i timori che l’esagerazione su questa strada si risolva in termini negativi per il settore («Corriere della sera» 22 luglio 1971, cit. in Dardano 19862: 303)
Nella costruzione della frase, un altro ingrediente dello stile nominale è la dilatazione dell’➔apposizione, che può figurare:
(a) nella sua usuale posizione parentetica (➔ parentetiche, frasi):
(11) In un certo senso lo stesso dibattito parlamentare – consuntivo della lunga crisi d’inverno e nello stesso tempo banco di prova per le scadenze prossime – ne costituisce un anticipo ed un test («l’Unità» 6 aprile 1970, cit. in Dardano 19862: 318)
(b) in apertura di periodo (come nell’es. 12), nel qual caso può anche essere chiusa da un punto fermo (come in 13):
(12) Un metro e 85, viso espressivo cui la pipa conferisce un tocco inglese (peraltro subito annullato dall’accento fieramente romagnolo che condisce la sua oratoria), Lama è un personaggio che qualcuno ha voluto criticare perché è al tempo stesso l’uomo del “sì” e l’uomo del “no” («Il Giorno» 24 marzo 1970, cit. in Dardano 19862: 319)
(13) Aggrappato al volante, colpi di pistola alla testa, trentaseimila lire nella mano sinistra, fra le gambe un barattolo con 1500 lire in monetine, la giacca sul sedile a fianco e sotto il brogliaccio con gli itinerari della serata. Era l’1,40 quando i carabinieri l’hanno trovato così dentro la sua “R4” («Il Messaggero» 11 aprile 1971, cit. in Dardano 19862: 319)
(c) alla fine del periodo, come ‘coda’ del nucleo sintattico centrale della frase:
(14) Uno può ricordare anche quello che ha letto come se lo avesse in qualche modo vissuto, e uno ha la storia degli uomini e tutto il mondo in sé, con la propria infanzia, Persia a sette anni, Australia a otto, Canada a nove, Messico a dieci, e gli ebrei della Bibbia con la torre di Babilonia e Davide nell’inverno dei sei anni, califfi e sultani in un febbraio o un settembre, d’estate le grandi guerre con Gustavo Adolfo eccetera (Elio Vittorini, cit. in Mortara Garavelli 1973: 125)
In posizione parentetica e in posizione conclusiva, l’apposizione può assumere anche la forma di un nome modificato da una relativa:
(15) Questo complesso di eventi drammatici [...] costituì lo sfondo grandioso dell’attività politica del Segretario fiorentino, un’attività che era necessariamente limitata e quasi senza rilievo nel campo pratico (Ferrari et al. 2008: 275)
Una particolare manifestazione di questo comportamento dell’apposizione consiste nell’«uso di espansioni complementari a segno funzionale zero» (Mortara Garavelli 1971: 288), vale a dire di complementi circostanziali a cui è stata soppressa la preposizione che ne indica normalmente la funzione sintattica:
(16) Ore tredici, si mangiava in trattoria, gomito a gomito, tovagliolo di carta, nessun aroma di pane e companatico, lire novecentocinquanta compresa l’acqua minerale, quasi nessuno beveva più vino (Maria Corti, cit. in Mortara Garavelli 1971: 288)
(17) Mattei socchiude gli occhi, li riapre, delicata aria da intellettuale in erba (Maria Corti, cit. in Mortara Garavelli 1971: 288).
Oltre a contenere poche subordinate completive (cfr. § 3.3), il periodo tipico dello stile nominale è anche povero di subordinate circostanziali (➔ subordinate, frasi; ➔ sintassi). I significati che esse tipicamente esprimono sono infatti delegati a sintagmi nominali introdotti da una preposizione (o locuzione preposizionale), come illustrano l’es. (1) visto sopra e il seguente:
(18) la maggiore responsabilità dell’andamento “non ottimale” dell’economia italiana nel 1970 è da ricercarsi nello stato di incertezza politica, nel rincorrersi di situazioni di crisi politiche con la speranza, che taluni gruppi politici e centri di potere hanno contribuito a tener desta, che fosse possibile fare un netto sbalzo indietro rispetto all’autunno del 1969 («Corriere della sera» 14 gennaio 1971, cit. in Dardano 19862: 307)
L’enunciato seguente concentra in sé più aspetti del periodo complesso tipico dello stile nominale, in particolare di quello giornalistico (ma anche politico e burocratico). Si notano: la scelta del sintagma nominale ampio al posto della subordinata («Nella ferma osservanza dei nostri impegni nell’alleanza atlantica»); la locuzione nominale invece del verbo semplice («è convinzione del governo»); la subordinata participiale in luogo della relativa con verbo finito («intesi a favorire lo sviluppo del processo di distensione in Europa»); la scelta di un sintagma aggettivale laddove potrebbe esserci una subordinata esplicita («propizio alla equa soluzione su basi negoziabili dei problemi continentali ancora aperti»):
(19) Nella ferma osservanza dei nostri impegni nell’alleanza atlantica è convinzione del governo che si debbano proseguire e intensificare gli sforzi intesi a favorire lo sviluppo del processo di distensione in Europa e a determinare un clima propizio alla equa soluzione su basi negoziabili dei problemi continentali ancora aperti («Il Messaggero» 11 aprile 1970, cit. in Dardano 19862: 307)
Il periodo dello stile nominale predilige la costruzione sintattica per coordinazione e giustapposizione (➔ paratassi), che si combina spesso con il procedimento dell’➔enumerazione. Tale costruzione può avere un obiettivo narrativo e descrittivo, come nell’es. (20), in cui realizza un enunciato nominale:
(20) Arrivo a Orly alle undici, Chaban Delmas e Schumann che attendevano gli ospiti; inni nazionali, rassegna del picchetto d’onore, scambio di saluti e di complimenti. Una cerimonia durata pochi minuti. Subito dopo l’on. Colombo si recava all’«Eliseo» per incontrare Pompidou («Il Messaggero» 30 gennaio 1971, cit. in Dardano 19862: 312)
Può anche trovare posto in un testo espositivo o argomentativo (➔ testi argomentativi), nel qual caso i nomi tenderanno a essere astratti:
(21) Ma occorre completare, cercando di cogliere qualche costante mentale. Tra queste, almeno: l’attrazione per gli scrittori tragici e nichilisti, che porta p. es. lui toscano [Luigi Balducci] a comprendere perfettamente grandi interpreti del Sud senza speranza come De Roberto; il disprezzo per la genìa dei “letterati” italiani, specie se questi abbiano la pretesa di “costruire” alcunché; il puntare sui movimenti di avanguardia [...]; l’attrazione per le posizioni mentali e ideologiche estreme o radicali (Pier Vincenzo Mengaldo, cit. in Ferrari 2002: 184).
Altro elemento sintattico fondamentale dello stile nominale è il cosiddetto enunciato nominale (➔ nominali, enunciati), frase racchiusa tra due segni d’interpunzione forte che non si costruisce attorno a un verbo coniugato. Esso può essere particolarmente esteso. Tra le forme più tipiche sono:
(a) le strutture costituite da una coppia di sintagmi: l’uno assume la funzione di soggetto, l’altro di predicato espresso da un sintagma nominale, aggettivale, o da una forma verbale non finita:
(22) Lido Lanfranchi è fermo, non vede piazza Gerusalemme, benché sia sicuro di esserci in mezzo: spariti i negozi, l’edicola, il posteggio; si sente solo la solitudine di una piazza (Maria Corti, cit. in Mortara Garavelli 1971: 280)
(b) i sintagmi nominali, soli o iterati, che evocano oggetti, persone, eventi, proprietà:
(23) Sette anni: come mai non andavo ancora a scuola? (Elio Vittorini, cit. in Mortara Garavelli 1973: 123)
(24) Grida isterismi e pianti: il processo contro Annunziata Tropeano [...] ripropone in aula il profondo rancore che divide le due famiglie («Il Giorno» 23 febbraio 1971, cit. in Dardano 19862: 313)
(c) combinazioni sintatticamente più complesse, quali la giustapposizione tra sintagmi di vario tipo (25) o loro combinazioni per subordinazione (26 e 27):
(25) Dopo i camion gli asinelli. Per i commercianti in collera ogni mezzo è buono per bloccare la strada («Il Messaggero» 31 marzo 1970, cit. in Dardano 19862: 317)
(26) Mandato di cattura per Valpreda e gli altri imputati degli attentati di Milano e di Roma: lo ha ammesso il giudice istruttore Cudillo, accogliendo la richiesta del P.M. («Il Giorno» 24 marzo 1970, cit. in Dardano 19862: 317)
(27) In sala dei professori lunghe discussioni di tipo parlamentare, precedute nei corridoi da approccio tipo transatlantico (Maria Corti, cit. in Mortara Garavelli 1971: 282)
(d) sintagmi nominali separati mediante la punteggiatura dall’unità a cui si legano sintatticamente, come illustra il già citato es. (3), riprodotto qui in parte:
(28) Li avevamo dati per dispersi. Da parecchio tempo. I giovani. Ci parevano invisibili. Indistinguibili dalle generazioni precedenti. Dai fratelli maggiori. Dai genitori (Ilvo Diamanti, cit. in Lala 2005: 220).
Gli ingredienti linguistici che danno luogo allo stile nominale sono associati a un insieme definito di proprietà comunicative.
Si ha anzitutto la concisione, realizzata soprattutto dagli enunciati nominali o dai complementi circostanziali senza preposizione (cfr. gli esempi 12-17 e quelli nel § 3.5). Essa può servire all’economia, particolarmente utile nella comunicazione mediata dal computer o dal cellulare, negli appunti, nel linguaggio pubblicitario; oppure a una narrazione o descrizione impressionistica, ‘tutta cose’, in cui si nominano, giustapponendoli, solo gli elementi giudicati particolarmente rilevanti o incisivi.
Strettamente legata alla concisione è l’implicitezza. Come componente comunicativa dello stile nominale, l’implicito è particolarmente consistente ed è tipicamente non risolubile in modo univoco e sicuro: spesso non è infatti possibile, né del resto necessario ai fini interpretativi, ricostruirne con certezza e precisione il contenuto. Si pensi, tipicamente, agli innumerevoli modi in cui potrebbe essere sviluppato l’enunciato evidenziato in:
(29) molto divertente la testa di lista che correrà per i democratici dalle parti di Tomba di Nerone: la senatrice teodem Paola Binetti e Domenico Procacci, patron di “Fandango”, produttore di Muccino e editore di Baricco. Cilicio e ultimo bacio («L’Espresso» 16 gennaio 2007, cit. in Ferrari et al. 2008: 194)
Data l’ampiezza e la vaghezza della componente implicita della sua interpretazione, lo stile nominale è particolarmente adatto a costruire evocazioni liriche di impronta letteraria o para-letteraria.
Un’altra caratteristica dello stile nominale è l’atemporalità, la quale, essendo conseguenza dell’assenza di verbo coniugato, è presente in tutte le manifestazioni di questo stile. Dal punto di vista narrativo, l’atemporalità abilita una rappresentazione astratta degli eventi, e spesso anche la «rinuncia alla formulazione esplicita della successione cronologica, o anche della durata e della reciproca dipendenza di azioni e accadimenti» (Mortara Garavelli 1973: 118).
Avendo una sintassi giustappositiva, lo stile nominale in genere non esprime né gerarchie di contenuti né espliciti legami logici. Non sorprende dunque che sia evitato da tipi di testo (quello normativo, scientifico, didattico, ecc.) per i quali l’ordinamento logico e gerarchico dei contenuti è fondamentale dal punto di vista comunicativo.
Quando si serve dell’enunciato nominale, lo stile nominale produce effetti di enfasi, in quanto si limita a nominare l’elemento comunicativamente centrale; e l’enfasi porta con sé coinvolgimento emotivo:
(30) Con il povero Youssef che dunque ha assistito sconvolto a tutta la scena del massacro, arrivando infine nelle braccia del carnefice, Rosa, che con un colpo netto gli ha tagliato la gola, mentre lui, con le sue manine tentava di difendersi. Delle belve («La Stampa» 16 gennaio 2007, cit. in Ferrari et al. 2008: 193)
La manifestazione dello stile nominale in forma di sintagmi retti da nomi deverbali, che stanno al posto di frasi dipendenti e coordinate, produce complessità sintattica e densità informativa (come illustrano gli esempi 1, 6, 7, 9 e 11 visti prima). Si tratta di due proprietà che lo rendono particolarmente adatto per i testi argomentativi ed esplicativi con contenuti astratti.
Dardano, Maurizio (19862), Lo stile nominale, in Id., Il linguaggio dei giornali italiani. Con due appendici su: “Le radici degli anni ottanta”, “L’inglese quotidiano”, Roma - Bari, Laterza, pp. 301-320 (1a ed. 1973).
Ferrari, Angela (2002), Aspetti semantici e informativi della nominalizzazione sintagmatica, in La parola al testo. Scritti per Bice Mortara Garavelli, a cura di G.L. Beccaria & C. Marello, Alessandria, Edizioni dell’Orso, pp. 179-204.
Ferrari, Angela et al. (2008), L’interfaccia lingua-testo. Natura e funzioni dell’articolazione informativa dell’enunciato, Alessandria, Edizioni dell’Orso.
Lala, Letizia (2005), “A voi lettori l’ardua sentenza. Barrate la crocetta sulla risposta prescelta”: le articolazioni informative di (certa) riflessione politica, in Rilievi. Le gerarchie semantico-pragmatiche di alcuni tipi di testo, a cura di A. Ferrari, Firenze, Cesati, pp. 217-244.
Mortara Garavelli, Bice (1971), Fra norma e invenzione: lo stile nominale, «Studi di grammatica italiana» 1, pp. 271-315.
Mortara Garavelli, Bice (1973), Lineamenti di una tipologia dello stile nominale nella prosa letteraria contemporanea, in Storia linguistica dell’Italia nel Novecento. Atti del V congresso internazionale della Società di Linguistica Italiana (Roma, 1-2 giugno 1971), a cura di M. Gnerre, M. Medici & R. Simone, Roma, Bulzoni, pp. 113-125.