assolute, strutture
Con l’espressione strutture assolute si indicano sintagmi e costrutti che non hanno rapporti di dipendenza sintattica con altri costituenti della frase e con il resto dell’enunciato in cui compaiono (Simone 200617: 208). Possono dunque essere considerati strutture (o costruzioni) assolute talune proposizioni gerundive e participiali (1-2), l’accusativo «alla greca» (3), apposizioni modali-associative (4) e il nominativo assoluto (5):
(1) essendo Giorgio arrivato tardi, Claudia non è potuta uscire
(2) uscito Giulio dalla stanza, Claudia scoppiò in lacrime
(3) Sparsa le trecce morbide / sull’affannoso petto, / lenta le palme, e rorida / di morte il bianco aspetto, / giace la pia (Alessandro Manzoni, Adelchi, p. 96)
(4) Un bimbo piange, il piccol dito in bocca; canta una vecchia, il mento sulla mano (Giovanni Pascoli, Orfano, p. 81)
(5) auspice il presidente, riusciremo a respingere la mozione
Come si vede dagli esempi, sotto l’etichetta di strutture assolute sono compresi vari fenomeni: alcuni consistono in particolari forme di subordinazione con verbo non finito (1) e (2), altri invece sono rappresentati da sequenze di nomi ed elementi in vario modo sospese rispetto al resto della frase ed estranee ad essa.
La definizione di struttura assoluta è legata al concetto di ‘assolutezza’. Pur essendo tipicamente riferiti a fenomeni propri delle lingue classiche, le denominazioni di ablativo assoluto (me legente, tu canis «mentre io leggo, tu canti») e di genitivo assoluto (gr. epeígontos tôu trugḗtou pâs ē ̂n en érgō «avvicinandosi il momento del raccolto, ognuno si dava da fare») non sono impiegate nelle grammatiche antiche (Maiocco 2005). Nei grammatici latini e greci l’ablativo e il genitivo assoluto erano considerati nell’ambito della semantica dei casi e ricollegati alla questione del caso inerente: poiché negli usi assoluti genitivo e ablativo non sono retti da una preposizione, ci si interrogava sul rapporto tra la marca di caso e il ruolo tematico, grazie al quale è possibile interpretare il significato del caso.
Un diverso trattamento delle due costruzioni compare nella grammatica di Prisciano (V-VI sec. d.C.), la prima a trattare l’ablativo assoluto come ‘costruzione’. Confrontando le due espressioni ab illo praesente accepi «(lo) ricevetti da lui presente» e illo praesente accepi «(lo) ricevetti lui presente», Prisciano ne coglie la diversa natura, dato che la seconda attua una ‘transizione referenziale’: il soggetto della struttura assoluta non è lo stesso della frase principale. La prima attestazione dell’espressione ablativo assoluto si trova nel trattato di Alberico da Montecassino (Breviarum de dictamine, XI secolo), che riprende alcune intuizioni di Prisciano: l’assolutezza è dovuta alla mancata corrispondenza tra il soggetto della struttura assoluta e quello della principale (tecnicamente, all’assenza di coreferenzialità).
Basata principalmente sulle forme non finite del verbo, la struttura assoluta può includere anche semplici sequenze nominali in cui il nome entra in rapporto predicativo con un elemento aggettivale o avverbiale (4) e (5). Tutti questi costrutti mostrano caratteri comuni: non sono coreferenti (➔ clitici; ➔ soggetto) con il soggetto della proposizione con verbo finito; sono separati dal resto della frase da una pausa virtuale; possono avere, da un punto di vista semantico, diversi valori circostanziali (i quali, tuttavia, si ottengono specialmente per inferenza, dato che nella maggior parte dei casi non ci sono connettivi dedicati per la codifica di una particolare relazione logica). In base ai parametri della non coreferenza con il soggetto della reggente e della segmentazione intonativa è possibile assimilare alle strutture assolute anche alcuni tipi di anacoluti (Luca, non gliel’ho ancora detto; ➔ anacoluto).
Non definibili in base ai rapporti di reggenza e accordo (dunque in base a parametri esclusivamente sintattici), le strutture assolute vanno viste in una dimensione pragmatica: partecipano all’articolazione informativa dell’enunciato (➔ dato/nuovo, struttura), fornendo informazioni di sfondo, che costituiscono il quadro entro cui va inteso l’evento codificato nella frase principale.
2. 1 Participi assoluti
I participi assoluti, poco rappresentati nella varietà colloquiale dell’italiano ma frequenti nei registri elevati, specie di lingua scritta, sono strutture ereditate dall’ablativo assoluto latino. Rientrano nell’ambito delle subordinate participiali, entro cui rappresentano però un settore circoscritto: infatti, sono da considerarsi assolute soltanto quelle subordinate participiali in cui il soggetto è espresso e non coincide con quello della proposizione con verbo finito. È dunque assoluto il participio nell’es. (6):
(6) arrivato Gianni, la festa si animò
mentre quello in (7) è un participio congiunto (o aggiunto libero: Kortmann 1991):
(7) acclamato da tutti, Piero si presentò sul palco
La formazione dei participi assoluti è regolata, come tutte le strutture participiali, dalla semantica del predicato. I verbi intransitivi, per es., possono formare frasi participiali con il participio passato di verbi inaccusativi anche ergativi (arrivato Gianni, Maria andò a comprare una bibita; affondata la nave, arrivò la guardia costiera; ➔ ergativi, verbi). Al contrario i verbi intransitivi inergativi non possono comparire in frasi participiali (* telefonato Maria, mia madre si tranquillizzò).
Le frasi participiali assolute con verbi transitivi hanno, nell’italiano contemporaneo, soltanto interpretazione passiva, mentre, come si vedrà più avanti (35) e (36), nella fase antica le strutture assolute participiali con verbi transitivi potevano avere forma sia attiva che passiva (Loporcaro & Seiler 2009):
(8) arrestati i manifestanti, i tumulti cessarono
La frase in (8) può contenere un complemento d’agente:
(9) arrestati i manifestanti dalla polizia, i tumulti cessarono
Invece la riformulazione attiva, che risulterebbe dall’inserzione di un altro argomento diretto, risulta bloccata:
(10) * arrestati la polizia i manifestanti, i tumulti cessarono
Sono perlopiù ridotte a formule le strutture assolute col participio presente (il cui valore verbale si è progressivamente ridotto nell’evoluzione dell’italiano; ➔ participio):
(11) Stanti così le cose, non c’è paragone alcuno con gli obiettivi originali dell’organizzazione («La Repubblica» 4 settembre 2007)
(12) lui presente, non hai niente da temere
Molti altri sono ridotti a formule fisse:
(13) riceveremo questo assegno vita natural durante
Anche molti participi passati assoluti si sono cristallizzati. Nelle frasi seguenti:
(14) date queste premesse non mi lasci sperare bene per il futuro
(15) esclusi i miei genitori nessuno mi ha aiutato
i participi agiscono quasi come elementi preposizionali.
Il significato dei participi assoluti dipende sia dal co-testo (➔ contesto) sia da fattori pragmatici. Nella maggior parte dei casi il participio esprime una relazione temporale o causale; più di rado è possibile individuare un valore ipotetico o concessivo. Da un punto di vista diacronico molte preposizioni o connettivi nascono proprio dalla grammaticalizzazione di participi assoluti (durante, eccetto, nonostante; cfr. anche fr. cependant, ingl. notwithstanding).
2. 2 Gerundi assoluti
Anche il gerundio assoluto presenta un soggetto espresso non coreferente con quello della frase cui si accompagna:
(16) essendo arrivate notizie così tragiche, Maria decise di raggiungere subito la sua famiglia
Il soggetto del gerundio può però essere coreferente con un altro costituente della reggente (come si è visto, lo stesso fenomeno si ha anche nelle participiali assolute):
(17) avendo Mario dimenticato di comprare il latte, Giulia lo rimproverò aspramente
In (17) il soggetto del gerundio è coreferente con il clitico oggetto della principale.
Nei casi in cui il soggetto del gerundio non è espresso, anche se non coincide con quello della reggente, non si può parlare di strutture assolute:
(18) considerando la situazione, a Mario sembrò chiaro che era meglio non prendere iniziative
Il soggetto del gerundio assoluto è in genere posposto (Lonzi 20012: 572), ma nell’italiano letterario si riscontrano casi di anteposizione (che risentono dell’influsso del francese):
(19) Si lanciarono all’attacco, ma tanti ne furono uccisi, tutti i forti di Tobruck cominciando a combattere (Mario Tobino, Il deserto della Libia, p. 139)
(20) Per cui [la sensibilità] dovrebbe far parte senz’altro di quelle cose che, la psicoanalisi avendo abdicato, solo le storie possono permetterci di affermare (Alice Ceresa, La figlia prodiga, p. 88)
La posposizione del soggetto è normale nel cosiddetto gerundio coordinato (molto raro nell’uso, salvo quello scritto ricercato o antico) (Lonzi 20012: 588-590):
(21) l’editore non volle più pubblicare il libro, la cosa sorprendendo un po’ tutti
Dal punto di vista semantico i gerundi assoluti possono esprimere diverse relazioni. Molto frequente è quello con valore causale, che può essere riformulato con una causale esplicita:
(22) la psicoanalisi avendo abdicato («poiché la psicoanalisi ha abdicato»)
Il gerundio assoluto consente in altri casi di istituire una relazione temporale tra due eventi:
(23) arrivando l’estate, mi viene voglia di andare al mare
Il gerundio in (23) permette tuttavia anche una lettura causale. Del resto, le strutture assolute si caratterizzano per una certa indefinitezza semantica. Le strutture in esame possono esprimere anche una relazione ipotetica:
(24) facendosi Mario prestare la macchina, il problema sarebbe risolto («se Mario si facesse prestare la macchina»)
Il gerundio coordinato assoluto codifica in genere un evento successivo o conclusivo rispetto a quella della reggente:
(25) Le due storie poi continuavano ognuna verso il suo sbocco, Elena raggiungendo l’Olimpo e presentandosi al banchetto degli Dèi, l’altra attendendo invano nel bosco (Italo Calvino, Il castello dei destini incrociati, p. 540)
Le strutture assolute al gerundio possono esprimere anche una relazione concessiva (➔ concessive, frasi). In questo caso però si preferisce far precedere il gerundio dal connettivo pur:
(26) La piccola figlia prodiga avrebbe perlomeno dovuto, in qualche modo, sentirne la mancanza [dell’istinto filiale], pur ammettendo noi che l’avesse, come succede di tutte le altre cose dell’infanzia, anche potuta dimenticare in seguito (Ceresa, La figlia prodiga, p. 103).
2. 3 Apposizione modale-associativa
Molto frequente nell’italiano letterario e nella lingua della stampa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (Herczeg 1967), il costrutto compare anche nei registri meno elevati:
(27) a. si sedette sul molo, le gambe penzoloni di fuori
b. entra nella stanza, la sigaretta in bocca e le mani in tasca
c. Le segretarie lo videro dunque apparire così: impolverato, la giacca sul braccio e la cravatta sfatta (Alberto Bevilacqua, La califfa, p. 143)
I nomi risultano apposti rispetto a un referente della frase reggente, nei cui confronti intrattengono in genere un rapporto meronimico; individuano infatti parti del corpo o dell’abbigliamento oppure oggetti legati al referente cui rinviano:
(28) arrivò il maggiordomo, la lettera sul vassoio d’argento
Oltre che da aggettivi, participi e vari tipi di complementi circostanziali, il nome può essere seguito anche da una proposizione relativa o da un participio:
(29) vide sua sorella davanti allo schermo, la testa che ciondolava da una parte all’altra
Accanto alla variante assoluta, l’italiano ha anche costrutti modali-associativi introdotti dalla preposizione con («Entrò nella stanza, con la sigaretta in bocca e con le mani in tasca»: De Roberto 2009).
2. 4 Accusativo alla greca
Si tratta di un costrutto predicativo, in uso nella lingua letteraria fino ai primi del Novecento. È tipicamente costituito da un complemento diretto, in genere relativo a una parte del corpo, che circoscrive la qualità espressa da un participio. Il participio non è accordato al sostantivo, ma a un elemento nominale contenuto nella proposizione precedente:
(30) La donna [...], reclinata il volto come per raccogliersi, non rispose (Gabriele D’Annunzio, Il fuoco, p. 200)
Il costrutto, altamente formulare, ripropone un modulo sintattico tipico del greco e del latino (flava comas «bionda le chiome»).
2. 5 Nominativi assoluti
Con quest’espressione le grammatiche indicano l’unione di un nome e di un aggettivo o di un avverbio che non rientra fra gli argomenti di un verbo, ponendosi al di fuori della frase:
(31) previa accettazione della banca, il buono di deposito può essere svincolato prima della sua scadenza
(32) via il dolore, ha riscoperto la gioia di vivere
Un tipo particolare di nominativo assoluto è il tema sospeso (o nominativus pendens; ➔ tema sospeso): all’inizio di frase si trova un elemento ‘slegato’ rispetto al verbo principale e privo di accordo con gli elementi interni di questa. Interpretato di solito come prodotto di un cambiamento di progetto sintattico, il tema sospeso è costituito da un sintagma nominale che nella reggente assume una diversa funzione sintattica (33) o è addirittura assente (34) dalla struttura argomentale del resto della frase:
(33) Leone, la sua capacità d’ascoltare era incommensurabile e infinita (Natalia Ginzburg, Lessico famigliare, p. 131)
(34) il parco: famiglie allegre e giovani coppiette non si contavano
In entrambi gli esempi il sintagma isolato a sinistra rappresenta un’informazione molto rilevante, che fornisce il quadro referenziale entro cui interpretare il resto della frase. Tipici del parlato, costrutti di questo tipo sono impiegati anche nell’italiano letterario e nella lingua dei giornali (specie nei titoli), sia per riprodurre l’oralità sia per conseguire particolari effetti stilistici e informativi.
In italiano antico le strutture assolute più frequenti sono i participi e i gerundi assoluti (Škerlj 1926; Ageno 1978b, 1978a), spesso usati per mimare l’ablativo assoluto del latino. La più alta frequenza di tali costrutti rispetto alla fase attuale non dipende soltanto dall’influsso esercitato dal latino sulla prosa antica, ma anche da una loro maggiore flessibilità strutturale.
Accanto a participi passati assoluti in forma passiva:
(35) Sconfitti, morti e presi gli Aretini, frate Guittone, chavaliere dell’Ordine di Bengodenti, al Comune di Firenze iscrisse una lettera (Cronica fiorentina, p. 924)
ricorrono anche participi passati transitivi che reggono un complemento oggetto e che dunque hanno diatesi attiva:
(36) Fatte le comandamenta la Fede Giudea, e la Fe’ dell’idoli morta e spenta, cominciò la Fede Cristiana a segnoreggiare tutto ’l mondo (Bono Giamboni, Libro de’ vizi XLII, 1, p. 74)
Maggiore libertà si ha anche nella disposizione dei costituenti frasali: nei testi antichi sono molto più frequenti le strutture assolute, participiali e gerundive, con uno o più argomenti anteposti al verbo:
(37) Leggesi che Platone nato, dormendo ne la culla, api vennero e recavano e poneano mele a le labbra del fanciullo (Fiori e vita di filosafi VIII, 4-5, p. 122)
(38) Ed in questa maniera la ’nnamorata donna continuando, avvenne che il doloroso marito si venne accorgendo che ella, nel confortare lui a bere, non bevevo per ciò essa mai (Boccaccio, Dec. VII, 4, p. 816)
Dal punto di vista filologico, la possibilità di anteporre il soggetto del participio o del gerundio determina spesso una certa ambiguità nell’allestimento di edizioni. Nella frase seguente il costituente Turno, che l’editore ha scelto di rendere, mediante l’inserzione di una virgola, come un anacoluto, potrebbe in realtà essere integrato nel gerundio (Turno vedendo quel volto):
(39) Turno, vedendo quel volto così fatto e pieno di lagrime, l’amore lo conturbava, e ficcava gli occhi in quel virgineo volto (Guido da Pisa, I fatti di Enea, p. 99)
Già in italiano antico alcune strutture assolute avevano valore formulare. Il fenomeno interessava soprattutto le strutture con participio presente: veggente tutta la gente, veggenti tutti, udenti molti, poco tempo passante, poco stante, esso vivente. Ben rappresentati sono anche i temi sospesi, anche in testi molto letterari. Una struttura particolarmente ricorrente è costituita dall’anteposizione di una relativa libera (o sostantiva), che non ha alcun legame sintattico con il resto della frase:
(40) «E chi allora m’avesse domandato di cosa alcuna, la mia risponsione sarebbe stata solamente “Amore”» (Dante Vita Nova, V, 4, p. 51)
Più rari sono invece l’accusativo alla greca e le apposizioni modali-associative. Già in italiano antico l’accusativo alla greca sembra essere un fenomeno marginale. Le rare attestazioni si concentrano nella prosa d’arte e, soprattutto, nei testi poetici.
Anche le apposizioni modali-associative sono raramente documentate nei testi antichi («Tutto era pieno de carni lucienti como pagone, roscio, varva longa», Anonimo romano, Cronica, XXVII, 345-346, p. 248); la loro diffusione aumenta soltanto nelle epoche successive ed è da ricondursi probabilmente al maggiore sviluppo dello stile nominale.
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