perifrastiche, strutture
In generale una struttura perifrastica è un’espressione composta da più costituenti, che nel loro insieme convogliano un significato unitario. In italiano esistono differenti tipi di perifrasi (➔ locuzioni), ma il termine è riservato in particolare a combinazioni di ➔ verbi.
La nozione di struttura perifrastica nel senso di perifrasi verbale, pur non avendo una definizione univoca, può essere delimitata ricorrendo a una serie di proprietà (cfr. Bertinetto 1990). Di queste, alcune sono necessarie per l’identificazione di una certa struttura come perifrastica, altre secondarie, ossia presenti in grado diverso a seconda della natura più o meno perifrastica di una certa costruzione.
In base alle prime, una perifrasi:
(a) ha un significato non riducibile alla somma dei significati dei suoi elementi (il che vale anche per le polirematiche e le espressioni idiomatiche in genere; ➔ polirematiche, parole; ➔ modi di dire);
(b) è costituita da un verbo di significato relativamente ‘leggero’ (detto modificatore; ➔ fraseologici, verbi) e un verbo principale (detto modificato), quest’ultimo di modo non finito, uniti in taluni casi da un elemento di raccordo (tipicamente una preposizione);
(c) attinge a un inventario di verbi modificatori generalmente ristretto, benché potenzialmente aperto.
Fra le proprietà secondarie (cfr. § 3) che caratterizzano soprattutto le strutture dalla maggiore perifrasticità:
(d) i verbi modificatori non conservano il proprio significato lessicale, risultano cioè desemantizzati (➔ grammaticalizzazione);
(e) la costruzione può applicarsi a qualunque verbo del lessico;
(f) gli elementi della costruzione possono essere separati solo da una classe ridotta di elementi (ad es., avverbi come già e ancora);
(g) quando a separarli sono elementi avverbiali, questi modificano l’intera costruzione e non singoli suoi elementi;
(h) la costruzione esprime (anche) significati di natura tempo-aspettuale (➔ aspetto).
Sono quindi casi di perifrasi verbali italiane: stare + gerundio, andare o venire + gerundio, stare per + infinito, essere solito + infinito, avere da + infinito. Una lista più estesa verrà presentata più avanti.
Seguendo Bertinetto (1991: 129-162), si possono riconoscere quattro principali classi di perifrasi verbali: gerundivali (stare + gerundio e andare o venire + gerundio), abituali, modali e fasali.
Le perifrasi verbali delle prime due classi, gerundivali e abituali, rendono nei loro usi principali i tre valori dell’aspetto imperfettivo: stare + gerundio esprime tipicamente il valore progressivo, andare o venire + gerundio quello continuo, e essere solito + infinito, solere + infinito, essere uso + infinito e simili quello abituale.
Una perifrasi ha valore progressivo quando un processo verbale iniziato precedentemente è colto in un singolo istante del suo svolgimento; in altre parole, è contrassegnato da una focalizzazione puntuale. Nel caso più tipico, il valore progressivo di una costruzione è reso dal cosiddetto schema di incidenza (Durante 1981: 181); vale a dire, dall’accostamento di una frase con un verbo di aspetto perfettivo e azione non durativa, e una frase con un verbo di aspetto imperfettivo e azione generalmente durativa, come nell’esempio seguente:
(1) quando hai suonato il campanello stavo guardando la televisione
Quando un processo verbale è invece colto nella sua durata, ossia con focalizzazione durativa, la perifrasi ha valore continuo se l’evento è semelfattivo (cioè si verifica in una sola occasione), ha invece valore abituale se l’evento si ripete con consuetudine. Nel caso più tipico, il valore continuo di una perifrasi è reso da uno schema di contemporaneità (Squartini 1990: 132), ossia dall’accostamento di una frase con un verbo di aspetto imperfettivo e azione durativa, e una frase con un verbo di aspetto perfettivo o imperfettivo e azione durativa, come nell’esempio seguente:
(2) mentre discutevamo sul da farsi, la situazione andava peggiorando
In (3) si ha invece un esempio di perifrasi verbale di aspetto abituale, essere solito + infinito; l’evento descritto dal processo verbale è qui caratterizzato dalla non unicità del contesto situazionale:
(3) tutte le sere sono solito leggere un po’ prima di andare a dormire
Nell’italiano contemporaneo stare + gerundio ha in realtà una sensibile espansione dei valori aspettuali, mostrandosi limitatamente compatibile anche con contesti durativi di carattere semelfattivo, purché il quadro di riferimento temporale non abbia durata determinata (per es., *stava leggendo per tre ore) o struttura ‘densa’ (Bertinetto 1997: 168; per es., *stava leggendo istante dopo istante): può infatti occorrere anche con avverbi di durata e di grado, come negli esempi seguenti (cfr. § 4):
(4) il manoscritto a cui il professor Eco sta lavorando da due anni (da Squartini 1990: 193)
(5) l’uso del laser ad argon si sta rivelando sempre più indispensabile (da Squartini 1990: 199)
Decisamente marcati, e tendenzialmente non ammessi, risultano invece gli usi attestati in contesti durativi con valore abituale:
(6) sto andando tutti i giorni a parlare alla signora (da Bertinetto 1997: 237)
Stare + gerundio mostra poi alcune restrizioni di carattere semantico e morfologico. Tra le prime si possono menzionare l’incompatibilità con i verbi stativi (per es., *sta essendo vecchio, sta stando in piedi; ➔ verbi), salvo che questi siano usati in senso non-stativo (per es., sta avendo successo); l’assunzione di valore imminenziale («stare per») se impiegata con un telico non durativo come verbo principale (ossia con un verbo che denota un evento che si conclude e che è pressoché istantaneo: per es., sto partendo «sto per partire»); la refrattarietà a essere retta da verbi modali (per es., *doveva stargli raccontando una storia; ➔ modali, verbi). Tra le seconde: l’incompatibilità con il passivo (per es., *l’automobile sta essendo riparata); i tempi perfettivi (*è stato camminando) i modi imperativo (per es., *sta’ leggendo!) e, tendenzialmente, infinito (*spero di non stare finendo).
La perifrasi continua andare o venire + gerundio si caratterizza invece per una sfumatura semantica di incrementalità. Ciò la rende da un lato tipicamente accessibile ai verbi telici durativi (cioè a verbi che designano eventi di durata prolungata che hanno una conclusione, come nell’es. 7) e dall’altro refrattaria ai continuativi (per es., *andavo lavorando) e ai telici non durativi; la compatibilità con i continuativi è consentita o dall’inserimento di ➔ intensificatori (per es., andavo lavorando a un ritmo sempre più frenetico) o dalla stessa semantica del verbo, qualora renda esplicita l’intensità di svolgimento dell’evento (per es., andavo raccogliendo consensi), mentre i telici non durativi, per poter essere compatibili con la perifrasi continua, devono essere usati in un’accezione durativa (come nell’es. 8):
(7) la sala si andava riempiendo di gente (da Bertinetto 1991: 138)
(8) ciò che la teologia è venuta mettendo in luce negli ultimi due secoli (da Brianti 1992: 157)
Solo marginalmente può essere usata anche in contesti progressivi:
(9) Marco andava riordinando i propri appunti, quando squillò il telefono (da Bertinetto 1991: 146)
Considerando anche l’effetto detelicizzante che la perifrasi andare o venire + gerundio induce quando applicata a verbi telici (7), si è ipotizzato che la perifrasi possieda una caratterizzazione più spiccatamente azionale, atelica, che non aspettuale (Bertinetto 1995). Può peraltro essere usata anche con tempi perfettivi (8), senza che ciò comporti il completamento dell’evento descritto. È invece incompatibile con i verbi stativi (per es., *andava permanendo).
Le perifrasi modali, nei loro usi principali, esprimono valori resi dal modale dovere. Tra le più frequenti, si possono citare avere da + infinito (per es., ho da fare i compiti) e andare + participio passato. Quest’ultima ha due accezioni, di puro passivo (per es., il libro andò perduto «fu perduto»; ➔ diatesi) e deontica (per es., il muro va ridipinto; ➔ modalità). Nella seconda accezione, la sola propriamente con valore modale, andare + participio passato compare prevalentemente alla terza persona e senza agente, da cui il possibile uso come richiestivo indiretto (➔ illocutivi, tipi; per es., l’articolo va rivisto), e risulta incompatibile con gli intransitivi e con i transitivi non passivizzabili (per es., *la casa va posseduta).
Le perifrasi fasali esprimono una particolare fase dello svolgimento di un processo (per es., comincia a piovere; ➔ fraseologici, verbi). Sono perciò incompatibili con i verbi non durativi e refrattari agli stativi, specie permanenti (per es., *Ivo comincia a provenire da Roma).
Possono essere distinte in quattro sottoclassi:
(a) imminenziali, del tipo di stare per + infinito, essere sul punto di + infinito e accingersi a + infinito, incompatibili con l’imperativo e, eccetto stare per + infinito, con la non agentività e non intenzionalità dell’evento (per es., *la bomba si accinge a esplodere);
(b) incoative, come cominciare (o iniziare) a + infinito, scoppiare a + infinito (compatibile soltanto con piangere e ridere), mettersi a + infinito (compatibile soltanto con soggetti animati: *il libro si mise a divertirmi), e simili;
(c) continuative, quali continuare a + infinito (per es., il vento ha continuato a fischiare tutta la notte), e affini;
(d) terminative, come finire di + infinito, che implica il completamento di un processo, e smettere di + infinito, che ne implica invece un’interruzione.
Le perifrasi fasali richiamano generalmente valori di aspetto verbale (le perifrasi terminative e l’aspetto perfettivo, ad es., rimandano entrambi alla fase terminale di un processo) ma non hanno necessariamente significato aspettuale.
Delle proprietà che definiscono il concetto di perifrasi verbale, citate al § 1, le tre essenziali (a), (b) e (c), sono di carattere categorico, ossia necessarie e sufficienti (se considerate non singolarmente): una costruzione che non risponda contemporaneamente ai requisiti (a), (b) e (c) non può cioè definirsi una perifrasi verbale.
Le proprietà secondarie – (d) desemantizzazione del verbo modificatore, (e) generalizzabilità, (f) coesione sintattica, (g) coesione semantica, (h) pertinenza tempo-aspettuale (cfr. § 1) – rappresentano invece criteri non essenziali, di carattere graduale; il possesso di queste proprietà in grado diverso determina il maggiore o minore livello di ➔ grammaticalizzazione di una perifrasi. In Bertinetto (1990: 344-348) ciascuna delle proprietà da (d) a (h), insieme ad altre minori, dà luogo a una scala di perifrasticità lungo la quale si possono disporre le principali perifrasi verbali italiane; intendendo, ad es., (h) in termini scalari, le gerundivali e le abituali si collocano al polo di maggiore pertinenza tempo-aspettuale, le modali – che esprimono tendenzialmente significati di altro tipo – al polo opposto, e le fasali, per quanto detto al § 2, in posizione intermedia. Considerando le varie posizioni che ciascuna perifrasi occupa rispetto a scale diverse, si ottiene la seguente gerarchia complessiva di perifrasticità:
stare + gerundio > andare (> venire) + gerundio (gerundivali)
> stare per + infinito > abituali > modali > fasali
Procedendo da destra verso sinistra si incontrano costruzioni caratterizzate via via da un grado di perifrasticità (e quindi di grammaticalizzazione) maggiore. Al polo di sinistra si collocano le perifrasi col gerundio, che hanno tra l’altro un alto grado di pertinenza tempo-aspettuale e di desemantizzazione del verbo modificatore. Al polo di destra si collocano invece le perifrasi fasali, che impiegano verbi modificatori con significato pieno (cominciare, continuare, finire, ecc.) e mostrano scarsa generalizzabilità (si pensi a scoppiare a + infinito; cfr. § 2). Tra queste fa eccezione stare per + infinito, più vicina al polo di sinistra, che presenta verbo modificatore desemantizzato (per es., sta per correre) e alta generalizzabilità (non subisce, ad es., restrizioni di agentività e intenzionalità: cfr. § 2).
Delle perifrasi col gerundio, stare + gerundio mostra poi un grado di grammaticalizzazione più avanzato rispetto ad andare o venire + gerundio. Entrambe si caratterizzano per l’alta desemantizzazione del verbo modificatore: si noti, ad es., che stare + gerundio si applica anche a verbi di movimento (come in 6; ➔ movimento, verbi di) e andare o venire + gerundio a soggetti inanimati (in 7), casi che risulterebbero semanticamente incongruenti se il rispettivo verbo modificatore conservasse il senso proprio.
Tuttavia, sia andare + gerundio che venire + gerundio conservano tracce delle proprietà deittiche del verbo modificatore (➔ deittici), eventualmente da riferire a un movimento orientato in senso non più spaziale ma temporale (Brianti 1992: 152 segg.), come in (7), (8) e (9). Andare, che veicola una caratterizzazione più neutra in termini di prospettiva, è nondimeno soggetto a maggiore grammaticalizzazione rispetto a venire, il quale tende a essere impiegato di preferenza con valore di risultato presente (come in 8).
Ulteriori indizi della maggiore grammaticalizzazione di stare + gerundio rispetto ad andare o venire + gerundio provengono dalle relative restrizioni morfologiche e azionali: la prima presenta maggiori incompatibilità di carattere morfologico (con il passivo, i tempi perfettivi, i modi imperativo e infinito; cfr. § 2), il che ne testimonia la perdita di proprietà specifiche della categoria verbo, segno di grammaticalizzazione avanzata; mentre la seconda mostra maggiori incompatibilità di natura azionale (con continuativi e telici non durativi, oltre che stativi; cfr. § 2), il che ne attesta un carattere azionale più spiccato, sintomo di minore grammaticalizzazione (cfr. § 4).
I verbi di movimento andare e venire (al pari di stare) mostrano un processo di ‘ausiliarizzazione’ in corso nelle forme perifrastiche (➔ ausiliari, verbi); rientrano cioè tra quei verbi («semiausiliari»: Giacalone Ramat 1995) che non hanno completato il proprio percorso di grammaticalizzazione, comportandosi in certi casi da verbi lessicali e in altri da verbi ausiliari.
A casi di piena desemantizzazione (7) si accompagnano casi ambigui (10), dove il verbo conserva il proprio valore di movimento e il gerundio può essere inteso con valore di maniera; e a forti segnali di transizione da verbo lessicale a verbo ausiliare, quale la rianalisi della costruzione come unico complesso verbale (prova ne è la risalita dei clitici alla sinistra del verbo modificatore, nell’esempio 11), fanno da contraltare alcuni indizi di conservazione delle proprietà categoriali dei verbi, quale l’ampia gamma di ➔ flessione di tempo, aspetto, modo e persona:
(10) Giovanni andava cercando il gatto per tutta la casa (da Giacalone Ramat 1995: 179)
(11) Paolo lo andava leggendo con grande attenzione (ivi, p. 181)
Mette conto accennare, infine, allo statuto dei ➔ tempi composti, che sono a tutti gli effetti perifrasi verbali che hanno raggiunto lo stadio di piena grammaticalizzazione; nella gerarchia di perifrasticità andrebbero quindi collocate a sinistra delle perifrasi al gerundio. Se i tempi composti vadano inclusi tra le perifrasi verbali è tuttavia in discussione: secondo alcune posizioni, proprio la loro completa grammaticalizzazione, e conseguente integrazione nel paradigma dei tempi verbali, ne sancisce ormai l’appartenenza tout court al sistema morfologico.
Le perifrasi andare o venire + gerundio e, in misura più ridotta, stare + gerundio, sono attestate già agli albori della lingua italiana. In entrambi i casi, fatte salve le tracce di un processo di grammaticalizzazione già avviato, il verbo modificatore conservava più frequentemente significato proprio: in stare + gerundio valore locativo (12) e in andare o venire + gerundio valore di moto (13).
(12) e la madre sua Claudia, istando al sepolcro piangendo Eugenia sua figliola (Fra’ Domenico Cavalca, Vite scelte de’ S. Padri volgarizzate, cit. in Brianti 1992: 241)
(13) vo fuggendo per gravosi cammini in caccia de’ nemici (Brunetto Latini, La Rettorica, cit. in Brianti 1992: 233)
Il successivo sviluppo diacronico, interpretabile anche in termini di percorso di grammaticalizzazione, ha conosciuto modalità spesso comuni alle perifrasi di significato affine delle varie lingue romanze (➔ lingue romanze e italiano), oltre che di alcune lingue europee. Per stare + gerundio, in particolare, e più in generale per la maggior parte delle costruzioni aspettuali romanze formate con un continuatore del latino stare (o essere) come verbo modificatore, si può supporre un’evoluzione diacronica da perifrasi principalmente azionale a perifrasi fondamentalmente aspettuale (Bertinetto, Ebert & de Groot 2000: 540, con adattamenti):
Stare + gerundio è passata ad assumere valore strettamente progressivo (stadio IV) solo nel Novecento (Durante 1981: 180-181, 268-269). Nondimeno, l’attuale espansione aspettuale (§ 2) lascia supporre un timido avviarsi in direzione di una forma puramente imperfettiva (stadio V, non ancora raggiunto da alcuna lingua romanza). La caratterizzazione strettamente progressiva della perifrasi italiana rappresenta del resto un caso eccezionale nel panorama romanzo e parrebbe configurarsi come una condizione instabile.
L’unica altra lingua romanza ad avere una perifrasi verbale dal valore strettamente progressivo è il francese, che dispone di être en train de + infinito (collocabile anch’essa allo stadio IV). Generalmente, invece, perifrasi romanze formate con un continuatore del latino stare (o essere) abbracciano contemporaneamente più stadi, come la spagnola estar + gerundio (stadi III e IV), obbligatoria per quella semantica, o le francesi, di uso infrequente, être après + infinito e être à + infinito (collocabili entrambe agli stadi III e IV).
Sia il francese sia lo spagnolo, così come altre lingue romanze, possiedono poi perifrasi affini ad andare o venire + gerundio, di valore durativo: il francese aller + gerundio, lo spagnolo ir + gerundio, andar o venir + gerundio, llevar + gerundio.
Stare + gerundio ha avuto uno sviluppo diacronico sostanzialmente complementare a quello di andare o venire + gerundio, sia in termini di frequenza d’uso sia quanto a valore semantico (oltre che ad arricchimento o impoverimento morfologico: Squartini 1990). Da un lato, mentre la prima perifrasi diventava sempre più vitale, la seconda assumeva progressivamente una posizione di marginalità; generalmente, è noto, l’aumento della frequenza d’uso è associato al progredire del processo di grammaticalizzazione. Dall’altro, mentre si consolidava l’impiego degli avverbiali puntuali con la prima perifrasi e di quelli di durata e di grado con la seconda, la compatibilità di questa con gli avverbiali puntuali e frequentativi si riduceva sensibilmente (fino a scomparire, nel caso dei frequentativi); gli avverbiali puntuali, va ricordato, comprovano la tendenza di una perifrasi a esprimere valore di progressività, quelli di durata e di grado valore di duratività e di incrementatività, rispettivamente, e i frequentativi valore di abitualità.
Una stessa perifrasi, in varietà regionali differenti, può poi avere restrizioni e valori diversi da quelli sin qui indicati: stare + gerundio, ad es., nell’italiano regionale della Sicilia è compatibile anche con i verbi stativi (come accade in spagnolo) e compare regolarmente in contesti con focalizzazione durativa (14); il che è indicativo di una fase di sviluppo non coincidente con quella che la perifrasi conosce nell’➔italiano standard e neostandard (cfr. § 4).
(14) è da tre ore che sta stando fermo in quella posizione (da Amenta 1999: 100)
Varietà regionali (➔ italiano regionale) dispongono poi di perifrasi verbali proprie, che spesso hanno un grado di grammaticalizzazione (oltre che una frequenza d’uso e un valore semantico) differente da quello delle possibili corrispondenti sia dell’italiano standard e neostandard, sia di altre varietà regionali (Cerruti 2007). È il caso, ad es., delle perifrasi settentrionali essere qui (o lì) che + verbo finito ed essere dietro a + infinito, che, per es., nell’italiano di Torino (➔ Torino, italiano di) presentano, rispetto a stare + gerundio, la prima una più netta caratterizzazione aspettuale imperfettiva e la seconda minori restrizioni morfologiche (è compatibile con i tempi perfettivi); o di stare a + infinito. Quest’ultima, in Toscana e in altre aree dell’Italia centrale, in accezione continua, mostra maggiori restrizioni azionali rispetto ad andare o venire + gerundio (è incompatibile con i verbi telici); o, ancora, di non stare a + infinito, che in regioni come Veneto e Emilia-Romagna ha valore di rafforzativo categorico dell’imperativo, e in altre, come Piemonte e Liguria, ha un significato più specifico, parafrasabile grosso modo con «non darti / non vale la pena di» (per es., non stare a cercarlo).
Amenta, Luisa (1999), Tra lingua e dialetto: le perifrasi aspettuali nell’italiano regionale di Sicilia, «Rivista italiana di dialettologia» 23, pp. 87-111.
Bertinetto, Pier Marco (1990), Perifrasi verbali italiane: criteri di identificazione e gerarchia di perifrasticità, in La temporalità nell’acquisizione di lingue seconde, a cura di G. Bernini & A. Giacalone Ramat, Milano, Franco Angeli, pp. 331-350.
Bertinetto, Pier Marco (1991), Il verbo, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi & G. Salvi, Bologna, il Mulino, vol. 2°, pp. 13-162.
Bertinetto, Pier Marco (1995), Sui connotati azionali ed aspettuali della perifrasi continua (“andare/venire+gerundio”), «Quaderni del Laboratorio di Linguistica della SNS» 9 (http://alphalinguistica.sns.it/QLL/QLL95/PMB_ConnotatiAzionali.htm).
Bertinetto, Pier Marco (1997), Il dominio tempo-aspettuale. Demarcazioni, intersezioni, contrasti, Torino, Rosenberg & Sellier.
Bertinetto, Pier Marco, Ebert, Karen H. & de Groot, Casper (2000), The progressive in Europe, in Tense and aspect in the languages of Europe, a cura di Ö. Dahl, Berlin - New York, Mouton de Gruyter, pp. 517-558.
Brianti, Giovanna (1992), Périphrases aspectuelles de l’italien. Le cas de andare, venire et stare + gérondif, Bern, Lang.
Cerruti, Massimo (2007), Sulla caratterizzazione aspettuale e la variabilità sociale d’uso di alcune perifrasi verbali diatopicamente marcate, «Archivio glottologico italiano» 92, 2, pp. 203-247.
Durante, Marcello (1981), Dal latino all’italiano moderno. Saggio di storia linguistica e culturale, Bologna, Zanichelli.
Giacalone Ramat, Anna (1995), Sulla grammaticalizzazione dei verbi di movimento: andare e venire + gerundio, «Archivio glottologico italiano» 80, pp. 168-203.
Squartini, Mario (1990), Contributo per la caratterizzazione aspettuale delle perifrasi italiane andare + gerundio, stare + gerundio, venire + gerundio. Uno studio diacronico, «Studi e saggi linguistici» 53, pp. 117-212.