Farmaci derivati dell’ammide dell’acido solfanilico (solfanilammide) e di alcune ammidi sostituite, introdotti nella terapia antibatterica da G. Domagk nel 1935 e quasi contemporaneamente da E.F.A. Fourneau e collaboratori. Per quanto tale termine sia tuttora usato prevalentemente per contrassegnare una particolare categoria di chemioterapici, tuttavia esso è estensibile ad altri composti che in tempi più recenti hanno trovato impieghi terapeutici assai diversi. Con la scoperta dell’attività antibatterica dei sulfamidici, la chemioterapia, che aveva già realizzato notevoli successi nelle infezioni da protozoi, ha segnato una delle sue conquiste più notevoli.
Composti azoici contenenti il nucleo della solfanilammide erano stati studiati come coloranti per l’industria tessile già nel 1909, ma solo nel 1932 Domagk riconobbe in un gruppo di coloranti azoici una decisa azione antibatterica. Con il Prontosil rosso (cloridrato di 4-solfanil-2,4-diamminoazobenzene) Domagk introdusse in terapia il primo prodotto chemioterapico antibatterico. Si chiarì presto (J. Tréfouël, J.T. Tréfouël, F. Nitti e D. Bovet) che la parte attiva di questa molecola era rappresentata dalla solfanilammide (p-amminobenzensolfonammide), NH2C6H4SO2NH2, un composto incolore le cui proprietà terapeutiche furono confermate dalla sperimentazione clinica nelle infezioni da streptococchi emolitici, stafilococchi, pneumococchi, meningococchi, gonococchi, Klebsiella pneumoniae, Clostridium Welchii ecc., e successivamente anche da microrganismi infettivi non batterici (virus della psittacosi, virus del linfogranuloma inguinale, agente del tracoma, Actinomyces). Da allora l’opera dei chimici e dei farmacologi si è diretta alla ricerca di corpi più solubili, meno tossici, più specificamente attivi verso gli svariati batteri patogeni. Sostituendo altri nuclei a quello benzenico, variando le posizioni relative dei gruppi −NH2 e −SO2NH2, operando sostituzioni nell’uno, nell’altro o in entrambi i gruppi, si sono ottenuti nell’arco di alcuni anni numerosissimi prodotti. Il controllo farmacologico e clinico ha affermato successivamente l’importanza dei derivati di sostituzione dell’idrogeno dell’amminogruppo ammidico con un secondo gruppo sulfamidico, anche metilato o acetilato (i cosiddetti diseptali), o con radicali eterociclici, quali la solfapiridina (2-solfanilammidopiridina, 1938), il solfatiazolo (2-solfanilammidotiazolo, 1939), la solfaguanidina (solfanilguanidina, 1941) ecc. Più recentemente la chemioterapia sulfamidica è divenuta più agevole grazie alla realizzazione di composti (tra cui la solfametossipiridazina) che, oltre a scarsa tossicità, presentano anche lenta metabolizzazione, consentendo il raggiungimento di concentrazioni plasmatiche sufficientemente alte con bassi dosaggi. Oggi sono pertanto di raro riscontro quei fenomeni tossici (lesioni renali, epatiche, neurologiche, a carico del sistema emopoietico ecc.) spesso osservati nei primi anni della sulfamidoterapia. L’avvento dell’antibioticoterapia non ha arrestato la ricerca, la produzione e lo studio di nuovi e sempre meno tossici sulfamidici, soprattutto in seguito alla dimostrata possibilità di effettuare vantaggiose associazioni terapeutiche con gli antibiotici stessi e alla scoperta di altre interessanti proprietà farmacodinamiche di alcuni sulfamidici: per es., azione diuretica dell’acetazolammide (2-acetilammino-1,3,4-tiadiazolo-5 solfammide), azione ipoglicemizzante di sulfamidici entrati nella terapia del diabete (➔ ipoglicemia).