tamburo e altre percussioni
Un battito infinito
Percuotere un oggetto per ottenere un suono è pratica diffusa in ogni epoca e cultura. Nella musica classica le percussioni sono state poco utilizzate fino a tutto il 19° secolo, per essere poi riscoperte soprattutto per la loro importanza e diffusione nella musica popolare extraeuropea
Il suono che si ottiene battendo le palme delle mani è sicuramente uno dei più antichi che l’uomo conosca. Se però a essere colpiti e a risuonare sono oggetti, allora siamo di fronte a strumenti musicali che, per il modo in cui vengono messi in vibrazione, vengono chiamati a percussione.
In realtà l’uso del termine percussione comprende strumenti assai diversi non solo per forma e per materiale di costruzione, ma anche per il modo in cui viene prodotto il suono.
Vi è infatti una grande differenza se l’elemento che viene messo in vibrazione è un corpo solido dotato di una propria rigidità – come una barretta di legno o un piatto di metallo – o una membrana elastica messa in tensione – come la pelle di un tamburo. Gli strumenti del primo gruppo si chiamano idiofoni, quelli del secondo membranofoni.
Il termine percussione suggerisce l’immagine di un musicista che colpisce la parte sonora di uno strumento con la mano o attraverso un apposito battente – per esempio le bacchette usate nella moderna batteria.
Anche se solitamente si parla di strumenti a percussione non bisogna dimenticare che l’azione del percuotere non è l’unica possibile su idiofoni e membranofoni ed esistono invece molti altri modi per metterli in vibrazione. In alcuni casi, come per le nacchere (in legno) e per i piatti doppi dell’orchestra (in metallo) lo strumento è costituito da due parti poste in vibrazione per urto reciproco. Il suono può poi essere prodotto per scuotimento, come nelle maracas sudamericane, un recipiente che contiene tanti piccoli semi.
Lo scacciapensieri – uno strumento popolare assai diffuso nell’Italia meridionale – va considerato un idiofono a pizzico: il suonatore infatti pizzica con il dito una lamella di metallo che tiene tra le labbra. Anche se i tamburi sono generalmente suonati percuotendo la pelle, ve ne sono alcuni – detti a frizione – dove il musicista agisce strofinando una bacchetta di legno collegata alla membrana.
Agli inizi del Novecento nell’ambito della musica jazz è stata inventata la moderna batteria, che permette al batterista di suonare contemporaneamente diversi piatti e tamburi.
Nella maggior parte dei casi i suoni emessi dagli strumenti a percussione si dicono indeterminati se non producono altezze determinate. Anche tra i membranofoni e gli idiofoni vi sono però strumenti ad altezza determinata. La campana, per esempio, è un tipico esempio di idiofono intonato.
Alcuni idiofoni di questo tipo presentano una serie di barre disposte orizzontalmente, ognuna legata a una nota diversa. È il caso dello xilofono e della marimba (con barre in legno) o del vibrafono (con barre in metallo). In questo modo si ha a disposizione una gamma di suoni che permette di eseguire vere e proprie melodie. Tra i membranofoni sono ad altezza determinata i timpani, grossi tamburi presenti nell’orchestra sinfonica. L’intonazione di questi strumenti cambia con il variare della tensione della pelle. Con un meccanismo analogo alcune popolazioni africane riescono a variare l’intonazione di piccoli tamburi: con questi ‘tamburi parlanti’ è possibile imitare il suono della lingua fra loro parlata e così villaggi anche molto distanti possono scambiarsi brevi messaggi.
Nella maggior parte delle società le percussioni sono strettamente associate al movimento del corpo e alla danza: dalle danze rituali dei Pellirosse ai ritmi complessi ballati nelle società africane, dalla tarantella dell’Italia meridionale accompagnata dal tamburello ai ritmi di marcia delle bande militari.