TEBE (Θῆβαι, lat. Thebae; A. T., 82-83)
Città della Grecia, nella Beozia, situata a circa 200 m. d'altezza, al margine di una pianura interna; è ben più importante per i ricordi del passato che per le sue limitate attività odierne. La città sorge in bella posizione sopra una collinetta alta una cinquantina di metri sulla prossima pianura, nel luogo dell'antica acropoli. Ricostruita dopo i disastrosi terremoti del 1853 e del 1893 (la regione è centro sismico molto attivo) ha aspetto moderno senza interesse. Le strade sono diritte e si tagliano ad angolo retto; qualcuna più larga è abbellita da filari d'alberi. Tre sobborghi (Pyrí, Polygýra e Hágioi Theódoroi) si sono sviluppati sulle falde collinose più vicine alla pianura, ricche di sorgenti; con essi, Tebe conta 7648 ab. (1928). Nel piano è la stazione ferroviaria, sulla linea Atene-Larissa. La città è capoluogo di eparchia e sede di un vescovato ortodosso; ha un museo d'antichità.
Storia. - Le più antiche tracce di abitazione in Tebe risalgono al protoelladico e si sono trovate in uno strato sottostante al cosiddetto palazzo di Cadmo messo in luce dagli scavi recenti Fa seguito lo stadio medioelladico, probabilmente già greco, e infine il tardo elladico, a cui appartiene il cosiddetto palazzo di Cadmo, considerato dal Keramópoullos contemporaneo ai dipinti del più antico palazzo di Micene (data presunta, circa 1400 a. C.). Il palazzo di Cadmo non è naturalmente altro che la residenza regale del periodo protostorico, che la tradizione ricorda confusamente per la rivalità tra Tebe e Orcomeno. In esso gl'influssi commerciali e culturali provenienti direttamente da Creta si associano agli sviluppi autonomi della civiltà continentale: e ne è forse testimonianza maggiore la scrittura, che è derivata dalla minoica, ma con segni nuovi (essa non è ancora decifrata). La tradizione imposta tutta questa fase più antica della storia di Tebe come in genere della Beozia (per maggiori particolari, v. beozia) sulla sostituzione di più antichi abitatori - i Cadmei - con i Beoti provenienti dalla Tessaglia e fa preesistere ai Cadmei altre stirpi, per es., gli Aoni. Sicuro è soltanto che in Beozia l'elemento ionico fu lentamente sommerso dai Beoti; ma sarebbe ingenuo riconoscere le vicende di questa sommersione nei particolari sui Cadmei e sul loro eponimo Cadmo. Fondamento storico ha senza dubbio invece la leggenda dei Sette contro Tebe nel senso che rispecchia la contesa tra Argo e le città alleate contro Tebe, in cui Tebe dapprima vincitrice fu poi sconfitta: può mettersi in rapporto con ciò l'incendio del palazzo di Cadmo, prima della fine del Miceneo, testimoniato dagli scavi, e si noti che il palazzo non fu più ricostruito, ma sostituito con un altro più piccolo. Lo spostamento di centro abitato, a cui può aver dato luogo la sconfitta, è in qualche modo presupposto dal termine certo artificioso di ‛Υποϑῆβαι con cui la città è designata nel catalogo omerico delle navi (Iliade, II, 505).
In sostanza Tebe, fra i centri maggiori della Grecia nel tardo miceneo, riuscì a mantenere la sua posizione in età storica, nonostante i periodi di decadenza, in cui sembra che Orcomeno sia giunta perfino a imporre la sua sovranità su Tebe stessa. Verso il sec. VIII Tebe ha ormai il predominio in Beozia, e l'antica monarchia è già sostituita senza residui da un'oligarchia, sostenuta da un vasto latifondo. Le tracce di un ordinamento aristocratico nell'esercito sono particolarmente forti per la città: il carro fu a lungo strumento di guerra, e ancora nel sec. V esisteva una truppa scelta detta di "guidatori e soldati su carro" (ἡνίοχοι καὶ παραβάται), mentre le relazioni di amicizia e "seguito" tra giovani, culminanti nel giuramento di fedeltà sulla tomba di Iolao (v.), hanno continuato a regolare fino almeno alla battaglia di Cheronea la costituzione della parte più aristocratica dell'esercito, la "sacra schiera", il ἱερὸς λόχος, che interveniva nelle fasi decisive delle battaglie. Lo sviluppo economico e quindi il problema sociale non assunse nella città se non in fase arcaica gli aspetti acuti di altre città greche: l'aristocrazia salvò sé stessa con una redistribuzione di proprietà e con la legge connessa che i privi di figli dovevano continuare con adozione la loro discendenza, che ci vengono testimoniate all'incirca per il sec. VII. Più tardi (sec. VI?) una legge che riconosceva pieni diritti di cittadinanza a coloro che da 10 anni non esercitavano traffici dovette equivalere a un allargamento in favore della nuova aristocrazia del denaro; ma, comunque, l'aristocrazia poté mantenersi, e le vicende posteriori alle guerre persiane la scuoteranno solo per poco e parzialmente.
Il prestigio di questa aristocrazia consisteva, oltre che nella funzione equilibratrice che la potenza tebana ebbe per secoli in Grecia, nel predominio che aveva saputo assicurare alla città in Beozia, trasportando a Tebe il centro della lega, che era in origine nel santuario di Atena Itonia in Coronea. Del processo, avvenuto nel sec. VII, ci dànno la migliore testimonianza le monete federali del VI, in cui compaiono come membri della lega Tebe, Acrefie, Micalesso, Fare, Aliarto, Coronea e Tanagra, nonché forse Oropo, contesa dagli Ateniesi. Resistettero soprattutto Orcomeno, che non sembra sia entrata nella lega prima del sec. V, e Platea, postasi sotto la protezione degli Ateniesi circa il 519 (secondo altri 509): donde un conflitto tra Tebe e Atene concluso con la mediazione corinzia che riconobbe il diritto non solo di Platea, ma di qualunque città volesse, a rimanere fuori della lega. Il principale risultato della lega fu la difesa contro la Tessaglia: una piena vittoria dei Beoti capitanati dai Tebani nel sec. VI contro i Tessali ci è ancora vagamente ricordata.
Le simpatie aristocratiche in Tebe (e della mentalità aristocratica predominante è tipico documento Pindaro) andarono durante il conflitto con la Persia a quest'ultima, la quale in certo modo ereditava la buona relazione di Creso di Lidia con la città. E perciò Tebe, dopo aver dato un contingente di 400 uomini a Leonida, nel 480, passò dopo le Termopoli ai Persiani. Nella battaglia di Platea i Tebani furono a fianco dei Persiani e persero nella sconfitta 300 aristocratici. Il colpo all'aristocrazia predominante fu completato dopo l'assedio dei confederati greci alla città, per cui i capi filopersiani dovettero essere consegnati a furono uccisi. Il trionfante sentimento nazionale greco considerava naturalmente come tradimento l'atteggiamento di Tebe.
Se la lega beotica sia stata allora sciolta permane incerto: l'aristocrazia fu privata del comando in Tebe a vantaggio di una democrazia moderata. E Tebe non fu cacciata dalla Amfizionia delfica solo per l'opposizione di Atene. In linea generale il contrasto incipiente fra Atene e Sparta salvò la città, e più tardi nel 457 Sparta decise di dare man forte a Tebe contro Atene di potenza crescente. Sparta, tradizionale sostegno di oligarchie, appoggiò Tebe democratica nel cacciare gli oligarchici delle altre città beotiche, i quali trovarono rifugio in Atene, tosto sconfitta a Tanagra, ma poi vincitrice a Enofita. Atene distrusse la democrazia a Tebe e restituì gli oligarchici alle loro città; e non cambiò politica se non di fronte all'incipiente collegamento delle oligarchie a suo danno. Per quanto incerti siano i particolari, la reazione antiateniese e filotebana in Beozia fu oligarchica e si concluse con la vittoria di Coronea nel 447. La nuova costituzione della lega beotica sanzionò la supremazia tebana: un terzo del territorio della Beozia era alle dirette dipendenze di Tebe e si accrebbe poi nel 427 con il restante territorio di Platea distrutta: degli 11 dipartimenti in cui fu divisa la Beozia, 4 toccarono (o subito o poi) a Tebe, sicché dei 660 membri del consiglio federale che si radunava a Tebe, 240 erano tebani. Degli 11 capi della lega, i beotarchi, 4 erano naturalmente tebani. Tebe doveva avere anche allora la costituzione interna che poi impose uniformemente alle altre città: considerati come cittadini di pieno diritto solo gli opliti; quattro consigli adunantisi per turno in forma paragonabile fino a certo punto alle pritanie ateniesi; alla testa, magistrato sempre più nominale, l'arconte eponimo, magistrati effettivi tre polemarchi. Degno di nota che la monetazione da federale diventa tebana con un processo analogo a quello della federazione navale di Atene.
Da allora la politica di Tebe è nel complesso contro Atene e solidale con Sparta. Il tentativo tebano di sorprendere Platea e annetterla alla lega nella primavera del 431 costituisce - anche se fallito - uno degl'immediati prodromi della guerra del Peloponneso, in cui la lega beotica è con Sparta. Ma il contrasto tra Sparta e Tebe nei momenti decisivi vale a caratterizzare la collaborazione tra le due potenze: Tebe, distrutta Platea nel 427, rotti a Delio gli Ateniesi, che tentavano d'invadere la Beozia nel 424, fomentata la ribellione in città legate a lei da vincoli etnici, come l'isola di Lesbo, sostenne sempre la lotta a fondo contro Atene, al dilà degl'interessi di Sparta, i quali non volevano che la preponderanza tebana sostituisse quella ateniese. Nel 423 non partecipava all'armistizio, nel 421 non alla pace, sostituita da un semplice armistizio di dieci in dieci giorni. Nel 404 i Tebani chiedevano invano la distruzione di Atene. Ma il dominio spartano, instaurato da Lisandro senza riguardo alla costante collaborazione di Tebe, provocò tosto il rivolgimento: Tebe si avvicina ad Atene, ne aiuta la restaurazione della democrazia, mentre la sua politica sempre filopersiana s'incontra ora con quella di Atene. Nel 395 la cosiddetta guerra corinzia, nata dal rifiuto tebano di accettare la mediazione di Sparta verso la Focide, fa Atene e Tebe alleate. Sparta riusciva tuttavia a vincere (battaglie di Nemea e Coronea), ma senza fiaccare decisamente le avversarie. Solo l'agitazione di un'idea - l'autonomia delle città greche - e il correlativo appoggio della Persia, ora tornata ad avvicinarsi a Sparta, permettono a Sparta di provocare lo scioglimento della lega beotica e quindi di introdurre guarnigioni in parecchie città della Beozia bisognose di sostegno per mantenersi autonome contro Tebe. I conflitti interni tra democratici e oligarchici aiutano Sparta. Il territorio stesso di Tebe era ridotto di Micale e Fare e Platea, e la città costretta a seguire militarmente Sparta. Il rifiuto appunto di Tebe di seguire Sparta nel 382 nella spedizione contro Olinto spinge Sparta al passo estremo di instaurare un governo oligarchico sostenuto dalle armi spartane, che penetrano di sorpresa nella rocca di Tebe, la Cadmea, nell'estate 382. L'oligarchico Leonida prendeva il sopravvento sul democratico Ismenia. La restaurazione della democrazia fu di conseguenza preparata in Atene, con l'aiuto pure di Giasone di Fere e, conseguita nel 379, fu il preludio della reazione ateniese all'egemonia spartana, che si concretò l'anno dopo nella seconda lega navale a cui Tebe aderì. Reazione non solo politica, ma morale, cui l'entrata a tradimento degli Spartani in Tebe aveva dato l'ultimo incentìvo. Gli uomini politici che da allora predominano in Tebe - Pelopida ed Epaminonda - si distinguono per la forte tempra morale. Il loro ambito mentale è però tipicamente limitato alla loro regione, senza nemmeno quella coscienza di rappresentare interessi panellenici propria in senso diverso di Sparta e di Atene. Donde il rapido sfasciamento della collaborazione ateniese-tebana dopo che nel 375 Atene era pur riuscita a costringere Sparta a ritirare i presidî dalla Beozia. La rivalità tra Atene e Tebe, rianimatasi per un vecchio oggetto di contesa, Oropo, assunse forma grave quando i Tebani rioccuparono e ridistrussero Platea e portò in definitiva Atene a una posizione di neutralità nella guerra ormai delineantesi tra Tebe e Sparta. Nelle trattative per una nuova pace nel 371, Tebe pretese infatti di essere riconosciuta alla testa della lega, che essa aveva ricostituito su una base democratica, che accentuava la sua superiorità: perché tutto il "popolo" beotico (probabilmente i soli opliti) avrebbe dovuto adunarsi nell'assemblea federale a Tebe, e quindi vi prevaleva il "popolo" tebano, mentre i beotarchi erano ridotti da 11 a 7 a vantaggio della partecipazione tebana. Sparta rifiutò di venir meno al principio delle autonomie e marciò in Beozia, sicura della vittoria. La tradizionale superiorità degli ordinamenti oplitici spartani era però stata superata dalla tattica dell'ordine obliquo, che su esperienze risalenti alla battaglia di Delio si era venuta elaborando in Tebe; mentre la cavalleria rimasta a far parte efficace dell'esercito tebano assicurava una mobilità maggiore a tale tattica: per di più la pratica unificazione della Beozia diede a Tebe anche la superiorità numerica sulla declinante Sparta. Tutto ciò, che si riassume nella genialità e audacia dei generali, spiega la vittoria tebana di Leuttra (371), e come poi per un decennio le armi beotiche dominassero incontrastate in Grecia, spezzando il Peloponneso, dove l'Arcadia e la Messenia erano contrapposte a Sparta, e penetrando in Tessaglia - sia pure che qui la vittoria di Cinoscefale fosse pagata con la morte di Pelopida (364): Oropo era occupata, Orcomeno distrutta, l'Eubea sottomessa; Delfi e il suo oracolo sotto controllo; una flotta minacciosa creata rapidamente con l'appoggio di Cartagine. Dal logoramento reciproco di Atene e di Sparta sembrava elevarsi una nuova grande potenza egemone.
Di fatto, però, non riuscita la distruzione totale delle forze spartane nella spedizione del 362, che se portò alla vittoria di Mantinea provocò la morte di Epaminonda, l'inconsistenza di un'organizzazione senza capacità ideali di tenere avvinta a sé la Grecia si rivelò presto: torbidi antitebani nel Peloponneso, reazione in Tessaglia ed Eubea; infine, in seguito al tentativo di colpire la Focide per mezzo dell'Amfizionia delfica, la rivolta focese, che diede origine alla decennale guerra sacra (356-346).
Della quale basterà qui richiamare il risultato: Tebe, per sostenersi, nonostante che l'orrore del sacrilegio avesse raffreddato le simpatie degli amici dei Focesi (cioè in particolare di Ateniesi e Spartani), fu costretta ad ammettere e favorire l'intervento in Grecia di Filippo di Macedonia, filotebano almeno in quanto, educato a Tebe, ne aveva appreso l'organizzazione militare. Dalla guerra sacra Tebe usciva vincitrice e di nuovo padrona della Beozia; ma Filippo si arrogava il diritto di essere padrone della Grecia. Donde il lento riaccostamento di Tebe ad Atene, che la politica di Demostene andava da anni predicando; e la vittoria di Filippo a Cheronea nel 338 colpì più ancora Tebe di Atene, perché Tebe fu occupata da guarnigione macedonica ed esclusa dall'egemonia della Beozia. La tragica nemesi della politica tebana, che aveva provocato l'intervento di Filippo, si concludeva nel 335, quando la città, stanca all'annunzio falso della morte di Alessandro si ribellava: rimaneva isolata ed era distrutta da Alessandro, salve le case di Pindaro e del cinico Cratete; così come i cittadini non fuggiti erano venduti schiavi, salvi i discendenti di Pindaro e i sacerdoti.
Solo nel 316 Cassandro deliberava la ricostituzione della città, come suo baluardo nella Grecia centrale; ma nel 313 gli era strappata dalle altre città beotiche alleate di Antigono Monoftalmo o meglio del nipote Polemeo, che la riammisero nella loro lega, senza peraltro posizione egemonica. In seguito alla ribellione di Polemeo ad Antigono, Tebe passò sotto la protezione dell'Egitto, che ne aìutò generosamente la ricostruzione; fu poi, dopo un breve periodo di ritorno a Cassandro, di Demetrio Poliorcete. Dal 301 al 294 rimase accanto ai suoi avversarî; risottomessa nel 294, si ribellava poco dopo una prima volta e nel 292 con tutta la Beozia una seconda. La città fu occupata dopo assedio nel 291-90, ma risparmiata. Nel 287 Demetrio vi era ancora signore, e nel 280 vi è documentato Antigono Gonata. Tebe ha ormai riacquistato l'egemonia sulla lega, e fa di nuovo udire la sua voce a Delfi, ma si tratta naturalmente di forza di terza importanza, travolta dalle vicende maggiori degli stati ellenistici. Nel 245 per la battaglia di Cheronea è costretta a seguire la lega etolica senza farne parte; nel 236 passa a Demetrio II; negli anni successivi oscilla, ma con prevalenza del seguito alla Macedonia. Alla vigilia dell'intervento romano la Beozia, povera, senza più forza militare, divisa da contese interne, era con la Macedonia. Nel 197 Flaminino la fece passare ai Romani. Di nuovo contro i Romani durante l'impresa di Antioco III è presto domata; poi circa il 173-2 la lega beotica si scisse per i contrasti tra romanofili e romanofobi, finché Tebe si diede ai Romani, da cui ebbe soccorso. Nel 146 si associò alla rivolta degli Achei contro i Romani, fu sconfitta a Scarfea, e gravemente danneggiata da Mummio, che disciolse la lega beotica. Da allora fece parte della provincia d'Acaia. Ribelle di nuovo a Roma durante la guerra mitridatica, si sottomise a Silla nell'87 senza resistenza, e perdette metà delle sue terre per punizione. La decadenza precipitò: Strabone la considera già un villaggio; nel sec. II d. C. solo la parte più alta della città (la Cadmea) era abitata.
Fra il sec. VIII e il sec. X, Tebe, superato il periodo delle invasioni barbariche, si venne riprendendo fino ad acquistare, nel sec. XI, una certa importanza e l'aspetto di città. Vi contribuì soprattutto il sorgere e il fiorire dell'industria della seta e delle tintorie di porpora che vi attirò numerosi mercanti stranieri, specialmente ebrei e, più tardi, veneziani e genovesi. Nel 1147 fu presa e saccheggiata dai Normanni di Sicilia i quali, ritirandosi, trassero seco prigionieri molti lavoratori che introdussero a Palermo l'industria della seta. Nel 1205, costituitosi, in conseguenza della conquista latina dell'impero d'Oriente, il ducato di Atene sotto Ottone de la Roche, Tebe ne divenne la capitale. La signoria dei De la Roche si mantenne dal 1205 al 1309 e fu quello il periodo di maggiore prosperità per Tebe. Dopo il breve governo di Gualtiero di Brienne (1309-1311), il ducato fu invaso e conquistato dalla Compagnia Catalana, i cui capi stabilirono la loro sede in Atene. Al dominio catalano-aragonese, durante il quale Tebe ebbe molto a soffrire, successe, nel 1388, quello della famiglia fiorentina degli Acciajuoli, che si mantenne in Atene sino al 1456 e in Tebe sino al 1460, nel quale anno la città fu occupata dai Turchi. Con la conquista ottomana la decadenza, iniziatasi al tempo del dominio catalano e arrestatasi sotto gli Acciajuoli, si accentua rapidamente per la cessazione di ogni commercio e quindi dell'industria della seta. Tebe già nel sec. XVI si era ridotta nuovamente a un misero e trascurabile villaggio. Solo ai nostri tempi essa viene lentamente rilevandosi dalla decadenza.
Per le "leggende (o storie) tebane", v. stazio: Stazio nel Medioevo.
Bibl.: Manca una storia di Tebe: si vedano le storie greche s. v. grecia. Il materiale raccolto da F. Schober, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., V A, col. 1452 segg.