Tecnologie della stampa
Il procedimento xilografico per la riproduzione di scritti e disegni è documentato in Cina fin dal IX sec. d.C. Matrici di legno intagliate a rilievo e cosparse di inchiostro erano impresse su supporti di stampa in seta o carta. In epoche più recenti, nella stessa Cina (XI sec. d.C.), vennero impiegati per la composizione caratteri fusi nell’argilla, mentre quelli in ferro comparvero per la prima volta in Corea, nel XIV secolo.
Procedimenti analoghi si diffusero anche in Europa. Alla metà del XV sec. l’orefice fiorentino Maso Finiguerra realizzò una riproduzione su carta con il sistema calcografico; tuttavia, le prime esecuzioni di stampa, in senso tradizionale, vanno attribuite a Johann Gutenberg considerato il fondatore dell’arte tipografica moderna. A lui viene, infatti, riconosciuto il merito di aver messo a punto le tre componenti necessarie a qualsiasi processo di stampa: (a) la realizzazione dei caratteri mobili di metallo per la composizione della pagina; (b) l’inchiostro a base di lino e nerofumo; e (c) l’adattamento di un torchio a macchina da stampa. Queste importanti innovazioni si propagarono capillarmente per tutto il XVI sec. e coinvolsero, per il disegno dei caratteri, celebri tipografi come Aldo Manuzio a Venezia, cui si deve l’introduzione del corsivo (il cosiddetto italico), e Claude Garamond a Parigi.
L’insigne attività di John Baskerville a Londra e di Giambattista Bodoni a Parma si colloca, invece, alla fine del XVII sec., epoca che vide la nascita di un’altra significativa invenzione, attribuita al tedesco Alois Senefelder: la stampa litografica e la tecnica del riporto, progenitrici della moderna stampa indiretta dell’offset. In quegli stessi anni venne introdotta la prima macchina continua per la fabbricazione della carta.
Solo l’invenzione della macchina piano-cilindrica alimentata a vapore, con il piano di pressione sostituito da un cilindro, nonché l’automazione della composizione – ottenuta, grazie alla fusione di una lega di piombo, con la Monotype (caratteri singoli) e la Linotype (righe complete) – consentirono, nel XIX sec., un sensibile incremento di produttività, rispetto ai tempi operativi del torchio a mano. L’applicazione della fotografia al processo grafico permise, inoltre, di ottenere la forma con processi fotochimici. Entrarono in uso anche le prime macchine litografiche, la prima rotocalco e la rotativa tipografica; mentre la piegatrice automatica, il punto metallico e la brossura, meccanizzarono il settore della confezione.
Nel corso del Novecento, infine, la tipografia ha lasciato il posto alla offset, sia a foglio sia a bobina, si è affermata la produzione rotocalco e si è sviluppato l’uso della serigrafia. Altri cambiamenti sostanziali, che hanno portato a una crescita significativa della qualità della produzione, si registrano anche nella fotoincisione con le lastre presensibilizzate, nell’automazione e nei controlli elettronici delle macchine, oltre che nelle finiture della carta e nella composizione degli inchiostri. Un ulteriore consistente sviluppo in questo settore si è verificato, nella seconda metà del secolo, grazie all’introduzione dell’elettronica e dell’informatica, e l’uso del computer. È stata introdotta la stampa a matrice digitale, mentre la fotocomposizione, lo scanner, e il trattamento integrato della pagina hanno apportato innovazioni radicali nelle lavorazioni di prestampa.
Il secolo scorso ha quindi trasmesso gli esiti di una vera e propria rivoluzione che, tuttora in corso, non cessa di imporre nuovi scenari.
Prima della completa informatizzazione elettronica della prestampa, verificatasi alla fine del secolo scorso, le lavorazioni di preparazione dell’impianto erano ripartite in diverse competenze: (a) l’acquisizione dei testi, sia pur con moderni sistemi di fotocomposizione; (b) la fotoriproduzione delle immagini a mezzo di scanner a tamburo; (c) l’impaginazione, che forniva le pellicole per le operazioni di montaggio e di fotoincisione.
Oggi questo flusso di lavorazione può essere risolto in un’unica stazione informatica, utilizzando idonei programmi applicativi in funzione di una maggiore opportunità operativa. In sostanza, le lavorazioni che procedevano affiancate si sono congiunte in quanto tutti i dati sono resi omogenei dalla digitalizzazione dei linguaggi del desktop publishing. Si è prodotta in tal modo una rivoluzione tecnologica che, oltre a investire tutte le fasi di prestampa – a partire dalla redazione e dalla creatività grafica per arrivare alla formatura ottenuta direttamente dai dati digitali del computer – ha congiunto applicazioni in precedenza frazionate, che vengono complessivamente gestite da sistemi computerizzati e integrati.
Tale sistema è gestito da postazioni di lavoro, costituite generalmente da computer Apple Macintosh, atte ad acquisire dati in memoria e a masterizzarli. Esse sono collegate a scanner e ad altri sistemi di entrata (input) per operazioni di scansione delle immagini, ritocco, impaginazione, imposition, e a una stazione server che svolge funzioni di servizio per l’archiviazione dei dati e la gestione dei collegamenti in rete. In tal modo si provvede alla distribuzione degli elaborati verso postazioni periferiche di uscita (output). Il flusso che utilizza in collegamento queste risorse è finalizzato alla preparazione di un file conclusivo (PDF, Portable document format): esso sintetizza tutti gli elementi in entrata che sono espressi in dati digitali, elaborati e convertiti – per quanto riguarda le illustrazioni – nei dati complessivi di lettura in uscita della periferica di stampa.
L’immagine, fotografica o informatica, scomponibile nel dato digitale minimo del , si configura come un’aggregazione che forma una griglia (raster), ossia la bit-map, dove il bit rappresenta l’infinitesima parte della memoria di un calcolatore e di conseguenza il peso informatico di un’immagine. Anche se macchine fotografiche digitali e file di importazione delle immagini sono sempre più ricorrenti nelle lavorazioni di prestampa, lo scanner (calcolatore elettronico computerizzato), nella sua aggiornata versione in piano, provvede ancora in modo qualificato alla scansione del colore. Dall’elaborazione numerica di separazione si ricavano le informazioni sui valori cromatici e chiaroscurali dell’immagine, che sono calcolati per ciascun pixel, comunemente misurato in DPI (Dots per inch): punti per pollice, pari a cm 2,54.
Per la riproduzione a stampa dell’immagine sorge l’esigenza tecnica della retinatura e quindi della sua lineatura, ossia del numero di linee di punti di , misurabili sempre in pollici (LPI, Lines per inch).
DPI, LPI, pixel e retino, sono funzionali alla risoluzione di scansione che deve essere adeguata alle condizioni di stampa: entrambi concorrono alla rasterizzazione, cioè alla definizione della griglia bit-map.
La qualità di riproduzione di un’immagine risulterà quindi condizionata da diverse variabili, a prescindere dall’idoneità dei supporti cartacei e degli inchiostri, e dalla funzionalità dei dispositivi di stampa: (a) tipo e formato dell’originale; (b) risoluzione della scansione dello scanner; (c) lineatura del retino.
La separazione del colore si fonda, per la sua riproduzione, sulla scomposizione della luce nelle diverse colorazioni dello spettro e sugli effetti di possibili miscelature. La tecnica si basa sulla proprietà delle tre luci primarie: red, green, blue (RGB) che, fungendo da filtri nella combinazione di ognuna con le altre (sintesi additiva), danno luogo alle rispettive colorazioni complementari del cyan, magenta e yellow (sintesi sottrattiva). I tre colori RGB originali sono validi a video, ma per l’utilizzo a stampa la loro conversione numerica nell’inchiostrazione del ciano, magenta e giallo genera una tricromia che risulterà piatta, carente nelle zone scure (i grigi) e priva di disegno. Da qui la soluzione di separazione in quadricromia (CMYK, Cyan, magenta, yellow, black) che introduce, secondo modalità diverse, un’opportuna calibratura del colore nero, la cui incidenza va a sostituirsi proporzionalmente nelle zone neutre dei tre colori dell’illustrazione. Ne risultano profondità e disegno maggiori, nonché un risparmio di inchiostri nella loro sommatoria comparativa.
Le informazioni dell’immagine espresse in pixel e codificate in un formato di registrazione per il processore della stampante (RIP, Raster image processor), vengono tradotte dal laser del dispositivo di scrittura nell’attribuzione del retino, quale interpretazione dei passaggi tonali di mezza tinta. Si ottiene: (a) la lineatura, ossia il numero di file di punti per centimetri o pollici (60/80 linee/cm); (b) la compattezza del retino misurabile in valori percentuali (retini slacciati fino al 50% e allacciati oltre); (c) la forma, a punto quadrato (frequente, ma scadente per la morbidezza), rotondo (stampabile, ma scarso nelle tonalità terminali), e romboidale (di buona stampabilità generale); (d) l’inclinazione necessaria alla quadricromia, diversa per ogni colore e misurata sulla diagonale dei punti; (e) l’ampiezza dell’area del punto di retino, che aumenta progressivamente dalle zone chiare a quelle grigie e scure per evidenziare i passaggi chiaroscurali.
La retinatura stocastica privilegia una modulazione di frequenza di punti nella stessa area, sostituendo una quantità di punti di valore corrispondente alla diversa grandezza del punto singolo. Rispetto alla retinatura tradizionale, tutti i colori possono essere retinati con la stessa inclinazione, si evitano possibilità di moiré, scompare la rosetta e si possono sovrapporre altri colori alla quadricromia. Il dettaglio complessivo dell’immagine risulta in tal modo più uniforme e la risoluzione di scansione può essere più bassa rispetto a quella usata per il retino tradizionale. Si possono, tuttavia, incontrare difficoltà nello sviluppo del film, nella copiatura su lastra e nello sviluppo delle lastra; inoltre, non esistono prove di colore digitali o tradizionali che possano trovare una corrispondenza nel sistema di retinatura stocastica.
Le differenze di valori cromatici, percepibili nei raffronti durante il flusso del lavoro, impongono l’esigenza di una corrispondenza finalizzata a letture compatibili.
L’evoluzione tecnologica affronta queste problematiche che sono alla base delle caratteristiche colorimetriche delle singole strutture e dei singoli interventi produttivi. Appropriati software di CSM (Color management system) sono dedicati a controllare e omogeneizzare i connotati dei rispettivi , sia in fase di input (scanner, file di importazione immagini, monitor), sia in fase di output (stampante di prova, macchina di stampa).
Anche gli altri elementi grafici che concorrono, oltre alle immagini, alla realizzazione di uno stampato, trovano utilizzabili nel desktop publishing diversi formati di importazione, di elaborazione, di impaginazione e di registrazione. Sono tante le opzioni rese disponibili da evoluti software, ognuno con linguaggi appropriati per la gestione di tutte le fasi del flusso grafico, secondo modalità diverse e programmi, comunque, compatibili con ogni operazione.
I programmi di grafica vettoriale integrano quelli di impaginazione per tutti i grafici di forma propria: disegni, decorazioni, tabelle e caratteri di testo, rappresentati come comandi di tipo matematico non rientranti nella bit-map, a differenza delle illustrazioni che sono rappresentate come l’insieme dei punti che le costituiscono. Formati come TIFF e JPEG sono utilizzati per immagini, mentre EPS e PostScript registrano elementi sia vettoriali sia raster.
Il linguaggio di descrizione Adobe PostScript unifica nella registrazione della pagina elementi di testo vettoriali con elementi illustrativi masterizzati ed è quindi utilizzabile per l’output diretto su periferiche. Programmi, come l’Adobe Photoshop, consentono di lavorare sulle immagini sia per funzioni di ritocco sia di controllo qualitativo. I tanti programmi di impaginazione, quali Adobe InDesign, PageMaker, QuarkXpress, in pratica, oltre ad assolvere tutti gli aspetti di formattazione del testo, provvedono all’assemblaggio con altri elementi grafici presenti nella pagina. Riscontrano le font dei caratteri, la loro spaziatura nella riga, gli accapi, l’ortografia anche multilingua, gestiscono le modifiche di composizione e l’assetto complessivo delle componenti di impaginazione, creano le pagine mastro per l’impostazione generale dell’impaginato. Sono, inoltre, programmi aperti che creano la pagina rimanendo suscettibili di verifiche (sormonti e abbondanze) e di controlli relativi all’importazione di file di diversa natura.
Il formato PDF, in cui confluisce l’impaginato completo e definitivo, mantiene inalterati tutti gli elementi del documento. Il suo linguaggio descrittivo può passare al RIP, ossia a un calcolatore che opera la conversione di tutti gli elementi nella bit-map che la stampante utilizza. In sostanza, quest’ultimo uniforma gli elementi grafici e quelli illustrativi già rasterizzati in un file a bit-map, masterizzando la pagina secondo la risoluzione e la retinatura appropriate all’uscita, che può riguardare supporti e dispositivi di natura diversa (carta, pellicole, lastre, soluzioni di computer to film o computer to plate). Per ragioni di controllo e di alleggerimento del processo di stampa, il sistema prevede una conversione dei documenti in un PDF raster/vettoriale – utilizzato per stampa di bozze, prove e cianografiche digitali – da inviare successivamente al RIP per la fase di rasterizzazione e l’uscita ad alta risoluzione, compatibile con la formatura e la stampa.
L’imposition consente l’assemblaggio elettronico delle pagine secondo la foliazione di macchina e la sequenza prevista, compresi i segni di piega e taglio e le scale di controllo colore.
Anche le prove di colore competono alla fase di prestampa e risentono delle innovazioni attualmente apportate a questo settore. Sono in linea di massima riassumibili in: (a) prove digitali ottenute direttamente dal file mediante stampanti ink-jet a inchiostro liquido, molto utilizzate da postazioni complete di RIP per la produzione del digital cromalin; (b) prove derivate dall’integrazione del procedimento plotter come prove colore ad alta definizione e, in bassa risoluzione, per la cianografica del foglio di macchina; (c) prove laser a colori prodotte a toner con il sistema della fotocopiatrice per usi diversi.
I procedimenti di stampa, ognuno caratterizzato da logiche attuative compatibili con le tipologie e i diversi utilizzi del prodotto, realizzano la riproduzione iterativa dei grafici di una matrice tramite l’inchiostrazione. È un compito per il quale la macchina da stampa, nelle sue articolate peculiarità, ha una fondamentale importanza in quanto condiziona la versatilità d’impiego, la qualità ottenibile, nonché la capacità ed economicità produttiva.
Le operazioni essenziali al suo funzionamento sono ottimizzate dal rapido e preciso montaggio della forma di stampa, dall’accurato e costante posizionamento del supporto durante la tiratura e la sua scorrevolezza dall’ingresso all’uscita, dalla costante e controllabile inchiostrazione della forma e dalla regolazione della pressione. A queste operazioni si contrappongono, in termini di efficienza, i seguenti dispositivi: (a) il gruppo di alimentazione del supporto; (b) gli organi di registro; (c) il gruppo di inchiostrazione e la strumentazione di controllo cromatico; (d) gli organi di pressione; (e) gli organi di uscita del supporto stampato.
La diversità dei procedimenti si fonda, con diverse applicazioni, su due fattori basilari: la struttura della forma e la tecnica di pressione. La prima classifica le tipologie di stampa, la seconda distingue la stampa diretta da quella indiretta. Nella stampa diretta l’immagine sulla forma sarà rovesciata, per una lettura dritta, speculare sul supporto, mentre su quella indiretta l’immagine dritta sulla forma si rovescia sul cilindro intermedio, per raddrizzarsi nel passaggio sul supporto.
Rispetto alla forma, i procedimenti grafici a impatto possono essere di tipo rilievografico, incavografico, planografico, e permeografico.
Questo processo, che utilizza una matrice con i grafismi in rilievo rispetto alle zone non stampate (contrografismi), è stato impiegato per diversi sistemi di stampa, diretta e indiretta.
Tipografia. - Ha dato origine all’industria grafica e impiega – in modalità diretta – forme rilievografiche, quali piombo di composizione e cliché, con ottimi risultati soprattutto su supporti di patinata lucida. Le macchine da stampa sono: (a) le platine, con la pressione del piano mobile sul piano fisso; (b) le piano-cilindriche con la pressione sul foglio tra il cilindro e il piano di forma; e (c) le rotative, con la pressione tra due cilindri rotanti, uno con la forma inchiostrata, l’altro con il foglio o la bobina. Con l’avvento delle applicazioni fotografiche per la fase di preparazione e l’affermarsi dell’offset, il suo impiego è venuto progressivamente scemando.
Flessografia. - Un procedimento di stampa diretta utilizza forme morbide, elastiche e flessibili, dalla gomma ai polimeri fotogenerati. Stampa su supporti molto diversi per spessore e finitura superficiale e impiega quasi sempre macchine rotative di grossa dimensione che dispongono in linea di unità di finissaggio, quali fustellatrici, elementi di piega e di verniciatura. La pressione è esercitata da un pressore centrale molto grande intorno al quale sono disposti gli elementi di stampa che arrivano fino a 8÷10 colori. Il sistema di inchiostrazione è affidato al rullo anilox: un cilindro inciso che immagazzina nelle cellette l’inchiostro da trasferire sulla forma in rilievo dosandone la giusta quantità. Questa particolare tecnica presenta similarità con il sistema rotocalco e incontra sempre più favore sul mercato, grazie all’espansione dell’industria dei contenitori e dell’imballaggio.
Letterset. - Nato negli Stati Uniti negli anni Settanta con l’intenzione di coniugare il processo in rilievo della tipografia con il sistema di stampa indiretta proprio dell’offset. La forma da stampa è una lastra fotopolimerica su supporto metallico che, tramite il tessuto gommato, trasferisce i grafismi sulla carta senza usare l’acqua di bagnatura. Gli inconvenienti che si sono verificati, ma soprattutto i progressi fatti dall’offset in termini di semplicità, economicità e qualità delle lastre presensibilizzate, oltre al miglioramento del sistema di bagnatura, hanno fatto sì che questo procedimento sia praticamente scomparso.
Xilografia. - Si tratta del più antico processo di stampa – impiegato nei primi decenni del Novecento da artisti liberty e impressionisti per raffinate produzioni artistiche – che attualmente continua a essere utilizzato solo in ambito artistico. È un sistema a impatto rilievografico: la stampa si ottiene direttamente da forme di legno incise manualmente di spessore corrispondente all’altezza del carattere tipografico, facendo uso di torchi tipografici.
Stampa a caldo. - Un altro sistema di stampa diretta a impatto con forma rilievografica, praticamente un cliché. Il trasferimento dell’elemento di contrasto dai nastri in bobina è ottenuto con l’effetto combinato di calore e pressione. La macchina tradizionale è la platina, anche se esistono macchine automatiche di maggior formato a resa plurima. Il nastro di varia larghezza, impiegato nella lunghezza necessaria a ogni stampata, è collocato tra la forma fissata sul piano della platina, riscal-data da resistenze elettriche, e il piano di pressione.L’elemento di contrasto termotrasferibile è composto da un supporto, normalmente in poliestere, e da uno strato di separazione in cera trasparente che, sciogliendosi, permette il distacco e l’adesione dello strato colorato. La varietà delle colorazioni conferisce effetti suggestivi ai diversi prodotti grafici.
L’uso di forme piane o cilindriche con i grafismi incavati rispetto alle zone non stampate caratterizza altri processi di stampa, diretta e indiretta.
Rotocalcografia. - È un processo di stampa diretta costituita da un cilindro d’acciaio rivestito da uno strato di rame, sulla cui superficie viene prodotta una serie di microincisioni (cellette o alveoli) secondo procedure elettronico-meccaniche e un successivo trattamento di cromatura.
Nuove tecnologie di incisione utilizzano un sistema laser supportato da un’elaborazione digitale su superfici non più di rame, ma di zinco e cromo. La preparazione del cilindro richiede comunque la massima attenzione, poiché una superficie non perfettamente liscia danneggerebbe le operazioni di stampa. Il cilindro, nel corso della sua rotazione, raccoglie su tutta la superficie l’inchiostro che si deposita nelle cellette dei grafismi separate tra loro da una rete di sottili pareti, sulle quali poggia un dispositivo strisciante, la racla, che provvede ad asportare l’inchiostro dalle zone dei contrografismi. Contemporaneamente, l’inchiostro viene trasferito, mediante la pressione di un rullo di gomma, dagli incavi sul nastro di carta che, a sua volta, viene trascinato dal cilindro.
La stampa rotocalco, che ricopre circa un quarto della produzione grafica mondiale, consente (a) elevate velocità di stampa; (b) formati grandi e variabili; (c) inchiostri a bassa viscosità e a rapida essiccazione; (d) carte molto leggere; (e) supporti diversi non assorbenti e lisci, come laminanti plastici. Tuttavia, la complicata griglia incavografica della forma può determinare scadente qualità nella riproduzione di testi ed elementi al tratto, e la formatura costituisce, inoltre, un impiego gravoso, anche economicamente. Le sue applicazioni più generalizzate sono riviste e cataloghi illustrati a preminenti contenuti iconografici e di lunga tiratura, nonché imballaggi flessibili di qualità. Le rotocalco incorporano gruppi di piegatura specifici in funzione sia del formato macchina, sia del numero e tipo di pieghe che permettono di ottenere rispetto alle segnature richieste dalle caratteristiche della commessa.
Calcografia. - Presenta metodologie e applicazioni diverse realizzate con tecniche di incisione manuale e con applicazioni di tecniche chimiche o meccaniche su lastre di rame o zinco, allo scopo di ricavare matrici incavografiche destinate a stampe dirette per mezzo di inchiostri ad alta densità. Nella calcografia artistica l’incisione viene eseguita manualmente con bulini e punte di acciaio oppure ad acquaforte, acquatinta e vernice molle, attraverso svariati interventi e prolungati passaggi chiaroscurali che conferiscono risultati notevoli ed esclusivi. Anche l’inchiostrazione avviene manualmente mediante un tampone che riempie le parti incise, seguito da materiali assorbenti che puliscono le zone neutre. La lastra viene posta sul piano del torchio calcografico che, per effetto della pressione esercitata da un cilindro, stampa foglio per foglio.
Nelle tecniche di incisione fotochimica o meccanica al pantografo, l’inchiostratura incavografica e la ripulitura della lastra vengono realizzate nello stesso modo. Platine di piccolo formato sono impiegate, utilizzando la pressione tra i due piani che le costituiscono, per stampe pregiate di cartoncini di auguri, carte intestate di lusso, diplomi e altre varietà similari.
Una versione particolare del processo calcografico è utilizzata per la stampa di cartevalori, tra i quali assegni bancari, titoli azionari, banconote. Per questo genere di stampati, in cui la peculiarità del supporto cartaceo e l’esigenza di evitare falsificazioni sono di primaria importanza, vengono combinati accorgimenti e tecniche più difficili da contraffare. Pertanto, alla calcografia si aggiungono procedimenti di offset e tipografici supportati da fabbricazioni dedicate di carte e inchiostri.
Tampografia. - La stampa a tampone utilizza anch’essa una forma incavografica piana con tecnica indiretta e inchiostro fluido. Il tampone preformato in gomma morbida, adattabile a forme diverse, rende possibile la stampa su supporti sagomati di materiali eterogenei. Secondo la tecnica di riserva della racla, l’inchiostro è trasferito dalla forma incisa sul tampone che, a sua volta, lo riporta (in successione per la stampa a più colori) sull’oggetto collocato su un alloggiamento predisposto.
Si caratterizza per l’utilizzo di una forma con i grafismi giacenti sullo stesso piano delle zone non interessate alla stampa, che vengono escluse dall’inchiostrazione attraverso un trattamento a base fisico-chimica.
Offset. - Caratteristico processo di stampa planografica a pressione indiretta, in cui l’immagine inchiostrata della forma, prima di trasferirsi sulla carta, subisce un passaggio intermedio su un cilindro; il suo tessuto gommato si adatta meglio di qualsiasi altra struttura rigida a riportare l’immagine sulle diverse superfici dei supporti. La fase preliminare di esposizione sulla matrice è avviata dai flussi operativi originari, tradizionali o computerizzati. Il percorso tradizionale dalle pellicole alla cianografica, attraverso il tracciato e il montaggio manuale, è sempre meno usato e sostituito dai procedimenti computer to film e computer to plate che, per via digitale, si collegano al RIP del file impaginato, all’imposition e alla ciano digitale.
L’alluminio, di cui sono costituite le lastre, è un metallo idrofilo che, una volta inumidito, rifiuta i grassi. Nelle lastre presensibilizzate più usate, trattate con un sottile strato di resina fotosensibile, si determina, attraverso l’esposizione, la solubilizzazione della resina nelle zone colpite dalla luce (contrografismi), fissate dalla bagnatura. L’alluminio della lastra, inoltre, per meglio rispondere alle esigenze del procedimento, prevede un trattamento di elettrogranitura che rende ruvida la superficie, in funzione dell’efficienza sia della bagnatura sia dell’ancoraggio della sostanza lipofila, e, successivamente, un trattamento di anodizzazione.
Il funzionamento del procedimento offset si basa quindi su due fattori principali. In primo luogo, sullo stato superficiale fisico-chimico della lastra: i grafismi sono riservati dalle zone lipofile presensibilizzate, rispetto ai contrografismi ottenuti a mezzo della bagnatura; in secondo luogo, sull’assenza di contatto diretto tra forma e carta: l’uso del caucciù – un materiale comprimibile di maggiore sensibilità – genera, infatti, la pressione necessaria a trasferire l’inchiostro dalla forma al supporto cartaceo.
La macchina offset a foglio maggiormente impiegata nei settori commerciale, editoriale e cartotecnico, presenta una struttura basata su tre nuclei principali: (a) il dispositivo di entrata dei fogli da introdurre alla stampa (mettifoglio, organi di registro, pinze oscillanti); (b) gli elementi di stampa, resi funzionanti dai gruppi di bagnatura e inchiostrazione, dai cilindri porta forma, porta caucciù e di pressione, e dagli organi di trasferimento; (c) gli organi di uscita destinati a comporre la pila dei fogli stampati.
Data la velocità di stampa, le macchine moderne hanno in dotazione un forno asciugatore a calore e un gruppo verniciatore che ha lo scopo di proteggere lo stampato. Dispositivi e sistemi di preregolazione e controllo, operazioni automatizzate ed eseguite sulle tastiere della console, controllano qualunque fase del suo funzionamento: (a) la regolazione in fase di avviamento dei calamai dell’inchiostro e della sua densità, del registro e della pressione di stampa; (b) la preregolazione del formato e del gruppo inchiostrante; (c) il dispositivo di macinazione data l’alta viscosità dell’inchiostro offset; (d) il controllo automatico e la gestione computerizzata della densità di stampa durante la tiratura, che è rilevata con densitometri a scansione sulla scala colore che il foglio di stampa riporta.
Le macchine a foglio mono e pluricolori, generalmente 5 o 6, sono disponibili anche a più elementi stampa. Sono impiegate macchine che, dotate di un dispositivo di vultura, consentono la stampa in contemporanea della bianca e della volta di uno o più colori. I fondamentali vantaggi dell’offset a foglio, rispetto alla rotativa, sono rappresentati dall’enorme versatilità nell’impostazione dei formati e dall’adattabilità a tutte le tipologie di stampati, alle caratteristiche dei supporti cartacei e, di conseguenza, a programmi produttivi estremamente diversificati. La semplificazione dell’avviamento si adatta, inoltre, alle basse tirature.
Anche la rotativa offset a bobina trova enorme impiego nonostante alcuni inconvenienti: il costo della macchina molto elevato e, vista la sua complessità, tempi più lunghi di avviamento, più scarti di stampa e fermi macchina per rottura di carta. La sua struttura a formato fisso condiziona, inoltre, le dimensioni e la foliazione delle segnature. Di contro, le alte velocità di tiratura, i risparmi sul costo della carta in bobina, inferiori a quello dei fogli rismati, la possibilità di utilizzare carta di qualità inferiore e di grammatura minore, ma soprattutto la piegatrice in linea che produce in successione segnatu-re stampate già piegate, oltre al forno ad aria calda incorporato per l’essiccazione istantanea dell’inchiostro, costituiscono innegabili vantaggi. Per questi motivi l’offset assorbe circa la metà della produzione grafica mondiale.
Direct-litho. - Si tratta di un altro procedimento planografico con stampa diretta e lastre ottenute secondo la stessa tecnica dell’offset, con l’unica differenza di riportare i grafismi al contrario. Nasce negli Stati Uniti nel secolo scorso per poter utilizzare una rotativa tipografica impiegando lastre planografiche, in particolare, per la stampa di giornali, e trova ancora qualche applicazione in alcune macchine a bobina.
Stampa litografica. - È la prosecuzione del sistema tradizionale inventato da Senefelder nel 1796 da cui è derivata la moderna lito-offset, tuttora applicata nel campo delle stampe artistiche. Essa consiste, per quanto riguarda la matrice, in una particolare pietra calcarea sulla cui superficie si interviene per la composizione di testi e immagini con varie tecniche manuali: incisioni a penna con inchiostro grasso o a matita grassa. Tutto è riportato alla rovescia, essendo la litografia un procedimento diretto di impressione. Le necessarie riserve vengono risolte con sostanze lipofile che le rendono ricettive all’inchiostro e repellenti all’acqua, in contrapposizione alle zone non interessate che, opportunamente trattate, favoriscono la bagnatura impedendo l’adesione dell’inchiostro.
Nel corso dell’Ottocento e fino all’inizio del secolo successivo, con questo sistema si ottennero illustrazioni di libri e di manifesti pubblicitari, nonché stampe d’arte a colori anche a opera di prestigiosi autori, quali Goya, Toulouse-Lautrec, Matisse, Chagall, Picasso e De Chirico.
Utilizza forme di stampa consistenti in tessuti a maglie fitte permeabili all’inchiostro e rese impermeabili nelle zone non interessate dalla stampa.
Serigrafia. - Il classico procedimento permeografico che trova significative applicazioni sia in campo artigianale e artistico sia industriale, per la sua adattabilità a soluzioni manuali e automatiche tanto nella preparazione della formatura quanto nella peculiarità del suo sistema di stampa. Il tessuto predisposto a trasferire il soggetto da stampare, inizialmente di seta, è oggi composto da fibre sintetiche monofilamento con struttura superficiale liscia, tale da permettere la permeabilità dell’inchiostro meglio della composizione multifilamento della seta. Dallo spessore e dalla densità dei fili dipendono rispettivamente lo spessore di inchiostro stampato e il dettaglio dei grafismi riportati. Il tessuto montato su telaio è teso, ma impercettibilmente distanziato dal supporto sottostante; nell’istante della stampa una racla di gomma opera una leggera pressione per il passaggio dell’inchiostro. La tensione del tessuto, cessato il passaggio pressorio della racla, provvede automaticamente al distacco immediato dal supporto, evitando sbavature ai bordi dei grafismi.
La serigrafia offre parecchie opzioni nell’impiego del contrasto di stampa, permettendo inchiostrazioni anche a spessori elevati, le cui caratteristiche di coprenza e di resistenza alla luce sono confacenti a diverse specifiche applicazioni. Si presta inoltre a qualunque tiratura e a qualunque formato, nonché a stampare su qualsiasi tipo di supporto anche fragile, come il vetro. Dispone di macchine piane, piano-cilindriche e rotative particolarmente adatte a stampare in continua tessuti, carte da parati e simili.
Il digital printing è un procedimento senza impatto che, non utilizzando una forma analogica, si serve di un documento digitale ripetuto per ogni copia stampata (computer to paper). Limita la velocità di tiratura ma consente tirature anche minime per esigenze immediate. Ha comunque raggiunto considerevoli livelli produttivi sia nella stampa a foglio sia a bobina. Il principio su cui si basa il funzionamento di una stampante digitale è il sistema elettrofotografico.
Il procedimento al quale si è ultimamente pervenuti e il più comunemente adottato, agli effetti dell’esposizione, è quello espresso dalla tecnologia LED (diodo foto emittente). Un cilindro, caricato elettrostaticamente, ruota a velocità costante e su di esso, durante la rotazione, i LED espongono le informazioni digitali inviate dal RIP. Le parti esposte arrivano al dispositivo di sviluppo, all’interno del quale è presente una miscela di toner con particelle di ferro e acciaio che, per mezzo della magnetizzazione, trasferiscono il toner sul cilindro. La procedura più confacente al risultato qualitativo è, anziché il sistema diretto, il transfer belt che trasferisce su un telo di tessuto gommato i quattro toner della quadricromia per riportarli, in una sola passata, sulla carta da stampare. Segue, come ultima fase del ciclo, la fusione del toner mediante calore. La modalità più usata è quella a mezzo di un piccolo cilindro riscaldato all’interno da una lampada e rivestito da una sostanza elastica, che è sottoposto alla pressione di un altro cilindro: dall’azione combinata di calore e pressione, coadiuvata da una lubrificazione che favorisce l’adesione, il toner si fissa sulla carta.
Nella stampa digitale la carta condiziona molto la qualità: il valore di umidità della carta non dovrebbe superare il 6% per non creare difficoltà di tipo elettrostatico; la finitura superficiale più è liscia, migliore sarà l’adesione del toner. Altre cautele riguardano la struttura della fibra che non deve procurare trasparenze dovute alla maculatura per pigmentazione difettosa e la necessità di evitare inconvenienti di spolvero del supporto. Industrie specializzate nella produzione di supporti non cartacei hanno introdotto sul mercato prodotti specifici per la stampa digitale, tra i quali pvc e supporti adesivi trasparenti.
Anche in questo settore la terminale di stampa è coordinata dal dispositivo elettronico, il RIP, che ha il compito di ricevere il file da stampare dalla postazione di lavoro per interfacciarlo al corrispondente dispositivo di scrittura. Da questa ovvia considerazione deriva che la gestione delle stampanti comporti attenti controlli e calibrazioni in adeguamento alle prescrizioni del RIP; quest’ultime vengono attuate, soprattutto rispetto alla linearizzazione della stampa con calibrazione densitometrica, attraverso la lettura delle tacche di colore presenti sulla pagina, e la calibrazione colorimetrica che si riconnette allo spettrofotometro abbinato al software di profilatura.
La logica produttiva ha reso disponibili per le stampanti attrezzature complementari di allestimento degli stampati. Possono essere in linea oppure indipendenti: le prime sono maggiormente indicate per lavori di tiratura elevata in cui si usa lo stesso formato carta e la stessa foliazione a fronte di un solo sistema di stampa; quelle indipendenti, ottime per piccole e medie tirature, possono servire invece più unità di stampa e risultano più versatili nelle diverse tipologie di allestimento, quali taglio, piega, cordonatura, cucitura a punto metallico, brossura cucita e fresata, verniciatura e plastificatura.
In base a dati di capacità e di velocità produttiva, i tipi di stampanti maggiormente presenti sul mercato sono: (a) law volume, formato A4 e A3, carta massimo gr/mq. 120, velocità 12 copie/minuto e risoluzione stampa 600 dpi (stampanti piane); (b) mid volume, formato cm. 32×48, carta fino a gr/mq. 270 e velocità 40 copie/minuto (stampanti piane a bobina); (c) high volume, carta fino a gr/mq. 300 e velocità 70/80 copie minuto (stampanti a bobina).
Costituiscono la fase finale dei processi produttivi del semilavorato di stampa, necessaria ad attribuirgli l’aspetto più consono al suo utilizzo divulgativo. Qualunque tipo di comunicazione, in realtà, si propone e si manifesta all’attenzione del consumatore nelle diverse e più propiziatorie fogge che lo stampato assume.
Le possibilità sono inesauribili e attivate da una fantasia creativa sempre più pressata dall’esigenza di diversificarsi e stimolare curiosità, spesso tali da ricorrere a inventive di tipo artigianale. Sono classificabili sulla base delle tecniche e delle relative attrezzature adottate per i diversi interventi di trasformazione del materiale semilavorato, anche in campo industriale (si pensi alla sempre più diffusa espansione sul mercato del confezionamento dei prodotti di consumo).
Sinteticamente è possibile adottare una ripartizione tra stampati multifoglio, librari o paralibrari, cui corrispondono le lavorazioni di legatoria, e tra un’infinità di altri stampati extralibrari, che rientrano nelle lavorazioni di cartotecnica.
Le soluzioni prospettate dalla legatoria possono essere di diverso tipo.
Cucitura a punti metallici. Tipica di riviste e opuscoli, copertinati o meno, con segnature accavallate e quindi con limitazioni di foliazione e di grammatura della carta. È risolta in automatico con piegatrici delle segnature raccolte da catene accavallatrici e cucitrici e quindi passate al rifilo trilaterale. I punti metallici possono presentare un occhiello ‘punto omega’ per l’applicazione di fascicoli ai dispositivi ad anelli di raccoglitori.
Legatura fresata. Comune a un’infinità di libri incollati sul dorso a copertine con o senza bandelle brossure. Il numero di pagine piegate secondo multipli di 4, in ragione del formato e dello spessore della carta, determina le segnature che, raccolte in sequenza, forma-no il blocco libro il cui dorso, opportunamente fresato per la penetrazione del collante, viene applicato alla copertina cordonata. Il tutto si realizza in automatico per mezzo di una macchina brossuratrice, come il passaggio in trilaterale, salvo opportuni accorgimenti in presenza di bandelle.
Legatura a filo refe. È la legatura classica, di maggior resistenza che, seppur più costosa, viene comunemente utilizzata per pubblicazioni di maggior decoro. Una macchina, a mezzo di punzoni e aghi, fora e cuce con un filo speciale (refe) la prima segnatura, proseguendo la sua corsa nei confronti delle segnature successive che rimangono collegate insieme in sequenza a formare il blocco libro. Questo viene brossurato con la copertina come nel caso precedente.
Una variante di minor qualità, è la ‘cucitura a sigillo’ in cui le segnature sono cucite singolarmente a mezzo di un materiale sintetico, ma non legate fra loro, quindi vengono incollate insieme dalla brossuratrice.
Legatura con copertina rigida. Contraddistingue collane e volumi monografici di vario argomento, ma pur sempre di prestigio, commisurato anche alla qualità del materiale di rivestimento che ricopre il cartone delle plance e del dorso della copertina. Utilizza per l’assemblaggio delle segnature la tecnica di cucitura a filo refe. Il dorso del blocco libro, rinforzato con garza, viene applicato alla copertina mediante 2 quartini (risguardi) incollati a metà, rispettivamente sulla prima e sull’ultima pagina del volume e per l’altra metà sulle plance anteriore e posteriore della copertina. Questo fa sì che il blocco libro, rimanendo autonomo e leggermente distanziato dal dorso, tondo o quadrato, della copertina, consenta un’agevole apertura del volume.
Le plance di cartone di vario peso e di poco più grandi del blocco libro (unghiatura) utilizzano rivestimenti in carta stampata, in materiali sintetici, in tela oppure in pelle, guarniti da impressioni sul piatto e sul dorso a caldo con film metallizzati o a colori pastello. In genere questi volumi sono corredati da sopraccoperta e da astuccio contenitore.
Legatura a spirale. Tipica di calendari, cataloghi e altri stampati che sostituiscono lo svolgersi in pagine con schede in successione. L’elemento di legatura è costituito da una spirale applicata e funzionante attraverso una bucatura al margine laterale del blocco, che consente il giro delle schede. Le spiralature in continua o a pettine (oggi quasi totalmente superate), sono state sostituite dalla spirale a ganascia che si richiude (Wire-O), disponibile in passi e tonalità diversi, molto più pratica per l’applicazione e per la tenuta delle schede. La spiralatura avviene in automatico, alimentata dai blocchi delle schede assemblate, trasportati dalle catene di raccolta a più ‘stazioni’.
Alla cartotecnica si possono riferire lavorazioni e interventi atti a strutturare le molte diversità tipologiche degli stampati.
Piegatura. Depliant promo-pubblicitari, informativi o di qualsiasi altro tenore, possono essere piegati in vario modo secondo le esigenze di impaginazione: (a) a una piega (quartino); (b) a due pieghe (trittico); (c) a tre pieghe (quartino a finestra); (d) a più pieghe; (e) a soffietto; oppure (f) incartate, parallele o incrociate. Le pieghe ottenibili dipendono dai diversi livelli di automazione delle macchine, secondo il tipo e il numero di pieghe che i castelli di piega riescono a gestire, compatibilmente ai formati e alla grammatura della carta.
Cordonatura e fustellatura. Sono procedimenti per ottenere stampati, opportunamente marcati e sagomati, destinati a particolari applicazioni. Vengono realizzati mediante matrici, ricavate secondo i tratti e i profili di schemi e disegni predeterminati, che per effetto di pressione marcano e tagliano il supporto in corrispondenza di questi. La produzione spazia dallo stampato commerciale all’invito, alla partecipazione e al contenitore di lusso, dall’etichetta alla vetrofania, dal gadget al gimmick, dalla busta all’astuccio e alla scatola, dai cartelli da banco ai dispenser. Stampati che si completano attraverso interventi di accoppiatura, di incollatura, gommatura e montaggio. Le attrezzature, in ragione di questa vastità di interventi, sono diverse: dalle platine, alle piegatrici e alle incollatrici. Per grosse produzioni industriali esistono anche macchine che incorporano dispositivi di procedimenti di finitura nelle macchine di stampa.
I processi di preparazione della matrice, i procedimenti di stampa e le metodiche di allestimento, sommariamente riportati, rientrano concettualmente nella vasta tipologia degli stampati, che restano un qualificato tramite di informazione nonostante l’avvento della telematica e dell’elettronica, della loro innegabile potenzialità mediatica e delle conseguenti ripercussioni sui comportamenti e sui gusti culturali. Anzi, la crescente disponibilità di media alternativi ha esaltato la peculiarità della comunicazione stampata e nel contempo ha contribuito alla sua evoluzione tecnologica, rendendo disponibili linguaggi e percorsi informatici.
La stampa, nata come risposta creativa al bisogno di diffusione della conoscenza e del sapere, ha fortemente contribuito al progresso culturale. Dai caratteri mobili e dal torchio, all’articolazione della moderna tecnologia, è stato uno strumento a disposizione di tante generazioni e di una sempre più amplificata partecipazione alla divulgazione di dati analitici, cognitivi, operativi e gestionali del divenire teorico e tecnico delle conquiste civili. Un caposaldo di democrazia e di etica sociale a sostegno della dialettica e della circolazione di idee, quali presupposti di reciprocità; un veicolo benemerito della ricchezza di spiritualità, di emozioni e sentimenti di tanta letteratura e poesia; un presidio tradizionale di insegnamento, applicazione e formazione.
La complessa tecnologia della stampa moderna è in grado di assolvere questa rilevante e articolata funzione di fruibilità attraverso l’utilizzazione ottimale dell’insieme di procedimenti più appropriati a un dato settore e al tipo di comunicazione richiesta, scelti sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche più avanzate.
Autori vari 1966: Elementi di tecnologia generale con applicazioni alle arti grafiche, Roma, Ente nazionale per l’istruzione professionale grafica, 1966.
Autori vari 1969: Enciclopedia della stampa, Torino, Società Editrice Internazionale, II, 1969.
Autori vari 2004: Tecnologia grafica, Verona, Istituto Salesiano S. Zeno, 2004.
Gottardello, Gottardello 1962: Gottardello, Cipriano - Gottardello, Mario, Litostampa, Torino, Società Editrice Internazionale, 1962.
Gottardello, Gottardello 1986: Gottardello, Cipriano - Gottardello, Mario, Stampa offset, Milano, Zeta’s, 1986.
Posenato 1998: Posenato, Emanuele, Il legatore, Milano,Arti Poligrafiche Europee, 1998.
Viola 1974: Viola, Ettore, Formatura offset, Milano, Editoriale AZ Il Poligrafico Italiano, 1974.