Thailandia
Il cinema thailandese è nato solo alla fine degli anni Venti, più tardivamente di quello di altri Paesi asiatici, e ha dovuto attendere la fine degli anni Cinquanta per conoscere le prime opere d'autore. Nel corso della sua storia ha vissuto fasi alterne di sviluppo e di crisi, ma è stato in particolare dalla fine degli anni Novanta che ha avuto inizio un periodo di forte vitalità creativa, tale da renderlo finalmente visibile sul piano internazionale.
Nel 1897 ebbero luogo nel Paese le prime proiezioni effettuate da inviati dei fratelli Lumière; nel 1905 imprenditori giapponesi aprirono delle sale e nel 1916 crearono una casa di distribuzione, la Phattanakorn. Alcuni documentari furono girati già a partire dal 1900 dal principe Sanbassart, che fino alla sua morte (1919) fu l'unico cineasta del Paese. Nel 1922 un altro principe, Kambeangbejr, creò il Topical Film Service (TFS) delle ferrovie statali, che iniziò una produzione sistematica di cinegiornali e di documentari. Il primo film a soggetto fu Nangsao Suwan (1923, La signorina Suwan), tratto da una commedia del sovrano allora regnante, Vajiravuth (Rāma VI), prodotto dalla statunitense Universal Pictures, dal TFS e da uomini d'affari locali, e diretto da Henry McRae, un canadese che lavorava a Hollywood; venne distribuito anche negli Stati Uniti, con il titolo Miss Suwanna of Siam. Ma una cinematografia nazionale nacque solo nel 1927, quando uscirono Choke song chan (Doppia fortuna) di Khun Anurakrathakarn (l'unico regista thailandese degli anni Venti e Trenta di cui si conosca con certezza il nome) e Mai kid loey (Inaspettato), prodotti da due società appena fondate, rispettivamente la Krungthep, controllata da Manit Wasuwat (che aveva partecipato al finanziamento di Nangsao Suwan), e la Thai, controllata dal sovrano allora regnante, Prajadhipok (Rāma VII). Queste e altre aziende girarono in totale un quindicina di lungometraggi prima dell'uscita del primo film sonoro, Lhong thang (1932, La direzione perduta), prodotto dalla Krungthep. Quest'ultima si affermò come la maggiore compagnia del Paese: cambiato il nome in Siang Sri Krung, dopo aver realizzato il primo film parzialmente a colori, Pu Som faosap (1933, Nonno Som fa la guardia al tesoro), costruì i primi studi moderni della T., da cui uscirono nel giro di un decennio circa venticinque lungometraggi, e creò anche uno star system, i cui principali rappresentanti furono Lued Chaona e la cantante Manee Sumonnaj, protagonisti di lacrimevoli ma popolarissimi melodrammi musicali come Phleng wan jai (1937, La dolce melodia) e Lhok mia (1938, Mogli ingannate). Dopo Nangsao Suwan nessun altro film thailandese circolò all'estero fino al 1941, quando The king of the white elephants, diretto dal noto uomo politico Pridi Banomyong e girato in inglese, fu distribuito anche a Singapore e a New York.
Durante la Seconda guerra mondiale (in cui la T. fu coinvolta tra il 1942 e il 1945) tutte le aziende chiusero. Dopo la fine del conflitto ne nacquero di nuove (le principali furono la Asvin, la Hanuman, la Lawo, la Suriya) e la produzione riprese, su livelli decisamente più alti rispetto a quelli del periodo prebellico sul piano quantitativo, ma più bassi sul piano artistico e tecnico. Quasi tutte le opere proponevano infatti piatte versioni cinematografiche di spettacoli teatrali, sulla falsariga dei film indiani più commerciali; erano inoltre girate in 16 mm, e il sonoro vi veniva aggiunto dal vivo, a ogni proiezione, da doppiatori presenti in sala. Tra le poche sonorizzate in studio spiccano per qualità quelle di Marut (nome d'arte di Lee Tawee Na Bangchang), in particolare Santi-Veena (1954), primo film thailandese presentato a un festival straniero (al Southeast Asian Film Festival di Tokyo, dove vinse il premio per la fotografia e quello per la scenografia), e Chua fah din salai (1955, Finché il cielo non cade).
Soltanto alla fine degli anni Cinquanta il direttore della fotografia e produttore Ratana Pestonyee, che aveva lavorato con Merut, introdusse la pellicola a 35 mm con il sonoro incorporato. I quattro film che realizzò come regista sono considerati le prime opere d'autore del cinema thailandese: Rong raem narok (1957, L'albergo dell'inferno); Sawan meud (1958, Paradiso); Prae dum (1961, Seta nera), il primo film thailandese a essere presentato in un festival europeo (in questo caso a Berlino); Namtan maiwan (1965, Lo zucchero non è dolce). Ma il pubblico, sconcertato dal fatto che in essi il tradizionale impianto melodrammatico veniva continuamente contraddetto da momenti di humour nero, li accolse con scarso favore, e Pestonyee dovette in seguito limitarsi a effettuare lavoro di operatore. Nacque anche un'originale scuola d'animazione, capeggiata da Payut Ngaokrajang (Haed mahasan, 1955, La magnifica causa; Dek kab mee, 1960, Il bambino e l'orso).
Il governo facilitò la definitiva scomparsa dei film a 16 mm tramite una drastica riduzione delle tasse sulla pellicola a 35 mm (1973), e favorì l'incremento della produzione tramite l'aumento delle tasse d'importazione sui film stranieri (1976). Alla fine degli anni Settanta il cinema thailandese divenne sul piano quantitativo uno dei maggiori dell'Asia. Rimase tuttavia principalmente centrato sul divismo e giocato sui temi dell'amore e della violenza. Vi furono comunque registi capaci di coniugare riuscita artistica e successo di pubblico: Piak Poster (Thon, 1970), il principe Chatri Chalerm Yukol (Kuam rak krang suttai, 1975, L'ultimo amore; Thongpoon Khokpho, 1978), Ngaokrajang (Sud Sakorn, 1976, il primo lungometraggio d'animazione thailandese), Permpol Cheyaroon (Chiwit batsop, 1977, Una vita squallida; Pai daeng, 1981, Bambù rosso), Pisan Akaraserani (Fah lung fon, 1978, Il cielo dopo la pioggia), Vichit Kounavudhi (Khon phuu khao, 1979, Gente di montagna).Gli anni Ottanta hanno segnato l'inizio del declino sul piano industriale, anche se sono emersi nuovi registi come Manop Udomdej, Cherd Songsri, Toranong Srichua, Euthana Mukdasanit.
La crisi produttiva ha conosciuto il suo culmine nella seconda metà degli anni Novanta per poi rientrare subito dopo, con un'espansione non solo quantitativa, dato che una folta schiera di giovani registi ha reso visibile all'estero il cinema thailandese nel suo complesso: Peneek Ratanaruang, la cui intera opera intende essere un commosso omaggio a Pestonyee (Ruang talok 69, noto anche come 6ixtynin9, 1999; Monrak transistor, noto anche come Transistor love story, 2001, Love song; Ruang rak noi nid mahasan, noto anche come Last life in the universe, 2003), Nonzee Nimibutr (Nang Nak, 1999; Jan Dara, 2001), Oxide e Danny Pang (Bangkok dangerous, 1999), Yongyouth Thongkonthun (Satreelek, noto anche come The iron ladies, 2000), Wisit Sasanatieng (Fah talai jone, noto anche come Tears of the black tiger, 2000, Le lacrime della Tigre Nera), Apichatpong Weerasethakul (Dogfah nai meumarn, noto anche come Mysterious object at noon, 2000; Sud sanahea, noto anche come Blissfully yours, 2002), Yuthlert Sippapak (Meupeum lok phrajan, noto anche come Killer tattoo, 2001), Ekachai Uekrongtham (Beautiful boxer, 2003). I loro film, che hanno raccolto premi in importanti festival stranieri e trovato talvolta distribuzione anche in Italia, si presentano spesso come parodie dei generi tradizionali thailandesi o statunitensi, non di rado ironicamente mescolati fra loro. *
Cinemasia: Tailandia, Vietnam, Filippine, Indonesia, a cura di G. De Vincenti, Venezia 1983, pp. 3-15; D. Sukwong, S. Suwannapak, A century of Thai cinema, London 2001.