Eliot, Thomas Stearns
Lo scrittore della crisi della modernità
Poeta e critico letterario di lingua inglese assai influente nel Novecento, Thomas Stearns Eliot ha elaborato nella sua opera l'esperienza traumatica delle due guerre mondiali. Al deserto spirituale delle affollate metropoli moderne ha contrapposto la virtù della parola poetica come approdo di salvezza
Nato nel 1888 a Saint Louis, nel Missouri, Eliot trascorre gli anni della prima giovinezza negli Stati Uniti, formandosi all'università di Harvard. È già in corso la Prima guerra mondiale quando si trasferisce in Inghilterra e dal 1927 diventa cittadino britannico. E Londra ‒ dove vivrà stabilmente fino al 1965, anno della morte ‒ è la città che fa da sfondo ai suoi grandi poemi: La terra desolata (1922) e Quattro quartetti (1935-42).
La terra desolata è un poema narrativo in cinque sezioni, ambientato nella metropoli moderna vista come inferno, città dannata, labirinto ove tutti i personaggi si smarriscono, indipendentemente dalla loro condizione sociale. Protagonista è la folla, che scorre anonima e indistinta nelle strade come un flusso privo di direzione e di senso. Rispetto al modello classico e cristiano di città, ordinata gerarchicamente intorno a un centro nella cerchia delle sue mura, la metropoli dell'emergente società di massa è un paesaggio disgregato di relitti e rovine. Sull'ordine prevale la casualità, sull'eterno il tempo dei consumi. Al posto di una comunità di individui legati dal vincolo dell'appartenenza, un destino opprimente di solitudine e di alienazione.
Di sicuro questa paralisi dello spirito (esemplificata nella prima sezione dall'oroscopo della chiromante a pagamento che ha preso il posto del responso della Sibilla) si riferisce alla Londra storica del Novecento, il cui cuore batte il tempo della City (sede del potere finanziario e commerciale) senza continuità con quello della tradizione, evocata soltanto da frammenti di memoria. Ma la terra desolata è anche simbolica dell'universale condizione umana, del destino mortale a seguito della caduta (il peccato originale) e del rifiuto di riconoscere nel mistero del Dio che si è fatto uomo l'evento della redenzione. Il destino di Londra non è diverso da quello di Atene, Gerusalemme, Alessandria d'Egitto, Vienna, tutte crollate in quanto "città del mondo", irreali rispetto all'archetipo della "città di Dio".
Colpito da paralisi è il poeta, vittima e complice della crisi della modernità. Sullo scenario desolato della metropoli (vista anche come capitale dei consumi culturali) si svolge il dramma della sua impotenza. La città offre uno scenario notturno, come è quello dell'incontro mancato di Prufrock (personaggio della prima raccolta di poesie pubblicate da Eliot, Prufrock e altre osservazioni, 1917) che finisce col naufragare nelle sue ossessioni. Nella Terra desolata lo scenario è invece quello del tramonto, "l'ora violetta" in cui il mito classico (nella figura dell'indovino Tiresia) interviene a ricomporre i frammenti dell'io del poeta; ma si tratta di una salvezza ambigua, che dà senso all'arte, non alla vita. Scenario dell'alba ("l'ora incerta prima del mattino"), alla fine dei Quattro quartetti in una Londra devastata dai bombardamenti, è quello di un incontro improvviso ma non casuale, che finalmente indica una via di salvezza: l'incontro con un fantasma a più volti e più voci, che ammonisce il poeta a rinunciare umilmente alle ragioni della soggettività e a farsi portavoce di quelle "impersonali" della poesia.
In un saggio del 1919 Eliot aveva argomentato la tesi dell'impersonalità della poesia, sostenendo che l'io poetico non è la voce di un orgoglioso creatore (come in molte opere del Romanticismo), bensì una funzione del testo, un catalizzatore di elementi eterogenei. Coerente con questa teoria è la tecnica del collage praticata nella Terra desolata: un mosaico di frammenti discordanti, di citazioni tratte dalla tradizione poetica alta e di prodotti culturali di serie (il canto di Ariele ne La tempesta di Shakespeare accordato al ritmo popolare del jazz).
L'arte del collage ‒ forse la più importante innovazione artistica del Novecento ‒ è però abbandonata nei Quartetti a favore dell'allegoria, riportata al modello altissimo della Divina Commedia (Dante). Una svolta che annuncia la resurrezione della poesia dal tempo mortale delle città del mondo, innescando il movimento verticale dell'elevazione verso la visione della città di Dio.