TIPOLOGIE EDILIZIE.
– Patrimonio immobiliare ed efficienza energetica. Housing sociale sostenibile: le esperienze europee. Ecosostenibilità alla scala urbana in Asia. Gli edifici alti. Polifunzionalità e gigantismo dei complessi commerciali. L’evoluzione delle tipologie turistiche, sportive e religiose. Tipologie monumentali e museali. Tipologie educative e scientifiche
L’evoluzione tipologica nell’ambito dell’edilizia è stata determinata dai grandi cambiamenti tecnologici, sociali, economici e ambientali indotti dai processi di globalizzazione in atto. A incidere sui consolidati schemi tipologici del costruito è stata in primo luogo l’urbanizzazione: inarrestabile a livello mondiale e molto incisiva in questi primi anni del 21° sec., ha avuto un evidente impatto non solo a livello architettonico, ma anche ambientale. Si stima che le aree urbane, pur occupando circa il 3% della superficie del nostro pianeta, siano responsabili dei tre quarti del consumo di risorse non rinnovabili e del 70% delle emissioni di gas serra. Tali modificazioni, oltre a delineare la crescente importanza di uno sviluppo sostenibile, implicano caratteristiche delle città e del loro edificato che, per le diverse t. e., rendono necessario il confronto con interazioni funzionali, relazioni spaziali, forme e dimensioni segnate da un elevato livello di complessità e, spesso, interamente nuove. I fabbisogni sono dovunque in crescita, soprattutto nei Paesi in più rapido sviluppo, e ciò vale, in particolare, per la necessità di espandere gli accessi a servizi (cure mediche, istruzione ecc.), oltre che per le infrastrutture, i trasporti, le comunicazioni. Sul piano socioculturale, il fenomeno impone inoltre una rilettura dei legami tra religione, appartenenza etnica e identità (v. identità architettonica), oltre che tra modi diversi di concepire il tempo libero e lo spazio pubblico. Il concetto di turismo, per es., si è evoluto fino ad assumere un ruolo strategico nella crescita socioeconomica, e ciò è avvenuto in modo particolarmente evidente nei Paesi emergenti. L’aumentata mobilità ha avuto sensibili conseguenze su trasporti e infrastrutture e le t. e. legate a tale sfera (porti, aeroporti, stazioni, centri intermodali ecc.) hanno registrato un inedito salto di scala: la loro gestione, anche ai fini della sicurezza, sembra costituire una delle principali sfide che politica e imprese si sono trovate ad affrontare, con ricadute sulla crescita economica e occupazionale nonché con risvolti significativi sulla sostenibilità. Le infrastrutture sono inoltre le principali responsabili delle condizioni che consentono la crescita della città. La loro espansione determina la progressiva integrazione fra sistemi urbani contigui, generando nuovi sistemi insediativi fortemente interconnessi alla scala metropolitana. Tutto ciò è avvenuto negli ultimi anni, in particolare dal 2008 a oggi, sullo sfondo di una crisi economica che, partita dagli Stati Uniti nel 2007, ha assunto carattere globale, investendo l’Europa e l’Italia con conseguenze molto gravi anche per l’industria delle costruzioni.
Patrimonio immobiliare ed efficienza energetica. – Lo scoppio della cosiddetta bolla immobiliare è stato il primo e maggiore episodio di perturbazione nel settore edile, con riflessi immediati sugli edifici residenziali. A incidere sulle tipologie abitative è stata in primo luogo la progressiva diminuzione delle dimensioni medie degli alloggi: fenomeno dovuto in parte alla carenza di spazi, ma soprattutto imputabile, in ambito occidentale, a fenomeni sociali quali il calo dei matrimoni, l’aumento di separazioni e divorzi, il sensibile invecchiamento della popolazione e la diffusione di stili di vita alternativi che hanno portato a un aumento del numero di famiglie mononucleari (single e anziani soli). Negli ultimi anni, in particolare nelle grandi città, il numero dei nuclei familiari ha registrato una crescita del 50% rispetto all’incremento demografico, determinando una domanda crescente di piccoli appartamenti che si scontra con un patrimonio storico per lo più dedicato a famiglie composte in media da quattro persone.
Le normative che puntano, in maniera crescente, al miglioramento dell’efficienza energetica, alle energie rinnovabili e ai materiali ecosostenibili, sono alla base delle più recenti realizzazioni residenziali, inducendo sostanziali modifiche anche in materia di recupero, conservazione e restauro e, soprattutto, rigenerazione urbana. Tra il 2005 e il 2012 i progetti di green buildings, nei soli Stati Uniti, sono cresciuti del 39%. Nel 2014, per es., l’AIA (American Institute of Architects) ha pubblicato la consueta, interessante classifica dei dieci edifici più sostenibili degli Stati Uniti: progetti che spaziano dallo housing sociale ai campus universitari alle riqualificazioni di aree industriali dismesse. Un premio speciale è andato alla trasformazione dell’Edith Green-Wendell Wyatt federal building, costruito nel 1975 dallo studio SOM, Skidmore, Owings and Merrill, che, grazie al recupero eseguito da Cutler Anderson Architects e SERA Architects, è considerato l’edificio con minori consumi energetici degli Stati Uniti. L’Italia, che vanta non poche ricerche nel settore, si è aggiudicata il primo premio al Solar Decathlon Europe 2014 con RhOME for denCity, casa solare costruita dal Dipartimento di architettura dell’Università di Roma Tre.
Housing sociale sostenibile: le esperienze europee. – Con la crisi e il conseguente ingrossamento delle fasce deboli della popolazione (immigrati, anziani ecc.), il tema dello housing sociale è divenuto prioritario in molti Paesi europei, non a caso soprattutto i più settentrionali. Fra gli esempi riusciti è il quartiere ecosostenibile Bo01 a Malmö, in Svezia, indicato dal Dipartimento europeo per l’energia come migliore applicazione nel campo delle energie rinnovabili (v. rinnovabili, energie). La prima fase del progetto fu portata a termine nel 2001, anno dello European housing expo; molti noti architetti collaborarono ai progetti di oltre 800 abitazioni, sulla base di un programma redatto dal coordinatore Klas Tham. Fatta eccezione per la torre di Santiago Calatrava, il cosiddetto Turning Torso (2005) che con i suoi 190 m è l’edificio più alto della Scandinavia, Bo01 è per lo più costituito da abitazioni medio-basse.
Al tema si è molto lavorato anche in Danimarca: un esempio di successo è costituito dal distretto di Ørestad sull’isola di Amager, nell’area metropolitana di Copenaghen. A Steven Holl si deve il progetto delle cinque torri residenziali e commerciali T-Husene (2006); Daniel Libeskind ha disegnato il masterplan per la terza fase, iniziata nel 2007; Jean Nouvel ha progettato la Copenhagen concert hall inaugurata nel 2009; gli studi Foster + Partners e Dissing + Weitling hanno progettato le Copenhagen Towers (2009); lo studio BIG, Bjarke Ingels Group, ha firmato tre interventi residenziali: VM Houses (2005), Mountain Dwellings (2008), 8 House (2010). Field’s (2004), il più grande shopping mall della Danimarca, è stato progettato da C.F. Møller Architects.
In Finlandia si segnala eco-Viikki a Helsinki, quartiere completato nel 2004; in Gran Bretagna, Bill Duster con Arup ha progettato, nel 2002, il BedZED (Beddington Zero Energy Development). Nei Paesi Bassi è in corso d’opera lo Zuidas, che sarà portato a termine nel 2023; in Germania, in particolare a Friburgo, si lavora sulle aree di Vauban, Rieselfield e Sonnenschiff, con l’obiettivo di ridurre le emissioni inquinanti del 40% entro il 2030.
Deludenti invece i risultati di quello che doveva essere l’edificio ecosostenibile più grande del mondo: Crystal Island a Mosca progettata da Norman Foster nel 2007. Con una spirale costellata da terrazze giardino (450 m alla sommità) e una superficie di 2,5 milioni di m2, il progetto era destinato a ospitare 30.000 abitanti, oltre a negozi, alberghi, musei, cinema e teatri in completa autonomia energetica; nel 2009, purtroppo, il progetto è stato bloccato dalla crisi.
Ecosostenibilità alla scala urbana in Asia. – A una scala ancora più ampia e con potenziali economici altrettanto ambiziosi, la Cina – dal 2007 prima responsabile delle emissioni nocive – ha risposta alla sua impetuosa crescita urbana sperimentando estesi progetti di ecotowns. Con l’obiettivo di arrivare al 60% di popolazione urbanizzata entro il 2030, il governo ha annunciato la costruzione di 20 nuove città ogni anno per i prossimi vent’anni. Entro una quindicina d’anni si dovrebbero realizzare almeno 400 nuove città. Il piano, approvato nel 2004, prevedeva fra l’altro la prima ecocittà al mondo a consumi zero: Dongdan, su un’isola fluviale dello Yangtze nei pressi di Shanghai. Nel 2005 Arup predispose un piano orientato alla sostenibilità ecologica e sociale, ma il progetto, nel 2009, fu cancellato fra proteste ambientaliste, scandali politici e problemi finanziari. L’esperienza costituì tuttavia un’utile lezione per Tianjin Eco-city, progettata da un consorzio di società cinesi e singaporesi la cui fine lavori è prevista nel 2020, e per il distretto di Pukou (2010) a Nanjing, su progetto di C & K Architecture che, entro lo stesso anno, dovrebbe dare alloggio a circa 200.000 persone. Oggetto, infine, del più esteso esperimento di ecosostenibilità urbana dell’intera Cina, è Caofeidian, nella provincia di Hebei. Il piano, redatto dell’architetto italiano Pier Paolo Maggiora e approvato alla fine del 2008, prevede la realizzazione di una laguna artificiale sul golfo di Dalian, a est di Pechino, entro il 2030. Il fenomeno delle città ecologiche rimane dunque uno dei più interessanti sebbene, in tempo di crisi, tali progetti restino spesso sulla carta, incapaci di superare sfide che, alla prova dei fatti, risultano spesso troppo difficili. Tra i pochi, riusciti esempi – non a caso, si è aggiudicato numerosi premi tra cui il Best tall building del 2009 e il Good design is good business award come Best residential project del 2010 – si segnala l’innovativo complesso residenziale Linked Hybrid (2003-09) a Pechino, 650 appartamenti progettati dallo studio statunitense Steven Holl Architects.
Nella Repubblica di Corea è partita la Incheon free economic zone (2003), con l’obiettivo di fare della zona la capitale economica del Paese entro il 2020. In Vietnam lo studio SOM, Skidmore, Owings and Merrill si è aggiudicato invece il progetto della Green tech city a Hanoi (2011) e il piano di Da Nang (2011). A 200 km da Mumbai si segnala, a partire dal 2010, la controversa costruzione della prima città ecosostenibile dell’Unione Indiana: Lavasana. Lo studio Tao Architecture, ispirandosi a Portofino, vi ha fra l’altro riproposto un villaggio turistico di gusto italiano.
Negli Emirati Arabi Uniti, Masdar, a circa 15 km da Abū Dhābi, ha puntato alle emissioni zero; il progetto, iniziato nel 2006 e redatto da Foster + Partners, prevede, entro il 2016 (data più volte posticipata), di dare alloggio a 50.000 residenti e accogliere circa 60.000 lavoratori. Ancora più ambiziosa è la Capital green city (progetto del 2012, termine dei lavori previsto per il 2028), città ipertecnologica ed ecosostenibile per 370.000 abitanti, non lontano dalla stessa Abū Dhābi. Ancora negli Emirati va infine ricordata Ganthoot green city (progetto del 2010, fine lavori prevista per il 2020), gigantesca oasi verde di 60 km2 in pieno deserto.
Gli edifici alti. – Anche le torri testimoniano la tendenza verso la polifunzionalità, oltre che verso le alte densità. Giustificati dall’evidentemente limitato consumo di territorio, tali edifici, oggi per lo più dotati dei più innovativi sistemi di risparmio energetico, costituiscono motivo d’orgoglio per gli investitori privati come per le amministrazioni che li promuovono, anche dato il loro valore simbolico. Una torre italiana, il Bosco verticale (2009-14) di Boeri Studio per il quartiere Porta Nuova a Milano, si è aggiudicata l’International highrise award del 2014. Prevedibilmente, i progetti più spettacolari sono quelli portati avanti in Medio Oriente: Burj Khalifa (2010), a Dubai, con i suoi 163 piani e 828 m, resta la più alta torre del mondo. Il completamento della Kingdom Tower, a Gedda in Arabia Saudita (167 piani per oltre 1000 m di altezza, disegnata, fra gli altri, dello stesso Adrian Smith che ha firmato quella di Dubai appena citata) è previsto nel 2019: uffici, hotel, unità residenziali, negozi, osservatori panoramici collegati dal sistema di ascensori più veloce del mondo (12,5 m/sec). One world trade center a New York, realizzato da David Childs (SOM, Skidmore, Owings & Merrill), è stata infine inaugurata nel 2014: con i suoi 1776 piedi di altezza, cifra corrispondente all’anno dell’indipendenza degli Stati Uniti, è attualmente la più alta del Paese.
Polifunzionalità e gigantismo dei complessi commerciali. – La marcata contaminazione tra funzioni commerciali e culturali – comprendente, per es., supermercati, ristoranti e negozi; cinema, teatri, auditorium e centri congressi; musei e biblioteche; uffici postali, banche, parcheggi ecc. – rende difficile delineare confini precisi fra le diverse tipologie edilizie. Il mercato di Santa Caterina (2005) a Barcellona, per es., riuscita opera dello studio di Enric Miralles e Benedetta Tagliabue, oltre a un grande spazio commerciale e a una piazza, include al suo interno residenze e parcheggi. Il volume, chiuso da una copertura rivestita da 200.000 tasselli di ceramica esagonali di 67 colori diversi, salvaguarda il mercato preesistente e i ritrovamenti archeologici, in un’ottica di recupero sostenibile. A esplorare le possibili sinergie tra funzioni diverse sono anche il mercato Tsvetnoy (2011) dello studio Lifschutz Davidson Sandilands a Mosca e la Market Hall (2014) proposta dallo studio MVRDV a Rotterdam. Dai centri commerciali ai più recenti outlets suburbani, ai grandi magazzini, ai flagship stores, fino alle piccole boutique, si tratta di t. e., di gusto talvolta discutibile, che hanno comunque contribuito a modificare in maniera decisiva il paesaggio urbano contemporaneo.
Fra i recenti, sempre più estesi shopping malls, storicamente legati al consumismo statunitense, i primi dieci più grandi del mondo sono tutti in Asia: dalla Cina alle Filippine, dalla Thailandia alla Malesia, dall’Irān alla Turchia. Si ricordano: il Morocco Mall a Casablanca inaugurato nel 2011, il più vasto del continente africano, su progetto del milanese Davide Padoa di Design international, studio con sedi a Londra, Milano, Shanghai, Giacarta, Miami e San Juan; il City Center (2012) a Isfahan, realizzato dal gruppo Prestige Land Iran, il più grande in Irān e fra i più grandi del mondo, posto lungo un trafficato asse autostradale, che ospita, all’interno di volumi bassi e di alcune torri, un albergo, un museo, l’International financial center, il World trade center ecc.; il Persian Gulf complex (2012) a Shiraz, ancora in Irān, che vanta 500.000 m2 con 2500 punti vedita al dettaglio, realizzato da Royal star international, gruppo che fa capo a un investitore di Ras al Khaimah, negli Emirati; il Puerto Venecia (2012) a Saragozza, in Spagna, il maggiore d’Europa e il maggiore all’aria aperta del mondo; il Costanera Center (2012) a Santiago del Cile, al cui interno è la Gran Torre Santiago progettata da César Pelli che, dal 2013, è il più alto edificio (300 m) dell’America Latina; il Jamuna future park (2013) a Dacca, in Bangla Desh che ospita anche una moschea; lo SM aura premier (2013) a Taguig nelle Filippine su progetto di Arquitectonica e di EDGE Interior Designers, al cui interno sono la cappella di San Pedro Calungsod e un teatro, il Samsung Hall, per 1000 spettatori; il Cairo Festival city mall (2013), nell’area metropolitana della capitale egiziana che, oltre a una vasta zona residenziale (circa l’80% dell’intera superficie di 168.000 m2), ospita il nuovo campus dell’American international school; il Paradise Center (2013), a Sofia; il LuLu international shopping mall (2013) a Edapally in India; il Vincom mega mall royal city (2013) a Hanoi in Vietnam; lo Starhill gallery shopping mall (2013), su progetto di Spark Architects, a Kuala Lumpur in Malesia, vincitore nello stesso anno del German design council award nella categoria Best retail project and best public project; il Prime Mall shopping center (2013) dello studio Erginoğlu & Çalışlar Architecture, a Gaziantep in Turchia; lo Yalikavak marina complex (2013), del noto studio turco Emre Arolat Architects a Mugla, ancora in Turchia; il Center 66 (2013), dello studio Aedas, a Wuxi in Cina, vincitore di numero si premi tra i quali il 5 Star award, Architecture for China e Best mixed use architecture award for Asia Pacific; il West gate (2013) a Singapore e il Chengdu IFS (2014), in Cina, entrambi progettati con la consulenza dello studio inglese Benoy, che ha sede, oltre che a Londra, ad Abū Dhābi, Mumbai, Singapore, Hong Kong, Kuala Lumpur, Shanghai e Pechino. Non ancora realizzato è il Mall of the world, il cui progetto sembra destinato a conquistare la labile posizione di più grande del mondo. Gli investitori prevedono di farne la principale attrazione degli Emirati per la World expo trade fair del 2020. Oltre 4500 km2 di area edificata, con coperture apribili, questa vera e propria città commerciale sarà la prima a temperatura integralmente controllata: con progetti eseguiti da alcuni fra i più noti studi internazionali, il mall è ispirato a diverse città del mondo, e offrirà al pubblico cascate, piste di pattinaggio, acquari, alberghi, 7 km di strade per gli acquisti, centri per lo sport e il benessere, oltre 120 cliniche destinate ad attirare un turismo sanitario proveniente da Africa e Medio Oriente (stimato in 500.000 persone l’anno per il 2020), teatri e centri culturali, sale per matrimoni e parcheggi.
L’evoluzione delle tipologie turistiche, sportive e religiose. – Il turismo ha continuato a svilupparsi del 5% annuo in maniera costante dal 2010, costituendo una priorità per numerose politiche nazionali. Dalle stime dell’Organizzazione mondiale del turismo, oltre 517 milioni di persone, tra gennaio e giugno 2014, si sono spostate per motivi diversi oltre i confini. Legati al settore turistico sono in primo luogo i parchi dei divertimenti, tipologia in cui si è registrata una notevole innovazione tecnologica. Tra gli esempi recenti si ricordano: gli Universal Studios (2010) a Singapore, realizzati sull’isola di Sentosa; Antarctica: Empire of the penguin (2013), a Orlando (Florida); Yas Waterworld (2013) ad Abū Dhābi; Mystic Manor (2013), parte del più ampio parco tematico della Disney a Hong Kong.
Anche gli stadi si sono trasformati in flessibili complessi polifunzionali dedicati, oltre che allo sport, alle attività ricreative in genere, apparendo, in molti casi recenti, all’interno di curate sistemazioni paesaggistiche. Fra gli esempi più monumentali ed esteticamente qualificati si segnala il nuovo, bianco stadio di Bordeaux (2010-15), progettato dal lo studio svizzero Herzog & de Meuron. Si ricorda inoltre il Kaohsiung world stadium, del giapponese Toyo Ito, realizzato a Taiwan in occasione dei Campionati mondiali del 2009: con gli 8844 pannelli solari che lo ricoprono, oltre a essere autosufficiente dal punto di vista energetico, funziona come una centrale elettrica, producendo più di 1 milione di Kwh all’anno, dimostrando come l’attenzione alla sostenibilità abbia gradualmente coinvolto t. e. molto diverse. Non a caso, al World Architectural Festival del 2014, sono stati indicati come tipologia a sé stante gli edifici in grado di produrre energia. Ricordiamo, tra parentesi, che ad aggiudicarsi il primo posto nella categoria Production energy and recycling è stato il complesso Lune de Sang (2011) dello studio Chrofi a servizio dei forestali nell’Australia orientale. Tra i progetti menzionati si ricorda il South Campus central chiller plant (2013), che accoglie gli impianti di raffreddamento della Ohio State University di Ross Barney Architects a Columbus, nell’Ohio. Il più grande complesso al mondo nato per promuovere sostenibilità, socializzazione e uno stile di vita sano è infine il Singapore Sports Hub: progettato da DP Architects, ARUP e Aecom, inaugurato nel 2014, include uno stadio per 55.000 persone, piscine olimpioniche e per i tuffi, un centro acquatico, un’arena polifunzionale per 3000 persone, il Singapore sports museum e una Sports Library, oltre a 41.000 m2 di spazi commerciali e ristoranti.
I nuovi orizzonti globali hanno anche signifcativamente influenzato le t. e. religiose. Tali edifici, anche a causa dei sempre più sensibili flussi migratori, non funzionano più soltanto come luoghi di culto, ma come condensatori sociali dove le comunità, spesso fuori dai Paesi di origine, ritrovano spazi idonei alle proprie culture d’origine. Anche in questo caso il concetto di polifunzionalità appare alla base delle esperienze più recenti. Ci limitiamo a citare tre significativi esempi: la Life Church (2013) di LAUD Architects a Singapore: luogo di preghiera, ma anche di riunione, teatro e auditorium; la nuova chiesa evangelica luterana di Baviera (2013), dello studio von Gerkan, Marg und Partners a Norimberga, dove allo spazio riservato alla preghiera si affiancano l’archivio del seminario teologico e sale di lettura; la colorata cappella (2014) realizzata da a21 Studio a Ho Chi Minh City in Vietnam, che allo spazio religioso affianca sale per conferenze, mostre, matrimoni e una caffetteria. Altro aspetto importante è costituito dalla compresenza di edifici di culti diversi: chiese, moschee, sinagoghe e altri templi, sempre più costituiscono l’espressione di una religiosità che, non senza polemiche, sta assumendo crescente importanza nel panorama architettonico contemporaneo. All’insegna di uno spirito ecumenico stanno così nascendo alcuni innovativi progetti, si pensi al Friday, saturday, sunday proposto da Matthew Lloyd, Daniel Leon e Shahed Saleem e presentato dal «RIBA Journal» nel dicembre 2011, in cui un unico spazio funziona come moschea il venerdì, sinagoga il sabato e chiesa la domenica; o alla Bet-und-Lehrhaus Petriplatz (2014), casa di preghiera e scuola proposta dallo studio Kuehn Malvezzi a Berlino che, se venisse realizzata, lo sarebbe grazie al crowdfunding, la partecipazione comunitaria alle spese.
Tipologie monumentali e museali. – I monumenti e i memoriali recenti appaiono spesso inseriti all’interno di più vasti progetti paesaggistici. Tra gli esempi di questo tipo sono il poetico M9, Memorial per 9 ragazze (2011) di Gonzalo Mardones Viviani & Asociados al Parque Bicentenario di Santiago del Cile; il Memorial realizzato per il centenario dell’immigrazione giapponese (2010) da Gustavo Penna a Belo Horizonte, nel Minas Gerais in Brasile. Alla scala museale si collocano lo Yad Vashem Holocaust history museum (2005) di Moshe Safdie a Gerusalemme e il più piccolo Museo storico degli ebrei polacchi di Lahdelma & Mahlamäki Architects, completato nel 2013 a Varsavia. Si ricorda infine il Samaranch memorial museum a Tianjin in Cina (2013), che commemora lo scomparso presidente del Comitato olimpico internazionale Juan Antonio Samaranch, opera dello studio cinese HAO, Holm Architecture Office. Gli edifici a funzione museale, soprattutto in presenza di elevata qualità architettonica, hanno continuato a svolgere un ruolo trainante per le economie locali, sulla scia di ciò che accade a Bilbao dopo la costruzione del Guggenheim. Tra i più riusciti: il Museum of art (2011) di Preston Scott Cohen a Tel Aviv, in Israele; l’addizione allo Isabella Stewart Gard ner Museum (2012) del Renzo Piano building workshop a Boston; lo Aga Khan Museum (2013) di Fumihiko Maki a Toronto; il Danish Maritime Museum (2013) dello studio BIG, Bjarke Ingels Group a Helsingor, in Danimarca; lo spettacolare quanto discusso Musée des Confluences (2015) di Coop Himmelb(l)au a Lione; il Louvre Abu Dhabi di Jean Nouvel, ormai prossimo all’inaugurazione.
Fra le gallerie, più piccole, ma non per questo meno interessanti, si segnalano, per es., il Buk Seoul Museum of art (2013), di SAMOO Architects & Engineers, a Seoul nella Repubblica di Corea, e la Koç Contemporary (2013) di Nicholas Grimshaw a İstanbul. Fra i teatri si ricordano il Theatre Jean-Claude Carrière (2013) di A+Architecture, a Montpellier in Francia; il Grand Theater (2012), del citato studio tedesco von Gerkan, Marg und Partner, a Tianjin in Cina; il Theatre Spijkenisse (2014) di UNStudio a Rotterdam; il St. James Theatre (2012) di Foster Wilson Architects a Londra.
Fra le biblioteche ci si limita a citare tre esempi: la New Library (2013) di Mecanoo a Birmingham in Inghilterra; il restauro della Hertziana (2012), colto progetto di Juan Navarro Baldeweg, a Roma; la biblioteca Jaime Garcia Terres (2012) di Arquitectura 911sc a Città di Messico.
Tipologie educative e scientifiche. – Alti standard tecnologici e attenzione a sostenibilità e socializzazione sono la premessa per campus universitari, biblioteche e istituti di ricerca. Esempi eccellenti sono il Rolex Learning center (2010) a Losanna, dello studio giapponese SANAA; lo University Student Center (2010) di Chyutin Architects Ltd ad Haifa, in Israele; il Sir Samuel Griffith Centre (un progetto del 2013, del quale si prevede la realizzazione nel 2016) di Cox Rayner Architects a Brisbane in Australia, in grado di generare il 25% di energie rinnovabili in più di quanto ne venga consumato; l’innovativo Cornell NYC Tech Campus, in corso di realizzazione a New York sulla Roosevelt Island lungo l’East River, il cui gruppo di progettazione include Thom Mayne con Morphosis Architects, Weiss/Manfredi, SOM - Skidmore, Owings & Merrill, Handel Architects e il paesaggista James Corner con Field Operations. Approvato nel 2013, il progetto prevede una prima fase da completare entro il 2017 e una seconda entro il 2037.