topologia
topologia termine che indica sia un settore disciplinare della matematica sia la famiglia (o collezione) di insiemi aperti (o semplicemente aperti) che definisce uno → spazio topologico.
È uno dei settori più importanti della matematica moderna, e, nell’impostazione del gruppo Bourbaki, addirittura uno dei suoi “pilastri” insieme alla teoria degli insiemi e all’algebra. Consiste nello studio delle proprietà delle figure e delle forme geometriche che rimangono invariate quando esse vengono sottoposte a deformazioni continue, che si verificano cioè senza “strappi”, “sovrapposizioni”, “incollamenti” e “duplicazioni”. In termini meno intuitivi, è lo studio delle proprietà delle figure geometriche del piano o dello spazio che rimangono invarianti per trasformazioni biunivoche e bicontinue, dette omeomorfismi o trasformazioni topologiche, ossia trasformazioni che mantengono, anche inversamente, proprietà di “convergenza” e di “connessione”.
Questa definizione rispecchia abbastanza fedelmente la problematica che ha condotto allo studio della topologia nella sua fase iniziale, ma risulta inadeguata a descrivere le successive ricerche topologiche, che hanno raggiunto un elevato grado di generalità e di astrazione, tanto che oggi la topologia, oltre a essere disciplina a sé, per la sua versatilità fornisce concetti di base, metodi e potenti strumenti a numerosi campi della matematica, dall’analisi funzionale alla geometria algebrica. La topologia è una delle grandi idee unificanti della matematica moderna.
Nonostante si possa pensare che le proprietà geometriche dipendano strettamente da caratteristiche “metriche”, quali la distanza tra due punti, le lunghezze dei segmenti o le aree delle superfici, in realtà molte di tali proprietà non sono collegate alla nozione di misura, ma ad altre, più generali e più profonde, che la topologia indaga. Per esempio, dovendo stabilire se è possibile raggiungere in treno la città A partendo dalla città B, in molte situazioni non ha alcuna rilevanza sapere se i binari della ferrovia sono rettilinei o curvi, in piano, in salita o in discesa, oppure conoscere la lunghezza dei singoli tratti; ciò che è importante sapere è se la rete ferroviaria che passa per A è connessa a quella passante per B.
Per comprendere l’idea di equivalenza topologica si pensi, per esempio a un quadrato e a un cerchio. Sono figure con caratteristiche metriche ben diverse; tuttavia è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra i loro punti che sia un omeomorfismo. Si tratta dunque di due figure topologicamente equivalenti, cioè omeomorfe, perché possono essere deformate l’una nell’altra senza incollature, strappi o sovrapposizioni. Se anziché un cerchio si considerasse una corona circolare, sarebbe impossibile trovare un omeomorfismo tra le due figure perché la corona ha un “buco” che il quadrato non ha.
Storicamente uno dei primi problemi di topologia è stato quello dei → ponti di Königsberg, che Eulero risolse nel 1741 e che può essere formulato anche in termini di teoria dei → grafi. Un altro classico problema topologico è quello della colorazione delle mappe, noto come problema dei → quattro colori: qual è il numero minimo di colori indispensabile per dipingere una superficie chiusa divisa in regioni (stati), in modo che mai 2 regioni contigue abbiano lo stesso colore? La risposta è nota per il toro (7); per la sfera (e per il globo terrestre) è stato dimostrato, solo recentemente (nel 1976 da K. Appel e da W. Haken con una dimostrazione che ha richiesto l’ausilio di elaboratori elettronici a elevata potenza di calcolo), che sono sufficienti 4 colori. Un esempio di proprietà topologica, ovvero di proprietà preservata dagli omeomorfismi, è offerto dalla relazione di → Eulero relativa ai numeri ƒ delle facce, s degli spigoli e ν dei vertici di un qualsiasi poliedro, espressa dall’uguaglianza ƒ + ν − s = 2: tale uguaglianza rimane infatti inalterata comunque si deformi con continuità il poliedro stesso, anche “incurvandone” le facce o gli spigoli.
Per quel che riguarda le superfici connesse, ha carattere topologico l’ordine di connessione, che è il numero dei tagli lungo linee semplici chiuse che può essere eseguito senza sconnettere la superficie stessa: vale 0 per la sfera, 2 per il toro (un qualunque taglio chiuso divide in due la sfera, mentre un toro, tagliato secondo un meridiano e poi secondo un parallelo, resta connesso). Ha carattere topologico l’orientabilità di una superficie: una superficie è orientabile quando è possibile determinarne un “dentro” e un “fuori”. Un primo esempio di superficie non orientabile è stato dato nel sec. xix da Möbius, con il suo nastro: esso si ottiene torcendo un rettangolo di carta, in modo da incollare due bordi opposti in senso inverso (→ Möbius, nastro di). Il nastro di Möbius è una superficie dotata di bordo: le superfici non orientabili prive di bordo, come la bottiglia di → Klein o il piano proiettivo reale, non possono essere immerse in R3, il che ne impedisce una visualizzazione intuitiva.
Cenni storici. Il termine «topologia» («studio dei luoghi», dal greco tópos, «luogo») fu introdotto nel 1848 dal matematico tedesco J.B. Listing, per designare il ramo della matematica che in precedenza veniva chiamato analysis situs, espressione coniata da Leibniz e ripresa poi da Poincaré; le due denominazioni hanno continuato a essere usate come sinonimi fino ai primi del Novecento, quando infine il termine latino è caduto in disuso.
Il primo risultato di topologia algebrica che compare nella storia della matematica è la già ricordata formula di Eulero relativa al numero dei vertici, degli spigoli e delle facce di un poliedro convesso. Verso la metà dell’Ottocento nuovo impulso venne alla topologia da parte di B. Riemann, il quale per primo considerò superfici topologiche astratte (ossia non immerse in un particolare spazio tridimensionale euclideo) in quanto domini naturali di definizione per le funzioni di una variabile complessa. Lo stesso Riemann gettò poi le basi per uno studio delle varietà topologiche astratte di dimensione n qualunque di cui si servì nei suoi lavori sulla teoria delle funzioni e sulla geometria algebrica. Ma il vero fondatore della topologia moderna può essere considerato H. Poincaré, che in alcune fondamentali memorie, tra cui Analysis situs (Analisi dei luoghi) del 1895, introdusse le tecniche più importanti per la costruzione di invarianti topologici: l’omotopia e l’omologia. A Poincaré si devono i primi studi sistematici relativi agli aspetti qualitativi intrinseci delle configurazioni spaziali, non legati a considerazioni metriche. Dalle sue ricerche sulle proprietà globali delle configurazioni poliedrali o “complessi” dello spazio euclideo n-dimensionale ebbe origine il filone «combinatorio» degli studi topologici (l’odierna topologia algebrica), che si interessa e indaga con gli strumenti dell’analisi algebrica concetti come quelli di catena, ciclo, omologia generalizzando tali nozioni fino a perdere di vista la natura geometrica degli oggetti descritti, presentati come entità puramente algebriche. Un secondo filone di ricerche che è confluito nella topologia è quello insiemistico che deriva da G. Cantor e dai suoi studi su arbitrari insiemi di punti dello spazio euclideo n-dimensionale, di cui vengono considerate principalmente le proprietà locali, cioè le situazioni degli insiemi in questione nell’intorno di un punto. Da questo filone scaturì la necessità di definire uno “spazio” più generale, adatto allo studio delle proprietà in esame. Nel 1906 M. Fréchet, a partire dalle ricerche sugli spazi di funzioni di Cantor, Volterra, Hadamard e altri, introdusse la nozione di spazio metrico, spazio dotato di distanza, e nel 1909 quella di spazio astratto. Fu F. Hausdorff nel 1914, in Grundzüge der Mengenlehre (Fondamenti di teoria degli insiemi), a generalizzare la nozione di spazio metrico (in quello che oggi è detto spazio di → Hausdorff), e a dare una forma soddisfacente alla definizione di “spazio topologico”, scegliendo il concetto di “intorno” come fondamentale e ridefinendo il limite in termini di intorni. Un’ulteriore generalizzazione del concetto fu dovuta a K. Kuratowski nel 1922. A partire dallo studio della teoria assiomatica degli spazi topologici e dalla loro classificazione a meno di omeomorfismi, si venne definendo la cosiddetta topologia generale. Contemporaneamente, dagli anni Venti del Novecento, venne realizzata, in gran parte ad opera di J.W. Aleksander, P. Aleksandrov, S. Lefschetz, P.S. Uryson, A.N. Tichonov (la cosiddetta «scuola di Mosca»), la sintesi tra le due teorie topologiche fino allora elaborate, la cui differenza rimane essenzialmente riposta nei mezzi impiegati per affrontare i problemi.
Settori della topologia. Per dare una formulazione rigorosa e generale alle considerazioni intuitive relative a figure geometriche e funzioni deformanti è necessario precisare i concetti topologici di base, nell’ambito di un sistema ipotetico-deduttivo, a partire da definizioni assiomatiche suggerite da situazioni geometriche dello spazio ordinario. Le nozioni fondamentali della topologia sono quelle di → spazio topologico, basato sul concetto di insieme aperto (o aperto), di funzione continua (utile a modellizzare in modo rigoroso le deformazioni ammissibili che trasformano una figura in un’altra), e di → omeomorfismo (o → trasformazione topologica). La branca della topologia che studia le proprietà elementari degli spazi topologici e delle strutture su di essi definite è la topologia generale. Fra le nozioni che essa definisce vi sono quelle di insiemi aperti e chiusi, di interno e chiusura, di frontiera e intorno, di → compattezza, → connessione, metrizzabilità; essa studia inoltre gli assiomi di → separazione, che consentono di distinguere diverse classi di spazi topologici imponendo restrizioni di varia natura, e gli assiomi di numerabilità, che concernono restrizioni legate alla cardinalità (→ numerabile). Uno degli obiettivi fondamentali della topologia è lo studio delle proprietà topologiche o → invarianti per omeomorfismi, ossia delle proprietà che non variano su ogni classe di equivalenza topologica (invarianti topologici di natura numerica sono per esempio la dimensione o il numero delle parti connesse di uno spazio topologico; sono invarianti anche le strutture algebriche come i gruppi di omologia e di omotopia).
Oltre alla topologia generale, esistono altri rami della topologia che prendono il nome dagli strumenti matematici di cui fanno uso.
La topologia combinatoria ha come oggetto di studio quegli spazi topologici che sono ottenibili come realizzazione geometrica di strutture combinatorie e che possono quindi essere analizzati attraverso strumenti di → analisi combinatoria. Storicamente, alla base della topologia combinatoria si trovava il concetto di → complesso simpliciale. Dato il preminente uso di strutture e strumenti algebrici nello studio dei complessi simpliciali, in particolare per quanto riguarda alcuni invarianti topologici a loro associati quali, per esempio, i gruppi di omologia simpliciale (→ omologia, gruppi di), i gruppi di → coomologia, nonché lo sviluppo indipendente degli oggetti algebrici all’interno della topologia, per esempio i gruppi di omologia singolare o i gruppi di → omotopia, la locuzione topologia combinatoria è stata prima affiancata e poi scalzata quasi del tutto dalla locuzione topologia algebrica. Questa branca della topologia studia il problema di associare a uno spazio topologico delle strutture algebriche (numeri, gruppi ecc.) in modo che a spazi omeomorfi restino associati numeri uguali (per esempio, i numeri di → Betti) oppure strutture algebriche isomorfe. Grazie ai recenti risultati di carattere combinatorio in topologia, il nome topologia combinatoria è di nuovo comunemente usato e le due locuzioni convivono: l’intersezione tra le due discipline è comunque talmente ampia che alcuni autori le identificano usando il nome di topologia algebrica combinatoria. Fra le applicazioni classiche della topologia algebrica vi è il teorema del punto fisso di → Brouwer (1912), che afferma che se K è un sottoinsieme convesso, chiuso e limitato di Rn e ƒ: K → K è una funzione continua, allora ƒ ha almeno un punto fisso (un punto di K si dice fisso per la funzione ƒ se esso coincide con la sua immagine attraverso ƒ). Questo teorema sta alla base di molte dimostrazioni di esistenza nel campo dell’analisi matematica.
La topologia differenziale studia quegli spazi topologici che hanno una struttura di → varietà differenziabile e quelle proprietà che non variano sulle classi di equivalenza di varietà differenziabili. La nozione di equivalenza tra varietà differenziabili tiene conto delle proprietà aggiuntive che queste hanno rispetto agli spazi topologici: due varietà differenziabili X e Y si dicono diffeomorfe se esiste un omeomorfismo ƒ: X → Y differenziabile con inversa differenziabile (anche detto → diffeomorfismo). Se due varietà differenziabili di dimensione uguale o minore di tre sono omeomorfe, allora esse sono anche diffeomorfe. Nello studio di tali varietà si utilizzano strumenti del calcolo differenziale di più variabili. Le origini della topologia differenziale si possono far risalire a B. Riemann, ma essa è divenuta un ramo autonomo solo nel 1956 a opera di J.W. Milnor, con la dimostrazione dell’esistenza di due varietà non equivalenti dal punto di vista della topologia differenziale, pur tuttavia omeomorfe (cioè equivalenti dal semplice punto di vista topologico). Questa scoperta dimostra che l’equivalenza offerta dalla topologia differenziale è un effettivo raffinamento della semplice equivalenza topologica.
La topologia in dimensione bassa è un settore della topologia sviluppatosi dalla fine degli anni Settanta. Gli oggetti studiati sono le varietà di dimensione bassa, ovvero 1, 2, 3, 4. Una branca importante è la teoria dei → nodi. Una varietà topologica di dimensione 1 è omeomorfa o a una circonferenza o a una retta. Le varietà di dimensione 2, chiamate superfici, sono infinite e variegate. Tra queste si trovano molti esempi già notevoli dal punto di vista topologico: la sfera, il toro, il nastro di Möbius, la bottiglia di Klein (quest’ultima, benché sia “localmente” un oggetto bidimensionale, non è realizzabile “globalmente” come sottoinsieme né del piano né dello spazio, ma è realizzabile dentro lo spazio quadridimensionale). Una varietà di dimensione 3 è intuitivamente un “universo possibile”. Le 3-varietà non sono facilmente visualizzabili; il loro studio costituisce una branca importante della topologia. Il quadro generale delle 3-varietà è fornito dalla congettura di geometrizzazione enunciata da W. Thurston, che contiene come caso particolare la congettura di Poincaré, dimostrata nel 2003 da G. Perel’man (→ Thurston, congettura di). Una varietà di dimensione 4 è un oggetto ancora più difficile da visualizzare. Lo studio delle varietà con quattro dimensioni è un punto centrale della matematica moderna, con numerosi collegamenti con la fisica teorica: la relatività generale descrive infatti lo spazio-tempo come una 4-varietà, ossia uno spazio curvo di dimensione 4.
Si definisce così una famiglia T di sottoinsiemi di un insieme X, detti aperti della topologia, che soddisfa le seguenti proprietà:
• l’insieme vuoto e X sono aperti;
• l’unione di una famiglia (anche infinita) di aperti è un aperto;
• l’intersezione di un numero finito di aperti è un aperto.
Un insieme su cui è stata fissata una topologia prende il nome di → spazio topologico. Un sottoinsieme C di uno spazio topologico X si dice chiuso se il suo complementare in X è aperto. È del tutto equivalente dare una topologia su X indicandone, al posto della famiglia di aperti, quella dei chiusi. Essa deve soddisfare le seguenti tre proprietà:
• X e l’insieme vuoto sono chiusi;
• l’intersezione di una famiglia (anche infinita) di chiusi è un chiuso;
• l’unione di una famiglia finita di chiusi è un chiuso.
Su ogni insieme X è possibile definire la topologia discreta, i cui aperti sono tutti i sottoinsiemi di X, e la topologia indiscreta (o banale), i cui aperti si riducono all’insieme vuoto e a X stesso. La topologia euclidea su Rn è la topologia i cui aperti sono tutti i sottoinsiemi di Rn ottenibili come unione di dischi aperti n-dimensionali, cioè di insiemi D(c, r) formati dai punti la cui distanza da c è minore di r. Gli aperti di R, R2 e R3 sono quindi, rispettivamente, unione di intervalli aperti, di cerchi privi della circonferenza esterna e di palle prive della sfera esterna. Su uno stesso insieme X, si possono considerare topologie diverse, che danno luogo a spazi topologici con proprietà topologiche diverse: per esempio, se si dota R della topologia discreta, indiscreta ed euclidea si ottengono tre spazi topologici tra loro non omeomorfi.