TORINO
(XXXIV, p. 28; App. I, p. 1056; II, II, p. 1005; III, II, p. 963)
Da tempo il comune di T. ha raggiunto la crescita demografica zero e si mantiene sul milione di ab. (1.300.000 contando anche i comuni della cintura urbana, con essa strettamente integrati). Le attività economiche sono varie. Il ruolo del terziario è importante, grazie alla presenza dell'amministrazione provinciale e regionale, alle banche, all'editoria, all'università, al movimento turistico. Si tratta di un terziario superiore, in quanto è maggiore il numero degli occupati ai servizi rispetto a quelli del commercio; il che indica uno spostamento verso attività di direzione e di controllo, proprie delle società industriali avanzate. L'industria domina nettamente il quadro economico; il tradizionale asse portante è il settore automobilistico che ha come altri punti di forza la progettazione di carrozzerie, la costruzione di macchine utensili, di veicoli industriali, di motori per la marina e l'aviazione. Collegata a questi impianti gravita una serie di industrie minori: accessori dell'automobile, materiale elettrico, pneumatici, materie plastiche, vernici, ecc. Dagli anni Ottanta l'industria automobilistica, sollecitata da una crisi del settore verificatasi nel corso degli anni Settanta, si è orientata verso un nuovo modello di sviluppo con la produzione e l'introduzione nei propri stabilimenti di tecnologie elettroniche in sostituzione di quelle elettromeccaniche e meccaniche. Queste tecnologie innovative (robots industriali), inserite in taluni segmenti del processo di produzione, hanno sostituito parzialmente la forza-lavoro, che infatti è diminuita. Si è ridotta anche la base più direttamente produttiva a vantaggio delle funzioni di ricerca e direttive. L'intenso traffico di passeggeri e merci, incentivato da un'attiva vita cittadina, è disimpegnato da numerose linee di comunicazione stradali (in primo luogo da numerose e moderne autostrade), ferroviarie e aeree con l'interno e l'estero. A T., nodo ferroviario tra i maggiori d'Italia e d'Europa, convergono linee di grande comunicazione provenienti da Milano, Genova e Bologna, mentre l'apertura delle gallerie stradali del Monte Bianco e del Gran San Bernardo ha notevolmente favorito la crescita degli scambi con l'estero.
Per dati statistici provinciali v. piemonte (Tabelle), in questa Appendice.
Bibl.: G. Laganà, M. Pianta, A. Segre, Urban social movements and urban restructuring in Turin, 1969-1976, in Journ. Urban Reg. Res., 6, 2 (1982), pp. 223-45; G. Ortona, W. Santagata, Industrial mobility in the Turin metropolitan area, 1961-1977, in Urban Studies, 20, 1 (1983), pp. 59-71; C. Antonelli, The determinants of the distribution of innovative activity in a metropolitan area: the case of Turin, in Regional Studies, 21, 2 (1987), pp. 85-93; G. Jalabert, M. Grégoris, Turin: de la ville-usine à la Technopole, in Annales de Géographie, 96, 538 (1987), pp. 680-704; A. Cassone, A. Tasgian, Growth and decline of a metropolitan area: the case of Torino, in Metropolitan development, in Annals of Regional Science, 22, 3 (1988), pp. 34-47; P. Petsimeris, La mobilité intra-urbaine, dimension cachée de l'organisation des villes, in Géographie sociale, 11 (1991), pp. 31-41.
Architettura. - Negli anni Cinquanta, a fronte di una difficile ricostruzione politica, sociale ed economica dopo i moltissimi danni bellici causati dai bombardamenti aerei, la ricostruzione edilizia e del tessuto connettivo urbanistico di T. è avvenuta con scarsa attenzione ai valori e alla stratificazione storica della città. Se i grandi monumenti, soggetti alle norme di tutela dello stato, hanno avuto un'attenzione maggiore sul fronte del restauro (alcuni furono peraltro consolidati staticamente per opera del Genio Civile con metodi ora non più accettabili), al contrario l'architettura ottocentesca non ancora vincolata, a T. molto importante perché risolta in grandi sistemi urbanistici uniformi o uniformati, ha subito irreversibili sconvolgimenti.
In nome dello sviluppo sono stati del tutto demoliti e ricostruiti, con discutibile architettura postrazionalista, gli edifici in parte gravemente danneggiati corrispondenti alla pianificazione ottocentesca progettata da C. Promis nei tre piani fuori Porta Nuova, a Porta Susa Valdocco e in Regione Vanchiglia (1851-52), nonché nell'area dell'ex Cittadella (1852-57). Soprattutto di fronte al Mastio della Cittadella, all'incrocio tra via Cernaia e i corsi Galileo Ferraris e Siccardi (ma anche all'angolo di via Pietro Micca con piazza Solferino), l'immagine eclettica della città è risultata irrimediabilmente perduta, essendo sostituita da edilizia senza qualità. Il fenomeno di deterioramento della struttura urbana è evidente anche in molti altri luoghi della città neoclassica (nell'attuale piazza della Repubblica a Porta Palazzo, dove con un grattacielo è stato sconvolto il rigoroso impianto planovolumetrico della grande piazza neoclassica) o della città barocca: per es. alcune case di piazza Castello (A. Vitozzi, dal 1584) e di via Po (A. di Castellamonte, 1673) sono state ricostruite tutelando il disegno soltanto in facciata, ma con solai piani di calcestruzzo armato anche nei portici e senza attenzione allo spazio architettonico. Lungo i principali viali e lungo importanti vie la normativa edilizia ha inoltre permesso sia un forte innalzamento disomogeneo dei fabbricati, sia la loro ricostruzione non più sul filo di fabbrica delle strade; ciò per ottenere maggiori altezze modificando il rapporto con la larghezza della via, sottoposto a normativa dai regolamenti edilizi; un po' dovunque sono stati costruiti piani attici, anche due o tre, che hanno interrotto il grande skyline continuo dell'intera città, ricavati sopra l'altezza di gronda usufruendo del famigerato angolo di 40° destinato a contenere la sezione trasversale delle sopraelevazioni.
Un'importante documentazione conservata presso l'Archivio storico della città di T. (Danni arrecati agli stabili e Bombe e mezzi incendiari lanciati nelle incursioni aeree 1940-1945) rappresenta in mappa, in scala 1:5000, il territorio torinese con precisa indicazione rispettivamente dei danni gravissimi, gravi, leggeri. Tale straordinario supporto conoscitivo evidenzia la geografia localizzativa delle zone massimamente colpite (non solo le industrie e le infrastrutture pubbliche ma anche il tessuto residenziale) e permette di riconoscere che i grattacieli poi costruiti − e quasi tutti senza regolare licenza edilizia − occupano, specie nella città storica, i luoghi dei danni aerei maggiori.
Il centro storico di più antica stratificazione, vale a dire la città quadrata d'impianto romano, al di fuori della zona già modificata dai tagli urbanistici della legge di P.T. Napoli (e poi dalla ricostruzione di via Roma), non subì negli anni Cinquanta e Sessanta quel forte processo di terziarizzazione e di profondo rinnovamento edilizio che caratterizzò per es. Milano. Abbandonato nei decenni del boom economico a un diffuso e indiscriminato sfruttamento di rendite collegato a una forte immigrazione industriale, il centro storico di T., pur essendo in molti settori molto degradato, sarebbe ora, paradossalmente, ancora recuperabile con criteri di salvaguardia architettonica e ambientale. Il dibattito sul destino del centro storico è infatti uno dei nodi portanti anche del nuovo piano regolatore (Gregotti Associati, 1993), da cui si attende tutela autentica e non solo di ''cartello'' programmatico.
Se non giustificabile, è perlomeno spiegabile nella contingenza storica il fenomeno di una non corretta ricostruzione post-bellica; rimane purtroppo non giustificabile la scarsa attenzione dimostrata negli anni Settanta e anche negli anni Ottanta (e purtroppo per alcuni nodi urbani anche ora) a parte del patrimonio non ancora vincolato del demanio militare e comunale e a molte infrastrutture statali; il riferimento immediato va alla zona dei ''grandi servizi'', un'autentica ''parte di città'' pianificata ad hoc, dove sono stati progressivamente demoliti (dal 1974) il Mattatoio Civico, il Foro Boario, i caselli Daziari, le caserme Pugnani e Sani e dove si rischia di vedere demolito o ruderizzato anche il carcere giudiziario ''Le Nuove'', capolavoro della tipologia carceraria ottocentesca, uno dei pochi rimasti nel mondo (G. Polani, 1857). Si può annotare tuttavia che, nonostante le manomissioni, l'importanza e il rigore della struttura urbanistica della città −''chiara e limpida come una regola'' − sono così forti da permettere ancora una buona lettura capace di connettere fenomeni altamente significativi nel paesaggio urbano. Per T. hanno certamente giovato, per un più consapevole atteggiamento di salvaguardia verso la città nel suo insieme, l'avanzamento del dibattito sui centri storici, una progressiva azione di tutela esercitata dagli organismi preposti, un'incisiva e capillare ricerca sulla città consolidata in campo universitario e soprattutto nel Politecnico di Torino.
Bibl.: Forma urbana e architettura nella Torino barocca, a cura di A. Cavallari Murat, Torino 1967; La capitale per uno stato. Torino. Studi di storia urbanistica, a cura di V. Comoli Mandracci, ivi 1983; Beni culturali ambientali nel Comune di Torino, ivi 1984 (con aggiornamenti, 1992); Le città possibili nell'urbanistica di Torino, catalogo della mostra a cura V. Comoli Mandracci e R. Roccia, ivi 1991.