TOSCANA (XXXIV, p. 79; App. II, 11, p. 1006)
Popolazione. - Nel censimento del 1951 la popolazione residente risultò di 3.158.811 ab. e la presente di 3.165.016 ab. Nel censimento del 15 ottobre 1961 la popolazione residente risultò di 3.267.374 (densità: 143 ab. per km2). Nonostante l'incremento complessivo della popolazione (dovuto sia all'eccedenza dei nati vivi: 3 per cento in media all'anno nel periodo 1949-56, sia all'immigrazione dall'Italia meridionale e insulare), in alcune delle aree più elevate della regione, specialmente nell'Appennino pistoiese, nell'alto Mugello e in Casentino, è in atto un fenomeno di spopolamento connesso colla decadenza dell'agricoltura montana.
Attività economiche. - La popolazione attiva nel 1951 era di 1.316.103 persone suddivise tra i diversi settori nel modo seguente: agricoltura, caccia e pesca 521.238 (39,6%), industria 447.198 (34%), commercio, trasporti, servizî, credito, assicurazioni e pubblica amministrazione 347.667 (26,4%).
L'agricoltura ha attraversato e attraversa anche in questa regione una difficile crisi, che si manifesta nella diminuzione del numero degli addetti (con abbandono delle terre meno produttive) e nel deterioramento dei rapporti tradizionali tra proprietarî e mezzadri. Un aspetto positivo della situazione consiste nel fatto che alcune fondamentali produzioni continuano - sia pure modestamente - ad aumentare, grazie al progresso delle tecniche agricole. Principali prodotti nel 1958: frumento q 8.368.300 (pari a q/ha 21,6: nel periodo 1936-39 il rendimento era di q/ha 14,4), granoturco q 1.136.600, patate q 1.619.650, bietole da zucchero q 1.178.850, uva - da vino e da tavola - q 7.487.200 (vino hl 4.961.800), olive q 514.900 (olio q 113.900). Per quanto riguarda le tecniche culturali si nota un certo aumento delle aree occupate dal vigneto e dall'oliveto specializzati. La meccanizzazione agricola si sta sviluppando notevolmente. Dal 1953 al 1956 le trattrici sono quasi triplicate, passando da 3361 a 9490 unità. Il patrimonio zootecnico, che è in aumento, comprende (1958): 484.000 bovini, 303.000 suini e 547.000 ovini.
L'industria, terminata la ricostruzione, ha dovuto affrontare i problemi della riconversione delle produzioni belliche o legate alla politica di autosufficienza economica. Nel settore estrattivo si è avuto un progressivo abbandono delle miniere di lignite, la cui produzione era incapace di sostenere la concorrenza del carbone fossile importato liberamente. A questo abbandono è seguita nel 1958 una ripresa limitata all'importante bacino esistente presso San Giovanni Valdarno, dove la meccanizzazione totale della coltivazione e la possibilità di consumare sul posto il combustibile nella nuova centrale termoelettrica di Santa Barbara hanno reso economica l'estrazione. Le industrie siderurgiche di Piombino, dopo una lunga crisi dovuta prima alle distruzioni belliche e successivamente a ragioni economiche, hanno ripreso in pieno la loro attività con impianti completamente ammodernati. Interessanti esempî di riconversione si sono avuti nell'industria aeronautica Piaggio di Pontedera, che ha intrapreso con grande successo la costruzione dei motocicli "Vespa", e nella Fonderia del Pignone di Firenze, già impegnata nella fabbricazione di materiale bellico, che - dopo una serie di vicissitudini - si è dedicata alla produzione di apparecchiature destinate all'industria petrolifera. Fiorente è tuttora l'industria pratese del lanificio (circa 20.000 addetti), che risente però dell'instabilità dei mercati di sbocco internazionali. Un discreto sviluppo ha avuto l'industria dell'abbigliamento, in buona parte ancora nella forma tradizionale della lavorazione a domicilio, a Firenze (abiti, ricami, maglierie), a Signa (maglierie), a Empoli (abiti, impermeabili). In decadenza è invece l'industria degli articoli di paglia.
La ricostruzione delle vie di comunicazione è stata completata, colla sola importante eccezione della ferrovia Firenze-San Piero a Sieve.