Traiano
L’ottimo principe
Primo imperatore nato in una provincia, la Spagna, Traiano regnò dal 98 al 117 d.C. Con lui l’Impero Romano raggiunse il massimo dell’espansione territoriale. Grande generale, fu considerato anche un ottimo imperatore per la sua attenzione verso le classi meno ricche
Marco Ulpio Traiano era figlio del grande generale omonimo che si coprì di gloria in Oriente, dove anche il futuro imperatore mosse i primi passi di una carriera che conosciamo solo in modo approssimativo. Traiano fu il primo imperatore romano di nascita provinciale: la sua famiglia era infatti spagnola. Quando venne nominato da Marco Cocceio Nerva suo successore al trono, nel 97 d.C., era di stanza in Germania, dove rafforzò il confine, che infatti rimase tranquillo per molti anni.
La politica di Traiano si configurò subito in continuità con quella di Nerva, in netta opposizione con il dispotismo caratteristico del regno di Tito Flavio Domiziano. Traiano tenne molto a caratterizzarsi come princeps – «primo» – e non dominus – «signore» – nei confronti del Senato, e fece della iustitia il suo ideale di governo. Sempre nell’ottica di una politica senatoria fu la riforma della tassa sulle successioni – che molto preoccupava i senatori, grandissimi proprietari terrieri – e l’istituzione di un pretore che aveva una giurisdizione speciale sul fisco. Questa politica garantì all’imperatore l’appoggio convinto del Senato, tramandando fino a noi l’immagine di un sovrano praticamente perfetto.
Sempre sulle orme del predecessore Nerva, Traiano istituì le istituzioni alimentari, che avevano lo scopo di sostenere economicamente i figli di cittadini romani residenti in Italia rimasti orfani dei genitori. Il finanziamento di tali istituzioni avveniva attraverso la riscossione degli interessi sui mutui concessi ai proprietari terrieri per apportare miglioramenti ai loro fondi. Sempre sul piano interno, Traiano fu promotore di una grande politica edilizia, mirante anche ad aiutare economicamente la plebe cittadina. A lui si devono la costruzione del Foro e dei Mercati Traianei, della Basilica Ulpia e di una quantità di altre opere minori, in Italia e nelle province. Ma questo tipo di politica aveva bisogno di grandi ricchezze per poter essere attuata. A tal fine, quindi, Traiano intraprese una serie di guerre di conquista.
Di particolare importanza, anche economica, fu la conquista della Dacia – corrispondente in parte alla moderna Romania –, attuata con due grandi spedizioni militari (101-102 e 106-107), e di cui rimane testimonianza negli splendidi rilievi della Colonna Traiana, collocata al centro del Foro costruito dall’imperatore. Sconfitto il temibile re Decebalo, la Dacia divenne una nuova provincia romana, che comprendeva anche importanti distretti auriferi nei Carpazi.
Nello stesso tempo Traiano conquistò in Oriente il regno degli Arabi Nabatei, con le loro capitali Petra e Bostra, che divenne la nuova provincia romana di Arabia. Tuttavia le conquiste più ammirevoli Traiano le compì proprio alla fine della sua vita, ai danni dei Parti. Il re dei Parti Cosroe aveva tentato di riappropriarsi dello strategico regno di Armenia, che, a partire dall’epoca di Nerone, era entrato nell’orbita di Roma. La grande spedizione romana iniziata nel 114 portò all’invasione dell’Armenia, della Mesopotamia e forse di alcuni territori al di là del Tigri. Vennero istituite ben quattro nuove province dalle terre tolte ai Parti, la cui stessa capitale Ctesifonte venne conquistata e saccheggiata da uno dei più brillanti generali di Traiano, Lusio Quieto.
Questi enormi successi, che portarono Traiano sulle rive del Golfo Persico, si rivelarono però poco duraturi. Nel 116 le comunità giudaiche – che dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme per opera di Tito, nel 70, si erano installate in Mesopotamia – iniziarono a ribellarsi ai Romani: la ribellione si diffuse a macchia d’olio in tutto l’Oriente, fino a Cipro e in Egitto. Mentre cercava di rimediare alla situazione che andava sempre peggiorando, Traiano morì all’improvviso (117 d.C.) mentre era in Asia Minore. Il suo successore, Adriano, abbandonò le quattro province recentemente conquistate e riportò al fiume Eufrate il confine tra Roma e i Parti.