Treccani
"Saper fare un'enciclopedia
sarà documento di quel che
l'Italia sa fare in ogni campo"
(Giovanni Treccani)
Un'enciclopedia
tutta italiana
di Ferruccio de Bortoli e Gioacchino Volpe
18 febbraio
L'Istituto della Enciclopedia Italiana festeggia l'80° anniversario della sua fondazione, nata dalla collaborazione tra il filosofo Giovanni Gentile e l'imprenditore lombardo Giovanni Treccani per dare all'Italia, sull'esempio di altri paesi europei, un'enciclopedia nazionale, in grado di favorire la diffusione a tutti i livelli della cultura.
Cultura e libertà
Dovevamo vederci a Parigi. Naturalmente nel sesto arrondissement, nel Quartiere latino. Una riunione come le altre, di una società editoriale italo-francese, di cui ero divenuto da poco vicepresidente. La mia curiosità era tutta concentrata su come avessero fatto i nostri soci, dopo lo scandalo Vivendi, a riprendersi e tirare avanti come se nulla fosse successo. "Dove si tiene la riunione, signora?". "Ma naturalmente nella salle Pierre Larousse, alle 15 in punto". Arrivai dieci minuti prima e mi sedetti davanti al ritratto del fondatore che nel 1864 pubblicò il Grand dictionnaire universel du 19e siècle con una frase di Voltaire in premessa: "Un dizionario senza esempi è uno scheletro". Lui, Pierre Larousse, appare nel ritratto molto magro, quasi denutrito.
Un'impiegata entrò per chiedermi se desideravo un caffè. Le dissi di no ma mentre stava uscendo le chiesi che cosa rappresentava per lei quella sala un po' disadorna e délabré. Era una signora sulla cinquantina, di famiglia immigrata, di origine magrebina credo. Mi rispose con immediatezza.
"Il cuore e la memoria". Con l'accento dell'orgoglio. "E Jean-Marie Messier?". Messier, ex patron di Vivendi, protagonista di uno dei più grandi casi di frode societaria degli ultimi anni. Lei alzò le spalle e si rivolse all'affascinante ritratto del fondatore che mostrava uno sguardo vagamente perduto, un Robert Louis Stevenson in versione esotica. E non disse nulla. Se ne andò.
Raccontai l'episodio a Philippe Merlet, uomo raffinato, esportatore tignoso dell'esprit enciclopedico francese nel mondo e presidente della joint venture fra Rizzoli e Larousse. Merlot aggiunse compiaciuto: "È la Francia". Eppure l'opera che fondeva con formula originale una parte dedicata alla lingua e una ai nomi propri e che nel 1905, giusto un secolo fa, Claude Augé si incaricò di diffondere in tutto il mondo, anche in una fortunatissima versione Petit, non aveva l'ambizione di essere l'Encyclopédie moderna, la continuazione ideale dell'intuizione razionalista di Diderot. Si limitava a prendere a prestito una celebre frase di Voltaire. Né Larousse disse mai come Michelet dell'Encyclopédie: "È molto di più di un libro, tutta l'Europa del diciottesimo secolo vi si impegnò, non solo la Francia". Diderot sostenne che lo scopo di un'enciclopedia "è quello di raccogliere le conoscenze sparse e di esporne il sistema generale agli uomini perché i nostri nipoti siano più virtuosi, istruiti e felici". I collaboratori, com'è noto, furono illustri e celebri. Da Montesquieu a Quesnay a Rousseau, ma l'Encyclopédie non fu mai considerata un'impeccabile opera scientifica. Jean-Baptiste d'Alembert la riteneva con una punta di snobismo d'antan niente più di "un alito di Arlecchino". Eppure fu la più grande opera di diffusione del sapere della storia, in anni in cui non vi erano né i moderni mezzi di riproduzione e di diffusione, né l'accoglienza benevola, diremmo volteriana, di chi non si trovava in sintonia con voci e orientamenti. L'Encyclopédie fu avversata dai gesuiti e censurata da papa Clemente XIII nel 1759.
Non ero mai entrato a Palazzo Mattei di Paganica prima di un pomeriggio della scorsa primavera, reduce dalla sede della Banca d'Italia che nel nome di Bonaldo Stringher ha sempre svolto un'opera di grande sostegno, insieme ad altre istituzioni, della Treccani. E non ero mai stato nella sala Igea; non ne avevo mai ammirato gli affreschi rinascimentali, né respirato quell'atmosfera così coinvolgente che solo i luoghi della nostra storia e della nostra identità trasmettono con intensità straordinaria. Tra la sala Igea e la sala Larousse c'è un abisso storico e architettonico. Quando uscii dal palazzo avrei voluto che un turista, magari francese, mi chiedesse: "Che cosa rappresenta per lei quel luogo?". E io avrei potuto rispondere come il mio amico Philippe Merlet: "l'Italia". Nessuno me lo chiese e mai me lo chiederà. Ma vorrei che un giorno una cittadina italiana, immigrata, originaria di un altro paese si comportasse come l'impiegata della Larousse, magari dopo aver lustrato gli ottoni e tolto la polvere dal Dizionario biografico degli italiani.
Giovanni Treccani era un industriale tessile, un mecenate lombardo, un amante della Francia.
A Parigi aveva acquistato la Bibbia di Borso d'Este ed era già considerato per questo un benemerito della cultura italiana. Le aveva restituito un gioiello. Quanti imitatori moderni ha Treccani? L'Enciclopedia nazionale, nei suoi progetti e in quelli di Giovanni Gentile, doveva assomigliare un po' al dizionario enciclopedico di Larousse e un po' alla Britannica. Sessantamila voci con un eccezionale apparato illustrativo. L'atto di costituzione dell'Istituto risale al 18 febbraio 1925. Nell'alba dell'era fascista. Aurelio Lepre nella sua Storia degli italiani del Novecento riconosce che il Manifesto redatto da Gentile, al quale aderirono tra gli altri Luigi Pirandello e Salvatore Di Giacomo, servì a Mussolini per ottenere l'appoggio di molti intellettuali. Ma l'opera enciclopedica si definì subito non politica "ispirata unicamente all'amore degli studi, della cultura e dell'onore del Paese", ed è anche vero che diverse istituzioni culturali sotto il fascismo riuscirono a conservare, se non un sotterraneo o tollerato pluralismo, un distacco scientifico che in parte le protesse, anche dopo la legge del 1933 che pur lasciò relativamente libero l'Istituto di proseguire la propria attività in qualche modo al riparo dal Ministero della Cultura popolare. Questo è un po' il paradosso del Ventennio. Montanelli ricorda che Aldo Borelli fu mandato a dirigere il Corriere della sera dopo la cacciata di Luigi Albertini e l'arrivo dei Crespi, altri industriali tessili.
Il giornale certo seguì le linee del regime. "Ma Borelli - ricorda Indro - più che fascistizzare il Corriere ne venne ammaliato e assorbito". E qualche margine sotterraneo di libertà lo garantì.
Come Gentile all'Istituto.
Tra gli altri meriti del filosofo, che una storiografia più attenta solo recentemente gli riconosce, ci fu quello di aiutare e far lavorare anche chi era inviso al regime, antifascisti e firmatari del contromanifesto di Croce. Come Gaetano De Sanctis, che fu tra i pochi docenti universitari (dodici ordinari su 1250) a rifiutare nel 1931 il giuramento di fedeltà al fascismo (Giorgio Boatti, Preferirei di no, Torino, Einaudi, 2000), e rimase direttore della sezione per la storia del mondo antico.
Ma l'elenco di direttori di sezione, redattori o collaboratori non omogenei al fascismo è lungo. Da Giorgio Levi Della Vida a Guido Calogero, da Nello Rosselli a Rodolfo Mondolfo. La voce Comunismo e Socialismo di quest'ultimo rimarrà un classico della storia delle dottrine politiche.
Ugo La Malfa fu redattore dell'Enciclopedia per la storia dell'industria. E Leo Valiani, nel suo Testimoni del Novecento (Firenze, Passigli, 1999), lo ricorda rendendo un omaggio sincero alla figura di Gentile.
Di La Malfa scrisse: "L'individuo muore dopo aver vissuto e sofferto, lo spirito e la ragione si tramandano di generazione in generazione". Anche questa citazione, se volete, potrebbe essere messa, come quella di Voltaire, fra le premesse di un lavoro enciclopedico. E del resto l'antifascista e intransigente Valiani, anche in età avanzata, domandava a chi aveva l'onore (chi scrive era tra questi) di passargli gli articoli (che consegnò fino all'ultimo di persona): "Lo controlli sulla Treccani". Perentorio. Gentile sosteneva che l'Enciclopedia non è un libro, non è neppure una biblioteca, ma del primo deve averne l'unità e della seconda la molteplicità. Ha bisogno di più mani, più menti, più saperi. Non può essere un coro stonato o disordinato ma, nello stesso tempo, deve garantire e rispettare le singole individualità, le diverse tendenze e scuole. Ognuno - afferma Gentile - vi mette il suo pensiero, il proprio stile, ma nel sottofondo c'è una identità, un'anima italiana che da sola assicura l'unità e l'armonia dell'opera.
La cultura occidentale, prima di ottant'anni fa, offriva diversi esempi, al di là della celebre Encyclopédie, ou dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers di Diderot e d'Alembert e della celebrata e scozzese Encyclopaedia Britannica, di corpi enciclopedici, dal Tresor di Brunetto Latini alla Biblioteca Universale di Vincenzo Coronelli, ma raramente un'opera come la Treccani ha segnato la storia culturale del proprio paese e, paradossalmente, quando un regime prendeva il sopravvento soffocando le libertà civili e politiche. "Tutta italiana dovrà essere questa Enciclopedia", non doveva ispirarsi alla popolare Larousse o al Brockhaus, semmai alla Britannica. E Giovanni Treccani aggiunge: "E secondo il genio italiano abbiamo voluto che l'Enciclopedia fosse riccamente illustrata e parlasse agli occhi, alla fantasia oltre che al pensiero", si porgesse, continua l'industriale tessile e filantropo, all'uomo ansioso di spingere più in là il proprio sguardo.
Leggendo queste parole del fondatore dell'Istituto mi è venuto in mente il lungo e talvolta aspro dibattito sull'identità italiana, sulla morte della Patria, sulla memoria non condivisa e sul tricolore rimasto troppo a lungo un misconosciuto simbolo della nostra italianità. Ernesto Galli della Loggia, in L'identità italiana (Bologna, il Mulino, 1997), ricorda la descrizione che Paul Vidal de la Blache, fondatore della moderna geografia umana, fa della Liguria dei primi del Novecento: "La montagna chiude dappresso la costa, la avvolge per così dire. Sui versanti digradanti verso il mare si vede emergere tra le piantagioni e i boschi di ulivi il borgo principale collegato alla spiaggia da sentieri e gradini". Treccani volle illustrazioni che descrivessero meglio il genio italiano e, nel contempo, restituissero all'identità italiana quel fascino incantevole che traspare dalle testimonianze di celebri viaggiatori. Goethe parla così della Toscana: "Non è possibile vedere una campagna meglio tenuta, nemmeno una zolla di terra che non sia pulita e come passata attraverso lo staccio".
Il nostro cammino di italiani, dice Galli della Loggia, è il racconto unico e straordinario dell'incontro fra natura e storia. La bellezza di un 'paesaggio con rovine', anche se in questi giorni e leggendo gli avvenimenti dell'anno, abbiamo il sospetto che le rovine non siano i segni delle tante civiltà della Penisola. "Il sovrapporsi di civiltà romana e di Cristianesimo cattolico sul suolo della Penisola - scrive ancora Galli della Loggia - ha rappresentato per l'Italia un deposito storico di tale spessore e prestigio da riverberarsi sulle sue vicende in modo e misura assolutamente unici e decisivi".
La sezione materie ecclesiastiche dell'Enciclopedia fu affidata da Gentile al gesuita Pietro Tacchi Venturi, studioso di grandissima fama, che facilitò tra l'altro i rapporti con la Santa Sede.
E si può dire che quel sovrapporsi di civiltà romana e Cristianesimo è ordinato per la prima volta nel rispetto reciproco. Come se l'Enciclopedia avesse rappresentato anche il primo e riuscito tentativo di mettere in ordine quel grande deposito di testimonianze della civiltà che è l'Italia.
Un'operazione di archeologia culturale insieme all'ambizione di creare un'architettura moderna, all'interno della quale la cultura potesse essere spiegata e tramandata. Un edificio italiano del Sapere. Aperto, di cui ogni cittadino ha la chiave. Qui sta uno dei grandi meriti storici della Treccani. Qui sta la grande attualità di un'opera enciclopedica, un corpo vivo che come la lingua si rinnova ogni giorno, a ogni nuova voce.
Lo storico francese Jacques Barzun, in Dall'alba alla decadenza (Milano, Rizzoli, 2000), si pone l'interrogativo se dopo cinque secoli la nostra cultura occidentale non sia arrivata al termine. E interpreta mirabilmente il senso di smarrimento del cittadino, in particolare del cittadino europeo.
Quel disorientamento, quello spaesamento che ha spinto francesi e olandesi a votare no alla Costituzione europea. Una carta che ha almeno cinque definizioni nel bel libro di Joseph H.H. Weiler (La Costituzione dell'Europa, Bologna, il Mulino, 2003), una delle quali si attaglia perfettamente anche a una grande enciclopedia, "uno straordinario equilibro tra diversità e unità". Come si è visto quell'equilibrio era tutt'altro che forte e stabile.
Ma l'Occidente, nell'analisi di Barzun, è l'incredibile storia di una "cultura a ponte", una civiltà ibrida, un mosaico di tradizioni e conflitti che ha dato all'umanità il più importante e prezioso dei contributi. E se ciò è stato possibile è merito anche di una "memoria tenace", della "pratica ossessiva di registrare gli avvenimenti", della capacità di dare ordine ai saperi. E se ogni evento della nostra liquida, per usare un termine caro a Zygmunt Bauman, e convulsa modernità, si trasforma ancora in un'idea carica di forza, un'idea che costruisce il futuro, questo è anche merito delle Enciclopedie, che tra l'altro vogliono dire educazione ciclica.
Non che va e che viene, ma complessiva.
"Siamo nani che camminano sulle spalle di giganti, i giganti sono le nostre storie". Barbara Spinelli nel suo Il sonno della memoria (Milano, Rizzoli, 2001) ricorda Bernardo di Chartres. I giganti sono le nostre storie. Le nostre storie sono lì, nei volumi della Treccani, che, anche dopo ottant'anni, ha spalle solide per reggere nani inquieti, deboli e sofferenti.
Ferruccio de Bortoli
La 'voce' di un enciclopedista
Accanto al Gentile filosofo e maestro, che fu il centro delle sua personalità, ci fu il Gentile che mise il suo sapere e le sue capacità organizzatrici e il suo credito personale a servizio di una grande intrapresa, l'Enciclopedia Italiana. Durò un quindicennio questa sua fatica. E di essa può essere di qualche interesse, per la storia dell'Uomo e della cultura e di tutta la vita della nazione, raccogliere e presentare in unità i ricordi più vivi, finché essi sono ancora presenti negli uomini che gli furono vicini e collaboratori. [...]
Si cominciò a montar la macchina dell'Enciclopedia, che era macchina finanziaria, tecnica, scientifica. Già era stato costituito un Consiglio direttivo in cui entravano, oltre ai tre direttori, Pietro Bonfante, grande romanista e giurista; Luigi Cadorna, scrittore di cose militari oltre che soldato; Ferdinando Martini e Bonaldo Stringher, primi ideatori dell'opera oltreché, il secondo, uomo di finanza e di banca, utile per un'opera che avrebbe avuto bisogno anche di grandi mezzi finanziari; Thaon di Revel duca del mare e Francesco Salata che già aveva messo la sua passione di storico al servizio della redenzione delle terre giuliane; e poi Guglielmo Marconi, Alberto de' Stefani, Luigi Einaudi, Gaetano De Sanctis, Luigi Federzoni eccetera, nomi noti nella scienza e nella vita politica.
Ed ora si impiantarono i primi uffici: fra i quali ricorderò quello artistico, diretto dal professor Grassi, di importanza capitale, dato che l'Enciclopedia voleva dar molto posto all'arte ed essere illustratissima.
Nella fase presente della nostra pittura, era un problema trovar un buon numero di artisti capaci di disegni precisi, documentali, cioè disegni a penna imitanti la grafia dell'incisione a bulino. E si dové crear quasi una scuola in sede, e reclutar disegnatori che si specializzassero in disegni di oggetti tecnici e meccanici, di piante e animali, di cose mediche e chirurgiche. Poi si impiantò un ufficio cartografico, per le carte nel testo, mentre, per le altre, potevano bastare opportuni accordi col Touring, che allora stava preparando il suo grande Atlante. Si misero insieme i primi ferri del mestiere, cioè il primo nucleo della futura biblioteca dell'Enciclopedia, fatto essenzialmente di altre Enciclopedie, di Vocabolari, di Lessici, di Manuali, di grandi opere storiche come la Geschichte Europas dello Stern, la Papstgeschichte del Pastor, la Cambridge Ancient, Medieval and Modern History, storie generali dei maggiori paesi eccetera. Si scelsero i principali collaboratori o direttori delle varie sezioni, De Sanctis, Alberto de' Stefani, Vittorio Fiorini, Ferdinando Lori, Giuseppe Bruni, Cesare de Lollis, Vittorio Alpe, Giovanni Maver, Alfonso Lo Gatto, Rodolfo Benini, Emilio Bianchi, Renato Simoni, Fortunato Pintor, Raffaele Pettazzoni, Gioacchino Volpe, e altri; si imbastirono le sezioni stesse, piccole e grandi, anzi grandissime, come potevano essere quella di Geografia, di Medicina, di Storia medievale e Moderna eccetera. Sezioni distinte: ma pur collegate fra loro, mediante un apposito ufficio di coordinamento, perché le voci complesse sarebbero state composte di elementi svariatissimi, provenienti a volte da dieci, quindici, fin diciotto mani diverse, mani di storici veri e propri, di archeologi, di geografi, di letterati, di etnologi, di storici dell'arte, di glottologi, di economisti, di agronomi, di giuristi, di militari e marinari, eccetera. [...]
Cominciò subito la prima fatica delle sezioni e relativi direttori, per abbozzare gli elenchi delle voci.
Quali voci? Quante? E con quali criteri scelte? Ci son criteri di valore assoluto e criteri di valore relativo, in rapporto a ciò che si vuol particolarmente metter in rilievo, al carattere che si vuol dare ad una opera così fatta, all'interesse del pubblico a cui propriamente ci si vuole rivolgere, in un determinato momento storico. E in quel primo tempo, non era ancora ben chiaro tutto questo, o era chiaro in modo diverso ad ognuno di noi. Quindi, la scelta larghissima, eclettica, salvo poi sfrondare, scegliere ancora. In ogni modo, rapide, ma vaste scorribande nostre su tutto il vasto mondo dello scibile. Montagne di vecchie enciclopedie, di libri e riviste d'ogni età e paese furono scartabellate o scorse.
Si aprivano, per taluni di noi, panorami nuovi o prima velati d'ombra. Umiliazione per un verso, a dover toccare con mano, ancora una volta, la propria ignoranza: paesi sconosciuti, gente di alta levatura e mai sentita nominare, intieri settori assai importanti, ma quasi vergini per noi. Per un altro verso, senso di esaltazione e quasi commozione. Ricordo certe mie impressioni, per esempio, davanti a libri e riviste che parlavano di missionari, di santi dalla vita operosa, di uomini vòlti alla beneficenza, alla istruzione del popolo, all'assistenza degli infermi eccetera.
Non avevo idea, e raramente la hanno gli storici, tutti vòlti alla politica e rivoluzioni e guerre e, al più, alla società e cultura secolaresca, di un così vasto mondo di uomini e di opere. È vero: questi uomini operano sopra un materiale che trovasi al margine o fuori della storia, brulicante come è di poveri e diseredati, di infelici, di razze inferiori. Ma essi, come uomini, anzi incarnazione di alta umanità, come riflesso di una determinata civiltà a cui essi si adeguano o magari si contrappongono, ma da cui in ogni modo derivano e su cui operano; essi sono ben degni di storia, degni che se ne divulghi la conoscenza, che siano messi al loro posto da chi vuol caratterizzare quella civiltà. Infine, fatti e riveduti gli elenchi, messi a confronto gli uni con gli altri per equilibrar le varie discipline, stabilitisi con una certa approssimazione gli spazi riservati ad ogni voce, si reclutò l'esercito dei collaboratori, si redassero e distribuirono le prime istruzioni, si assegnò il primo lavoro. Moltissimi da principio, questi collaboratori, in gran parte delle sezioni: poi, essi si ridussero, o perché apparvero, alla prova, inadatti o perché prevalse l'idea di concentrar nel minore numero di persone il maggior numero di voci ed avvicinarsi così all'irraggiungibile ideale di una Enciclopedia fatta da una sola persona. Ideale a cui in certe sezioni si è andati molto vicino, se non altro in quelle discipline o sezioni per le quali, specialmente in Italia, il numero dei cultori è piccolo e i mezzi di studio sono concentrati in pochissime grandi biblioteche: come è per le sezioni orientale e bizantina. Montata così tutta la macchina, questa macchina cominciò a marciare, pur con qualche senso di timore e smarrimento in noi, all'idea che, dopo qualche mese, doveva venir fuori il primo volume.
Ce la faremo? Non ce la faremo? Ce la facemmo. Venne fuori il primo volume, nel '29. [...]
Dopo il primo, venne il secondo, vennero il terzo e quarto e quinto volume, con precisione cronometrica, uno ogni tre mesi. [...] Naturalmente, non tutto liscio come un piano levigato, in questa grande officina. Non bisogna credere che, una volta messa in movimento, la macchina andasse da sé. Guai a non vigilarla, a non lubrificarla ogni momento, a non parare qua, parare là, dove qualche ruota dentata non ingranava, dove un congegno non marciava con giusto ritmo! Si potrebbe scrivere la storia aneddotica dell'Enciclopedia, che sarebbe poi la storia di circa duemilacinquecento uomini di studio datisi, per una parte piccola o grande del loro lavoro, all'Enciclopedia durante dieci e più anni; una storia che ha per ognuno i suoi momenti drammatici, i suoi affanni, i suoi dispiaceri; anche per i lettori. Figuratevi il cruccio di tanti bravi uomini viventi, cui non è toccato, e qualche volta a torto, un posto nell'Enciclopedia; di tutte le persone cresciute all'ombra di un campanile, che han visto l'Enciclopedia non degnar neanche di quattro righe il loro campanile; di tutti gli specialisti o dilettanti di cronologia, che han visto sbagliato l'anno o il giorno di una nascita o di una battaglia, di tutti i rampolli di illustri famiglie che han visto saltato o mutilato di qualche ramo il loro albero genealogico! Gentile conservava, e in ultimo erano una catasta da torre di Babele, infinite interpellanze o, meglio, proteste. Ogni volume, centinaia di lettere: sbagliato questo, sbagliato quest'altro; mancante questo o mancante quest'altro; troppo lungo questo e troppo breve quest'altro eccetera. Fatti i debiti riscontri, per debitamente rispondere all'interpellanza o protesta, si trovava che una volta su cinque, sì, l'errore c'era, piccolo o grande che fosse, magari, e visibilmente, di stampa. Ma quattro volte su cinque l'errore o disattenzione o frettolosità era dell'interpellante o protestatario. Esso aveva letto male. Esso non si era accorto che la sua voce non... aveva voce, perché inclusa in altra voce più comprensiva e solo l'indice, in ultimo, avrebbe potuto chiarir tutto. Esso aveva dimenticato che l'Enciclopedia è un'enciclopedia, cioè un dizionario speciale, di cose e di fatti, non semplicemente di parole. Non minori guai nei rapporti con la falange dei collaboratori. Accade che uno mandi dieci pagine dove ne era chiesta una, e si vede macellato il suo manoscritto, e smania e si arrabbia; un altro per poco non apra una vertenza cavalleresca, perché in redazione gli han mutato le virgole; un altro si prenda feroci strapazzate, perché il foglio deve andare in macchina e la sua voce non è ancora giunta; un altro si sfianchi lungo la via e gli si debba attaccare un cavallo a bilancino... [...] Ma non voglio tediare il lettore con queste storie di dispiaceri e di affanni per cui dovettero passare redattori e capi-sezioni e direttore supremo, costretti a sollecitare i ritardatari, rabbonire le ire, conciliare lo scettro e il pastorale, la terra e il cielo, l'immanenza e la trascendenza. Piuttosto, guardiamo un momento il valore complessivo dell'opera, da cui, poi, discende il giudizio su l'uomo, in quanto direttore scientifico, che organizzò tutto questo lavoro, scelse i collaboratori, ne coordinò la quotidiana fatica, dipanò le questioni grandi e piccole che ogni giorno si presentavano, tenne i contatti non sempre facili col mondo esterno. Noi possiamo ammettere qualche difetto della grande Opera. E non mi riferisco agli errori di dettaglio; ma alla proporzione fra le parti (parti… da leone si fecero alcune sezioni!), alla eccessiva lunghezza di certi articoli, veri libri, al diverso trattamento che le varie sezioni fecero agli uomini viventi, pur adottandosi criteri di estrema restrizione, all'eccessivo posto dato alle prime lettere dell'alfabeto con relativa riduzione delle altre, al non eguale valore e numero delle illustrazioni, nelle quali sempre più la fotografia prese il sopravvento sui disegni originali. Qua e là, si ebbero criteri diversi nella trattazione di materie affini o della stessa materia: come fu l'architettura, chi guardi gli articoli della sezione Arte e quelli della sezione Architettura. Difetti quasi tutti inevitabili. Solo la veduta dell'insieme, ad opera compiuta, avrebbe potuto additarli e renderne possibile la correzione nelle successive ristampe, insieme con la correzione dei veri e propri errori di fatto. Poiché successive ristampe o edizioni erano già allora previste. [...]
Ma giudichiamo dell'Enciclopedia anche solo per quel che fu la prima e, per ora, unica edizione. Sono vari i punti di vista. Mettiamoci dal punto di vista del medio lettore, del medio rappresentante di quella che si chiama cultura. L'Enciclopedia costituisce per lui un eccellente strumento. Forse non ci son altri libri che lo pareggino. Ci son le grandi voci, quasi astri luminosi di luce propria, quelle che danno il carattere all'opera, quelle che han valore non solo informativo ma formativo, e servono a orientare il lettore nelle cose grandi.
E c'è l'interminabile corteo dei satelliti, cioè mezzane e piccole voci. Con la mente, è educato il senso del bello.
È stimolato il desiderio di conoscer ancora. Chi vede taluni di quei panorami e opere d'arte, e sono molti, è preso da gran voglia di mettersi in movimento per cercarli e contemplarli nell'originale; o, se è vecchio, sente crescere in sé il rammarico di dover morire senza aver visto tante belle cose di cui il mondo è pieno, di non aver visto specialmente l'Italia, piccolo ma immenso paese, per la sua infinita varietà che quasi ne accresce l'ampiezza. E queste impressioni, non in pochi lettori.
La Enciclopedia Italiana ha tirato attorno alle venticinquemila copie, collocate, per la maggior parte, in biblioteche e case private italiane. Numero non strepitoso al confronto di altre Enciclopedie: ma pur sempre rispettabile. In un paese dove le biblioteche non sono molte e non ricche e non comode e non ben servite, l'Enciclopedia è essa una biblioteca.
Equivale a migliaia di volumi: cioè a centinaia per la storia, centinaia per le letterature, centinaia per l'arte e le scienze.
Gioacchino Volpe*
*pubblicato in Giornale critico della filosofia italiana, fasc. 3-4, luglio-dicembre 1947.
L'origine delle enciclopedie
La parola enciclopedia viene dall'espressione greca enc´yclios paideía (letteralmente "educazione che abbraccia l'intero ciclo", cioè "insieme di dottrine che formano un'educazione completa"). Il concetto di ciclo completo della cultura variò, naturalmente, con i tempi. Lo storico bizantino Giovanni Zonara (11°-12° secolo) spiega così la parola enc´yclios: "la grammatica, la poetica, la retorica, la filosofia, la matematica e semplicemente ogni arte e scienza, perché i dotti le percorrono come un circolo", mentre lo scoliaste Giovanni Tzetze (12° secolo), citando le Vitae philosophorum di Porfirio (3° secolo), dice che tà enc´yclia mathémata sono la grammatica, la retorica e la poetica e le quattro arti subordinate: aritmetica, musica, geometria e astronomia, cioè le sette discipline del Trivio e Quadrivio medievali. Sembra che il primo tra i moderni a usare la parola enciclopedia sia stato in Inghilterra sir Thomas Elyot in The governour (Londra 1531). Come titolo di un libro, il termine si trova per la prima volta sul frontespizio delle opere dell'umanista fiammingo Joachim Sterck van Ringelberg: Lucubrationes vel potius absolutissima kuklopaideéa (Basilea 1541), ma il vero autore del significato moderno di enciclopedia è il teologo tedesco Johann Heinrich Alsted che, dopo aver pubblicato nel 1620 l'opera Cursus philosophici Encyclopaedia, l'ampliò e la ripubblicò nel 1630 col titolo Scientiarum omnium Encyclopaedia. È necessario distinguere tra le enciclopedie anteriori alla metà del Seicento e le posteriori. Quelle del primo periodo sono, o vogliono essere, vere biblioteche, che rendano superfluo il ricorrere ad altri libri, piuttosto che repertori delle cognizioni dell'epoca. Si tratta di centoni di brani tratti dagli autori più stimati, che il compilatore è venuto raccogliendo nel corso delle sue letture e che mette insieme senza curarsi di fare opera organica.
Enciclopedie dell'antichità e del Medioevo
Una vera enciclopedia formano le opere di Aristotele, che trattò di logica e metafisica, di biologia, matematica, psicologia, etica, politica, retorica ed estetica letteraria: uguale ampiezza enciclopedica ebbe l'opera di ricerca scientifica che Aristotele distribuì tra i suoi scolari e collaboratori.
La prima enciclopedia latina si deve a M. Porcio Catone (2° secolo a.C.), che, per combattere la diffusione della cultura greca in Roma, scrisse per suo figlio una serie di trattati sugli argomenti che riteneva necessari al cittadino: agricoltura, retorica, medicina, diritto e arte della guerra. A M. Terenzio Varrone (2°-1° secolo a.C.) si deve una seconda enciclopedia, molto più sistematica e completa: i nove libri delle Disciplinae (grammatica, dialettica, retorica, geometria, aritmetica, astrologia, musica, medicina e architettura). Tanto dell'opera di Catone quanto di quella di Varrone non sono rimasti se non scarsi frammenti; invece è pervenuta intera la Historia naturalis di Plinio il Vecchio (1° secolo d.C.), costituita da 37 volumi (libro 1°: contenuto e indice delle fonti, comprendenti 146 autori latini e 327 non latini, per lo più greci; libro 2°: descrizione fisico-matematica dell'universo; libri 3°-6°: geografia ed etnografia; libro 7°: antropologia e fisiologia dell'uomo; libri 8°-11°: zoologia; libri 12°-19°: botanica; libri 20°-22°: medicinali, medicina, magia; libri 23°-37°: minerali e loro usi, pittura e scultura). La fortuna dell'opera pliniana fu grandissima non solo nei tempi a lui prossimi, ma anche per tutto il Medioevo. Di ben altro tipo è l'enciclopedia in prosa e in versi De nuptiis Philologiae et Mercurii di Marziano Felice Capella (5° secolo), opera allegorica che narra le nozze di Mercurio e della Filologia, celebrate nel palazzo di Giove nella Via Lattea e durante le quali le ancelle di Mercurio (Grammatica, Dialettica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia e Musica), intrattengono gli dei intervenuti, esponendo ciascuna la propria dottrina.
Molto più utili per i moderni sono i 20 libri di Etymologiae ovvero Origines che Isidoro, vescovo di Siviglia, scrisse dal 600 al 630 circa. L'opera è concepita come un vocabolario: di ogni parola si cerca di dare una definizione o almeno l'etimologia e spesso si dà un riassunto storico della letteratura sull'argomento o dello sviluppo della scienza. Si avvicina ai dizionari enciclopedici dei nostri giorni il Lexicon greco che va sotto il nome di Suida (10° secolo). È un glossario che, oltre alla spiegazione delle parole registrate alfabeticamente, contiene una grande quantità di notizie storiche, geografiche e biografiche, brevemente esposte.
La più vasta e famosa enciclopedia medievale è lo Speculum maius o Bibliotheca mundi, compilata nella prima metà del 13° secolo dal teologo domenicano Vincenzo di Beauvais. Quest'opera veramente grandiosa, che riassume tutte le cognizioni del suo tempo, fu scritta su richiesta di san Luigi re di Francia, che stipendiò numerosi copisti perché fornissero gli estratti di opere necessarie alla compilazione. Consiste di tre parti: la prima descrive il mondo secondo l'ordine delle giornate della creazione, e comprende 32 libri; la seconda, in 17 libri, riassume tutte le cognizioni scolastiche dell'epoca, costituendo una specie di manuale per lo studioso e per il funzionario; la terza parte, in 31 libri, racconta la storia dalla creazione al 1254 e parla poi della fine del mondo (prevista per il 2376), del regno dell'Anticristo, del giudizio universale e del regno di Dio. Ai tre Specula fu poi aggiunto lo Speculum morale, che dovette essere compilato da altri dopo il 1310. Anche il maestro di Dante, Brunetto Latini, mentre era in esilio in Francia tra il 1260 e il 1267, scrisse in francese una specie di enciclopedia intitolata Li Livres du tresor, in tre libri (il primo contiene l'origine del mondo, la storia biblica, della fondazione dei governi e quella moderna, e poi astronomia, geografia e storia naturale; il secondo contiene estratti dall'etica di Aristotele e una copia di un centone medievale di filosofi antichi e moderni, il terzo è dedicato alla politica con una descrizione degli Stati italiani).
Verso la nascita delle moderne enciclopedie
Nel 1506 Raffaele Maffei, detto Volaterranus, pubblicò a Roma i Commentarii urbani (1506), in 38 libri che trattano di geografia, biografie di uomini illustri, animali, piante, metalli e minerali, grammatica e retorica, scienze matematiche e opere di Aristotele. Aldo Manuzio nel 1501 diede alle stampe il De expetendis et fugiendis rebus del piacentino Giorgio Valla in 49 libri. Il vescovo Antonio Zara pubblicò nel 1615 un'Anatomia ingeniorum et scientiarum in 4 sezioni: la prima dedicata alla dignità ed eccellenza dell'uomo, la seconda a sedici scienze dell'immaginazione, la terza a otto scienze dell'intelletto e la quarta a dodici scienze della memoria.
Nel 17° secolo apparve la citata enciclopedia di Johann Heinrich Alsted: 35 libri divisi in 7 sezioni, preceduti da 48 tavole sinottiche del contenuto e seguiti da un indice alfabetico. L'adozione dell'ordine alfabetico, per rendere più facile la consultazione, trasformò completamente non solo l'aspetto, ma anche il modo di trattare la materia. Questa trasformazione avvenne a poco a poco: da principio gli articoli erano ancora centoni di estratti, ma in seguito l'opera del redattore andò prendendo maggiori proporzioni e la sostanza degli articoli diventò più elaborata, sino a raggiungere il moderno sistema, dove le fonti scompaiono per dar luogo all'esposizione stesa dal collaboratore specialista. Questo nuovo tipo di opere enciclopediche mostrò però due tendenze divergenti: da un canto si accrebbero le voci in modo da avvicinarsi al tipo del dizionario, suddividendo la materia; dall'altro canto invece si preferì raggruppare le trattazioni intorno a un numero più ristretto di argomenti, cercando così di dare di ogni soggetto una visione complessiva.
Con l'inizio del 18° secolo si ebbe la prima enciclopedia per ordine alfabetico e in lingua moderna, per merito di Vincenzo Maria Coronelli, celebre cartografo veneziano, che fu anche generale dei minoriti. Egli cominciò nel 1701 a pubblicare la Biblioteca universale sacro-profana, alla quale aveva lavorato 30 anni: l'opera doveva comprendere 45 volumi, i primi 39 dei quali avrebbero contenuto le parole dall'A alla Z; i volumi 40 e 41 il supplemento; il volume 42 le correzioni; il volume 43 l'indice alfabetico con 300.000 parole; il volume 44 l'indice per materie e il volume 45 un indice in varie lingue. L'opera colossale, e superiore alle forze di un sol uomo, non andò oltre i primi 7 volumi, da A a Caque, con quasi 32.000 articoli.
Da questo momento cominciarono a comparire in gran numero enciclopedie nazionali. La prima fu la Cyclopaedia, or An universal dictionary of arts and sciences di Ephraim Chambers (2 voll., Londra 1728), che fu subito tradotta in molte lingue ed ebbe un gran numero di imitazioni.
Nel 1745 John Mills, un inglese residente in Francia, aiutato dal tedesco Gottfried Sellius, completò la traduzione in francese dell'enciclopedia di Chambers e si rivolse a Le Breton, stampatore reale, per pubblicare l'opera e ottenere il privilegio voluto dalle leggi francesi. Le Breton, entrato in disaccordo con Mills dopo essersi fatto concedere il privilegio in nome proprio, per correggere e aggiornare la traduzione si rivolse al matematico Jean-Paul de Gua de Malves, il quale propose una completa rielaborazione dell'opera, prima di avere anche lui dissapori con Le Breton. Questi si rivolse allora a Denis Diderot, che aveva già dato buona prova delle sue capacità con la pubblicazione del Dictionnaire universel de médecine (6 voll., Parigi 1746-48), rifacimento dell'opera inglese di Robert James. Diderot persuase Le Breton a intraprendere un'opera completamente originale, assai più vasta, e si associò Jean-Baptiste Le Rond d'Alembert per la parte matematica e 21 collaboratori per le varie materie. Nel novembre 1750 fu pubblicato un prospetto che annunziava la prossima presentazione dell'Encyclopédie, ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers. Il primo volume, preceduto dal Discours préliminaire di d'Alembert sulla classificazione delle scienze e i loro progressi, comparve nel luglio 1751 e il secondo nel gennaio 1752. Nonostante un ordine di soppressione dell'opera come contraria al re e alla religione, l'Encyclopédie continuò a essere stampata e nel 1765 si arrivò alla fine della pubblicazione del testo e del quarto volume delle tavole; seguirono, fino al 1772, altri sette volumi di tavole. Un supplemento in 5 volumi fu pubblicato ad Amsterdam nel 1776-77 e nel 1780-81, pure ad Amsterdam, fu edita, in 2 volumi, la Table analytique di tutti e 33 i volumi. L'Encyclopédie, nella quale, a differenza delle precedenti opere enciclopediche, la trattazione dei singoli argomenti era affidata a competenti, fu un vero successo librario: al completamento aveva quasi 4300 abbonati; gli editori guadagnarono quasi il doppio di quanto avevano speso. Ebbe numerose edizioni straniere, delle quali una in Lucca (1758-71), espurgata e con note polemiche in senso cattolico ma comunque condannata dal papa. Un'altra edizione uscì a Livorno a partire dal 1770, in 33 volumi, sotto la protezione di Leopoldo II.
Altra impostazione ebbe l'Encyclopaedia Britannica, la cui prima edizione, compilata da un gruppo di studiosi scozzesi, sotto la direzione dello stampatore William Smellie e dell'editore Colin Macfarquhar, fu pubblicata a Edimburgo dal 1768 al 1771 in tre volumi di complessive 2760 pagine, con 160 tavole incise in rame. La novità di questa enciclopedia, da cui furono in principio escluse la storia e la biografia, consisteva nel fatto che invece di smembrare le varie discipline, trattandone sotto un gran numero di termini tecnici, sparpagliati per tutta l'opera secondo i dettami dell'ordine alfabetico, si propose di dare una serie di trattazioni concise, ma complete, delle varie branche del sapere; i termini tecnici erano solamente definiti, con un rinvio - per il completo svolgimento - alla disciplina a cui si riferivano. Le trattazioni - che spesso erano più estese di un ordinario libro - furono sin dall'inizio affidate a persone di riconosciuta competenza.
Un tipo differente di enciclopedia è rappresentato dal Konversationslexikon del Brockhaus che, come indica il nome, intendeva rapidamente risolvere i dubbi che potessero sorgere durante la conversazione. Fu iniziato da Gotthelf Renatus Löbel e dal 1796 al 1800 se ne pubblicarono a Lipsia i primi 4 volumi; e il 5° nel 1806. Allora Friedrich Arnold Brockhaus ne comprò la proprietà e fece completare l'opera con un 6° volume da Christian Wilhelm Franke, il quale compilò anche due volumi di supplemento pubblicati nel 1811.
Un altro tipo ancora è rappresentato dal Grand dictionnaire universel du 19e siècle, dovuto a Pierre Larousse (17 voll, Parigi 1864-90), che comprende, in unico ordine alfabetico, la parte lessicografica e la parte enciclopedica, quest'ultima costituita da una vera miniera di aneddoti e di curiosità di ogni genere.
La storia dell'Enciclopedia Italiana
L'Enciclopedia Italiana fu fondata il 18 febbraio 1925 da Giovanni Treccani, finanziere e imprenditore lombardo che si era segnalato alla guida del cotonificio Valle Ticino e per la creazione della Banca industriale lombarda. Nel 1924 era stato nominato senatore in riconoscimento della generosa restituzione al patrimonio bibliografico italiano della Bibbia di Borso d'Este, acquistata a Parigi l'anno precedente. Al progetto di un'enciclopedia a carattere nazionale Treccani era stato interessato da Giovanni Gentile e, d'intesa con questi e con l'editore Calogero Tumminelli, comproprietario dell'editrice d'arte Bestetti e Tumminelli, aveva deciso di realizzarla con propri mezzi. Il rogito notarile costitutivo, firmato a Roma, configurava l'Istituto Giovanni Treccani come ente privato senza fini di lucro.
Treccani, Gentile, in qualità di direttore scientifico, e Tumminelli, direttore editoriale, formavano la giunta dell'Istituto, che annoverava nel Consiglio direttivo illustri personalità della cultura liberale, cattolica e laica, come Pietro Bonfante, Luigi Cadorna, Gaetano De Sanctis, Luigi Einaudi, Federigo Enriques, Ettore Marchiafava, Guglielmo Marconi, Ugo Ojetti, Paolo Thaon di Revel. Il comitato tecnico era composto dai direttori delle 48 sezioni nelle quali era stato ripartito lo scibile ai fini del lavoro da compiere. I rapporti con il regime erano tenuti, direttamente con Mussolini, da Gentile e da Treccani, che in più occasioni aveva rivendicato con fermezza l'autonomia dell'impresa: "La politica qui non c'entra né deve entrarci" aveva dichiarato al rogito dell'atto costitutivo. L'opera fu annunciata da un Manifesto, a firma dei componenti il Consiglio, che metteva in rilievo il "metodo schiettamente scientifico" seguito nel realizzare gli ambiziosi propositi dell'iniziativa.
Si optò per un modello intermedio fra l'enciclopedia monografica tipo Britannica e il dizionario enciclopedico tipo Larousse: 60.000 voci, con un ricchissimo apparato illustrativo (si poté dire, nella pubblicità, che i sottoscrittori pagavano le 10.000 illustrazioni al prezzo unitario di una cartolina, ricevendo gratis il testo). L'Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, impostata nella parte grafica da Tumminelli e realizzata dalla Bestetti e Tumminelli di Roma, stampata dall'officina tipografica della Rizzoli di Milano, dove era entrato Treccani con capitali freschi per l'acquisto di nuovo macchinario, cominciò a uscire nel marzo 1929 e proseguì al ritmo di un volume ogni tre mesi.
L'opera era stata posta in prenotazione a 5000 lire, salite poi a 5750 all'uscita dei primi volumi. Nonostante la raccolta di migliaia di sottoscrizioni (15.000 fino al 1933), non tardò a manifestarsi l'esigenza di mezzi finanziari adeguati a proseguire un'opera di eccezionale complessità. Nel 1931 la proprietà passò alla Società anonima Treves-Treccani-Tumminelli, appositamente costituitasi, ma la nuova formulazione societaria non si dimostrò sufficiente. Treccani sollecitò dunque un intervento dello Stato, che avvenne con il r.d.l. 24 gennaio 1933 nr. 669 (convertito nella l. 11 gennaio 1934 nr. 68). Nacque così l'Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, costituito come una società anonima per quote, nella quale cinque enti di diritto pubblico (Banco di Napoli, Banco di Sicilia, Monte dei Paschi di Siena, Istituto nazionale delle assicurazioni e Istituto poligrafico dello Stato) detenevano altrettante 'carature', ciascuna di 5 milioni. La nomina del presidente era riservata al re su proposta del capo del governo. Nonostante nel Consiglio fossero presenti Achille Starace e Giovanni Marinelli, rispettivamente segretario politico e amministrativo del Partito fascista, l'Istituto poté proseguire la propria attività, con Guglielmo Marconi presidente, Treccani vicepresidente, Gentile direttore scientifico, sottraendosi alla vigilanza del Ministero della Cultura popolare.
Incurante degli aspri attacchi da giornali e periodici del regime, l'Istituto si avvaleva, come direttori di sezione, redattori o collaboratori, di persone invise al regime, antifascisti e docenti universitari che nel 1931 avevano rifiutato di prestare giuramento: Gaetano De Sanctis, Giorgio Levi Della Vida, Bruno Migliorini, Guido Calogero, Ugo La Malfa, Rodolfo Mondolfo, Walter Maturi, Nello Rosselli e altri. Confermato nel nuovo Istituto alla direzione scientifica, Gentile aveva impostato un ampio programma di lavoro, che prevedeva fra l'altro, accanto alla 'Grande', un'enciclopedia minore, alla quale si trovarono a collaborare 1500 studiosi, anche israeliti, fra i quali il geografo Roberto Almagià che, rifugiato in Vaticano, continuò a dirigere la sezione di geografia. Proseguiva intanto con lo spoglio delle fonti e la costituzione dello schedario un'opera citata già nell'atto costitutivo dell'Istituto Treccani: il Dizionario biografico degli italiani, che avrebbe dato inizio alla serie monumentale dei suoi volumi nel 1960.
L'Enciclopedia si concluse, come previsto, nel 1937, con la pubblicazione del trentacinquesimo volume: seguirono nel 1938 un'appendice e nel 1939 gli indici. L'opera completa fu presentata a Mussolini da Treccani, che ricevette dal re, per sé e per i discendenti, il titolo comitale 'degli Alfieri'. Morto Marconi, nel 1938 gli subentrò alla presidenza Luigi Federzoni. Nel 1940-41 fu pubblicato con la sigla editoriale dell'Enciclopedia un Dizionario di politica, in realtà redatto fuori dell'Istituto a cura del Partito nazionale fascista. La voce Fascismo, già pubblicata nell'Enciclopedia, vi compariva amputata della parte 'Dottrina. Idee fondamentali', firmata da Mussolini, ma scritta da Gentile.
La caduta del fascismo il 25 luglio 1943 determinò una battuta d'arresto nell'attività dell'Istituto, ma il blocco completo avvenne dopo l'occupazione tedesca di Roma e la costituzione della Repubblica sociale italiana il 22 settembre. Tra i primi atti del governo di Salò, con decorrenza 6 ottobre 1943, vi fu il decreto di commissariamento straordinario dell'Enciclopedia Italiana con la nomina di Guido Mancini, già direttore del Dizionario di politica. L'Istituto venne chiuso, con licenziamento generale, e il 16 novembre Mancini ne organizzò il trasferimento a Bergamo, svuotando la sede storica di Palazzo Mattei di Paganica anche di gran parte degli archivi, dei clichés e dei manoscritti dell'enciclopedia minore. Partirono per Bergamo alcuni vagoni ferroviari e dodici autotreni.
A Roma l'attività riprese nel giugno 1944, con la convocazione del comitato di amministrazione da parte del direttore generale Domenico Bartolini. La nomina in successione di vari commissari straordinari, d'iniziativa del governo italiano o del comando militare alleato, non permise tuttavia la ripresa dell'esercizio con la regolarità auspicata. Una breve presidenza di Luigi Einaudi (maggio-agosto 1946) non bastò a tale scopo. Decisiva fu invece nel marzo 1947 la nomina a presidente dello storico del mondo antico Gaetano De Sanctis, che assunse anche la direzione scientifica, già di Gentile, mentre alla direzione generale era richiamato Bartolini. Fu redatta e pubblicata una seconda appendice all'Enciclopedia, mentre, rientrati i materiali da Bergamo, si realizzava il progetto dell'enciclopedia minore, sotto la direzione di Umberto Bosco. Il Dizionario enciclopedico italiano, riuscita sintesi di vocabolario ed enciclopedia, con un sostanziale arricchimento dell'informazione (le 60.000 voci della grande Enciclopedia salirono a 240.000 circa), fu pubblicato in 12 volumi tra il 1955 e il 1961, durante la presidenza di Aldo Ferrabino. Gli si affiancò fra il 1958 e il 1966 l'Enciclopedia dell'arte antica classica e orientale, la prima opera tematica Treccani. Una svolta nella produzione editoriale rappresentò poi l'Enciclopedia del Novecento (1975-90), articolata in 522 saggi, dedicati ad altrettanti problemi del ventesimo secolo, che vide la collaborazione di 21 premi Nobel. Da allora il catalogo dell'Istituto ha continuato ad arricchirsi, comprendendo, oltre ai volumi di aggiornamento della Grande, altre enciclopedie sia generali (Lessico universale Italiano, Piccola Treccani, Enciclopedia dei Ragazzi), sia tematiche, vocabolari, atlanti, volumi singoli o raccolti in collane.
Nel 1970, in circostanze delicate, per la promettente ma ardua progettazione del Novecento, e per l'ormai palese azzeramento del capitale dell'Istituto, rimasto ai valori del 1933, la proprietà promosse un avvicendamento alla direzione generale chiamandovi un docente universitario, Vincenzo Cappelletti, con lo scopo di ricomporre nel nuovo profilo del direttore generale i due momenti, culturale e imprenditoriale, prima distinti. Nel 1978, con legge approvata dai due rami del Parlamento, gli enti caratisti furono autorizzati a conformare il fondo di dotazione ai valori monetari correnti e alla nuova dimensione operativa. Successivamente l'Istituto ha adeguato altre due volte il proprio capitale. Nel 1995 ne è stato deliberato il raddoppio da 30 a 60 miliardi di lire, con l'apporto degli azionisti storici, di enti finanziari e istituzioni di primaria rilevanza: Banca d'Italia, Banca nazionale del lavoro, Banca di Roma, Fondazione Cariplo, Fondazione Carisbo, Telecom Italia, Ferrovie dello Stato (in seguito recedute) e Rai-Radiotelevisione italiana. Nel 2000 è seguito un aumento a 75 miliardi, poi convertiti in euro.
Morto Ferrabino nel 1972, fu nominato alla presidenza il giurista Giuseppe Alessi, rimasto in carica fino al 1993, quando gli succedette il premio Nobel 1986 per la medicina o la fisiologia Rita Levi-Montalcini. Dal 1998 le è subentrato Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte Costituzionale.