GOLFARELLI, Tullo
Nacque a Cesena il 24 giugno 1853, da Enrico, orafo, e da Vittoria Bassoli. Apprese la tecnica dell'incisione e della lavorazione dei metalli presso la bottega del padre; dal 1878 è documentato a Roma, dove si recò per perfezionare l'arte dell'oreficeria studiando con lo scultore orefice P. Gagliardi. L'alunnato artistico del G., che lo accostò sempre più alla scultura, proseguì tra Parigi, Bologna, Venezia, Firenze. Nel 1880 risulta essere a Napoli, dove, l'anno seguente, tentò di essere ammesso all'Accademia di belle arti presentando il bozzetto L'affetto. Nonostante l'esito negativo del concorso, il G. nella città partenopea ebbe modo di entrare in contatto con D. Morelli, F. Palizzi e, soprattutto, con V. Gemito dal quale mutuò quel realismo nella resa dei volti scolpiti che caratterizzerà buona parte della sua produzione.
Tra le prime opere pubbliche del G. figura un busto marmoreo di Garibaldi (1883), posto nel sottoportico del palazzo comunale di Cesena, dove è collocata anche un'altra opera giovanile, il medaglione per Leonida Montanari (1887) inserito in una grande lapide murale. Nel 1884 realizzò per Cesenatico un secondo busto di Garibaldi, inaugurato il 2 agosto dell'anno successivo; ma, se nel primo l'immagine solenne appare risolta con un linguaggio marcatamente verista, a Cesenatico l'eroe è sottratto alla retorica celebrativa attraverso un modellato morbido e una posa che lo ritrae quasi a riposo.
Nel 1888 a San Michele in Bosco, in occasione dell'Esposizione nazionale di belle arti, il G. presentò una statuina in gesso Musica rustica, due testine in terracotta bronzea e Settembre simboleggiato da un mezzo busto in gesso bronzato. Quest'ultimo fu acquistato dal ministro della Pubblica Istruzione, P. Boselli, per la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma.
Nel 1890 partecipò all'Esposizione umoristica bolognese con la scultura il Bacio a Ninì.
Dal 1893 il G. si trasferì a Bologna dove si iscrisse all'Accademia di belle arti e dove perfezionò il modellato seguendo i corsi dello scultore Salvino Salvini. In questo stesso anno stabilì il suo studio di scultura in palazzo Bentivoglio, in via delle Belle Arti, che trasferì poi in via degli Angeli. Entrato a far parte nella città felsinea della "brigata carducciana", da questa data il G. divenne assiduo frequentatore di circoli letterari stringendo amicizia con G. Pascoli, G. Carducci, A. Saffi, A. Costa. Fu lo stesso Pascoli, che elogiò più volte la sua opera, a commissionargli i cartoni dei bassorilievi in bronzo cesellato per le Odi barbare di Carducci (ripr. in Bottarelli, p. 78: per i rapporti tra Pascoli e il G. si veda Pieri).
Nel 1896, sempre a Bologna, vinse il concorso per il bassorilievo da porsi presso la scalea della Montagnola, rappresentante la Cacciata degli Austriaci da Bologna nel 1848. Divenuto uno degli artisti più richiesti per l'esecuzione di opere plastiche a carattere monumentale e celebrativo, operò per il cimitero comunale alla Certosa in una decina di monumenti funebri. Vasta eco ebbe la scultura Labor per il sepolcro Simoni: qui il G. raffigurò un fabbro a grandezza naturale che suscitò l'ammirazione di Pascoli; mentre il poeta G. Martinozzi celebrò con enfasi l'opera per la schiettezza dell'immagine.
Sempre per la Certosa il G. aveva già scolpito il sarcofago Vaccari e il medaglione per la statua di Ulisse Bandiera.
Se in queste opere il G., abbandonato il verismo accademico riscontrabile ancora nel monumento Ghirardi del chiostro maggiore, ricorre a un classicismo neoquattrocentesco, nel sepolcro Cillario-Gancia e nei monumenti Bonazzi e Magnani dimostra di aver accolto i dettami stilistici del gusto simbolista e liberty, riscontrabili anche nei bozzetti per fontane conservati nella Pinacoteca di Cesena, e in alcune illustrazioni per le Myricae di Pascoli.
Il 2 dic. 1906 il giornale cesenate Il Cittadino pubblicò il discorso pronunciato da Pascoli in occasione dell'inaugurazione del busto a G. Carducci realizzato dal G. per l'aula magna dell'Università degli studi di Bologna.
Nel discorso Pascoli commentò quasi tutta l'opera del G. elaborando una delle più efficaci descrizioni dello spirito artistico di questo scultore improntato "ad un realismo di stampo sociale".
Al 1907 risale un altro busto dedicato a Carducci e le nove muse dolenti conservato presso la Biblioteca Ariostea di Ferrara, città per la quale il G. realizzò anche il monumento ai Garibaldini.
Nel 1909 realizzò i busti dei fratelli Carracci, tuttora conservati a Bologna nel sottoportico della Pinacoteca nazionale.
Nel 1912 fu nominato professore dell'Accademia di belle arti. Afflitto da problemi economici e da una lunga malattia, abbandonò progressivamente la vita pubblica.
Il G. morì a Bologna il 30 marzo 1928.
Presso la Biblioteca Malatestiana di Cesena è conservato il Diario che il G. tenne nel corso della sua vita, una raccolta di annotazioni registrate anche attraverso schizzi grafici eseguiti a matita, penna, carboncino, sanguigna, acquerello (ripr. in Pieri). Dal Diario si evince la capacità ritrattistica del G. che fu anche pittore. Suoi quadri (Ritratto della madre, tecnica mista; Ritratto della moglie, olio su carta; Ritratto della moglie anziana e Ritratto di giovane, entrambi olio su cartoncino), mai esposti, sono oggi in collezioni private insieme con altre pitture di paesaggio. Presso la Galleria d'arte moderna di Bologna sono conservati due pastelli su cartoncino: Campestre e Paesaggio invernale. Altre opere si trovano presso il Museo G. Pascoli di Barga, insieme con ventotto lettere inviate dal G. al poeta.
Fonti e Bibl.: G. Martinozzi, Il fabbro, statua di T. G. nel cimitero di Bologna, Bologna 1896; R. Pieri, Lo scultore G. tra Pascoli e Carducci (catal.), Cesena 1989; A. Bottarelli, Lo scultore T. G.: l'attività bolognese, in Strenna storica bolognese, XLI (1991), pp. 75-83; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, Milano 1994, s.v.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIV, p. 344.