ulivo
Utilità, bellezza, pace: tutto in una pianta sola
L’ulivo è la pianta mediterranea per eccellenza. Coltivata nei paesi a clima mite e temperato, appartiene alla famiglia delle Oleacee e ha un portamento inconfondibile, contorta e cariata com’è. La coltivazione dell’ulivo prevede molte e complesse operazioni, volte a ottenere il maggior quantitativo possibile di frutti: le olive. Queste vengono poi spremute per ottenere l’olio o utilizzate come cibo. Ma l’albero viene usato da secoli anche per le foglie e per il legno. Pianta sacra presso tutte le civiltà mediterranee, è simbolo di pace dai tempi più remoti
La canzone dell’ulivo, da cui sono tratti i versi che danno il titolo ai primi paragrafi di questa voce è una poesia in cui Giovanni Pascoli canta le doti dell’ulivo (Olea europaea), antichissima pianta utile, solare, mediterranea, simbolo di pace.
Olea europaea appartiene alla famiglia delle Oleacee comprendente specie diffuse nelle regioni temperate e tropicali del mondo, di cui molte contengono oli nelle foglie, nei fiori, nei frutti. Si tratta di alberi o arbusti e, oltre a Olea, sono noti il genere Fraxinus (frassino), Ligustrum (ligustro), Jasminum (gelsomino), Syringa (lillà).
La specie Olea europaea esiste in due varietà tra loro interfeconde avendo lo stesso numero di cromosomi: Olea europaea, var. europaea – quella che viene coltivata – e Olea europaea sylvestris – l’oleastro – forma selvatica che presenta rami spinosi.
L’albero dell’ulivo cresce molto lentamente raggiungendo grandi dimensioni – sino a 10 m e oltre –, è sempreverde e molto longevo (si conoscono ulivi plurisecolari). Il tronco diventa con il tempo contorto e spesso cariato a causa di funghi microscopici che penetrano nelle fessure del legno, provocando lentamente il disfacimento dei tessuti. I rami formano una corona dalla forma ovale. Le foglie sono semplici, mucronate – cioè terminanti a punta –, ellittiche, con la pagina superiore verde scuro e l’inferiore bianco-argento per la presenza di minuscoli peli stellati che servono a limitare la traspirazione e quindi a resistere meglio durante la siccità estiva. I fiori – le mignole –, piccoli e bianchi, hanno la corolla a imbuto e sono disposti in grappoli alla base delle foglie.
La mignolatura, ovvero la comparsa dei boccioli, avviene a primavera più o meno inoltrata (in funzione del clima, della piovosità e così via) e la fioritura 4÷5 settimane dopo. Inizia poi la maturazione dei frutti, ma solo il 3÷4% dei fiori diventerà frutto perché tutti gli altri cadono precocemente; inoltre tra i fiori della stessa pianta non si può avere autoimpollinazione, per cui gli uliveti devono sempre essere formati da più varietà affiancate per assicurare l’interfecondità.
I frutti – le olive – sono drupe formate da una pelle esterna o buccia (epicarpo), dalla polpa (mesocarpo) e dal nocciolo legnoso contenente il seme (endocarpo). La buccia è costituita da cellule rivestite da una spessa cuticola di pruina, una sostanza cerosa, mentre la polpa è la parte contenente l’olio che, col procedere della maturazione, si raccoglie o negli spazi intercellulari oppure dentro particolari cellule a otricello, dalla parete sottile ed elastica. Il nocciolo legnoso contiene invece pochissimo olio.
La maturazione dell’oliva avviene in tre fasi: nella prima, che inizia ad agosto, la drupa è ancora verde perché ricca di clorofilla e con poca polpa e poco olio. Nella seconda fase, detta invaiatura, l’oliva comincia a diventare prima rosso-viola e poi sempre più scura, la buccia si copre di pruina e all’interno della polpa inizia la litogenesi, la sintesi dell’olio, nel corso della quale la drupa perde acqua, proteine e zuccheri.
Nell’ultima fase, quella di maturazione – siamo alla fine dell’autunno – il frutto è color viola scuro e i piccioli che lo tengono attaccato al ramo si indeboliscono. È il momento della raccolta, che può essere fatta a mano – si parla di brucatura se avviene sui rami e di raccattatura se a terra – oppure può avvenire ricorrendo anche a mezzi meccanici tra i quali sono diffusi la scuotitura – mediante un braccio meccanico che scuote il tronco e i rami – e la pettinatura – eseguita con rastrelli o altri utensili che staccano le olive dai rami.
Le olive non destinate al frantoio per l’estrazione dell’olio vengono trattate in modo da poter essere conservate a lungo e anche rese più dolci – appena colte sono infatti amarissime – e costituiscono un cibo buono e molto nutriente.
L’olio, oltre che come grasso alimentare per eccellenza, è stato usato fino a tempi non tanto remoti come combustibile per le lampade. La Bibbia, che cita spesso l’ulivo e i suoi prodotti, ci dice che con l’olio ricavato dalla prima spremitura delle olive si alimentavano le lampade del tempio, e solo il successivo era usato per condire. Presso tutti i popoli antichi, inoltre, l’olio era alla base di unguenti e di cosmetici, e serviva a massaggiare gli atleti e a ungerli prima delle gare, in modo da rendere più sfuggente la presa dell’avversario.
Un elevato potere curativo hanno anche le foglie della pianta che, pestate, liberano un insieme di sostanze eccellenti per abbassare la pressione (effetto ipotensivo) e per diminuire il colesterolo e il glucosio nel sangue. Studi recenti stanno mettendo in luce anche un loro potere antibatterico e antivirale, il che aumenterebbe ancora di più il valore economico di quest’antico albero, vero pilastro dell’agricoltura mediterranea. Il legno d’ulivo, infine, di colore biondo scuro, è durissimo ma si può levigare facilmente: viene usato per fare oggetti d’arte e mobili robusti, come il mitico letto di Ulisse citato nell’Odissea dove si racconta che fu scavato da Ulisse stesso direttamente in un albero di ulivo.
Il nome olio è la traduzione del greco èlaion, e il fatto che nel greco antico esistesse un termine preciso per indicare tale prodotto, ci fa capire quanto fosse importante presso le popolazioni dell’Europa mediterranea. D’altra parte sembra confermato che tra i 6.000 e i 4000 anni a.C. l’olivo venisse coltivato nelle regioni affacciate sul Mar Mediterraneo, anche se la pianta sembra essere originaria delle aree mediterranee orientali.
L’importanza simbolica e anche economica che da sempre ha avuto questa pianta straordinaria si deduce da numerosi segnali: il nome Cristo, per esempio, deriva del greco Khristòs, a sua volta traduzione dell’ebraico mashiah «messia» ovvero «unto (del Signore)». Dall’ebraismo l’ulivo passò nella tradizione cristiana come albero sacro e simbolo di pace. Nella Grecia classica l’ulivo era la pianta sacra ad Atena (la romana Minerva); tra i Romani la coltura della pianta assunse un’importanza decisiva con la comparsa di numerose varietà, alcune delle quali giunte fino a noi. Nel Medioevo l’importanza di Olea europaea diminuì e gran parte degli uliveti inselvatichirono. Furono i monaci degli ordini benedettini e cistercensi a mantenere viva la cultura dell’ulivo insegnando ai contadini le regole della sua coltivazione.
Tra i testi classici in cui si menziona spesso l’ulivo c’è la Bibbia: «Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo; ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell’arca, perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra... Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall’arca e la colomba tornò sul far della sera; ecco essa aveva nel becco un ramoscello d’ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra». (Genesi, 8, 10) Nel Corano (Sura della Luce, XXIV, 35): «E arde la lampada dell’olio di un albero benedetto, un ulivo, né orientale né occidentale».Nella mitologia greca si parla della gara tra Atena e Posidone (Nettuno): chi avesse fatto il dono più bello agli uomini avrebbe avuto in dedica una città e un tempio sull’acropoli. Atena portò in dono l’ulivo e Posidone il cavallo. Cècrope, primo cittadino della città, considerando il valore dell’ulivo imbattibile dichiarò vincitrice la dea, pur riconoscendo l’importanza del cavallo come animale da lavoro e da guerra. La nuova città fu chiamata Atene.