vaccinazione
La ‘memoria’ che ci difende dalle infezioni
Un vaccino è una sostanza che viene introdotta nel corpo per prevenire un’infezione da parte di batteri o virus. L’iniezione del vaccino induce una risposta immunitaria specifica e una memoria immunologica contro il probabile aggressore. Dopo la vaccinazione, il virus, quando arriva, viene debellato rapidamente
Vaccino significa letteralmente «della vacca». Inizialmente, infatti, questo termine era stato adottato per distinguere un tipo di virus – il vaiolo vaccino– che infetta le mucche da un virus simile che infetta l’uomo – il vaiolo umano. Il vaiolo umano provoca una malattia gravissima: nei tempi antichi la maggior parte della popolazione prima o poi veniva in contatto con il vaiolo, e un terzo degli infettati moriva; gli altri guarivano, ma per tutta la vita portavano sul corpo – specialmente sul volto – le cicatrici delle pustole, le lesioni cutanee tipiche della malattia. Una cosa, però, era certa: se una persona prendeva il vaiolo e non moriva, non si sarebbe ammalata di vaiolo per tutto il resto della vita.
La stessa osservazione è stata tramandata fin dai tempi antichi anche per altre malattie infettive.
Anche noi sappiamo, in base all’esperienza, che se prendiamo il morbillo o la varicella diventiamo immuni (inattaccabili) da questa malattia per tutta la vita. Oggi sappiamo come funziona questa protezione: durante l’infezione il virus (cioè l’antigene) ha provocato una prima risposta immunitaria (immunitario, sistema) con una memoria costituita da un gran numero di linfociti pronti a rispondere efficacemente alla prossima infezione.
In molti avevano tentato di indurre l’immunità contro il terribile vaiolo iniettando in persone sane materiale proveniente dalle pustole di un malato. Questa operazione – che si chiama variolizzazione – era però molto pericolosa: poteva infatti funzionare, ma molti degli iniettati morivano.
L’inglese Edward Jenner, un medico di campagna, nel 1780 si accorse che se invece di iniettare il vaiolo umano si iniettava quello vaccino si otteneva ugualmente l’immunità contro il vaiolo umano. Egli scoprì quella che oggi è chiamata crossreattività, cioè la capacità del sistema immunitario di difendere l’organismo anche dall’attacco di antigeni simili a quello usato per generare la memoria immunitaria.
Il metodo della vaccinazione ha dimostrato di funzionare anche per altre infezioni. Le principali applicazioni sono tutte contro malattie molto gravi. I più grandi successi sono stati quelli contro la difterite, la poliomelite, il tetano, il tifo. Non tutti questi vaccini utilizzano sostanze (antigeni) crossreagenti. Molti usano gli antigeni stessi della malattia resi innocui mediante trattamenti fisici – per esempio il calore – o chimici. Lo scienziato che ha inventato questo tipo di vaccinazione è stato il francese Louis Pasteur, il quale riuscì a vincere la rabbia iniettando tessuto nervoso di coniglio infetto che era stato essiccato ai raggi solari per settimane. In queste condizioni il virus della rabbia non è più capace di provocare la malattia ma può ancora stimolare le difese immunitarie e generare memoria immunitaria.
La poliomielite era una malattia tremenda del midollo spinale, che colpiva bambini e giovani e provocava spesso la morte o la paralisi. La causa era un virus: nel 1955 Jonas Edward Salk riuscì a preparare un vaccino efficace; poco più tardi, e sempre negli Stati Uniti, Albert Bruce Sabin coltivò un virus attenuato – cioè un mutante che non distrugge le cellule nervose –, ma ancora vivo, che permetteva una protezione più completa. Questo perché i migliori vaccini sono quelli che sono più simili all’aggressore e un mutante vivo è più simile al virus che un vaccino ucciso.
Non sempre si riesce a ottenere il vaccino per combattere una malattia. Un esempio è fornito dall’AIDS, malattia mortale causata da un virus che attacca direttamente il sistema immunitario. È a partire dagli anni Ottanta del 20° secolo che gli immunologi lavorano a un vaccino contro l’AIDS, ma il successo è ancora lontano. La principale difficoltà dipende dal fatto che questo virus durante l’infezione continua a mutare – cioè a modificare i suoi antigeni – e riesce così a sfuggire alle risposte del sistema immunitario.