VALLE D'AOSTA
(XXXIV, p. 929; App. II, II, p. 1084; III, II, p. 1064; IV, III, p. 781)
La situazione demografica della più piccola regione italiana ha subito profonde modificazioni nell'ultimo periodo. Se infatti tra i censimenti del 1961 e del 1971 la popolazione valdostana era aumentata di oltre 8000 unità, nel decennio successivo l'aumento è stato di poco più di 2000 e si è ancora ridotto negli anni seguenti. Questa situazione è stata determinata da un saldo naturale negativo (−314 nel 1993), che è tuttavia ancora compensato da un saldo migratorio positivo. In questo senso la V.d'A. segue le tendenze del resto del paese, accentuandole; infatti il tasso di natalità (7,4ı nel 1993) è il più basso d'Italia, mentre il tasso di mortalità (10,1ı) è superiore alla media del paese. Al censimento del 1991 la regione contava 115.938 ab., con una densità di 36 ab./km2. Lo spopolamento delle zone più alte si è ancora accentuato nell'ultimo periodo, mentre si è ridotta la tendenza alla concentrazione nel capoluogo: infatti Aosta, che dopo la seconda guerra mondiale aveva visto crescere costantemente i suoi abitanti, negli ultimi anni ha registrato un saldo negativo, passando da 39.000 ab. nel 1977 a 36.214 nel 1991.
Per quanto riguarda l'economia, la V.d'A. si pone al secondo posto in Italia per reddito pro capite, dopo la Lombardia (31 milioni nel 1993), e non conosce il fenomeno della disoccupazione (la sua percentuale di disoccupati, pari al 5,7% della forza lavoro, va considerata fisiologica). Il settore trainante è quello terziario, che occupa il 66,7% della popolazione attiva e concorre con una percentuale all'incirca analoga alla formazione del reddito. In particolare sono sviluppate le attività turistiche, che possono contare su un'ottima attrezzatura ricettiva e su impianti sportivi di prim'ordine. Nel 1992 si sono avuti 761.500 turisti per oltre 3,3 milioni di presenze.
L'agricoltura occupa il 7,8% della popolazione attiva, ma contribuisce alla formazione del reddito in misura sostanzialmente inferiore; peraltro una parte delle attività agricole è sovvenzionata dalla Regione, allo scopo di tutelare un ambiente dagli equilibri particolarmente delicati, qual è quello alpino. Il numero di aziende agricole si è ulteriormente ridotto, passando da 11.386 nel 1971 a 8735 al 4° Censimento generale dell'agricoltura (1990). La riduzione riguarda soprattutto le imprese più piccole, mentre hanno resistito le più estese, soprattutto quelle la cui attività è legata al pascolo, tanto che l'ampiezza media delle aziende agricole valdostane (20 ha) è la più alta d'Italia. Si producono cereali minori (orzo, segale, mais), patate e frutta (mele); una certa importanza riveste la coltivazione della vite, non tanto per la quantità quanto per la qualità del prodotto, destinato interamente alla vinificazione. Il patrimonio zootecnico è in costante flessione: nel 1992 i bovini erano 39.000, contro i 44.000 del 1978. Alla complessiva riduzione d'importanza dell'agricoltura e dell'allevamento fa riscontro un incremento della produzione agroalimentare orientata sempre di più sulla qualità: vini DOC, formaggi pregiati (quali la rinomata fontina), miele, ecc.
L'attività estrattiva, che ebbe tanta importanza nel periodo di decollo economico della V.d'A., è praticamente cessata: chiuse da tempo le miniere di antracite di La Thuile e quella di amianto di Emarese, da alcuni anni sono inattive anche quelle di magnetite di Cogne. Sempre notevole è invece la produzione di energia idroelettrica: nel 1993, con una potenza installata di 924.000 kW, la produzione fu di 2995 kWh, per più di 2/3 destinata all'esportazione in Piemonte.
Anche il settore industriale (25,5% della popolazione attiva) ha subito profonde ristrutturazioni. Le imprese principali, cioè le acciaierie di Cogne (Aosta) e la filatura di Chatillon, hanno ridotto notevolmente gli occupati, e quindi il loro peso sull'occupazione totale. Nell'ultimo periodo è in corso una riconversione produttiva rivolta alle tecnologie avanzate (acciai speciali, chimica avanzata, elettronica).
Nel 1991 la rete stradale aveva uno sviluppo di poco più di 2000 km; terminati i grandi trafori (Monte Bianco e Gran San Bernardo) e i tratti autostradali Torino-Aosta e bretella di collegamento con la Torino-Milano, sono invece ancora in corso i lavori per la costruzione dell'autostrada tra il capoluogo e il traforo del Monte Bianco.
Qualche difficoltà per un'economia nel complesso prospera si è determinata a partire dal 1993, con la caduta delle barriere doganali tra i paesi dell'Unione Europea. La regione ha perso infatti una delle sue entrate principali, che consisteva nell'imposta IVA versata all'atto dello sdoganamento delle merci (520 miliardi nel 1992).
Bibl.: Regione Autonoma della Valle d'Aosta, Monografia della Valle d'Aosta, Aosta 1975; B. Janin, La notion de montagne en Vallée d'Aoste, ivi 1976; G. Berutto, Il Parco Nazionale del Gran Paradiso, Torino 1979-81; B. Janin, Le régionalisme valdôtain: réalité culturelle et affirmation politique, in Montagnes et montagnards, Grenoble-Aix-les-Bains 1980; Id., Circulation touristique internationale et tourisme étranger en Val d'Aoste, in Revue de géographie alpine, 1982; Regione Autonoma della Valle d'Aosta. Assessorato industria, commercio, artigianato e trasporti, Indicazioni sulla situazione economica e sociale della Valle d'Aosta, Aosta 1985; B. Janin, I limiti dell'autonomia della Val d'Aosta, in Esperienze di autonomia degli Enti locali in una prospettiva storica, con particolare riguardo all'area alpina occidentale, Torino 1986; F. Chiaretta, M. Di Maio, R. Genre, La grande traversata delle Alpi, Ivrea 1988.
Archeologia. - La conca di Aosta era abitata sin dal 3° millennio a.C.; agli insediamenti sparsi sulle colline fa da contraltare l'eccezionalità dell'area di culto di Saint-Martin de Corléans. I monumenti megalitici, i pali totemici con crani di ariete cremati alla base, le grandi stele antropomorfe confrontabili con i ritrovamenti svizzeri di Sion-Petit Chasseur documentano l'importanza dell'asse viario che, attraverso tutta la valle, metteva in comunicazione sin dalla preistoria il mondo mediterraneo con l'area transalpina. Oltre al percorso principale, sul quale gli antichi itinerari collocano gli insediamenti di Vitricium (Verrès), Arebrigium (Arvier), Ariolica (La Thuile) ed Eudracinum (Saint-Rhémy), diramazioni verso le valli laterali sono documentate dalla toponomastica e, sempre più frequentemente, dal rinvenimento di materiali archeologici protostorici e romani. La frammentarietà dei dati non consente di affermare una continuità di occupazione sull'area che vedrà sorgere nel 25 a.C. Augusta Praetoria; non è stato infatti ancora localizzato l'oppidum dei Salassi, che poteva trovarsi a settentrione della città o sul sito stesso di Aosta romana, né il castrum stativum (il primitivo accampamento militare), obliterato dall'impianto ortogonale. Insediamenti anteriori alla fine del 1° secolo a.C. sono comunque attestati in regione Consolata di Aosta e nei livelli sottostanti la chiesa parrocchiale di Saint-Vincent, dove un edificio di culto paleocristiano si è sovrapposto a un impianto termale romano e ai resti di un abitato della tarda età del Bronzo.
Nel capoluogo, gli scavi del Foro, di numerose insulae, delle terme e delle necropoli extra-murane precisano l'origine e l'evoluzione architettonica degli edifici pubblici sorti nel punto più elevato della città e articolano i caratteri dell'edilizia privata, con estese dimore signorili nell'area centrale e abitazioni popolari, a più piani, nella periferia. La scelta di un impianto asimmetrico − il cardo interseca infatti il decumanus a tre quarti della sua lunghezza − era imposta dalla morfologia del terreno, con un vistoso dislivello verso Sud-Ovest. Le mura, in blocchi di travertino, erano scandite a distanza regolare da torri e dalle porte; la larghezza delle strade era diversificata a seconda della loro importanza. La riserva idrica cittadina era garantita da una serie di acquedotti; oltre a quello da tempo noto di La Comba (Porossan) è da citare quello in reg. Bibian, a Nord, con annessa piscina limaria.
Si sono ormai chiarite le specifiche destinazioni delle quattro regiones definite dall'incrocio degli assi viari principali: a Nord-Est furono costruiti i più importanti edifici pubblici; a Ovest vi erano il Foro con triportico associato a un criptoportico e il tempio (o i due templi); la posizione dell'anfiteatro e del teatro era invece marginale, a ridosso delle mura. Vicino al Foro è stato evidenziato un vasto impianto termale, su strutture di fase precedente e con continuità d'uso sino al 4° secolo d.C.; sono invece riconducibili a un tempio i resti rinvenuti nella ristrutturazione dell'ex Hôtel Couronne in piazza Chanoux. Un mitreo della fine del 2° secolo, in un'insula periferica, conferma la diffusione del culto orientale negli strati meno abbienti della popolazione. Altre importanti testimonianze religiose sono state da tempo evidenziate ai valichi del Piccolo e del Gran San Bernardo, con una sovrapposizione del culto romano a componenti della religiosità indigena. Nuovi dati sono infine forniti dalle numerose necropoli concentrate a ridosso della direttrice viaria principale, a est (reg. Martorey-San Rocco) e a ovest (Hôtel du Mont Blanc e Saint-Martin de Corléans) di Aosta. Le necropoli pagane ebbero in genere continuità sino al periodo tardoantico e altomedievale; si costruirono allora nel loro interno edifici identificati con mausolei a destinazione funeraria o cultuale.
Aosta mantenne anche in questo periodo la cinta muraria romana, probabilmente per evitare l'onere di nuove opere, pur essendosi la popolazione notevolmente contratta; non venne meno il suo ruolo di caposaldo a ridosso dei valichi alpini contro le successive ondate di Burgundi, Ostrogoti, Longobardi e Franchi. La città fu sede vescovile dagli inizi del 5° secolo, momento in cui fu fondata la cattedrale, sovrapposta a resti di età romana, sul sito dove in seguito si costruì l'impianto romanico tuttora visibile. Le fonti storiche menzionano inoltre una chiesa dedicata a San Giovanni, non più conservata, interpretabile come battistero del gruppo episcopale, caratterizzato quindi, come in numerosi altri casi, da una ''cattedrale doppia''. Una basilica cruciforme, confrontabile con l'ambrosiana Basilica Apostolorum di Milano, destinata alla sepoltura dei vescovi di Aosta, è stata scoperta al di sotto della chiesa tardogotica di San Lorenzo, mentre le recenti indagini nella limitrofa Collegiata di Sant'Orso hanno confermato la notevole estensione dell'area cimiteriale e di culto.
Bibl.: Fra gli studi più recenti vanno segnalati: AA.VV., Archeologia in Valle d'Aosta dal Neolitico alla caduta dell'Impero romano 3500 a.C.-V sec. d.C., Aosta 1981; Atti del Congresso sul Bimillenario della città di Aosta. Aosta 5-20 ottobre 1975, Istituto internazionale di studi liguri, Bordighera 1982; Aosta, progetto per una storia della città, a cura di M. Cuaz, Aosta 1987.
Arte. - Con la creazione della provincia di Aosta e la successiva ratifica dell'autonomia amministrativa (l. 7 novembre 1943) nel 1948, la V.d'A. ha assunto una propria fisionomia giuridica e amministrativa anche per quanto riguarda la salvaguardia del suo patrimonio artistico, anche se esso è profondamente legato al tessuto subalpino delle odierne province piemontesi di Torino e Vercelli. La collocazione geografica della regione, al confine con la Svizzera a nord e con la Francia a ovest, si riflette d'altra parte nella politica culturale dell'Azienda autonoma di soggiorno e turismo come si riscontra, per es. in esposizioni quali l'antologica di M. de Vlaminck (1989) o quella di P. Gauguin (1993). L'attività a carattere regionale per la V.d'A. non può essere valutata poi senza tener conto degli studi avviati dalla Soprintendenza e dalla università di Torino in particolare per quel che riguarda le indagini sulla Val di Susa (1977) e sul Quattro e Cinquecento dell'area subalpina (1985).
L'impegno nella salvaguardia e nella conservazione del patrimonio artistico del dopoguerra ripercorre le fila dell'attività di schedatura e d'indagine conoscitiva iniziata nei primi decenni del Novecento con gli studi di A. Venturi e in particolar modo di P. Toesca (1911). Risale al primo ciclo quinquennale di programmazione regionale la mostra nel Palazzo Vescovile di Aosta dal titolo Arte sacra in Valle d'Aosta (1969), riproposta di una esposizione del 1936, che aveva presentato al pubblico una notevole ricchezza di suppellettili di cui si sentiva la necessità di salvaguardia e recupero anche in sede inventariale.
La necessità di riordino e valorizzazione del patrimonio ha portato a metà degli anni Settanta alla sistemazione delle raccolte del Museo archeologico di Aosta (1974), oltre che all'apertura di musei territoriali come quelli del Castello di Sarre (1972) e del piccolo museo sacro di Valsavaranche (1976), che si aggiungono al museo del Castello di Issogne donato allo stato dal pittore V. Avondo nel 1907, pur senza risolvere i problemi espositivi soprattutto per quel che riguarda le collezioni di suppellettili sacre (Vicquéry 1987). A lato di alcune iniziative, strettamente legate all'economia prevalentemente turistica dell'area come le mostre Valle d'Aosta nei secoli (1971), o Il ramo d'oro della Valle d'Aosta. Sculture in legno e in pietra (1988), va ricordata la valorizzazione delle emergenze architettoniche storiche, come le torri del Lebbroso e Fromage ad Aosta, utilizzate come sedi prevalentemente estive di esposizioni di arte contemporanea: in particolare, oltre ad alcune retrospettive su movimenti come il MAC (1987) o il Fronte Nuovo delle Arti (1988) e Cro-matica. Colore e linguaggio (1988), si ricordano le personali di U. Mastroianni (1987), E. Tadini (1988), L. Del Pezzo (1989), J. Monory (1990), G. Modica (1992). L'interesse prevalentemente contemporaneo delle esposizioni, confermato da Incontri nella Belle Epoque. Prima dell'Avanguardia: da Fattori a Modigliani organizzata dal Centro culturale Saint-Vincent (1985), lascia spazio per occasioni espositive di diversa impronta, come per es. la mostra sulle collezioni grafiche del Museo Puškin di Mosca (Uomini, Santi e Draghi, 1990).
La politica di restauro del patrimonio monumentale svolta dalla Soprintendenza regionale ai Monumenti, dando seguito alle ricerche sulle permanenze romanico-gotiche nella valle e sul complesso di Sant'Orso ad Aosta (indagini sulle vetrate, 1956; sugli stalli lignei del coro, 1961), ha permesso di promuovere le occasioni di studio (1979) sulla fisionomia culturale aostana intorno al 1000 con la scoperta, durante i restauri della collegiata di Sant'Orso, di affreschi datati al 990-1025, che hanno fatto luce sugli influssi padani nell'area. Alla scoperta si è accompagnata la relativa sistemazione museografica degli affreschi del sottotetto della navata mediana della Collegiata. La scoperta e sistemazione dei vari strati della chiesa di San Lorenzo ad Aosta (1972-79) hanno ricevuto stimolo dalle precedenti sistemazioni dei citati affreschi di Sant'Orso e del sottosuolo della chiesa di Saint-Vincent; altri interventi di restauro sono stati eseguiti alla fine degli anni Ottanta nel castello di Fénis.
L'impegno di studio gravitante attorno all'università di Torino ha portato a un caposaldo come la mostra su Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale (1979), che ha permesso una messa a fuoco dell'influsso di Jaquerio nell'area alpina. D'altra parte il rinnovarsi degli studi sulla regione alpina come luogo di transito e crocevia culturale ha dato vita a indagini e schedature raccolte in strumenti conoscitivi.
Si ricorda a tal proposito la Guida breve al patrimonio artistico delle province piemontesi. Strumenti per la didattica e la ricerca (1979) con apporti sui codici miniati di Aosta e Issogne; lo studio dell'area savoiarda, in particolare per il Quattrocento (1985) e per la diffusione nell'area subalpina della maniera diffusa da Conrad Witz a Basilea, ha chiarito le presenze nell'abside settentrionale della parrocchiale di Saint-Vincent, mentre le indagini sulla Valle di Susa (1977) hanno fatto luce sul panorama della cultura gotica valdostana, così come gli studi sull'area compresa fra Torino, Chieri, Pinerolo e Issogne. Una sintesi delle indagini, in particolare per quel che riguarda le verifiche sul gotico internazionale, ha posto al centro Aosta e la fisionomia della locale committenza degli Challant (1987). Vanno ricordate inoltre iniziative di carattere locale che nel ripensare il riordino e la valorizzazione del patrimonio hanno coinvolto l'opinione pubblica nella riflessione su recenti esperienze museali europee (1987) o hanno dato vita a mostre di carattere progettuale come Le piazze. Storia e Progetti (1989), sui modi della conservazione e valorizzazione del territorio; in altri casi la collaborazione fra organismi come l'Accademia di Sant'Anselmo e la Fondazione Umberto ii e Maria José di Savoia ha permesso di recuperare al pubblico emergenze documentarie fra le quali spicca la carta umbertina del 1032.
Bibl.: P. Toesca, Aosta. Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia, Roma 1911; A.M. Brizio, Le vetrate della cattedrale e della Collegiata di Sant'Orso ad Aosta, in La Valle d'Aosta, Aosta 1958; Id., Le vetrate della cattedrale di Sant'Orso di Aosta, in Atti del XXXI congresso storico subalpino, 1956: La Valle d'Aosta I, vol. 1, Torino 1959, pp. 367-79; E. Castelnuovo, Appunti per una bibliografia della Storia dell'Arte in Val d'Aosta, ibid., pp. 383-90; R. Berton, Les stalles de la cathédrale d'Aoste, avec leur miséricordes, Novara 1961; P. Amiet, Les primitifs de Savoie, in AA.VV., Tresors des Musées des Provinces, Parigi 1961; E. Castelnuovo, Ragguaglio delle Arti. Varietà di componenti culturali, in AA.VV., Tutt'Italia. Piemonte e Valle d'Aosta, Firenze-Novara 1961, pp. 91-142; Arte sacra in Valle d'Aosta. Guida all'esposizione, a cura di E. Brunod, Aosta 1969; A. Griseri, Affreschi nel castello d'Issogne, Torino 1972; G.C. Sciolla, Rassegna di studi storico-artistici sulla Valle d'Aosta: 1956-1974, in Archivum Augustanum, 1975; Id., Aosta. Museo Archeologico, Tesoro della Collegiata dei ss. Pietro e Orso, Tesoro della Cattedrale, "Musei d'Italia, meraviglie d'Italia", 6, Bologna 1976; La Valle d'Aosta si affaccia al nuovo secolo, a cura di D. Prola, Firenze 1979; Giacomo Jaquerio e il gotico internazionale, a cura di E. Castelnuovo e G. Romano, Torino 1979; E. Brunod, Catalogo degli enti e degli edifici di culto e delle opere d'arte sacra nella diocesi e comune di Aosta, Aosta 1981; B. Orlandini, D. Prola, Il Castello di Fénis, ivi 1982; R. Passoni, Sul gotico tardo ad Aosta: il ruolo dei committenti, in Bollettino d'arte, 25 (1984), pp. 15-38; Museo del Tesoro, Cattedrale di Aosta, Aosta 1985; Incontri nella Belle Epoque. Prima dell'Avanguardia: da Fattori a Modigliani, a cura di R. Monti e G. Matteucci, Firenze 1985; S. Barberi, Il chiostro di Sant'Orso ad Aosta, "Quaderni della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d'Aosta", n. 5, Roma 1985; AA.VV., Ricerche sulla pittura del Quattrocento in Piemonte. Strumenti per la didattica e la ricerca 3, Torino 1985; C. Sterling, L'influence de Konrad Witz en Savoie, in Revue de l'Art, 72 (1986), pp. 17-29; La chiesa di San Francesco in Aosta, a cura di B. Orlandoni, Torino 1986; Archeologia e Museo, a cura di F. Nuvolari e V. Pavan, Venezia 1987; AA.VV., Aosta: progetto per una storia della città, Aosta 1987; D. Vicquéry, Devozione in vendita, Roma 1987; Maurice de Vlaminck, catalogo della mostra, Milano 1988; Cro-matica. Colore e linguaggio, a cura di G. Iovane, ivi 1988; Il Fronte Nuovo delle Arti alla Biennale di Venezia nel 1948, a cura di E. Di Martino, ivi 1988; Il ramo d'oro della Valle d'Aosta. Sculture in legno e in pietra, "Quaderni d'Arte della Valle d'Aosta. 1. Ricerche estetiche storiche e contemporanee", Aosta 1988; Le piazze. Storia e Progetti, a cura di F. Nuvolari, Milano 1989; Casa Savoia e la Valle d'Aosta: stampe della Fondazione Umberto II e Maria José di Savoia, Torino 1989; E. Rossetti Brezzi, La pittura in Valle d'Aosta tra la fine del 1300 ed il primo quarto del 1500, Torino 1989; Id., Le vie del gotico in Valle d'Aosta, in Arte in Piemonte, a cura di G. Romano, Torino 1992, pp. 288-359.
Tutela dei beni architettonici. - Nelle estese campagne di lavori degli anni Settanta sono stati effettuati interventi su vasta scala con modi volutamente funzionalisti che hanno trovato nella contrapposizione tra le tecnologie nuove e le preesistenze il criterio figurale fondante, e che hanno originato realizzazioni comprensibili alla luce di analoghe esperienze francesi e, in misura più ridotta, svizzere e austriache (la chiesa parrocchiale di Saint-Vincent; ad Aosta, la Torre del Lebbroso, l'Hôtel des Monnaies, la chiesa di San Lorenzo, la Tour Fromage, la Collegiata di Sant'Orso e l'adiacente Museo archeologico; a Saint-Pierre, la torre centrale del castello Sarriod-de-la-Tour). Nell'ultimo decennio persistono le precedenti influenze culturali nel campo delle scelte figurative, e vanno segnalate le costanti opere di manutenzione eseguite dai locali uffici pubblici competenti sui monumenti della città di Aosta (teatro e foro romano, ecc.) e sui principali castelli medievali della Valle (Aymaville, Fénis, Issogne, Saint-Pierre, Sarre, Sarriod-de-la-Tour a Saint-Pierre, Ussel, Verrès) per adeguarli alle necessità dovute alla crescita costante del turismo stagionale, che ha spinto le amministrazioni locali a utilizzarli sempre più di frequente come spazi espositivi temporanei e per manifestazioni con grande affluenza di pubblico.
Tutela dei beni ambientali. - Per il potere legislativo derivante dallo Statuto speciale, la V.d'A. esercita il controllo dell'attività edilizia e urbanistica con la L.R. 3/1960 sulla tutela del paesaggio, che ha individuato nel Piano regolatore regionale paesistico lo strumento di coordinamento dei singoli Piani regolatori comunali. La mancanza di tale piano, che ancora nel 1991 doveva essere redatto, non ha impedito alla Giunta regionale di sviluppare una costante attenzione verso la salvaguardia ambientale e di emanare, dalla seconda metà degli anni Settanta in poi, rigide regole a tutela del paesaggio e dei centri storici.
La L.R. 14/1978 ha precisato infatti le norme per l'attività edificatoria dentro e fuori gli abitati d'interesse storico, artistico e ambientale nei comuni privi di Piano regolatore generale, e ha stabilito contenuti, modalità di attuazione e campi di applicazione di tali Piani. Più recenti sono altre norme che, da sole, hanno contribuito in maniera sostanziale a regolamentare le nuove realizzazioni edilizie e infrastrutturali: nel prendere spunto dal clima, dalla conformazione orografica e dalle caratteristiche geologiche della regione, esse hanno resa obbligatoria l'esecuzione di coperture inclinate a tetto nei nuovi edifici, da realizzare con lose, lastre di pietra arenaria locale (L.R. 71/1986). Inoltre hanno imposto l'uso di essenze arboree o arbustive per l'abbellimento del paesaggio e per il mascheramento di opere ad alto impatto ambientale (L.R. 35/1985; Circ. Reg. 13 gennaio 1986), e l'utilizzo di murature in pietrame a vista, sempre di arenaria locale, per il contenimento di tutti i terrapieni e soprattutto di quelli a sostegno delle strade di montagna, per un loro migliore inserimento nell'ambiente (Circ. Reg. 13 novembre 1985). L'armonizzazione con l'edilizia minore tradizionale e, più in generale, con la natura dei luoghi della maggior parte delle costruzioni successive all'entrata in vigore di tali norme è esemplare della loro capacità di controllo, così come il monastero delle Carmelitane di Quart, tra Aosta e Châtillon, di R. Gabetti e A. Isola (1985-88), lo è della possibile qualità degli esiti.
Bibl.: G. Lange, Arnaz. Chiesa parrocchiale di San Martino, Torino s.a.; Regione Autonoma Valle d'Aosta. Assessorato del turismo, antichità e belle arti, ''Schema'' di piano urbanistico regionale e per la tutela del paesaggio, Aosta 1973; A. Hosquet, La chiesa di St. Vincent attraverso i secoli, ivi 1974; D. Prola e altri, Soprintendenza ai monumenti, antichità e belle arti della Valle d'Aosta. Schede-questionario per l'indagine, ivi 1979 e ss.; La chiesa di S. Lorenzo in Aosta. Scavi archeologici, in Quaderni della Soprintendenza per i Beni culturali della Valle d'Aosta, n.s., 1 (1981); Restauro e cemento in architettura, a cura di G. Carbonara, Roma 1981; F. Quagliolo, G. Bellone, Urbanistica ed edilizia nella legislazione dello Stato e della Valle d'Aosta, s.l. (Aosta) 1985; A. Zanotto, Castelli valdostani, Aosta 1980 (rist. 1988, con ampia bibl.); G. Muratore, A. Capuano, F. Garofalo, E. Pellegrini, Guida all'architettura moderna. Italia. Gli ultimi trent'anni, Bologna 1988, p. 99; P. Zermani, Gabetti e Isola, ivi 1989, pp. 180-87; Aoste. Schéma de structure et aménagement, Aosta 1990; Ministero dell'Ambiente, Servizio valutazione impatto ambientale, Relazione sullo stato dell'ambiente. Carta delle aree protette in Italia, a cura di C. Cattena, Roma 1991.