Valle d’Aosta
Terra di valichi
La Valle d’Aosta è la regione continentale italiana dal territorio più chiaramente definito: una valle su cui si innestano tante valli laterali e ben delimitata dalle cime montuose più alte d’Europa. Malgrado l’apparente chiusura verso l’esterno, la Valle d’Aosta ha sempre avuto una funzione di collegamento, grazie ai valichi che uniscono l’Italia con la Francia e con la Svizzera. Il controllo di questi valichi diede origine alla potenza della contea di Savoia (di cui faceva parte la Valle d’Aosta). Lo stretto rapporto della Valle con la Savoia è dimostrato dal fatto che nei secoli la lingua parlata dai valligiani è stata il francese
La struttura territoriale della Valle d’Aosta è molto semplice: si tratta dell’alta Valle della Dora Baltea – importante affluente di sinistra del Po – e delle valli dei suoi numerosi tributari. Tutto il circuito dei confini della regione corrisponde alle linee di spartiacque che delimitano l’alto bacino della Dora Baltea: verso la Francia e verso la Svizzera si tratta dello spartiacque principale alpino; verso il Canavese, a sud, e la Valsesia e il Biellese, a est, di spartiacque tra valli alpine del versante italiano.
Solamente a sud-est la Dora Baltea si apre un passaggio fra le montagne, con la ‘stretta’ di Pont-Saint-Martin, attraverso la quale raggiunge la piana del Po; a parte i valichi di alta montagna – importantissimi in tutti i tempi e famosi come quelli del Piccolo e del Gran San Bernardo – questa è l’unica via di accesso alla Valle d’Aosta ed è senza dubbio la più agevole.
Con la sua forma compatta e la corrispondenza così precisa con una valle, cioè con una regione geografica ben individuabile, la Valle d’Aosta è la regione più omogenea dell’Italia continentale, dove i confini amministrativi raramente corrispondono a regioni geografiche o storiche precise; è anche la meno estesa – appena l’1% della superficie dell’Italia –, la meno popolosa e meno densamente abitata, l’unica formata da una sola provincia, l’unica – anche tra le regioni a statuto speciale – a essere interamente bilingue. Fino alla Seconda guerra mondiale, la Valle d’Aosta era una provincia del Piemonte.
Lungo i confini della Valle d’Aosta si trovano i tre gruppi montuosi più elevati della catena alpina (Alpi): il Monte Bianco (4.807 m) – che è la cima più alta d’Europa se si esclude il Caucaso –, il Monte Rosa (4.637) e il Cervino (4.478). Ma pure il Gran Paradiso, a sud, supera i 4.000 m, sia pure di poco. Inutile aggiungere che anche le altre montagne, fra queste cime, sono molto elevate, e verso nord e ovest la linea di cresta supera quasi sempre i 3.000 m di quota.
Le montagne valdostane ospitano molti ghiacciai, dai quali nascono i numerosi torrenti e fiumi che portano acqua alla Dora Baltea, con un deflusso abbastanza regolare e abbondante, tanto che in moltissimi luoghi sono stati installati impianti idroelettrici. Un tempo i ghiacciai erano molto più estesi, come si può capire dalla forma di quasi tutte le valli – sia di quella principale sia di quelle affluenti –, che hanno il fondo abbastanza largo e piatto, pareti ripide e bruschi dislivelli tra fondovalle e creste montane.
La muraglia di altissimi monti tutto intorno alla valle frena l’arrivo sia dell’aria calda da sud sia di quella fredda da nord; l’esposizione ai venti è però in qualche misura sensibile ai margini della regione, dove le precipitazioni – specialmente nevose, data l’altitudine – sono più consistenti grazie all’aria umida che proviene dall’esterno; la valle principale, invece, riceve pochissime precipitazioni durante tutto l’anno.
Le condizioni climatiche sono quindi piuttosto particolari e dipendono soprattutto dall’altitudine. In genere, nei tratti di fondovalle fino a 700 m di quota il clima è continentale temperato e consente un’agricoltura piuttosto produttiva (cereali, frutta, vite); via via che si sale in quota sia le colture sia gli insediamenti permanenti si fanno più radi, sostituiti da boschi di conifere e, tra i 2.000 e i 2.500 m circa, da praterie dove si pratica l’alpeggio.
Le foreste e le praterie di alta quota non si prestano all’insediamento umano: questo è l’habitat adatto agli animali selvatici – abbastanza numerosi grazie alla presenza di aree protette come il Parco nazionale del Gran Paradiso (stambecchi, camosci, marmotte, aquile reali) – e alla flora spontanea, con molte specie altrove ormai rare, come la stella alpina.
Circa i tre quarti degli abitanti, invece, si addensano nel fondovalle principale, dove corrono le grandi vie di comunicazione e dove si susseguono i centri abitati più importanti. Le valli laterali sono popolate, in genere, fino a circa 1.500 m, lasciando alle aree più elevate soltanto gli insediamenti temporanei legati all’allevamento e alla villeggiatura, e poi quelli permanenti destinati agli sport invernali, come Breuil-Cervinia, che sorge a circa 2.000 m.
Poiché nell’Alto Medioevo la Valle d’Aosta faceva parte dei domini dei re di Borgogna (insieme con gran parte delle Alpi occidentali) e poi, dopo il Mille, dei conti di Savoia, vi si diffuse come lingua d’uso il francese, o, meglio, un dialetto franco-provenzale, come quelli che si parlano in Savoia.
Nella Valle di Gressoney, ai piedi del Monte Rosa, si parla invece un antico dialetto germanico.
Lo Stato dei Savoia – che si trasformò poi in Regno di Sardegna e diede origine allo Stato italiano – fino al 1860 si estendeva sui due versanti delle Alpi e usava il francese come lingua colta e della Corte. La lunga appartenenza della Valle d’Aosta ai Savoia rafforzò i legami linguistici con l’area francofona, mentre i rapporti economici e demografici erano molto più agevoli e frequenti con il Piemonte, dove si parlava italiano.
Questa particolare condizione linguistica della valle venne riconosciuta solamente dopo la Seconda guerra mondiale: la Valle d’Aosta, staccata dal Piemonte e divenuta regione a statuto speciale, fu dotata di un’ampia autonomia che comprende l’uso ufficiale e paritario del francese e dell’italiano.
La valle della Dora Baltea – già molto prima dei Romani, che vi fecero passare la strada delle Gallie, attraverso il valico del Piccolo San Bernardo – ebbe grande importanza come area di transito. La stessa posizione di Aosta, città romana (come ricordano i bei monumenti antichi che vi si conservano), fu scelta in modo da controllare l’accesso ai due principali valichi della regione. Una gran parte dell’importanza della Valle, quindi, è legata al traffico di persone e di merci, oggi assicurato soprattutto dall’autostrada che unisce l’Italia alla Francia attraverso il traforo del Monte Bianco, mentre sotto il Gran San Bernardo un’altra galleria porta in territorio svizzero.
L’economia tradizionale era tutta basata, quindi, sui transiti e sull’agricoltura, cui si aggiungevano l’allevamento e la produzione di celebri formaggi.
Lo sfruttamento di miniere di carbone e di ferro, oggi chiuse, e la disponibilità di energia idroelettrica consentirono nel Novecento l’industrializzazione, concentrando gli impianti, siderurgici e chimici, soprattutto intorno al capoluogo (e anche a Châtillon e Pont-Saint-Martin).
Fu soprattutto lo sviluppo turistico nella seconda metà del secolo, però, a spingere l’economia valdostana verso livelli invidiabili, nonostante la presenza di aree marginali e strettamente legate all’economia tradizionale. I turisti cercano in Valle d’Aosta soprattutto le sue montagne, con campi da sci e possibilità infinite di escursioni, e gli ambienti protetti dei parchi; ma la regione è celebre anche per il gran numero di bellissimi castelli medievali e per molti piccoli centri che hanno conservato i caratteri medievali originari.