ALECSANDRI [pron. -ì], Vasile
Scrittore romeno, nato a Bacău in Moldavia nel 1819 (secondo il Bogdan-Duică); secondo altri, nel 1821. Malsicuri sono anche il mese e il giorno: il 14 giugno (secondo N. Iorga), più probabilmente però nel luglio. Morì il 22 agosto 1890 nella sua tenuta di MirceŞti, sulle rive del Seret.
La famiglia si riteneva d'origine veneziana e, malgrado l'inesattezza storica di questa origine (in realtà tra levantina, moldava e transilvana), l'A. vi credette per tutta la vita. Figlio di genitori benestanti (il padre era boiardo), compì i primi studî in un collegio francese di IaŞi; indi, appena adolescente (1834), andò a Parigi ove conseguì il baccellierato e compose in francese le prime poesie. Prima di tornare in patria fece il giro dell'Italia (1839) in compagnia di altri giovani romantici moldavi, e vi rimase otto mesi; dopo questo suo soggiorno scrisse in romeno La fioraia di Firenze ed altri racconti, coi quali si affermò poeta al suo ritorno in Moldavia. Negli anni seguenti dedicò la sua attività al Teatro nazionale moldavo (che organizzò insieme con altri e per cui scrisse gran parte della sua opera drammatica) ed al folklore, senza trascurare la prosa e la lirica (1844). Fondatore, con alcuni amici, di una rivista letteraria, si affermò ben presto fra i capi del romanticismo romeno. Innamoratosi di Elena, sorella di C. Negri, dopo di aver visitato l'Oriente, la raggiunse a Venezia e poi in Sicilia (1846-47), dettando per lei tutta una serie di liriche d'amore, ricche anche di ispirazioni italiane. Ritornato in patria (l'amata morì durante il viaggio sul piroscafo), prese parte alla rivoluzione moldava del 1848, andò in esilio con gli altri capi di quel moto e, dopo un breve soggiorno in Francia, tornò di nuovo a IaŞi, ma per ripartirne presto verso le coste dell'Africa e della Spagna (1853). Richiamato a MirceŞti dalla morte del padre e dagli obblighi assunti per la pubblicazione della rivista România Literară, nel 1855 se ne allontanò di nuovo per partecipare alla guerra di Crimea; e d'allora in poi prese parte sempre più attiva al movimento per l'unione dei due principati. Ministro degli esteri dopo l'elezione del principe Cuza (1858-1859), svolse benefica opera di propaganda in favore dell'unione, tanto nell'interno, quanto all'estero (a Parigi, presso Napoleone III, e a Londra; ma, soprattutto, a Torino, presso il conte di Cavour e Vittorio Emanuele II), menando a buon fine il grave compito. Nel 1859 accompagnò l'esercito francese sui campi di battaglia della Lombardia, traendone ispirazione per un nuovo ciclo di liriche. Infine, dopo un'altra missione diplomatica a Parigi ed a Torino (1861), preferì ritirarsi nella campestre calma di MirceŞti, dove attese alle opere della sua maturità artistica, alternando il lavoro con numerosi viaggi (in Italia e nella Francia meridionale). Sposò tardi (1873) e menò un'esistenza raccolta, tutta serenità, interrotta soltanto dalla guerra del 1877 e dal successo riportato dalla sua Ginta Latină al concorso bandito dai Felibri di Montpellier (1878). Quest'inno alla latinità (messo in musica dall'italiano Filippo Marchetti) divulgò all'estero la fama del poeta, già prima assai viva attraverso le sue raccolte di canti popolari romeni e le non poche versioni in francese e in tedesco delle sue liriche. Molto stimato da re Carol I e da Carmen Sylva, l'A. fu nominato ministro plenipotenziario a Parigi (1885), ove rimase malvolentieri cinque anni: gli ultimi della sua serena, olimpica esistenza.
Schematicamente, l'opera dell'Alecsandri si può dividere in quattro gruppi:
1. Poesie popolari (Ballate, raccolte e corrette, IaŞi 1852-1853; ed. francese, Parigi 1855; ed. inglese non integrale, Helford 1856; edd. tedesche, Berlino 1857 e Hermannstadt, 1859; la 2ª edizione romena col titolo Poezii populare ale Românilor, Bucarest 1865; indi nelle Opere complete): sono il fior fiore del folklore romeno; ballate, canti nostalgici, o allegri, leggende locali, canti di gesta, canti pastorali (la Mioriţa), titolo di duratura fama per il loro delicato raccoglitore.
2. Poesie liriche ed epiche, comprese nelle seguenti raccolte: a) Doine Şi Lăcrămioare - Suvenire (Doine e Mughetti - Ricordi): scritte dal 1842 al 1852 (IaŞi 1852; Parigi 1853; Vienna 1865): sono liriche colte, di andatura popolare (le Doine); o erotiche, di amore e morte, ora malinconicamente leggiere ora profondamente romantiche, ispirate dall'amore per Elena Negri e dal suo soggiorno con lei in Italia; b) Mărgăritărele (Mughetti): liriche ed epiche (scritte dal 1852 al 1862), di contenuto erotico (impressioni spagnuole), popolare (leggende locali), occasionale o patriottico (poemi storici, come la Sentinella Romena); c) Pasteluri (Pastelli): composizioni scritte dal 1862 al 1875: costituiscono il vero capolavoro dell'A. ed insieme una fra le pagine più suggestive della moderna letteratura romena, sia per la perfezione artistica, sia per lo specifico color locale; d) Legende - Varii (Leggende - Varie): poesie narrative, scritte dopo il 1862, la maggior parte leggendariamente epiche (Grui Sânger, Dan Căpitan de plaiu, Dumbrava RoŞie, Pohod na Sybir), fra cui bellissime sono quelle attinenti al mondo dei basm (fiabe) (Legenda Rândunicii, Legenda Ciocârliei, ecc.); e) OstaŞii noŞtri Şi Legende nouă (I nostri militi e Nuove leggende), del 1880: vi è compreso il celebre Cântecul gintei latine, accanto a varie poesie d'amore o d'indole patriottica (molte di queste ultime si riferiscono alla guerra russo-romeno-turca del 1877-78).
3. Teatro, riunito oggi in sette volumi, i quali comprendono: a) diciannove lavori drammatici frammentarî (Canzonette comiche, scenette, operette, monologhi comici), tra i quali ricorderemo Cucoana Chiriţa în voiaj (La Signora Chiriţa in viaggio) e Barbu lăutarul (Barbu il menestrello); b) tredici vaudevilles, del tipo Piatra din casă o Cucoana Chiriţa la IaŞi; c) otto commedie, fra cui uno dei due capolavori del suo teatro comico: Boieri Şi Ciocoi (Gentiluomini e nuovi ricchi); d) tre lavori, fra drammi storici e commedie sociali, del tipo Lipitorile satelor (Le sanguisughe dei villaggi); e) Despot Vodă (1880), dramma romantico in versi, ispirato dalla storia nazionale, tuttora rappresentabile; f) Fântâna Blanduziei (1884), pure in versi, d'argomento romano (la vita di Orazio); g) Ovidiu (1890), in versi, che ci mostra la tragica fine di Ovidio in riva all'inesorabile Ponto: per queste opere l'A. è stato il vero creatore del teatro nazionale romeno, cui fornì in breve tempo un ricco repertorio autoctono, che giovò più di ogni altro a formare il gusto così del pubblico come degli attori.
4. Prosa, comprendente varî scritti autobiografici, racconti, viaggi, articoli di critica letteraria, ecc.
Vasile Alecsandri ci appare perciò come il grande poeta della generazione del 1848, incarnazione sintetica del romanticismo romeno, sia per le vicende della vita e per le predominanti inclinazioni dell'anima (viaggi, esotismo, influenza francese), sia per i caratteri dell'arte. E se la sua opera, come quella di quasi tutti i più importanti romantici d'Occidente, dal punto di vista puramente estetico può offrire il fianco alla critica, essa si è assicurato uno dei primi posti nella storia della letteratura romena, come quella che ha fatto risorgere dalla prolungata sonnolenta attesa tutta la cultura moderna della Romania. Ma, anche artisticamente parlando, questo "re della poesia" (come lo chiamò l'Eminescu), è e sarà sempre vivo come autore dei Pastelli e delle Poesie popolari romene; "il poeta malinconicamente gentile dalla lingua sonora e pura, nel cui animo si accolgono i sentimenti, le nostalgie e lo slancio del popolo rumeno, la cui prodezza glorificò, le cui sofferenze pianse, la cui bontà cantò" (D. C. Ollănescu, V. Alecsandri, Bucarest 1894); "il pittore felicissimo della natura e della gente rumena, l'armonizzatore ammirevole del canto popolare, il mago evocatore delle gesta eroiche del passato, il vate della nuova rinascita, delle nuove lotte e delle nuove vittorie, in una parola, l'incarnazione poetica del genio nazionale" (N. Iorga, nella rivista Sămănătorul, 1905).
Bibl.: Per le opere e per la bibl. generale, Gh. Adamescu, Contribuţiune la bibliografia, românească, Bucarest 1921, I, p. 78 segg.; II, ivi 1923, p. 78 segg.; III, ivi, 1928, p. 66 segg.; C. Tagliavini, Antologia rumena, Heidelberg 1923, p. lxxxvi; A. Farinelli, Il romanticismo nel mondo latino, Torino 1927, III, pp. 211 segg., specialmente p. 215; A. Marcu, V. Alecsandri e l'Italia, in Atti dell'Accademia Rumena (sez. letter.), 1927, e negli Studi Rumeni, I-II, Roma 1927 e 1928.