Vecchietti (Del Vecchio)
Quest'antica casata fiorentina, della quale D. (Pd XV 115) fa ricordare da Cacciaguida la sobrietà dei costumi unita all'importanza politica e all'influenza sociale, è citata più volte dal Villani (IV 12, V 39, VI 33 e 79, VIII 39) fra quelle del quartiere di Porta San Pancrazio, con ampi possedimenti nel contado di Verzaia e nel piviere di San Piero a Careggi. In Firenze erano di loro proprietà le case poste intorno alla Torre detta della Bigoncia, che sarebbe poi passata in dotazione alla chiesa parrocchiale della casata, quella di San Donato; dai patroni, quest'ultima avrebbe derivato la propria denominazione nella tradizione popolare. La ‛ cognazione ' della stirpe sembra esser derivata da un Vecchietto, console del comune nel 1184, consorte di un Guido di Guidalotto, annoverato fra i mallevadori della pace conclusa tra Fiorentini e Senesi nel 1201.
Guelfi, i parteggiarono aspramente, combattendo con particolare ardore i Soldanieri e le altre famiglie ghibelline del loro sestiere; molti di loro - Marsilio e Lapo di messer Bernardo, Filippo di Iacopo, Durazzo di messer Guidalotto-, presenti in armi nell' ‛ oste ' fiorentina a Montaperti, furono esiliati dai ghibellini, i quali ne rovinarono le case. Ritornati al potere, gli esuli, insieme con i consorti Ridolfo e Cino di messer Gherardo, ottennero dal comune il risarcimento dei danni subiti. Fra i reduci dall'esilio ebbe particolare spicco la personalità di Marsilio, che venne armato cavaliere e, insieme con il fratello, è segnalato dalla documentazione archivistica e cronistica come uno dei capi della sua Parte politica presenti all'incontro di pace del 1280. Acceso guelfo fu anche Vanni di detto Marsilio, che Enrico VII bandì come nemico dell'Impero; un Neri morì a Montecatini (1315) combattendo contro Uguccione della Faggiola.
I meriti politici valsero ai V. la continuità dell'appartenenza alla classe dirigente del comune. Nei secoli posteriori all'età di D. se ne trovano impegnati nell'attività diplomatica e nell'alta burocrazia della Repubblica; ben ventisei di essi furono priori e uno gonfaloniere.
Fortune politiche, queste, che sarebbero continuate, sebbene in vario modo e misura, anche sotto il regime mediceo. La famiglia V. è tuttora fiorente in Firenze, al cui patriziato fu iscritta dalla Reggenza lorenese nel 1751. Nel 1793 assunsero anche il cognome dei Poltri, avi della sposa di uno di loro, Anton Francesco di Filippo Maria.
I V. portano uno stemma d'azzurro a cinque ermellini rampanti d'argento, ordinati 1, 2, 2.
Bibl. - Le numerose fonti cronistiche relative ai V. (Malispini, Villani, Boninsegni, Pitti, Cerretani, Cavalcanti, Ridolfi, Cambi, Capponi) sono state utilizzate, insieme con i dati desunti da ricerche d'archivio, da S. Ammirato, Famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1642, 385; ID., Albero e istoria della famiglia dei conti Guidi, ibid. 1640, 80; V. Borghini, Discorsi, a c. di D.M. Manni, II, ibid. 1755, 92; P. Mini, Discorso della nobiltà di Firenze e de' Fiorentini, ibid., 1593, 141, 146; ID., Difesa della città di Firenze e de' Fiorentini, ecc., Lione 1577, 298, 306; U. Verino, De illustratione urbis Florentiae libri III, Parigi 1583, 87; M. Salvi, Delle historie di Pistoia e fazioni d'Italia, II, Pistoia 1657, 138, 157. Sintesi della vicenda genealogica dei V. sono dovute a L. Passerini, nel commento al romanzo di A. Ademollo, Marietta de' Ricci, II, Firenze 1845, 1104-1105; a G.G. Warren Lord Vernon, L'Inferno, II, Documenti, Londra 1862, 601-602; a Scartazzini, Enciclopedia 2075-2077; a F. Sartini, nell'Enciclopedia storico-nobiliare italiana, diretta da V. Spreti, VI, Milano 1932, 840-841. Sulla partecipazione dei V. alla vita politica, economica, sociale, culturale, di Firenze ai tempi di D., cfr. Davidsohn, Storia, passim.