VENEZUELA (XXXV, p. 107; App. I, p. 1120; II, 11, p. 1101; III, 11, p. 1078)
Popolazione. - Secondo il censimento compiuto nel 1971 il V. contava 10.721.522 abitanti, distribuiti in modo piuttosto irregolare nelle 24 circoscrizioni amministrative (20 stati, 2 territori, Distretto federale e Dipendenze federali) come risulta dalla tabella 1. Secondo stime anagrafiche nel 1978 la popolazione era di 13.122.000 abitanti. La capitale Caracas, nel 1973, contava 2,3 milioni di ab. nell'area metropolitana.
Il tasso di accrescimento annuo della popolazione, per il periodo 1970-77, è stato del 3,1%. Particolarmente accentuato è stato nell'ultimo decennio il fenomeno dell'urbanesimo, uno degli aspetti più significativi del moderno processo d'industrializzazione del paese. Se tale fenomeno continuerà con il ritmo attuale, il V. diverrà il paese con maggiore densità urbana di tutta l'America Meridionale (oltre il 75% di popolazione urbana).
Condizioni economiche. - L'economia venezuelana rispecchia tuttora le vicende del lontano passato coloniale, e il paese figura ancora come un forte esportatore di materie prime. Anche se le attività economiche hanno subìto una gigantesca trasformazione dopo la scoperta dei giacimenti petroliferi, il V. è ancora lontano dall'essere completamente valorizzato. La sua struttura economica mette infatti in evidenza due aspetti nettamente in contrasto: da una parte l'immensa ricchezza portata dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi (117 milioni di t. estratte nel 1977: bacini di Maracaibo, Falcón, Barinas e Maturín) e dei giacimenti di minerali di ferro (15,4 milioni di t di ferro contenuto nel 1975; Cerro Bolivar, El Pao e San Isidro); dall'altra parte la miseria delle regioni tradizionalmente agricole dove le risorse sono molto limitate.
La produzione agricolo-pastorale è ancora insufficiente alle necessità del consumo interno: solo il 6% del territorio nazionale è coltivato; il 15% è destinato ai pascoli, il 53% è ricoperto dalle foreste e il 26% è incolto e improduttivo.
La coltivazione del granturco è la più diffusa (551.000 ha e 8 milioni di q nel 1977), seguita da quella della patata, della manioca, dei fagioli, delle banane (10,5 mil. di q nel 1977); il frumento (2000 ha e 10.000 q nel 1977) e il riso (148.000 ha e 5,1 milioni di q) debbono essere largamente importati. Tra le colture industriali primeggiano quelle della canna da zucchero (84.000 ha e 6 milioni di t nel 1977), del tabacco (11.000 ha e 150.000 q), del cotone e del sisal. Buona la produzione del caffè sui versanti andini (269.000 ha e 400.000 q nel 1977); discreta anche quella del cacao (72.000 ha e 170.000 q nel 1977).
Allo scopo di trasformare e potenziare l'agricoltura è stata varata, nel marzo 1960, la riforma agraria per incrementare le colture tradizionali, sia alimentari che industriali, ridurre il latifondo, introdurre un programma di bonifiche e d'irrigazione. Anche all'allevamento del bestiame sono stati dedicati notevoli sforzi da parte delle autorità governative al fine d'incrementare il patrimonio zootecnico (9,7 milioni di bovini, 1,97 di caprini nel 1977), tuttora assolutamente insufficiente a soddisfare il consumo interno. Lo sfruttamento delle foreste, anch'esso molto al di sotto delle possibilità, ha dato, nel 1977, oltre 8 milioni di m3 di legnami pregiati (cedro, mogano). Notevole anche la produzione di caucciù, e di conserve utili (balata, chicle).
Lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi è affidato per l'80% a società straniere, soprattutto statunitensi; però dal 1960 il governo venezuelano ha deciso di partecipare direttamente alla produzione creando un apposito organismo (Corporación Venezolana del Petrolio) e non assegnando altre concessioni. A parte i minerali di ferro, minore importanza hanno invece i giacimenti di oro, diamanti, carbone, asfalto, magnesite e fosfati.
L'industria, favorita largamente dal governo con una politica protezionistica, ha avuto un notevole sviluppo, ma trova ostacoli nelle scarse infrastrutture e nella limitata capacità di assorbimento del mercato interno. I settori più sviluppati sono quelli della petrolchimica e della siderurgia, che utilizzano le grandi disponibilità di petrolio, gas naturale, ferro. Gli altri settori (tessile, meccanico, chimico) sono ancora limitati e insufficienti anche al consumo interno.
Le comunicazioni risultano adeguate solo nelle aree settentrionali del paese (strade 44.000 km nel 1972, ferrovie 175 km), mentre nelle zone meridionali dei llanos e della Guiana sono praticamente inesistenti e limitate alle vie fluviali e al trasporto aereo.
Il commercio estero è attivo soprattutto per le esportazioni di petrolio e di minerale di ferro: nel 1976 queste hanno toccato i 5573 milioni di dollari SUA, mentre le importazioni (prodotti alimentari e manufatti) sono state di 6500 milioni di dollari, con un saldo attivo di 2200 milioni. I principali acquirenti delle materie prime venezuelane sono gli Stati Uniti e il Canada, seguiti a distanza dalla Gran Bretagna e dal Brasile, mentre le importazioni provengono in massima parte dagli Stati Uniti, dal Giappone e dalla Rep. Fed. di Germania.
Bibl.: P.E. Mejia Alarcón, La industria del petrolio en Venezuela, Caracas 1972; J. Diemer, Venezuela, Parigi 1973; C. Minguet, La Venezuela de hoy, ivi 1973; La población de Venezuela, ivi 1975; J. Salazar Carrillo, Oil in the economic development of Venezuela, New York 1976; Situation économique du Venezuela, in Études economiques (Banque Française et Italienne pour l'Amérique du Sud), Parigi 1977.
Storia. - R. Betancourt svolse felicemente il suo mandato (1959-64), rivelandosi capace e accorto capo dello stato. Affrontò con decisione i problemi lasciatigli in eredità dalla dittatura di P. Jiménez e cercò di colmare l'abisso fra l'enorme ricchezza scaturita dal petrolio e la miseria delle masse. Ma il tentativo di rafforzare la sua posizione in Parlamento, attirando dalla sua parte i due principali gruppi di minoranza (COPEI e URD), destò la diffidenza delle sinistre, che diedero vita al Movimiento de Izquierda Revolucionaria (MIR), e dei militari. Le ribellioni (maggio e giugno 1962) di Maturín, Carúpano e Puerto Cabello (la più grave e sanguinosa con la partecipazione della Marina) dimostrarono l'esistenza di un'ibrida coalizione fra i nostalgici della dittatura di P. Jiménez e le forze di sinistra filo-castriste. Il fallimento delle sommosse diede vita al terrorismo (1962-63), che imperversò nelle campagne e nelle città ad opera del gruppo extra-parlamentare FALN (Fuerzas Armadas de Liberación Nacional) sostenuto da deputati di sinistra. Il Partito comunista venezuelano fu dichiarato fuori legge e Betancourt fece ricorso all'OAS contro il rifornimento di armi cubane ai guerriglieri e contro l'ingerenza degli agenti di Castro nella campagna elettorale che doveva designare il nuovo presidente: l'evidenza delle prove portò alla condanna e all'imposizione di sanzioni contro Cuba da parte del consesso interamericano. Nel settembre 1963 Betancourt ordinò l'arresto di tutti i deputati appartenenti al MIR. Nonostante le difficoltà creategli da oppositori interni ed esterni, Betancourt diede un notevole impulso alla legislazione agraria, migliorò il livello di vita delle zone rurali dotando i contadini di mezzi tecnici moderni, indirizzò razionalmente la produzione e fece costruire scuole, strade e ospedali. Con le società petrolifere straniere Betancourt riuscì a trovare un'intesa vantaggiosa (60% sui profitti del petrolio, che rappresentava il 92% delle esportazioni); non volle affrontare il problema delle espropriazioni, limitandosi a rifiutare nuove concessioni e a decidere l'assorbimento delle concessioni in scadenza da parte di una Corporación Venezolana de Petróleo.
Le elezioni del 1° dicembre 1963 si svolsero regolarmente e portarono alla presidenza R. Leoni, candidato dell'Acción Democrática (insediato il 1° marzo 1964). Il nuovo presidente continuò la politica socio-economica avviata dal suo predecessore e dovette affrontare l'opposizione di destra (industriali e proprietari, tacitamente sostenuti dai militari) e quella di sinistra, in cui figuravano castristi, comunisti e studenti che reclamavano riforme radicali e migliori condizioni di vita per circa la metà dei venezuelani estranei al benessere raggiunto dalla nazione. Leoni impostò nel maggio 1964 un piano quadriennale di lavori pubblici, per un ammontare di 840 milioni di dollari, destinato a combattere la disoccupazione, a potenziare gl'impianti idroelettrici, a costruire scuole e dissodare nuove terre, che avrebbero dovuto fornire alla popolazione le carissime derrate alimentari importate per lo più dall'estero. Nel dicembre del 1966 Leoni - convinto dai militari che l'università fosse diventata un covo di terroristi - decretò la chiusura e l'occupazione dell'ateneo di Caracas e ordinò l'arresto di professori e di migliaia di studenti, rei di aver alimentato l'opposizione al regime. Alla fine del mandato di Leoni, lo stato aveva in mano le banche, le ferrovie, la flotta mercantile e aerea, il monopolio dei generi alimentari, le centrali idroelettriche, le più importanti industrie, i telegrafi e la radio. Inoltre, fatto notevole nell'America latina, aveva contenuto l'inflazione e arginato il costo della vita.
Alle elezioni presidenziali del 1° dicembre 1968 la vittoria arrise a R. Caldera candidato del COPEI, partito democratico cristiano che, appoggiato dalla vecchia destra, prevalse di stretta misura (29,09% contro 28,24%) sul candidato governativo dell'Acción democrática, Gonzalo Barrios. L'ex dittatore P. Jiménez (estradato dagli SUA e imprigionato nel 1965 per peculato e malversazioni) riuscì a ottenere un seggio al senato mentre il MIR vedeva vanificati i suoi sforzi per l'astensione elettorale delle masse. Caldera proseguì, in sostanza, i programmi dei suoi predecessori. Egli, inoltre, mirava al monopolio petrolifero e allo sfruttamento delle immense ricchezze della regione dell'Orinoco, costituite da fitte foreste, da vaste riserve di minerale di ferro e da un gigantesco potenziale idroelettrico. Svolgendo un'abile politica di pacificazione nazionale, Caldera consentì il rientro nella legalità (26 marzo 1969) del Partito comunista venezuelano; mentre in politica estera ampliò le possibilità commerciali del paese, riallacciando rapporti diplomatici con le nazioni dell'Est europeo e associandosi, nell'America Meridionale, al Patto andino. La posizione di Caldera si rafforzò in Parlamento tanto da permettergli (1971) un rimpasto governativo esclusivamente democristiano. La politica petrolifera del V., diventato uno dei più grandi produttori del mondo e membro fondatore dell'OPEC, indusse Caldera a guidare a Teheran (febbraio 1971) i paesi produttori del grezzo quando si trattò di decidere l'aumento dei prezzi sui mercati mondiali. Il presidente ha inoltre varato due leggi riguardanti la nazionalizzazione del prodotto e dei gas naturali a partire dal 1980 (Ley de reversión).
Il mandato presidenziale 1974-1978 andò al candidato di Acción democrática C.A. Pérez, che avviò alcune riforme sociali in favore dei lavoratori adottando fra l'altro una legge sulla "sicurezza del lavoro", che limitava drasticamente i casi di licenziamento. Il nuovo presidente promosse senza indugi la nazionalizzazione dell'industria del ferro (1974) e anticipò quella petrolifera (1975) con la creazione della PETROVEN (Petróleos de Venezuela) garantendo cospicui introiti allo stato, che si dimostrò in grado di finanziare l'acquisto di petrolio da parte dei paesi latino-americani e di concedere speciali crediti alla Banca Mondiale e ad altri istituti per lo sviluppo dell'America latina. Il V. ha volto poi la sua attenzione ai problemi dell'agricoltura, fino a questo momento trascurati, e a quelli di carattere sociale che ancora gravano pesantemente sulla situazione del paese, la cui ricchezza esige una miglior distribuzione. Nonostante le riforme in questi settori dell'amministrazione Pérez, le elezioni del 3 dicembre 1978 registrarono la vittoria del partito d'opposizione COPEI, democristiano, e la sconfitta dell'Acción democrática. Il nuovo presidente della Repubblica, Luis Herrera Campins (insediato il 13 marzo 1979), ha promesso, nel corso della sua campagna elettorale, maggior giustizia sociale, il potenziamento della riforma agraria e dell'industrializzazione e la lotta contro lo "sperpero di stato". Le elezioni municipali del 3 giugno 1979 confermarono la supremazia del Partito democristiano nel paese.
Bibl.: G. Moron, A history of Venezuela, Londra 1964; R. J. Alexander, The Venezuelan democratic revolution, New Brunswick 1964; F. D. Levy, Economic planning in Venezuela, New York 1968; H. Herring, A history of Latin America from the beginning to the present, ivi 1970; J. D. Powell, Political mobilization of the Venezuelan peasant, Massachusetts 1971; D. H. Levine, Conflict and political change in Venezuela, Princeton 1973.
Letteratura. - Per lungo tempo la letteratura venezuelana si è identificata, almeno agli occhi degli europei, con l'opera di R. Gallegos (1884-1969); ciò era perfettamente spiegabile, sia per l'intrinseco valore dello scrittore, sia per la sua lunga permanenza all'estero dove ebbe occasione di render noti i problemi e le lotte della sua patria. L'ultimo romanzo importante di Gallegos è La brizna de paja en el viento (1952), dove viene rievocata con sapienza narrativa e senso del colore storico la vicenda politica degli studenti rivoluzionari di Cuba. In La doncella y El último patriota (1957) Gallegos riunisce una sceneggiatura drammatica su Giovanna d'Arco, e una serie di racconti che risalgono a tempi passati. Alla caduta della dittatura, egli rientra in patria come un trionfatore: il resto delle sue vicende politiche, ivi compreso il suo periodo di presidenza della repubblica, occupa la cronaca dei suoi giorni fino alla morte.
L'altro grande romanziere venezuelano di fama internazionale è A. Uslar Pietri, nato nel 1906. Ma le sue opere capitali, fra cui Las lanzas coloradas (tradotto in italiano solo nel 1973) risalgono agli anni Trenta e Quaranta. Notevoli, comunque, per la consueta vivacità della prosa che espressionisticamente si sposta da figura a figura, da paesaggio a paesaggio, in un ritmo irresistibile, anche Un retrato en la geografia (1962) ed Estación de máscaras (1964).
M. Otero Silva, che già si era fatto notare nel 1939 con Fiebre, ha raggiunto la propria maturità nel 1955 con Casas muertas, e nel 1961 con Oficina n° 1. Sono narrazioni intense e drammatiche, ricche di senso della storia anche se talvolta sommarie sul piano dell'analisi psicologica: la prima riguardante la condizione dei giovani, e le loro battaglie libertarie, sotto il tallone del dittatore Gómez; la seconda sullo sfondo della trasformazione industriale del V., dovuta all'avvento della produzione petrolifera, con tutte le implicazioni non solo economiche, ma interiori ed etiche, che un simile rivolgimento ha comportato per tutto il paese.
A tre generi letterari - poesia, romanzo, teatro - si è rivolto con alta nobiltà, anche formale, A. Eloy Branco (1897-1955); ma certo resteranno memorabili, per la sottile interiorità del tessuto saggistico, le opere di M. Picón Salas (1901-1965) la cui dimensione culturale abbraccia filosofia e storia, letteratura e arte, ma tutto riduce al gusto e alla musica di una personalissima scrittura, nutrita dei succhi e dei fermenti dell'Europa novecentesca e del pragmatismo nordamericano.
La poesia, su varie direzioni che vanno dal recupero del canto popolare al più aristocratico neosimbolismo, si esprime nei nomi della generazione di mezzo, in genere la più controllata sul piano della forma: O. d'Sola (1912), V. Gerbasi (1913), J. Liscano (1915), J. R. Medina (1921), a cui va aggiunta la scrittrice I. Gramcko (1925) che ha alternato poesia, narrativa e teatro, in un suo coerente discorso di psicologia individuale a sfondo metafisico. A una facile notorietà, per le sue qualità di effusione sentimentale e anche d'impegno civile, è giunto A. Nazoa, nato nel 1920.
Già la generazione successiva opera una serie di rotture della consuetudine linguistica, con discese automatiche all'inconscio, di tipo surrealista, o con violente prese di posizione politica, o con un recupero del "parlato" in funzione antiletteraria; ma in taluni anche la più aspra e rabbiosa tematica viene poi rielaborata in forme astrattizzanti o preziose. Ricordiamo fra i lirici più notevoli J. Calzadilla (1931), G. Sucre (1933), R. Cadenas (1936), R. Palomares (1935), J. Salazar Meneses (1929) che è forse la figura più singolare di questa pleiade poetica.
Influssi europei, nordamericani e ispanoamericani si presentano nella narrativa: Borges, Kafka, Faulkner, Joyce e il nouveau roman francese hanno variamente agito su autori solo in parte fedeli alla tradizione indigenista e regionalista: col tempo il romanzo urbano, e anche moduli di narrazione fantastica o simbolica, hanno finito per prevalere. Degni di menzione sono, comunque, in primo luogo G. Meneses, nato nel 1911, poi il suo coetaneo J. Fabbiani, oltre a G. Díaz Solís, H. Mujíca, O. Trejo, il sottile e insolito S. Garmendia, del 1928, e infine A. González León, nato nel 1931.
Con chiara e giustificata fama nella saggistica letteraria e storica, e un buon retroterra filosofico, R. González Paredes, del 1925, si è cimentato con successo nel romanzo e nel teatro. In quest'ultimo genere, che ha avuto alterne vicende, ma che continua a destare interesse soprattutto nei giovani di tendenza sperimentale, si sono distinti R. Pineda, del 1926, e R. Chalbaud, del 1924, accanto al più anziano A. Certad, dotato di una sicura capacità di costruzione drammaturgica, mentre N. Curiel appare più vicino alle inquietudini d 'oggi.
Bibl.: C. Romero Peláez, El teatro en Venezuela: problemas y soluciones, in Cultura universitaria, Caracs 1956-57; L. Dowell, Rómulo Gallegos, vida y obra, Città di Messico 1957; C. Vian, Hombres y letras de Venezuela, in L'Interprete, II, 1958; L. Machado De Armas, Itinerario creador de Ida Gramcko, in Revista nacional de cultura, CXXXV (1959); M. Picón-Salas, Estudios de literatura venezolana, Caracas 1961; C. Salas, Historia del teatro en Caracas, ivi 1967; Autori vari, Artes y letras de Venezuela, numero speciale di Insula, XXIV (1969); R. Monasterios, Tendencias en el teatro venezolano, ibid.; G. Bellini, La letteratura ispano-americana, Firenze-Milano 1970; J. Franco, Introduzione alla letteratura ispano-americana, Milano 1972.
Arti figurative. - Pittura. - All'inizio del sec. 20° l'attenzione della classe intellettuale venezuelana si accentrò sul giovanissimo Tito (Británico Antonio) Salas (1887-1974), considerato il successore dei pittori di storia dell'Ottocento, genere iniziato da J. Lovera (1778-1841) e che ebbe come massimo esponente M. Tovar y Tovar (1827-1902), e l'erede dei più significativi artisti della fine del secolo: C. Rojas (1857-1890) e A. Michelena (1863-1898).
Lovera, autore anche di ritratti, con la tela El 5 de Julio de 1811 (1838) ha lasciato documento importantissimo per la storia del V., testimonianza fedele delle sembianze degli eroi dell'Indipendenza (altro suo lavoro nel genere storico è El 19 de Abril de 1810, del 1835). Nel 1959 a Caracas il Museo de Bellas Artes ha organizzato la prima mostra di questo artista; e un'altra è stata organizzata, per il bicentenario della sua nascita, dalla Galería de Arte Nacional de Venezuela.
Tovar y Tovar studiò (dal 1850) nella Real Academia de San Fernando a Madrid, poi si trasferì a Parigi. Nel 1855, rientrato in patria, iniziò un'intensa attività e tornò per diversi lunghi soggiorni in Europa, soprattutto a Parigi. Nel 1864 creò uno studio fotografico a Caracas insieme con J.A. Salas, padre di T. Salas. Pittore realista, eliminò l'ingenuità piena di candore che si scorge nell'arte venezuelana dall'epoca coloniale in poi, evidentissima negli sbagli prospettici, anatomici, chiaroscurali, nel modellato appena abbozzato, nel pathos dei personaggi, che alcuni artisti della metà del sec. 20° sfrutteranno essendo ormai parte integrante della sensibilità popolare. (La pittura datata più antica, che si conosce nel V., è una piccola tela nella collezione A. Boulton di Caracas, La Sagrada Familia del 1719 di F.J. de Lerma y Villegas, attivo tra il 1719 e il 1753, anno della morte).
Autore dei ritratti dei suoi più illustri compatrioti contemporanei, Tovar dipinse anche eventi storici, in grandi dimensioni. Le sue principali opere si trovano nel Salón Elíptico del Palacio Federal di Caracas: La Firma del Acta de la Independencia, tema che affrontò in più occasioni, finita nel 1883, è stata esposta in occasione del centenario della nascita di Bolívar; le battaglie di Boyacá, di Junín (rovinatasi nel 1903 sarà rifatta nel 1904 da A. Herrera Toro, 1857-1914), di Ayacucho (dipinta su bozzetto di Tovar y Tovar, dallo stesso Herrera Toro nel 1906), di Carabobo che, ultimata nel 1887, occupa il soffitto centrale. In questa gigantesca opera, così come nella piccola pittura, proprietà del Banco di Caracas, Escena Llanera, probabilmente del 1885, e in qualche sfondo di ritratto, spunta il paesaggio venezuelano visto naturalisticamente.
Nel 1883, C. Rojas con l'opera La muerte de Girardot, oggi nel Museo Bolivariano di Caracas, richiamò l'attenzione su di sé e lo stato acquistò la tela e gli concesse una borsa di studio. Allievo di Tovar y Tovar nell'Academia de Bellas Artes a Parigi s'iscrisse all'Accademia Julien (allora e successivamente meta di molti latino-americani) e studiò con J.P. Laurens; frequentò poi l'Ècole des Beaux Arts.
Uomo sensibilissimo, tormentato tutta la vita dalle difficoltà economiche, Rojas si schierò dalla parte degli umili, non con propositi di rivendicazioni sociali, ma con sublimazione impregnata di profonda religiosità (La Miseria, 1886; El Plazo Vencido, 1887). Permeabilissimo alle innovazioni, in alcune opere della maturità affrontò la problematica della luce con speciale lirismo latino-americano (La Lectora, El Balcón).
Le sue opere per i Salons francesi tendono a essere sempre più grandi secondo l'uso dell'epoca: in questi lavori risolve essenzialmente problemi chiaroscurali, ma il suo intimismo, sua vera natura, si rivela nel piccolo formato, come negli acquarelli Naturaleza Muerta con Lámpara e La Bordadora con Lámpara, nel Ministerio de Relaciones Exteriores del Venezuela. Dipinto a Parigi, presentato nel Salon del 1889, proprietà del Ministerio de Relaciones Exteriores, di chiara filiazione simbolistica, Dante y Beatriz è tra le opere importanti nella storia dell'arte americana dell'Ottocento, in quanto s'immette nel modernismo. Altre opere di questo artista sono La Taverna, ultimata nel 1887, e La Primera y Ultima Comunión del 1888. L'unico lavoro a soggetto religioso che si conosce di lui è El Purgatorio, finito nel 1890 per la chiesa della Pastora a Caracas, ora nella Cattedrale metropolitana.
A. Michelena si recò a Parigi (1885) con una borsa del governo; studiò con J.-P. Laurens nell'Accademia Julien e ottenne in Francia, come Rojas, riconoscimenti in mostre ufficiali (il primo nel 1887, per L'Enfant Malade del 1886). Tornato in V. nel 1889, fu accolto da trionfatore; dal 1890 al 1893 fu di nuovo a Parigi. Del 1888 sono il Retrato Ecuestre del Libertador, nel Consejo della Città di Valencia, e La Caridad, dove raggiunge il dominio del chiaroscuro e s'intravede la pennellata libera, da virtuoso, che, insieme con il disegno agile e il colore gioioso, caratterizzerà lavori come Carlota Corday Camino al Cadalzo, del 1889 (premiata all'Esposizione universale di Parigi dello stesso anno), e Miranda en la Carraca, del 1896, tutte e due nella Galeria de Arte Nacional di Caracas. Pentesilea è una delle sue opere più note (dipinta a Parigi nel 1891, ed esposta lo stesso anno al Salon francese), dove il riferimento a Rubens è esplicito. Michelena è stato anche autore di quadri a soggetto sacro, perché in V. dopo l'indipendenza sino agl'inizi del Novecento erano lo Stato e la Chiesa i committenti maggiori. Nel 1961 si è aperto a Caracas il museo A. Michelena.
Anche T. Salas fu a Parigi con una borsa di studio (1905); continuando la tradizione, studiò con J.-P. Laurens ed espose in mostre ufficiali; andò in Spagna (1907-1908) seguendo più la pittura degli spagnoli, Soroya, Mir e Zuloaga, che non quella francese. Opere di Salas a Caracas si trovano nella Casa de Bolívar, nel Panteón Nacional, nel Banco Central, nel Ministerio del Interior, nella Galería de Arte Nacional. Sono sue El Tríptico de Bolívar, da lui portato dall'Europa nel 1911, El Milagro, La Fiesta bretona, La Fiesta de San Genaro; nella tela del 1906 Au bord de la mer (o Embarque de Papas) e in altre opere, modernamente, con la materia densa e la pennellata larga, elimina il dettaglio configurando personaggi, oggetti e paesaggio con sferzate di luce.
Mentre Salas continuò a dipingere l'epopea patria e ritratti ufficiali, i giovani cominciarono a indagare più liberamente nella natura e nel quotidiano nativi, che lo stesso Salas e altri pittori precedenti avevano abbozzato e che due artisti senza successo avevano trattato più esplicitamente: F. Sánchez (1882-1918) e F. Valdés (1877; si presume sia morto nel 1918).
A. Herrera Toro, prima allievo di Tovar y Tovar, studiò in Europa, Parigi e Roma, dal 1875 al 1879. Compassato nell'equilibrare i valori, fece numerosi, sobri ritratti (per es. quello di Eduardo Blanco). Dipinse i soffitti dei teatri Municipal di Valencia (1887) e Nacional di Caracas; è sua, assistito da C. Rojas, la Asunción de la Virgen del 1881, nella Cattedrale di Caracas.
La sua influenza fu vasta per la sua attività d'incisore, di scrittore (Manchas Artísticas y Literarias, pubblicata nel 1898), di poeta e giornalista (nel 1893 fondò la pubblicazione umoristica El Granuja), ma soprattutto perché fu direttore dell'Academia de Bellas Artes, allora funzionante nella Escuela de Música: incarico assunto dopo la morte dell'altro pittore con il quale divideva gli onori dell'epoca, E.J. Mauri (1885-1908).
Finita la dittatura di C. Castro nel 1908, iniziato il governo di J. V. Gómez, molti s'illusero che si ripristinassero le libertà negate dal precedente regime. Nel 1909 gli studenti dell'Academia de Bellas Artes presentarono al ministro dell'Instrucción Pública una richiesta di innovazioni da introdurre negli studi dell'arte; respinta questa, decisero di non tornare nelle aule. Da loro nacque, nel 1912, il Círculo de Bellas Artes, che oltre a pittori, riuniva ed era frequentato da altri intellettuali. Con grande modestia si era creato uno dei capisaldi della cultura venezuelana del Novecento. Anche se questi pittori indagavano soltanto intuitivamente nei motivi e nel peasaggio nazionale cercando di fissare la luce abbagliante del tropico e non comprendevano a fondo l'Impressionismo, portarono avanti un'azione rivoluzionaria in un ambiente indifferente all'autoctono, dove l'arte era seguita ufficialmente perché glorificasse la storia patria. Attraverso il Círculo si stabilì, invece, un rapporto diretto con il pubblico che incomincia ad acquistare opere d'arte. L. Martínez e J. Semprum, con articoli in giornali e riviste, contribuiscono molto alla nuova iniziativa.
Tra i pittori fondatori del Círculo c'erano M. Cabré (1890), M. Vidal (1889-1943), P. Martínez (1885-1966), A.E. Monsanto (1890-1947); quest'ultimo, uomo di vastissima cultura, fu una delle personalità che diede maggior impulso al Círculo e all'arte in quegli anni e nei seguenti. Amante e conoscitore dell'opera di Cézanne, dipinse poco perché dedicò parte della sua energia all'attività didattica: nel 1936 veniva nominato direttore della Escuela de Arte Plásticas. A loro si sono aggiunti F. Brandt (1878-1932), R. Monasterios (1884-1961), L.A. López Méndez (1901), A. Reverón (1889-1954).
Più tardi continuarono, attraverso la breccia aperta dal Círculo, M. Castillo (1897-1966), C. Prieto (1882-1976), R.R. Gonzáles (1894-1975), P.A. Gonzáles (1901), E.E. Zuloaga (1900); così come pure F. Fernández (1900), T. Golding (1909), R. Moleiro (1903) e marginalmente C. Otero (1887-1977). Nel 1942 M. Cabré, allora direttore del Museo de Bellas Artes di Caracas, organizzò la mostra del Paisaje Venezolano, cioè di quella che era stata battezzata dal poeta, saggista e critico E. Planchart (1894-1953), "La Escuela de Caracas", che abbracciava iniziatori del Círculo, e continuatori della paesaggistica nativa.
Esercitò notevole e benefico influsso sugli artisti del Círculo il pittore romeno S. Mützner (1869-1958). E. Doggio (1857-1920) trascorse quasi tutta la vita a Parigi, con alcuni viaggi in Italia; partecipò con dedizione all'attività degl'impressionisti e dei post-impressionisti, fu amico di Pissarro, di H. Martin. A Caracas si è organizzato un suo museo.
Dal Círculo sorge uno dei più grandi pittori latino-americani, A. Reverón, che portò all'estremo limite le indagini sulla luce iniziate dagl'impressionisti: nel cosiddetto "periodo bianco", il più interessante della sua produzione, il colore è sciolto nella luce pura, cioè nel bianco. Studiò a Caracas nell'Academia de Bellas Artes nella Escuela de Artes y Oficicios di Barcellona e, nel 1913, nell'Academia de San Fernando di Madrid. La sua amicizia con il decoratore russo N. Ferdinandov (1886-1925), che arrivò nel V. nel 1919 e soggiogò artisti e scrittori, contribuisce alla sua formazione di uomo e di artista. Mistico, sofferente di disturbi psichici, condusse una vita primitiva con la sua modella e compagna, J. Mota, in una capanna chiamata "El Castillete" (diventata museo, conserva gli oggetti del pittore), nel paese di Macuto, sul litorale di Punta de Mulatos, dove si stabilì nel 1921. Oltre al periodo intermedio bianco, ce n'è uno precedente azzurro, finito verso il 1924, e uno successivo seppia, cominciato verso il 1934. Nella Galería de Arte Nacional di Caracas vi è una sala a lui dedicata.
A partire dal muralismo, il Messico divenne la meta per molti artisti del continente desiderosi di studiarlo e di partecipare da vicino alla sua evoluzione. H. Poleo (1918) vi andò nel 1937 e fu, per un certo tempo, rappresentante di ottimo livello di un realismo sociale continuatore dell'opera dei muralisti; per lo stesso motivo si recarono nel Messico C. Rengifo (1915), G. Bracho (1915), B. Salazar (1917), P. León-Castro (1913).
Alla fine degli anni Quaranta troviamo i primi passi dell'astrazione, che, nella versione geometrica, imperò negli anni Cinquanta.
M. Manaure (1926), che iniziò a operare nell'ambito astratto a Parigi tra 1948 e 1950, è punto di riferimento indispensabile per l'arte di quel periodo. Del momento di trapasso verso l'astrazione restano memorabili le serie delle Calaveras e delle Cafeteras di A. Otero (1921), queste ultime esposte nel Museo de Bellas Artes di Caracas nel 1949; Otero cominciò allora freneticamente a geometrizzare sino ad arrivare alla sintesi più alta del suo pensiero pittorico, la serie dei Coloritmos (iniziata nel 1955), uno dei momenti più alti dell'arte astratta in America. Teorico, permanente ricercatore, Otero è stato uno dei difensori più accaniti dell'astrattismo; nel 1957, in occasione della premiazione del XVIII Salón Oficial de Arte Venezolano, sostenne dal giornale El Nacional una lunga polemica con lo scrittore M. Otero Silva che difendeva la posizione opposta, cioè quella figurativa.
Fondato a Parigi nel 1950, di breve durata ma con forti implicazioni per l'arte astratta, il gruppo Los Disidentes raccolse i giovani interessati alle aperture innovatrici dell'arte internazionale, contro la linea di affermazione dell'autoctono, rappresentata dal Taller Libre de Arte, fondato nel 1948 a Caracas. A partire da quegli anni è difficilissimo stabilire l'ambito della ricerca nella quale si muove ogni artista, perché ci sono continue defezioni e ritorni a posizioni precedenti, spostamenti veloci in correnti, gruppi, tecniche, nell'ansia di adeguarsi alle mode del momento; sono pochi quelli che inglobano le oscillazioni del tempo, a volte impercettibilmente ma con efficacia, nella maturazione di un lavoro coerente. Bisogna, dunque, individuare il momento centrale, di maturità, nell'evoluzione di ogni singolo, oppure segnalare la partecipazione a qualche movimento diventato punto di riferimento per il contesto socio-culturale, o indicare gl'iniziatori in qualsiasi campo, e quelli che eccellono in una data tecnica.
Alcuni dei Disidentes provenivano dal Taller, certi dopo breve o lunga esperienza nell'arte astratta ritorneranno al figurativo. Il primo gruppo pubblicò una rivista a Parigi, della quale uscirono cinque numeri; il secondo rispose con un'altra stampandone due numeri, nel 1950.
Tra i pittori del Taller figurarono A. Oramas (1924), il naïf F. Carvallo (1920), A. Hurtado (1927) passato poi al cinema, O. Carreño (1927) che dal 1966 sarà fedele al movimento Expansionista (opere trasformabili meccanicamente o manualmente), O. Vigas (1926); come J. Borges (1931) e R. Pérez (1929) che più tardi faranno parte, festeggiatissimi, del gruppo di artisti e intellettuali El Pez Dorado (1963-1965). Coincidendo con un momento di fortissima tensione politica, con l'opposizione al presidente R. Betancourt, i pittori del Pez Dorado si propongono di contribuire al chiarimento della situazione esistente con impegno etico piu che estetico, con opere vicine, nella linea figurativa, a quelle di W. De Kooning e di F. Bacon (più tardi l'influenza di Bacon sovrasterà); anche in A. Rodríguez (1934) si ritrova la stessa provenienza.
Oltre a Manaure e Otero, nei Disidentes militarono nel primo momento, tra gli altri, A. Barrios (1920), P. Navarro (1923), C. Gonzáles Bogen (1920), L. Guevara Moreno (1926), R. Núñez (1930), N. Debourg (1925) pioniere dal 1951 delle ricerche optical, P. Erminy (1928) che non fece astrattismo geometrico ma diede al gruppo il suo contributo di critico d'arte, ed è stato, nel 1956, l'iniziatore dell'informale con opere nello spirito dell'Action Painting.
Il Salón Espacios Vivientes, organizzato nella città di Maracaibo nel 1960, diventa l'inizio dell'apoteosi informale, che nelle varianti gestuale e materica costituisce la moda dilagante nella prima metà degli anni Sessanta. T. Casanova (1928), R. Vestrini (1906), A. Brandt (1924-1970), sono tra i primi a lavorare nel campo informale; così pure E. Gramcko (1925), M. Rolando (1923-1971), e due pittori di origine spagnola, A. Luque (1927) e J.M. Cruxent (1911). F. Hung (1937) arriva un po' più tardi alla pittura d'azione.
Al gruppo Techo de la Ballena (1961-1964) confluiranno anche i rappresentanti dell'esistenzialismo informale nell'estremo limite dell'anarchia nell'iconoclastia, nella "perversione", nella necrofilia (C. Contramaestre, nato nel 1935); andando contro il gusto della classe alta e della classe media, le mostre si organizzano in garages. Con livelli qualitativi diversi sono fedeli alle correnti figurative, indagando nel folclore o nel paesaggio nativo o nell'arte del passato, o con accentuate schematizzazioni, J.V. Fabbiani (1910), P. Centeno Vallenilla (1904), H. Baptista (1935), M. Quintana Castillo (1928), con brevissime comparse nell'astrattismo. Sincere le pitture naïf di B. Rivas (1893-1967). I luminosi quadri di R. Vázquez Brito (1927) sono il risultato anche della sua esperienza nell'informale. M. Abreu (1919) sperimentando si muove tra folclore e magìa, incollando oggetti vari, specie di feticci.
L'aumento crescente degl'introiti petrolieri convertirà Caracas in uno dei centri importanti per il mercato artistico internazionale. Al Museo de Bellas Artes, al quale dalla fondazione (1938) competeva quasi in esclusiva l'attività in favore dell'arte (sotto la direzione di M. Arroyo, cominciata nel 1959, il museo ebbe grande impulso), si affianca nel 1974 il Museo de Arte Contemporáneo; esso in seguito si divide nel Museo de Bellas Artes che cura le collezioni internazionali e nella Galería de Arte Nacional (GAN) per autori venezuelani, mentre un pullulare di gallerie private esplode negli anni Sessanta e Settanta anche sotto l'auspicio di fondazioni, banche, industrie; il Salón oficial de Arte Venezolano, che iniziato nel 1939 ebbe la funzione di essere il bilancio dell'attività annuale degli artisti, cessa nel 1969, sostituito da svariati Salones.
L'Academia de Bellas Artes di Caracas, fondata nel 1887, sarà un termometro per misurare l'accettazione dei cambiamenti operatisi; nel 1936, riformata, si chiamò Escuela de Artes Plásticas y Aplicadas de Caracas, nel 1959, nuovamente rinnovata, diventa Escuela de Arte Plásticas y Aplicadas Cristóbal Rojas. Merita menzione l'Instituto de Diseño promosso dalla fondazione Newmann-Ince, tra i più importanti del continente, e il lavoro grafico del pittore, incisore, critico G. Leufert (1914), al pari di quello di Nedo (1926) e di J. Lange (1932). L'incisione trova momenti felici con L. Palacios (1923) e G. Meneses (1938), e con i pittori A. Palacios (1938), M. Pardo (1922), M. Espinoza (1937), H. Jaimes Sánchez (1930).
L'opera e il successo che Parigi riserverà a C. Cruz-Díez (1923), e soprattutto a J.R. Soto (1923), costituisce importante punto di riferimento per l'arte del V. a partire dalla metà degli anni Sessanta. Tutti e due operano nella linea cinetica: se la schiera dei proseliti in patria è enorme, anche l'opposizione si è fatta energica (i difensori dell'autoctono identificati in buona parte con il figurativo). Ma sul fondo ciò che emerge nelle due posizioni è la strumentalizzazione politica dei profondi contrasti sociali e del dislivello tra capitale e provincia, tra città e campagna.
Cruz-Díez, reduce da un'esperienza pubblicitaria, arriva a Parigi nel 1960. Le sue ricerche si sono accentrate sul comportamento del colore, come indicano chiaramente i titoli dei suoi lavori, Fisicromie, iniziate nel 1959; Cromointerferenze (Biennale Venezia 1970); Cromosaturazioni (Carrefour de L'Odeon, Parigi 1968); Transcromie (Galleria Denis René, Parigi 1969); Induzione Cromatica (Salón de Artes Plásticas, Venezuela 1970).
Soto (v. anche la voce a lui dedicata, in questa App.) si trasferisce a Parigi nel 1950. Partendo dall'opera dei primi maestri europei dell'astrattismo geometrico, dalle superfici dinamizzate raggiungerà la tridimensionalità ricercando lo spazio in permanente divenire, il reale contro l'illusorio.
Scultura. - Le difficoltà materiali per la sua realizzazione (costi, impianti tecnici, spazio) e la scarsità dei richiedenti, influì notevolmente nel rallentato sviluppo della scultura venezuelana, dall'indipendenza agli anni Quaranta del sec. 20°. Mentre nella Colonia la scultura lignea contava sulla committenza permanente della Chiesa e dei fedeli, contribuendo a forgiare una tradizione configurata nell'amalgamare elementi culturali di varia provenienza, successivamente lo stato diventa il principale committente, per pochi lavori, allo scopo di magnificare forzatamente i recenti eroi e i momenti memorabili della formazione della Repubblica.
E. Palacios (1847-1919) è il primo scultore a raggiungere una solida preparazione accademica, formatasi a Monaco di Baviera. A Caracas è suo il Monumento a Carabobo, chiamato anche La India del Paraíso, inaugurato nel 1911. Gli scultori attivi nel primo Novecento saranno i continuatori del realismo accademico da lui inaugurato, condizionati soprattutto dai deliri delle due dittature che dal 1899 al 1935 trascineranno gli stereotipi del monumento patrio, l'allegoria e la retorica: ne è esempio il Monumento a Carabobo (1930), eretto nel luogo della battaglia.
Tra i più notevoli scultori di quel periodo sono: A. Pérez Mujica (1879-1920) autore del Momumento a José Antonio Paéz (correzioni e fusione di E. Palacios), inaugurato nel 1905 a Caracas, e del Monumento al Guaicaipuro nella città Los Teques esposto al Salon francese del 1906 (sotto il titolo Indios Combatientes); L. Gonzáles (1877-1948), La Tempestad del 1914, Galería de Arte Nacional, Caracas; il catalano A. Cabré y Magriñá (1863-1940), nel V. dal 1895 o dal 1896; P. Basalo (1886-1948), El Medium, del 1914, Galería de Arte Nacional; Cruz Alvarez García (1870-1950).
La scultura moderna è iniziata da F. Narváez (1905) e dallo scultore spagnolo E. Maragall (1903). Quest'ultimo è stato allievo a Barcellona di P. Gargallo e dal 1940 professore di scultura alla Escuela de Artes Plásticas di Caracas (fontana del parco Los Caobos, e rilievi storici del Paseo los Próceres, a Caracas).
Nello sviluppo dell'opera di Narváez si avvertono gli stimoli della società non soltanto venezuelana, ma anche latino-americana. Nel periodo chiamato criollista (mostra nel Club Venezuela di Caracas nel 1938), si ricollega a un circuito continentale contemporaneo; somaticamente nativi i personaggi, forte schematizzazione geometrica delle figure (nello stesso periodo A. Colina, nato nel 1901, con il Monumento a María Lionza, autopista F. Fajardo, Caracas, tenta anche l'Indigenismo). Del 1954 è la sua prima mostra astratta, Formas Nuevas, nel Museo de Bellas Artes di Caracas. È del 1976 la mostra antologica di Narváez nel Museo de Arte Contemporáneo di Caracas.
L'apertura totale alla scultura moderna europea avverrà nel secondo dopoguerra con la fioritura economica del paese e con i frequenti viaggi degli artisti. Con l'inizio degli anni Cinquanta la conoscenza dei grandi maestri della scultura internazionale è facilitata, da un lato, con l'integrazione o Síntesis de las Artes, nella Ciudad Universitaria di Caracas, dall'altro con mostre nel Museo de Bellas Artes e con acquisti per la sua collezione. D'allora lo sviluppo della scultura sperimentale sarà vertiginoso.
La scultura che era stata tenuta un po' in disparte negli studi d'arte (nel 1887, con la creazione dell'Academia de Bellas Artes, s'inizia lo studio di questa disciplina, ma senza concederle troppa importanza), con la riforma, nel 1958, della Escuela de Artes Plásticas Cristóbal Rojas, è portata allo stesso livello della pittura. Molti pittori passano alla scultura: A. Otero dal 1967 sfrutta al massimo, per le sue strutture, la tecnologia avanzata sperimentatasi con il Massachusetts Institute, SUA; le prime esperienze nella scultura di M. Manaure (dalle quali partono le Cuvisiones) e di E. Gramcko sono state presentate alla mostra La Escultura y sus posibilidades nel Museo de Ciencias Naturales di Caracas (1967); C. Gonzales Bogen è precursore della scultura costruttivista, i suoi Móviles ed Estables sono stati esposti nel 1954 nella galleria Cuatro Muros, centro da lui fondato a Caracas che è servito a dare impulso all'astrattismo geometrico. È difficile stabilire il limite tra pittura e scultura in alcuni artisti, per es. Soto, Abreu, o Manuel Mérida (1936) che elettricamente muove sabbia e altri materiali.
Nell'ambito della scultura sperimentale, i primi lavori sono stati fatti con il ferro; tra gl'iniziatori ricordiamo: V. Valera, nato nel 1927 (studiò a Parigi con Dewasne, com'era di rigore per alcuni venezuelani interessati nell'arte astratta agl'inizi degli anni Cinquanta; la sua opera successivamente s'iscriverà nel rigore geometrico attraverso la lavorazione con metalli), O. Carreño e Gego (Gertrudis Goldsmicht), nata nel 1912 in Germania, laureata ingegnere-architetto, che dal 1939 vive nel V.: sono del 1950 i suoi primi lavori nella scultura. Gego porterà la riduzione degli elementi oggettuali al minimo per rendere il massimo equilibrio del binomio sensibilità-ragione: frequentemente segmenti di fili di metallo di diverse lunghezze concatenati creano o delle fragilissime strutture reticolari (Reticuláreas), o sono disposti a modo di fitte e casuali sgócciolature (Los Chorros). P. Briceño (1931) riesce a strappare al ferro la massima poesia, scultura astratto-geometrica in giochi asimmetrici.
Marisol (Marisol Escobar, n. 1930) è vissuta per molti anni negli Stati Uniti d'America, dove è considerata uno degli artefici della Pop Art.
Nel 1968 rappresentò il V. alla Biennale di Venezia e d'allora cominciò un avvicinamento alla sua patria realizzando sculture per luoghi pubblici. Abilissima nel lavoro del legno e nell'uso degli assemblages, sono visibili nelle sue opere il disegno, la pittura e la scultura. Si scopre anche nel suo lavoro una giocosa ingenuità popolaresca latinoamericana (The Family, 1962: Museum of Modern Art di New York). Agli antipodi - nel figurativo l'uno, nell'astratto l'altro - anche per le contrastanti intenzionalità poetiche, si muovono C. Zitman (1926) e H. Abend (1937), come C. Prada (1944) e C. Castillo (1942). A. Collie (1939) sospende magneticamente forme metalliche nel vuoto.
Prova che anche dopo lunghissimi letarghi si risvegliano con rigoglio elementi del passato, è l'auge della ceramica, terreno assai fertile nell'epoca precolombiana. Contribuì a questo il lavoro di formazione di ceramisti, orientato al funzionalismo, che M. Arroyo (1920) svolse, dal 1954 al 1957, nella Escuela de Artes Plásticas.
Architettura. - Il perno intorno al quale gira l'architettura moderna venezuelana è C. R. Villanueva (n. 1900). Si laurea a Parigi nel 1928, nel momento di maggior vigore in Europa del funzionalismo razionalista e quando questo cominciava ad apparire nell'America latina dove, sebbene con fallimenti dovuti a una visione purista che non considerava le situazioni particolari dei luoghi in cui s'impiantava, contribuì all'eliminazione della moda del pastiche, principalmente francese, che proveniva dalla seconda metà dell'Ottocento. A Villanueva spetta il compito in patria di sperimentare il razionalismo funzionalista e di apporre delle correzioni a questo movimento, come avveniva in altri luoghi del continente: modellarlo con le tradizioni regionali, inserendole nella vita moderna. Infatti nell'architettura di Villanueva si notano concezioni spaziali, volumetriche, cromatiche, di luce, di elementi vari, che provengono dall'architettura coloniale venezuelana caratterizzata dalla semplicità dei volumi, così come anche dall'architettura popolare nativa; il quartiere residenziale El Silencio di Caracas, del 1941-43; il padiglione venezuelano all'Expo 67 di Montreal; la sua casa a Caracas, del 1951. Villanueva studiò per i nuovi quartieri di Caracas a blocchi abitazionali, e con la collaborazione di C. Celis Cepero, C. Brando, J. Hoffman, J. Manuel Mijares per alloggiare folle bisognose (El Paraíso, 1952-1954;23 de Enero, 1955-57).
Ma è la Ciudad Universitaria di Caracas la sua opera più completa, perché in essa sperimenta, con mezzi enormi, la sua Síntesis de las Artes, chiamando a collaborare alcuni dei più noti artisti venezuelani del momento (gli astrattisti geometrici M. Arroyo, A. Barrios, O. Carreño, C. González Bogen, M. Manaure, P. Navarro, A. Oramas, A. Otero, J. R. Soto, V. Valera, O. Vigas; i figurativi H. Poleo, P. León Castro, B. Salazar, F. Narváez) e famosi pittori e scultori internazionali (A. Bloc, F. Léger, V. Vasarely, S. Taeuber-Arp, W. Lam, H. Laurens, J. Arp, A. Calder, A. Pevsner, B. Lobo). Si segnalano tra le numerose costruzioni del complesso universitario l'Aula Magna, la facoltà di architettura e urbanistica, lo Stadio olimpico di Caracas.
Altri architetti attivi in V. sono T. Sanabria, N. Douaihi, A. Faillace, H. Hernández, I.M. Zubizarreta, G. Bermúdez, J. Gutiérrez, H. Caminos. Vedi tav. f. t.
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