percezione, verbi di
I verbi di percezione sono ➔ verbi che denotano processi percettivi (vedere, sentire, fiutare, ecc.) che hanno luogo in un soggetto esperiente. Rimandando alla sfera sensoriale (specialmente visiva o uditiva), essi si distinguono dai verbi psicologici (➔ psicologici, verbi) i quali, pur riferendosi ugualmente alla conoscenza, rinviano però alla sfera mentale. Tra i più comuni verbi di percezione sono: vedere, guardare, scorgere, notare, osservare, mirare, sentire, ascoltare, udire, intendere, avvertire, percepire, ecc.
I verbi di percezione sono verbi transitivi bivalenti (➔ transitivi e intransitivi, verbi; ➔ argomenti): richiedono cioè un argomento soggetto (espresso o sottinteso), che rappresenta l’esperiente, e un argomento oggetto diretto. In relazione al modo in cui si presenta l’argomento oggetto diretto si possono avere diverse costruzioni:
(a) l’oggetto diretto può essere costituito da un semplice sintagma nominale:
(1) Maria ha visto Luca
(b) all’oggetto diretto può affiancarsi un complemento predicativo (o meglio, un attributo, come si vedrà più avanti), posposto o anteposto (➔ predicativo, complemento):
(2) Maria ha visto affaticato Luca
(3) Maria ha visto Luca stanco
(c) l’oggetto diretto può essere costituito da una frase oggettiva (➔ oggettive, frasi):
(4) Maria ha visto che Luca lavorava molto
(d) l’oggetto diretto può essere costituito da un sintagma nominale preceduto o seguito da una frase infinitiva (➔ infinitive, frasi) o pseudo-relativa (➔ relative, frasi; cfr. Guasti 1993 e Salvi & Vanelli 2004: 239-240), come in (5), (6) e (7):
(5) Maria ha visto lavorare molto Luca
(6) Maria ha visto Luca lavorare molto
(7) Maria ha visto Luca che lavorava molto
Osservando le sette frasi citate, si possono svolgere alcune considerazioni. La frase (4) è una trasformazione di (1): l’oggettiva che Luca lavorava molto in (4) sostituisce il sintagma nominale oggetto diretto Luca di (1); la frase (5) è una trasformazione di (2): l’infinitiva lavorare molto in (5) figura in luogo del complemento predicativo affaticato di (2); le frasi (6) e (7), infine, rappresentano trasformazioni di (3): l’infinitiva lavorare molto in (6) e la pseudo-relativa che lavorava molto in (7) sostituiscono il complemento predicativo stanco di (3).
Nelle frasi (5) e (6) il sintagma nominale Luca, oltre a essere l’oggetto diretto del verbo di percezione ha visto, è anche il soggetto semantico dell’infinito lavorare. Che il sintagma nominale Luca sia l’oggetto diretto del verbo di percezione lo si può vedere dal fatto che può sia essere sostituito da un clitico (8 e 9), sia diventare il soggetto di una frase passiva (10), corrispondente a (5) e (6):
(8) Maria lo ha visto lavorare molto
(9) Maria lo ha visto che lavorava molto
(10) Luca è stato visto lavorare molto da Maria
Il sintagma nominale oggetto può essere sia anteposto (3 e 6) sia posposto (2 e 5) all’aggettivo o all’infinito, a seconda che si voglia dare più rilievo ad esso o alla condizione / azione descritte dall’aggettivo o dal verbo all’infinito.
L’infinitiva lavorare molto (5 e 6) e la pseudo-relativa che lavorava molto (7) hanno la stessa funzione degli aggettivi stanco (3) e affaticato (2): tali elementi sono infatti attributi dell’oggetto diretto Luca. Spesso a essi viene assegnato il valore di complemento predicativo dell’oggetto (Skytte, Salvi & Manzini 1991: 509), ma, a rigore, si tratta di veri attributi, come rivela un confronto con le frasi (11) e (12) nelle quali figura un verbo estimativo:
(11) ritengo Marco un vero amico
(12) *ritengo Marco
In (11) il sintagma un vero amico è un vero complemento predicativo dell’oggetto in quanto determina insieme l’oggetto diretto Marco e il predicato verbale ritengo e, inoltre, deve necessariamente essere presente nella frase, pena la agrammaticalità (12). Se si omette lavorare molto in (5) e (6) e che lavorava molto in (7), si otterrà la frase (1), perfettamente grammaticale (Maria ha visto Luca).
Si noterà, poi, che se in (11) la sequenza oggetto diretto (Marco) + complemento predicativo dell’oggetto (un vero amico) possono essere sostituiti da una frase oggettiva (13), non si può assolutamente avere una struttura analoga a quella vista in (7):
(13) ritengo che Marco sia un vero amico
(14) *ritengo Marco che è un vero amico
Peculiarità fondamentale della costruzione con verbi di percezione è che l’oggetto diretto del verbo di percezione possa essere all’infinitiva, sia anteposto (ho sentito Giulio suonare) sia posposto (ho sentito suonare Giulio). Non così nella costruzione causativa (➔ causativa, costruzione), dove lo stesso elemento può soltanto essere posposto al verbo all’infinito:
(15)
a. Lucia ha fatto uscire Giovanni
b. *Lucia ha fatto Giovanni uscire
Nelle costruzioni con verbi di percezione con l’infinito, il verbo all’infinito può essere di qualsiasi natura: transitivo (attivo o passivo), intransitivo, pronominale, ecc. Si vedano i seguenti esempi:
(16)
a. ho sentito Giorgio suonare il violino
b. ho visto Mario regalare un libro a Maria
c. ho visto un gatto essere attaccato da un cane
d. ho visto il treno arrivare
e. ho visto Lucia pettinarsi
Se il verbo all’infinito richiede un oggetto diretto, l’oggetto diretto del verbo di percezione (soggetto dell’infinito) dovrà subire, se posposto all’infinito, una trasformazione: nel caso dei verbi bivalenti (16 a.) si muterà in dativo d’agente (17 a.), con i verbi trivalenti (16 b.), invece, in da + complemento d’agente (17 b.):
(17)
a. ho sentito suonare il violino a Giorgio
b. ho visto regalare un libro a Maria da Paolo
In questi ultimi due esempi sono evidenti corrispondenze con la costruzione causativa:
(18)
a. ho fatto suonare il violino a Giorgio
b. ho fatto regalare un libro a Maria da Paolo
Il dativo d’agente a Giorgio in (17 a.) può non soltanto essere sostituito da un clitico dativo (19 a.), ma anche da un clitico accusativo (19 b.). Tuttavia, se anche l’oggetto diretto dell’infinito il violino verrà sostituito da un clitico accusativo, sarà d’obbligo per l’oggetto diretto del verbo percettivo (soggetto logico del verbo all’infinito) il clitico dativo (19 c.):
(19)
a. gli ho sentito suonare il violino
b. l’ho sentito suonare il violino
c. gliel’ho sentito suonare
La frase (19 b.) è tuttavia ambigua, ché in determinati contesti potrebbe essere interpretata come una dislocazione a destra (➔ dislocazioni).
Nelle costruzioni con verbi di percezione, l’infinito ha valore imperfettivo (➔ aspetto). Talvolta, coi verbi passivi e con alcuni verbi intransitivi, in opposizione all’infinito, si può avere un participio passato dal valore aspettuale perfettivo:
(20)
a. ho visto una mosca morire
b. ho visto una mosca morta.
Nella costruzione pseudo-relativa Maria ha visto Luca che lavorava molto (già citata in 7), un eventuale clitico accusativo (oggetto diretto del verbo percettivo) è sempre anteposto al verbo reggente, come visto in (9): Maria lo ha visto che lavorava molto.
Nelle strutture infinitive, la posizione dei clitici dipende dalla loro funzione logico-sintattica rispetto al verbo all’infinito (Cordin & Calabrese 1988: 598-602). Si consideri la frase seguente:
(21) vedo Alberto scrivere un biglietto ad Andrea
Se il clitico è soggetto (ed è quindi l’oggetto diretto del verbo percettivo), sarà sempre anteposto al verbo percettivo:
(22) lo vedo scrivere un biglietto ad Andrea
In presenza di clitici aventi la funzione di oggetto diretto e/o indiretto rispetto all’infinito, si dovranno distinguere vari casi:
(a) se il ➔ soggetto logico (oggetto diretto del verbo percettivo) è anteposto all’infinito, il clitico o i clitici saranno ospitati dall’infinito:
(23)
a. ho visto Alberto scriverlo ad Andrea
b. ho visto Alberto scrivergli un biglietto
c. ho visto Alberto scriverglielo
(b) nel caso (assai raro e improbabile) che il soggetto logico sia posposto all’infinito (e, in questo caso, diventerà un complemento d’agente introdotto dalla preposizione da), i clitici andranno in proclisi al verbo percettivo reggente:
(24)
a. l’ho visto scrivere ad Andrea da Alberto
b. gli ho visto scrivere da Alberto
(c) con un clitico riferito al soggetto logico del verbo all’infinito e un clitico riferito all’oggetto diretto di esso, si avrà la sequenza clitico dativo d’agente + clitico accusativo che dovrà essere sempre in proclisi al verbo percettivo:
(25) ho visto Alberto scrivere un biglietto → gliel’ho visto scrivere
(d) con un clitico rappresentante il soggetto logico del verbo all’infinito e un clitico rappresentante un complemento indiretto di esso, il primo (accusativo) andrà in proclisi al verbo percettivo e il secondo in enclisi all’infinito:
(26) ho visto Alberto scrivere ad Andrea → l’ho visto scrivergli
Lo stesso varrebbe se ci fosse anche un clitico riferito al complemento indiretto dell’infinito. Da (21) si avrebbe:
(27) l’ho visto scriverglielo
(e) la posizione dei clitici locativi ci / vi e del clitico indiretto ne è libera: possono essere cliticizzati sia al verbo di percezione sia all’infinito:
(28)
a. in quel teatro, ho visto andarci Giorgio
b. in quel teatro, ci ho visto andare Giorgio
(29)
a. di questo libro, ne ho sentito parlare Fabrizio
b. di questo libro, ho sentito Fabrizio parlarne
Al contrario della costruzione percettiva, le strutture causative esigono sempre la proclisi al verbo reggente:
(30)
a. farò cantare Rita → la farò cantare
b. faccio suonare la chitarra ad Angelo → gliela faccio suonare
c. faccio regalare un libro ad Anna da Rocco → glielo faccio regalare da Rocco
d. ci faccio andare Ugo
e. ne faccio comprare due.
Riguardo alla costruzione percettiva, tra italiano antico e moderno non ci sono particolari differenze (Egerland & Cennamo 2010: 846-856). Già nel Duecento troviamo tutte le possibilità:
(a) pseudo-relativa:
(31) e vide altri giovani che accoglievano l’acqua piovana (Novellino V)
(b) infinitiva con soggetto logico anteposto:
(32) ch’i’ sento lo sospir tremar nel core (Guido Cavalcanti, Rime XXXI, 5)
(c) infinitiva con soggetto logico posposto:
(33) vide passare per lo cammino gente assai nobile (Novellino VIII).
Talvolta l’oggetto diretto del verbo percettivo (soggetto logico dell’infinito) è anteposto ad esso:
(34) e per lo bosco augelli audìo cantare (Cavalcanti, Rime XLVI, 16).
Tra i verbi di percezione, vedere può dar luogo, a seconda dei significati, ad altre costruzioni:
(a) come verbo psicologico con il significato di «immaginare» è costruito con un oggetto diretto e un complemento predicativo dell’oggetto:
(35) non vedo Mario medico, ma avvocato
(b) con il significato di «tentare, cercare, procurare», si costruisce con di + infinito:
(36) vedi di fare il possibile, per favore
(c) per parafrasare frasi che indicano il coinvolgimento, la partecipazione di qualcuno a un certo evento si presenta in due costruzioni; si considerino le seguenti frasi:
(37)
a. mille invitati interverranno alla cerimonia
b. due candidati hanno gareggiato nelle elezioni regionali
Con il verbo vedere le frasi (37 a.) e (37 b.) possono essere trasformate in due modi: il complemento indiretto diventa il soggetto del verbo vedere, coniugato nel modo e tempo del verbo della frase di origine, mentre quest’ultimo si muta in un sintagma nominale oggetto diretto (38 a.); il soggetto della frase di origine diviene genitivo soggettivo del sintagma nominale oggetto diretto (38 b.):
(38)
a. la cerimonia vedrà l’intervento di mille invitati
b. le elezioni regionali hanno visto la gara di due candidati
Il verbo della frase di provenienza può anche mutarsi in verbo all’infinito seguito dal suo soggetto (39 a. e 39 b.):
(39)
a. la cerimonia vedrà intervenire mille invitati
b. le elezioni regionali vedranno gareggiare due candidati
(d) infine, vedere figura in alcune espressioni: si vede «è chiaro, evidente»; far vedere, anche usata per minacciare:
(40) si vede che sei competente nel tuo mestiere
(41) ora ti faccio vedere io!
Cavalcanti, Guido (1960), Rime, in Poeti del Duecento, a cura di G. Contini, Milano - Napoli, Ricciardi, 2 voll., vol. 2°, pp. 491-567.
Il Novellino (2008), a cura di V. Mouchet, introduzione di L. Battaglia Ricci, Milano, Rizzoli.
Cordin, Patrizia & Calabrese, Andrea (1988), I pronomi personali, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1988-1991, vol. 1º, pp. 549-606.
Egerland, Verner & Cennamo, Michela (2010), Frasi subordinate all’infinito, in Grammatica dell’italiano antico, a cura di G. Salvi & L. Renzi, Bologna, il Mulino, 2 voll., vol. 2º, pp. 817-879.
Guasti, Maria Teresa (1993), Causative and perception verbs. A comparative study, Torino, Rosenberg & Sellier.
Renzi, Lorenzo, Salvi, Giampaolo & Cardinaletti, Anna (a cura di) (1988-1991), Grande grammatica italiana di consultazione, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 1º (La frase. I sintagmi nominale e preposizionale, 1988), vol. 2º (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale; la subordinazione, 1991).
Salvi, Giampaolo & Vanelli, Laura (2004), Nuova grammatica italiana, Bologna, il Mulino.
Skytte, Gunver, Salvi, Giampaolo & Manzini, M. Rita (1991), Frasi subordinate all’infinito, in Renzi, Salvi & Cardinaletti 1988-1991, vol. 2º, pp. 483-569.