Pareto, Vilfredo
Ingegnere, matematico, economista e sociologo, P. nacque nel 1848 a Parigi (dove il padre Raffaele si trovava esiliato per ragioni politiche) e morì nel 1923 a Céligny, la cittadina svizzera dove si era ritirato a partire dal 1906. Laureato in ingegneria presso la Scuola di applicazione di Torino, nel 1880 divenne direttore generale della Società delle ferriere italiane, incarico che mantenne per circa un decennio. Pacifista, ateo-razionalista, darvinista sociale, critico delle politiche protezionistiche e fautore del libero scambio, in questi stessi anni tentò la carriera politica, ma senza grande fortuna, e cominciò a dedicarsi, con crescente profitto, agli studi di economia pura o matematica, sino a prendere la decisione di abbandonare la carriera di dirigente industriale e imprenditore per votarsi alla ricerca. Grazie all’amicizia con Maffeo Pantaleoni, che aveva conosciuto nel 1890, e al credito acquisito con le sue pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche dell’epoca, nel 1893 ottenne presso l’Università di Losanna la cattedra di economia politica che era stata di Marie-Esprit-Léon Walras. Lasciato l’insegnamento universitario nel 1911, a causa della salute malferma, si dedicò in modo quasi esclusivo agli studi di sociologia con l’idea di offrire una teoria sistematica, empiricamente fondata e rigorosamente antimetafisica, dell’agire sociale. In campo economico, dove si è distinto per le sue ricerche sulla distribuzione dei redditi e per un approccio modellato sul metodo sperimentale tipico delle scienze fisiche, la sua opera più importante rimane il Cours d’économie politique (1896-1897). Sul versante degli studi storico-sociali, che lo hanno accreditato come teorico dell’elitismo, i suoi maggiori contributi sono Les sys tèmes socialistes (2 voll., 1902-1903) e il Trattato di sociologia generale, pubblicato dapprima in italiano (1916) e successivamente in francese (2 voll., 19171919), ma in una versione assai più ampia dell’originale. Molto abbondante la sua produzione pubblicistica, sovente caratterizzata da un taglio caustico e polemico. Tra gli scritti d’occasione, ma non minori, vanno ricordati Le mythe virtuïste et la littérature immorale (1911) e Trasformazione della democrazia (1921). Negli anni della sua maturità intellettuale fu vicino ai nazionalisti italiani e simpatizzò con il fascismo mussoliniano. Pochi mesi prima di morire venne nominato senatore del Regno.
Diversi studiosi hanno sottolineato l’ascendenza machiavelliana del pensiero politico e della teoria sociale di Pareto. Secondo James Burnham in The Machiavellians (1943), per es., la critica alle ideologie e alle credenze collettive di natura religiosa, la preminenza assegnata nei comportamenti o azioni degli individui alla matrice non-logica e alla componente istintuale, il pessimismo storico-antropologico, la diffidenza nei confronti dell’idea di progresso, l’idea che esista un legame molto stretto tra il perseguimento dell’interesse individuale e quello dell’utile collettivo o sociale, sono tutti elementi o motivi ispiratori che P. avrebbe attinto da una lettura assidua delle opere del Fiorentino. Secondo Raymond Aron (→), invece, il machiavellismo di P., che sarebbe stato una delle fonti di ispirazione ideologica del fascismo, risalta dal suo realismo storico intriso di cinismo e disincanto, da una visione della politica e del potere basata sulla forza, sull’autorità e sul ruolo preminente delle minoranze o delle grandi personalità storiche, da una concezione strumentale e polemica della religione intesa unicamente come forma di disciplina sociale e come fonte di fanatismo, conformismo e intolleranza.
In effetti, P. nelle sue opere richiama a più riprese M., pur non avendogli mai dedicato uno studio organico; e mostra di conoscerne, oltre i testi politici maggiori, anche l’opera letteraria, in particolare la Mandragola, citata in più occasioni. È emblematico che il suo stesso testamento politico-intellettuale
– un progetto di ordinamento costituzionale stimolato dall’ascesa al potere del fascismo, rimasto allo stato di abbozzo e pubblicato postumo nel settembre 1923 – sia stato redatto avendo come modello esplicito il Principe.
La vicinanza al Fiorentino viene espressamente dichiarata sul piano del metodo attraverso cui analizzare la società, le istituzioni e gli uomini: anche per P. esso deve caratterizzarsi in senso empirico-sperimentale, fare leva sulla realtà dei fatti, attingere agli insegnamenti della storia e basarsi sull’uso della ragione. Un affinamento della posizione di M. – scrive P. nell’epilogo del suo volume del 1920 Fatti e teorie – deve, per es., essere considerata la teoria dei ‘residui’, quegli elementi che nella sua visione sociologica rappresentano le motivazioni costanti o istintuali dell’agire umano, distinti dalle ‘derivazioni’, che costituiscono invece le giustificazioni o argomentazioni logiche che sorreggono tale agire. Quando M. spiega nei Discorsi «come in tutte le città e in tutti i popoli sono quegli medesimi desideri e quelli medesimi omori» (I xxxix 2), altro non farebbe, secondo P., che anticipare ciò che poi ha trovato una sistemazione, anche concettuale, nella sua sociologia sperimentale e segnatamente nelle pagine del Trattato. E proprio per aver posto a fondamento delle sue riflessioni «l’analisi dell’indole delle cose e degli uomini», come si legge in un articolo del gennaio 1923, P. arriva a definire enfaticamente M. un «maestro [...] che come aquila vola su tanti mai autori di minor conto».
Ma la vera affinità tra i due autori, per come P. la esprime in diversi passaggi dei suoi scritti, sembrerebbe temperamentale e di carattere. Spirito volterriano e dissacratore, P. vede infatti in M. – esplicitamente definito un «autore pagano» – soprattutto un avversario intellettuale del fanatismo bigotto e del moralismo, un libertino e uno spirito irriverente, un illuminista e un razionalista ante litteram, al cui destino da incompreso e perseguitato nel corso dei secoli il solitario di Céligny sembra voler legare il suo.
Bibliografia: Scritti sociologici minori, a cura di G. Busino, Torino 19802; R. Ghiringhelli, Mosca, Pareto e Machiavelli, in Machiavelli nella storiografia e nel pensiero politico del XX secolo, Atti del Convegno, Milano 16-17 maggio 2003, a cura di L.M. Bassani, C. Vivanti, Milano 2006, pp. 29-39; D. Bronzuoli, Il problema della libertà in Machiavelli e Pareto. Sviluppi di un tema riproposto da Raymond Aron, «Rivista di politica», 2010, 2, pp. 177-96.